Il giudice di legittimità, nell'esercizio del proprio sindacato sulla motivazione della sentenza impugnata, deve verificare la logicità e la coerenza del percorso argomentativo seguito dal giudice di merito, senza poter procedere ad una nuova valutazione del compendio probatorio, salvo i casi in cui emerga un travisamento del fatto o una manifesta illogicità della motivazione. Pertanto, il ricorso per cassazione che si limiti a riproporre le medesime censure già ampiamente esaminate e disattese in sede di appello, senza alcuna effettiva e specifica critica alla motivazione della sentenza impugnata, deve essere dichiarato inammissibile. Inoltre, il giudice di merito, nel negare le circostanze attenuanti generiche, non è tenuto a fornire una analitica confutazione di tutti gli elementi dedotti dalla difesa, essendo sufficiente che dia conto dell'assenza di elementi positivi idonei a giustificare la concessione del beneficio, nonché della presenza di elementi di segno negativo. Infine, la qualificazione giuridica della condotta deve essere effettuata sulla base della effettiva volontà dell'agente, distinguendo il delitto di incendio (art. 423 c.p.) dal reato di danneggiamento seguito da incendio (art. 424 c.p.), a seconda che l'agente abbia voluto cagionare un incendio di vaste proporzioni, ovvero abbia agito al solo fine di danneggiare, senza la previsione dell'evento incendio.