Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento comporta il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento. Pertanto, le somme di denaro confluite sul conto corrente intestato al curatore fallimentare successivamente alla consumazione del reato tributario, costituendo il frutto delle attività recuperatorie poste in essere dal curatore, non possono essere oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, in quanto non più riconducibili alla compagine fallita e alla condotta delittuosa. La peculiare natura dell'attivo fallimentare, infatti, è di ostacolo all'applicabilità della confisca prevista dalla normativa sui reati tributari, la quale individua quale limite l'appartenenza dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato a terzi estranei al reato, ovvero l'indisponibilità dei medesimi in capo al reo e dunque alla persona giuridica rappresentata dall'autore del reato.