Il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione di un appalto pubblico da parte della stazione appaltante è legittimo qualora l'aggiudicatario rifiuti di stipulare il contratto alle condizioni scaturite dalla procedura di gara, pretendendo modifiche contrattuali non previste dalla lex specialis. L'amministrazione, infatti, può esercitare il potere di revoca in presenza di un interesse pubblico, valutato discrezionalmente, senza che siano necessarie ipotesi tassative previste dalla legge, in quanto tale facoltà trova fondamento nei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. Il rifiuto dell'aggiudicatario di sottoscrivere il contratto alle condizioni stabilite dalla gara legittima la revoca dell'aggiudicazione, anche in assenza del decorso del termine di 60 giorni per la stipula, trattandosi di termine meramente ordinatorio posto a tutela dell'operatore economico. La revoca può comportare l'escussione della garanzia fideiussoria, ove prevista, e la segnalazione all'ANAC, quale atto endoprocedimentale privo di autonoma lesività. In tali ipotesi, l'interesse dell'aggiudicatario non è rivolto alla conferma dell'aggiudicazione, bensì all'evitare le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla revoca.