Il diniego di condono edilizio per difformità originaria o sopravvenuta del manufatto deve essere adeguatamente motivato, chiarendo se le opere realizzate sine titulo integrano un'ipotesi di domanda dolosamente infedele ai sensi dell'art. 40, comma 1, della l. n. 47 del 1985 oppure rientrano nell'ambito dell'art. 26 della l.r. n. 37 del 1985, che sottrae al regime concessorio ed autorizzatorio la realizzazione di opere interne che non comportino aumento delle superfici utili e del numero delle unità immobiliari, né modifica della destinazione d'uso. In tali ipotesi, l'ordine di ripristino della situazione esistente al momento della presentazione dell'istanza di condono non può giustificare il rigetto della domanda di sanatoria, ove le opere realizzate non incidano sulla struttura plano-volumetrica originaria dell'immobile. Il difetto di motivazione circa la natura e la rilevanza delle opere abusive determina l'annullamento del diniego di condono, con salvezza del riesercizio del potere da parte dell'amministrazione.