Il pubblico ufficiale che, nell'esercizio delle sue funzioni, pone in essere atti arbitrari e lesivi di diritti costituzionalmente garantiti, non può pretendere l'obbedienza del cittadino, il quale ha il diritto di opporsi con mezzi proporzionati alla difesa della propria sfera giuridica. Pertanto, l'opposizione del cittadino a tali atti arbitrari, anche se posta in essere con modalità minacciose o violente, non integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale, in quanto la condotta è giustificata dalla necessità di tutelare i propri diritti fondamentali violati dall'abuso di potere del pubblico agente. Il giudice è tenuto a verificare la legittimità dell'azione del pubblico ufficiale, accertando la sussistenza dei presupposti di legge che ne giustificano l'intervento, prima di poter affermare la responsabilità penale del cittadino per resistenza. In assenza di tale verifica, la sentenza che condanna il cittadino è affetta da vizio di motivazione, in quanto non consente di comprendere le ragioni per cui l'opposizione del privato è stata ritenuta illegittima e penalmente rilevante.