Il genitore che, abusando della propria autorità e della condizione di inferiorità fisica e psichica del figlio minore, lo costringe o induce a compiere e subire atti sessuali, commette il reato di violenza sessuale aggravata. Tale condotta è penalmente rilevante anche qualora il minore non manifesti disagi comportamentali o sintomi fisici evidenti, essendo sufficiente la prova della sussistenza di atti sessuali, anche se non accompagnati da violenza fisica, purché vi sia l'abuso della posizione di autorità e della condizione di inferiorità del minore. Il racconto spontaneo e la rappresentazione grafica del minore, unitamente ad altri elementi probatori, possono costituire prova sufficiente dell'avvenuta commissione del reato, senza che sia necessario il riscontro di dichiarazioni rese in sede di incidente probatorio o di indagini preliminari, qualora la mancata conferma sia giustificata da fattori esterni, come il divieto imposto dal genitore di non ripetere più il "gioco" abusivo. In tali casi, la valutazione complessiva del quadro probatorio, effettuata dal giudice di merito con motivazione logica e coerente, non può essere sindacata in sede di legittimità, se non per manifesta illogicità o contraddittorietà.