Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: L'attività di acquisizione di elementi di prova in tema di delitti in materia di stupefacenti svolta da un agente sotto copertura, ai sensi dell'art. 97 del D.P.R. n. 309/1990, è ritenuta legittima e le dichiarazioni rese da tale agente in sede giudiziaria sono pienamente utilizzabili, a condizione che risulti formalmente autorizzata la sua investitura a compiere tali attività investigative. Pertanto, in assenza di una formale autorizzazione, le dichiarazioni dell'agente sotto copertura sono inutilizzabili, in quanto in contrasto con i principi di cui agli artt. 62 e 63 c.p.p. La partecipazione dell'imputato all'azione criminosa può tuttavia essere provata attraverso altri elementi probatori, purché logicamente e adeguatamente motivati dalla Corte di merito. L'accordo intervenuto tra l'imputato e il pubblico ministero sulla pena, in sede di giudizio di appello, preclude la possibilità di rimettere in discussione ogni questione concernente la sussistenza del reato, la sua attribuibilità e l'entità della pena.