Il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato è legittimo quando l'amministrazione, all'esito di specifiche attività di indagine, accerti la totale falsità dell'asserita sussistenza di un regolare e continuativo rapporto di lavoro, con conseguente deferimento dell'interessato all'autorità giudiziaria per i reati di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico e uso di atto falso. In tali ipotesi, l'amministrazione è legittimata a negare il rinnovo del permesso di soggiorno in quanto l'interessato risulta irreperibile all'indirizzo dichiarato e privo di reddito certo proveniente da fonte lecita, in conformità alle previsioni di cui all'art. 13, commi 2 e 2-bis, del d.P.R. n. 394 del 1999. Il provvedimento di diniego, adeguatamente motivato sulla base degli accertamenti svolti, non può essere censurato per difetto di istruttoria o di motivazione, in assenza di elementi concreti idonei a confutare gli esiti delle indagini amministrative. Il principio di diritto affermato dalla sentenza è volto a garantire l'effettività del controllo sull'ingresso e il soggiorno degli stranieri, impedendo l'abuso di istituti giuridici finalizzati al rilascio o al rinnovo dei titoli di soggiorno, attraverso la presentazione di documentazione falsa o comunque non corrispondente alla reale situazione dell'interessato.