Il toccamento di una parte del corpo riconducibile alla sfera sessuale della vittima, compiuto contro la sua volontà e in un contesto professionale, integra il reato di violenza sessuale ai sensi dell'art. 609-bis c.p., comma 3, anche quando sia stato effettuato in modo repentino e con finalità di irrisione, anziché di mero soddisfacimento del piacere sessuale dell'agente. Ai fini dell'elemento soggettivo del reato, è sufficiente che l'autore sia consapevole della natura oggettivamente "sessuale" dell'atto posto in essere volontariamente, a prescindere dallo scopo perseguito. Le dichiarazioni della persona offesa, se ritenute credibili e attendibili, possono costituire prova sufficiente per l'affermazione della responsabilità penale dell'imputato, senza necessità di ulteriori riscontri, purché la motivazione in tal senso sia adeguatamente giustificata dal giudice di merito. Il giudice di legittimità non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice di merito, se questa non risulta manifestamente illogica o priva di motivazione.