Gli stati di avanzamento dei lavori formati dal committente o da persona da lui incaricata, anche se non costituiscono prova legale né hanno valore di confessione in favore dell'appaltatore e contro il committente, possono tuttavia essere considerati prova del diritto dell'appaltatore al pagamento dei lavori eseguiti, qualora il committente non dimostri, nel giudizio a contraddittorio pieno che segue all'opposizione al decreto ingiuntivo, che nei fatti, per quantità dei lavori eseguiti e prezzi applicati, l'opera è difforme da quella risultante da tali atti. Ciò in quanto gli stati di avanzamento, i libretti della misurazione e la contabilità relativa ai lavori dati in appalto dalla Pubblica amministrazione sono atti pubblici formati da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni per costituire la prova dei fatti giuridicamente rilevanti dai quali derivano obblighi a carico della medesima. Pertanto, l'onere di provare il fondamento della domanda basata su tali atti non grava sull'appaltatore, ma sul committente che ne contesti il contenuto. Tale principio, coerente con la giurisprudenza di legittimità, si applica anche nel caso in cui gli stati di avanzamento siano stati formati dal committente o nel suo interesse, a differenza della diversa fattispecie in cui fossero stati formati dall'appaltatore o nel suo interesse e contestati dal committente, in cui l'onere probatorio graverebbe sull'appaltatore.