L'avvocato, anche al di fuori dell'esercizio del suo ministero, deve osservare i doveri di probità, dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e dell'immagine della professione forense. Tali doveri generali, enunciati dall'articolo 9, comma 2, del Codice Deontologico Forense, possono concretizzarsi in una pluralità di condotte disciplinarmente rilevanti, non necessariamente tipizzate, purché lesive della reputazione e dell'affidamento dei terzi, come previsto dall'articolo 63 del medesimo Codice. Pertanto, la violazione di tali doveri generali può essere contestata congiuntamente alla violazione della specifica fattispecie di cui all'articolo 63, senza incorrere in un vizio di motivazione per mancata applicazione del principio di tipicità della sanzione disciplinare. Inoltre, la valutazione della gravità della condotta e dell'adeguatezza della sanzione rientra nel potere discrezionale del giudice disciplinare, sindacabile solo in caso di manifesta irragionevolezza o travisamento dei fatti.