Il giudice di legittimità, nel valutare la sussistenza del reato di falsità materiale commessa dal privato in atto pubblico, deve accertare non solo l'utilizzo dell'atto contraffatto per uno scopo conforme alla sua natura, ma anche l'elemento soggettivo del dolo generico, consistente nella coscienza e volontà dell'agente di utilizzare l'atto falso come se fosse autentico. Tuttavia, tale valutazione non può prescindere da una puntuale ricostruzione della fattispecie concreta, tenendo conto di tutti gli elementi di contesto rilevanti, tra cui le condizioni soggettive dell'imputato e le circostanze in cui è avvenuta la condotta. Pertanto, l'erronea applicazione della legge penale, denunciabile ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) c.p.p., va tenuta distinta dalla deduzione di un vizio di motivazione, relativo alla carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie da parte del giudice di merito, il quale non può essere fatto valere attraverso il ricorso per cassazione avverso la sentenza di non luogo a procedere pronunciata in grado di appello, ai sensi dell'art. 428, comma 3-bis c.p.p.