L'Amministrazione pubblica, nell'ambito di una concessione in uso di un bene pubblico, conserva i generali poteri di cura dell'interesse pubblico e di autotutela, che le consentono di rimuovere, con effetto decadenziale, la disposta aggiudicazione qualora l'aggiudicatario rifiuti ingiustificatamente di procedere alla stipula del contratto. Tale rifiuto, infatti, può costituire un pregiudizio per l'interesse pubblico, ad esempio per le mancate entrate derivanti dal mancato pagamento del canone concessorio e per il depauperamento del bene pubblico, impedendo così la sua piena fruizione da parte della collettività. L'Amministrazione, pertanto, può legittimamente revocare l'aggiudicazione, in quanto espressione dei suoi poteri autoritativi di autotutela, preordinati alla salvaguardia dell'interesse pubblico alla corretta gestione dei beni e delle risorse collettive, senza che ciò possa essere qualificato come recesso o risoluzione unilaterale del contratto, in assenza di un contratto effettivamente stipulato. L'aggiudicatario, dal canto suo, non può rifiutarsi di procedere alla stipula del contratto, avvalendosi di una preventiva exceptio inadimpleti contractus, in quanto ciò che gli è consentito è, semmai, di sottrarsi al vincolo nascente dalla offerta formulata in sede evidenziale, con sostanziale rinuncia agli effetti della disposta aggiudicazione.