Cassazione civile Sez. I sentenza n. 16116 del 7 giugno 2023
ECLI:IT:CASS:2023:16116CIV
Massima
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MASSIMA GIURIDICA
In tema di previdenza complementare, il generico riferimento, contenuto nel Decreto Legislativo n. 252 del 2005, articolo 8, comma 1, al "conferimento" del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari, lascia aperta la possibilità che le parti, nell'esplicazione dell'autonomia negoziale loro riconosciuta dall'ordinamento, pongano in essere non già una delegazione di pagamento (articolo 1268 c.c.) bensì una cessione di credito futuro (articolo 1260 c.c.).
In caso di fallimento del datore di lavoro, la legittimazione ad insinuarsi al passivo per le quote di TFR maturate e accantonate ma non versate al Fondo di previdenza complementare spetta, di regola, al lavoratore, stante lo scioglimento del rapporto di mandato in cui si estrinseca la delegazione di pagamento al datore di lavoro, salvo che dall'istruttoria emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del Fondo predetto, cui in quel caso spetta la legittimazione attiva ai sensi dell'articolo 93 L. Fall.
La disciplina delle forme pensionistiche complementari, collocate nell'alveo dell'articolo 38 Cost., al pari della previdenza obbligatoria, trova il suo attuale referente normativo nel Decreto Legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, emanato in attuazione della legge-delega n. 243 del 2004, che ha operato una riforma organica del settore, nella prospettiva di una complessiva armonizzazione e razionalizzazione, informandolo al principio di autonomia (ancorché "funzionalizzata").
Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari è attuabile mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro e del committente, o anche attraverso il conferimento del TFR maturando, che comporta l'adesione alle forme pensionistiche complementari, in modalità espressa o tacita, ai sensi dell'articolo 8, comma 7, lettera a), b), del Decreto Legislativo n. 252 del 2005. Tali risorse sono gestite dai fondi secondo le modalità previste dall'articolo 6 e costituiscono la provvista delle prestazioni erogate a norma del successivo articolo 11.
La rigidità degli effetti conseguenti all'adesione al Fondo, previsti dal Decreto Legislativo n. 252 del 2005, articolo 11, è temperata dall'articolo 14, comma 6 che prevede la cd. "portabilità" dell'intera posizione individuale (i.e. la facoltà del suo trasferimento ad un'altra forma di previdenza complementare), in linea con il principio generale del sistema previdenziale complementare affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U, 12209/2022).
Il riconoscimento del diritto alla portabilità e al riscatto è in sintonia con l'assetto dato dal legislatore delegato al sistema previdenziale integrativo, mediante i decreti legislativi n. 124 del 1993 e n. 252 del 2005, con l'obiettivo di "favorire la reale liberalizzazione dei diversi veicoli pensionistici complementari e l'affermazione piena di una reale consapevolezza del risparmiatore nella scelta dello strumento ritenuto più idoneo alla realizzazione della copertura previdenziale", in una cornice normativa volta ad ampliare le libertà di scelta dei lavoratori iscritti alle forme pensionistiche complementari, coerentemente con l'estensione dei margini di libera circolazione nel sistema della previdenza complementare e in una logica di sviluppo, in senso compiutamente Europeo, della disciplina nazionale.
Nell'ipotesi di insolvenza del datore di lavoro che abbia accantonato il TFR conferito al Fondo di previdenza complementare, senza tuttavia versarlo, il soggetto legittimato ad insinuarsi al passivo del fallimento è, di regola, il lavoratore, stante lo scioglimento del rapporto di mandato in cui si estrinseca la delegazione di pagamento al datore di lavoro, salvo che dall'istruttoria emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del Fondo predetto, cui in quel caso spetta la legittimazione attiva ai sensi dell'articolo 93 L. Fall.
Il Decreto Legislativo n. 80 del 1992, articolo 5, prevede che, in caso di omesso o parziale versamento dei contributi da parte del datore di lavoro insolvente, il lavoratore possa richiedere l'intervento del Fondo di garanzia presso l'INPS per integrare presso la gestione di previdenza complementare interessata i contributi risultati omessi, con diritto di surrogazione del Fondo nei confronti del lavoratore. Tale previsione non esclude la legittimazione attiva del lavoratore ad insinuarsi al passivo fallimentare per le quote di TFR maturate e non versate, essendo il Fondo di garanzia surrogato al lavoratore solo per l'equivalente dei contributi omessi.
Sentenza completa
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda - Presidente
Dott. CAIAZZO Rosario - Consigliere
Dott. PAZZI Alberto - Consigliere
Dott. VELLA Paola - rel. Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 7188/2021 R.G. proposto da: (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) giusta procura speciale allegata al ricorso ((OMISSIS)); - ricorrente - contro FALLIMENTO (OMISSIS) SPA; - intimato - avverso il DECRETO del TRIBUNALE di SIRACUSA n. 46/2021 depositato il 27/01/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2023 dal Consigliere PAOLA VELLA; udito …
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