Il vincolo di destinazione urbanistica imposto dal piano regolatore generale o dal piano di governo del territorio su un'area privata, che ne preveda l'utilizzo per attrezzature e servizi pubblici realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, senza necessità di previa ablazione del bene, non costituisce un vincolo espropriativo, ma espressione della potestà conformativa della proprietà privata da parte della pubblica amministrazione. Tale vincolo, non essendo preordinato all'espropriazione, non richiede la determinazione di un indennizzo ai sensi dell'art. 39 del d.P.R. n. 327/2001, né è soggetto a limiti temporali, configurandosi come vincolo a tempo indeterminato. La scelta di imporre tale destinazione d'uso rientra nell'ambito della discrezionalità pianificatoria dell'amministrazione comunale, sindacabile solo in caso di errori di fatto o manifesta illogicità, e non integra un intento discriminatorio o sviato nei confronti del proprietario privato. Pertanto, l'impugnazione di tale previsione urbanistica, in assenza dei suddetti vizi, deve essere respinta, così come la domanda di risarcimento del danno per l'impossibilità di edificare sull'area, essendo tale questione devoluta alla giurisdizione ordinaria.