Il giudice di appello, nel rideterminare la pena base a seguito dell'esclusione di una circostanza aggravante, può legittimamente ricalcolare l'incidenza numerica delle circostanze attenuanti riconosciute in primo grado, in quanto tale operazione è strettamente correlata all'entità della nuova pena base, senza che ciò integri una inammissibile reformatio in peius. Il divieto di reformatio in peius, infatti, riguarda solo l'entità complessiva della pena e non gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione, i quali possono essere rideterminati dal giudice di secondo grado in proporzione alla nuova pena base, purché nel rispetto del principio di proporzionalità. Pertanto, la riduzione della pena base non comporta necessariamente il mantenimento inalterato dell'incidenza numerica delle circostanze attenuanti, essendo questa dipendente dalla pena base di riferimento. Il giudice di appello, nel ricalcolare l'entità delle diminuzioni per le circostanze attenuanti, deve comunque rispettare la proporzione realizzata in primo grado, senza poter peggiorare la posizione dell'imputato.