Il giudice di legittimità, nel confermare l'ordinanza cautelare emessa nei confronti dell'indagato, afferma che ai fini dell'adozione di una misura cautelare personale è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell'indagato in ordine ai reati addebitatigli, poiché i necessari "gravi indizi di colpevolezza" non corrispondono agli "indizi" intesi quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza, non dovendo essere valutati secondo i medesimi criteri richiesti per il giudizio di merito dall'art. 192, comma 2, c.p.p. Pertanto, le censure che attengono alla ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito non sono deducibili in sede di legittimità, in quanto riguardano una diversa prospettazione del fatto senza svalutare i criteri del ragionamento espresso nella motivazione del provvedimento impugnato. Inoltre, l'obbligo di trasmissione al tribunale del riesame, previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p., riguarda solo gli atti che il Pubblico ministero ha selezionato per sostenere la sua richiesta, oltre che gli elementi a favore dell'indagato, mentre non sussiste alcun onere di trasmettere tutto il contenuto del fascicolo processuale, sicché l'eventuale omessa trasmissione di materiale video non costituisce motivo di invalidità del provvedimento cautelare, ove tale materiale non sia stato utilizzato dal Pubblico ministero a sostegno della richiesta di misura cautelare e non risulti rappresentare un elemento sopravvenuto favorevole all'indagato.