Il Consiglio di Stato, nell'esercizio della propria funzione giurisdizionale, ha affermato il principio secondo cui il potere di revoca, in sede di autotutela, di un provvedimento di approvazione di aggiudicazione di un appalto pubblico, con conseguente rescissione del relativo contratto, deve trovare fondamento in ragioni di pubblico interesse, adeguatamente motivate. Tale potere di revoca può essere legittimamente esercitato anche in corso di svolgimento del procedimento di gara, qualora sopravvengano situazioni di fatto e di diritto che mutino il quadro degli interessi pubblici originariamente perseguiti, come nel caso in cui l'amministrazione decida di affidare il servizio pubblico ad una società a capitale interamente pubblico, costituita allo scopo di razionalizzare i costi e migliorare l'economicità dell'erogazione dei servizi. In tali ipotesi, il principio di buon andamento dell'azione amministrativa giustifica il ritiro degli atti di gara, anche in assenza di una posizione giuridica soggettiva consolidata in capo all'aggiudicatario provvisorio, non essendo ancora intervenuta l'aggiudicazione definitiva e la stipula del contratto. Peraltro, l'esercizio del potere di revoca non esclude la possibilità di una responsabilità precontrattuale dell'amministrazione, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 c.c., qualora il suo comportamento sia risultato contrario ai canoni di correttezza e buona fede, senza che sussistano ragioni giustificative. Tuttavia, nel caso di specie, l'avvio in corso di gara di uno studio di fattibilità per la costituzione di una società pubblica multiservice non è stato ritenuto comportamento contrastante con il principio di affidamento, non essendo l'amministrazione tenuta, in tale fase meramente ricognitiva, ad interrompere il procedimento di gara.