Il Consiglio di Stato, in materia di attività di somministrazione di alimenti e bevande, ha stabilito che il discrimine tra l'attività liberalizzata di consumo sul posto e quella non liberalizzata di somministrazione non può essere circoscritto alla sola presenza o meno del servizio assistito al tavolo. Il criterio distintivo deve invece fare riferimento alla predisposizione di risorse, non solo umane ma anche materiali, che siano di servizio al cliente assistendolo per consumare confortevolmente sul posto quanto acquistato in loco. Pertanto, la mera presenza di piani di appoggio e sedute abbinabili, senza che l'arredo del locale sia tipico degli esercizi di somministrazione (tavoli e sedie confortevoli che favoriscano la permanenza sul posto come luogo di ristoro), non è sufficiente a qualificare l'attività come somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, rientrando piuttosto nell'ambito dell'esercizio di vicinato con consumo sul posto liberalizzato ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. f-bis), del d.l. n. 223/2006. Inoltre, le prescrizioni del regolamento comunale in materia di superficie destinata al consumo sul posto non trovano applicazione immediata per gli esercizi di vicinato già esistenti alla data di entrata in vigore del regolamento stesso, essendo previsto un termine di adeguamento di 12 mesi.