Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così formulato: La diffida amministrativa, in quanto atto endoprocedimentale privo di autonoma capacità lesiva, è inammissibile come oggetto di autonomo ricorso giurisdizionale, essendo i successivi provvedimenti sfavorevoli, eventualmente adottati in esito al procedimento, quelli suscettibili di impugnazione. Tuttavia, la diffida può essere affetta da vizi di eccesso di potere, per errore nei presupposti e per difetto di congrua istruttoria e motivazione, qualora l'amministrazione fondi le proprie determinazioni su presupposti di fatto rivelatisi erronei o non adeguatamente accertati, come nel caso in cui ometta di considerare le dichiarazioni e attestazioni dei comuni interessati in ordine alla destinazione urbanistica dei siti oggetto di caratterizzazione. In tali ipotesi, pur in assenza di una immediata lesività della diffida, il giudice amministrativo può rilevare i vizi denunciati, al fine di evitare che l'amministrazione proceda all'adozione di ulteriori provvedimenti fondati su presupposti erronei, rimettendo la questione all'amministrazione per una rinnovata valutazione.