Il rifiuto di sottoporsi al controllo di polizia e l'aggressione verbale e fisica all'agente che procede all'accertamento amministrativo integrano il reato di resistenza a pubblico ufficiale, anche se le condotte sono preliminari all'attività del pubblico ufficiale e su di essa ininfluenti. Infatti, il comportamento dell'imputato, consistito nel sottrarsi consapevolmente al controllo di polizia e nell'aggredire verbalmente e fisicamente l'agente, è idoneo a ostacolare e impedire l'esercizio delle funzioni pubbliche, configurando così gli estremi del reato di cui all'art. 336 c.p. Tali condotte, ancorché preliminari all'attività del pubblico ufficiale, sono comunque rilevanti ai fini della sussistenza del reato, non potendosi ritenere che esse si risolvano in una mera generica minaccia, improcedibile per difetto di querela. La valutazione in concreto delle modalità e della gravità delle condotte dell'imputato, operata dalla Corte di merito senza vizi logici e giuridici, consente di ricondurre il fatto alla fattispecie delittuosa contestata, senza che assuma rilievo la circostanza che le condotte siano state poste in essere prima dell'effettivo svolgimento dell'attività del pubblico ufficiale.