Il reato di cui all'art. 636 c.p., commi 1, 2 e 3 (danneggiamento di cose mobili altrui) è configurabile quando la condotta dell'agente sia sorretta dal dolo specifico di danneggiare la cosa altrui, indipendentemente dalla sussistenza di un danno patrimoniale effettivo, essendo sufficiente l'alterazione o la distruzione materiale della cosa. Il giudice di merito, nel valutare gli elementi probatori, può ritenere provata la tesi accusatoria e confutare la tesi difensiva sulla base di una motivazione ampia, puntuale ed aderente ai dati processuali, senza incorrere in vizi motivazionali o violazioni di legge. La valutazione del danno effettuata dal giudice sulla base di precisi elementi fattuali, come una consulenza tecnica, è incensurabile in sede di legittimità, salvo manifesta illogicità o violazione di legge. L'applicazione dell'art. 131-bis c.p. (non punibilità per particolare tenuità del fatto) è esclusa quando il giudice abbia motivato in modo congruo e adeguato sulla gravità della condotta tenuta dall'imputato, anche in considerazione di precedenti condanne.