Il comportamento fraudolento del pubblico dipendente che, simulando una patologia cronica e soggettiva, induce in errore i medici e l'amministrazione di appartenenza sulla propria effettiva incapacità lavorativa, percependo indebitamente la retribuzione e consentendo al datore di lavoro di non assumere personale esterno, integra il reato di truffa aggravata ai danni della pubblica amministrazione, essendo incompatibile con lo stato di assoluta inabilità al lavoro riconosciuto dai sanitari la constatazione che il dipendente abbia svolto in modo saltuario ma continuativo attività lavorativa presso l'esercizio commerciale del coniuge. Ciò in quanto, pur in presenza di una patologia cronica e soggettiva, la prestazione di attività lavorativa, anche se saltuaria, dimostra la simulazione della condizione di assoluta inabilità al lavoro, essendo irrilevante che tale attività sia stata svolta in momenti di regressione della sintomatologia, atteso che i periodi di congedo erano stati concessi sulla base di una condizione di perdurante inabilità. Pertanto, la mera constatazione della prestazione di attività lavorativa, anche se saltuaria, è sufficiente a escludere la sussistenza dello stato di assoluta inabilità al lavoro riconosciuto dai sanitari e, conseguentemente, a integrare il reato di truffa aggravata, non potendo essere giustificata da mere congetture sulla possibilità che tale attività sia stata svolta nei momenti di regressione della sintomatologia.