L'art. 250 del D.LGS. 28 luglio 1989, n. 271 (norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), va letto nel senso che, in materia di misure cautelari, trovano applicazione, anche nei procedimenti che proseguono nell'osservanza del codice di rito previgente, le norme del nuovo codice che disciplinano l'adozione, il mantenimento, la modificazione o il ripristino di dette misure, indipendentemente dal fatto che, anche a seguito di intervenute modifiche legislative, le norme summenzionate diano luogo a effetti vantaggiosi o svantaggiosi nei confronti dell'imputato. Detto principio non si estende però al regime delle impugnazioni, che continua ad essere regolato, e nei procedimenti in questione, dalla disciplina previgente; ragion per cui, avverso il provvedimento con il quale, in fase di giudizio, venga disposto il ripristino della custodia cautelare nei confronti di soggetto il quale, scarcerato per intervenuta decorrenza dei termini massimi di durata di detta misura, abbia violato gli obblighi impostigli all'atto della scarcerazione, non è esperibile la richiesta di riesame, ma soltanto il ricorso diretto per cassazione.