La concessione di beni pubblici è una fattispecie complessa, risultante dalla convergenza di un atto unilaterale autoritativo e di una convenzione accessoria o integrativa, fonte di diritti e obblighi reciproci dell'ente concedente e del privato concessionario nell'ambito di un rapporto negoziale bilaterale. In tale contesto, l'ente concedente mantiene un immanente potere pubblicistico a tutela dell'interesse pubblico sottostante alla concessione, che si sostanzia nella prerogativa di dichiarare la decadenza del contratto indipendentemente dall'applicazione dei principi di diritto comune. Le clausole risolutive espresse contenute nei titoli concessori, anche se qualificate in termini privatistici, sono pertanto legittime in quanto espressione di tale potere pubblicistico, non configurandosi come ipotesi di revoca ai sensi dell'art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, bensì come risoluzione del rapporto concessorio in conseguenza del mancato adempimento di obblighi contemplati nel titolo. Tali clausole non sono soggette all'obbligo di specifica approvazione per iscritto previsto dall'art. 1341 c.c., in quanto non rientrano nella categoria delle condizioni generali di contratto, essendo state elaborate dalla concedente con specifico riferimento al singolo rapporto concessorio.