Il ritardo reiterato, grave e ingiustificato nel deposito di sentenze da parte di un magistrato, in violazione dei doveri di diligenza, integra l'illecito disciplinare previsto dal D.Lgs. n. 109/2006, art. 1, comma 1, e art. 2, comma 1, lett. q), anche qualora il magistrato abbia dimostrato laboriosità e sussistano ragioni personali estranee all'ambiente di lavoro che abbiano influito sulla sua attività, in quanto tali circostanze non possono costituire un ostacolo al buon funzionamento del servizio giustizia. L'organo di autogoverno della magistratura, nel valutare la condotta disciplinarmente rilevante, deve tenere conto della peculiarità del rito trattato dal magistrato e dei tempi necessari per l'indispensabile riconversione professionale, ma non è vincolato dalle valutazioni positive espresse dai presidenti di sezione o di tribunale sulla preparazione e l'impegno del magistrato, in quanto la desensibilizzazione circa la gravità della condotta non ne elide la rilevanza disciplinare. Inoltre, l'organo disciplinare non è tenuto a esaminare dettagliatamente tutti i provvedimenti depositati dal magistrato, essendo sufficiente una disamina complessiva dei ritardi contestati per accertarne la reiterazione, la gravità e l'ingiustificatezza, ai fini dell'integrazione dell'illecito disciplinare.