Il provvedimento prefettizio di informazione antimafia interdittiva, adottato ai sensi degli artt. 67, 84, 85 e 91 del D.Lgs. n. 159/2011, può essere legittimamente emesso anche nei confronti di una persona fisica non imprenditore, qualora sussistano elementi sintomatici e indiziari sufficientemente qualificati atti a far ritenere l'esistenza di un concreto ed attuale rischio di condizionamento mafioso, in ragione dei rapporti e dei collegamenti della stessa con soggetti e società già destinatari di analoghe misure interdittive, nonché di procedimenti penali in corso per reati-spia di infiltrazione mafiosa. Tale provvedimento, di carattere cautelare e preventivo, non richiede necessariamente il previo contraddittorio procedimentale con l'interessato, in quanto la normativa antimafia, come interpretata dalla giurisprudenza costituzionale ed amministrativa, realizza un giusto bilanciamento tra l'esigenza di tutela della legalità e dell'ordine pubblico economico e la limitazione della libertà di iniziativa economica, senza incorrere in profili di illegittimità costituzionale. Tuttavia, la revoca successiva dell'informazione antimafia interdittiva, disposta ai sensi dell'art. 91, comma 5, del D.Lgs. n. 159/2011, determina la sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente all'annullamento del provvedimento impugnato, salvo che lo stesso non abbia manifestato espresso interesse alla declaratoria di illegittimità a fini risarcitori.