Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: L'amministrazione comunale può legittimamente ordinare la demolizione di opere edilizie realizzate in difformità dal titolo abilitativo, anche quando sia stata presentata una domanda di sanatoria ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, qualora accerti che le opere non sono sanabili per violazione delle norme sulle distanze dai confini. Il silenzio-rigetto formatosi sulla domanda di sanatoria non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che l'amministrazione abbia previamente comunicato all'interessato i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza. Il decorso di un breve lasso di tempo dalla realizzazione delle opere abusive (nella specie, otto anni) non è di per sé idoneo a radicare un legittimo affidamento del privato sulla loro conservazione, tale da imporre all'amministrazione un onere di specifica motivazione in ordine al prevalente interesse pubblico alla demolizione. Inoltre, l'eventuale acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione può essere oggetto di autonoma impugnazione solo all'atto dell'adozione del relativo provvedimento, non essendo sufficiente la mera previsione di tale effetto nell'ordinanza demolitoria.