Il delitto di estorsione, aggravato dal metodo mafioso, si configura quando l'agente, consapevole di non avere diritto al profitto perseguito, coarta irresistibilmente la volontà della vittima mediante minacce gravi e intimidazioni di stampo mafioso, indirizzate non solo al debitore ma anche a suoi congiunti estranei al rapporto obbligatorio sottostante, in modo tale da indurre la vittima ad accondiscendere supinamente alle avverse pretese, senza possibilità di avvalersi degli ordinari rimedi civilistici. Ciò integra il profitto ingiusto per l'agente e il danno ingiusto per la vittima, richiesti dalla fattispecie di cui all'art. 629 c.p., a differenza del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone, in cui l'agente agisce nella convinzione, anche se erronea, di esercitare un proprio diritto. La particolare gravità e modalità intimidatoria delle minacce, che evocano l'appartenenza dell'agente a una famiglia malavitosa, costituiscono indici inequivocabili del dolo di estorsione, integrando altresì gli estremi dell'aggravante del metodo mafioso di cui all'art. 7 L. 203/1991.