Il reato continuato non può essere riconosciuto sulla sola base della contiguità temporale e dell'omogeneità dei reati commessi, essendo necessaria la dimostrazione di un'unità di disegno criminoso, che si differenzia dalla mera abitualità delinquenziale. Il giudice, nel valutare la sussistenza del reato continuato, deve accertare l'esistenza di un unico programma criminoso, desumibile dalle modalità operative dei singoli reati, dalla loro connessione oggettiva e soggettiva, nonché dalla valutazione complessiva della condotta del reo. La semplice ripetizione di condotte delittuose omogenee, anche se ravvicinate nel tempo, non è sufficiente a integrare il reato continuato, se non è accompagnata dalla prova di un'unica risoluzione criminosa, che accomuni i diversi episodi. Il giudice, pertanto, nel valutare la sussistenza del reato continuato, deve effettuare un'attenta analisi delle circostanze del caso concreto, senza limitarsi a considerazioni di mera contiguità temporale o omogeneità tipologica dei reati, ma verificando l'effettiva unità di disegno criminoso che li abbia ispirati.