Il giudice amministrativo, nell'ambito del giudizio di ottemperanza, non può riesaminare questioni già decise con sentenza passata in giudicato, in quanto il divieto di "ne bis in idem" è estensibile anche all'azione di ottemperanza, la quale non si configura come mera azione esecutiva ma presenta profili di carattere cognitorio che arricchiscono il contenuto della domanda. Pertanto, il giudice dell'ottemperanza esercita ampi poteri conferiti dalla legge, integrando l'originario disposto della sentenza impugnata dinanzi ad esso, con determinazioni che non ne costituiscono una mera esecuzione, ma un'attuazione in senso stretto, dando luogo al cd. giudicato a formazione progressiva. Di conseguenza, la riproposizione di una domanda di ottemperanza già definita con pronuncia giurisdizionale è inammissibile, in quanto violerebbe il disposto dell'art. 114, commi 8 e 9, c.p.a., che contempla l'impugnazione dei "provvedimenti giurisdizionali adottati dal giudice dell'ottemperanza". Inoltre, eventuali vizi della sentenza che ha definito il precedente giudizio di ottemperanza devono essere fatti valere con i previsti rimedi impugnatori.