Il vincolo di destinazione urbanistica a "parco urbano e di quartiere" imposto dal piano regolatore generale non configura un vincolo preordinato all'espropriazione né comporta l'inedificabilità assoluta del bene, ma costituisce esercizio della potestà conformativa della pubblica amministrazione, consentendo la realizzazione di strutture a carattere provvisorio e non rimettendo la sua attuazione alla necessaria iniziativa pubblica. Pertanto, tale vincolo non è soggetto al limite temporale quinquennale di cui all'art. 2 della legge n. 1187/1968, in quanto non incide in modo significativo sul godimento del bene e sul suo valore di scambio, non svuotandone il contenuto del diritto di proprietà. La pubblica amministrazione può, dunque, legittimamente negare il rilascio di una concessione edilizia in contrasto con la prescrizione urbanistica ancora vigente, senza che ciò comporti la decadenza del vincolo per decorso del termine quinquennale. Il principio di diritto affermato mira a contemperare l'esigenza di tutela dell'interesse pubblico alla pianificazione urbanistica con il rispetto del diritto di proprietà privata, riconoscendo la legittimità di vincoli urbanistici che, pur incidendo sull'uso del bene, non ne determinano un sostanziale svuotamento del contenuto proprietario. Tale bilanciamento consente di preservare l'efficacia degli strumenti di pianificazione territoriale, evitando che il decorso del tempo possa vanificare le scelte di programmazione urbanistica operate dall'amministrazione nell'esercizio della propria discrezionalità tecnica e amministrativa.