Cassazione penale Sez. I sentenza n. 16316 del 12 aprile 2018

ECLI:IT:CASS:2018:16316PEN

Massima

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Il legame di parentela tra l'imputato e il capo di un'associazione mafiosa a base familiare, unitamente ad altri elementi di prova quali le dichiarazioni convergenti e reciprocamente riscontrate di più collaboratori di giustizia, può costituire un indizio significativo della partecipazione dell'imputato al sodalizio criminoso, anche in assenza di una sua menzione diretta nelle intercettazioni, purché tali elementi siano valutati nel loro complesso e in relazione al contesto di un'organizzazione delinquenziale a carattere familiare in cui si è accertata la non occasionale attività criminosa di singoli esponenti della medesima famiglia. Pertanto, il giudice di merito, nel valutare la responsabilità dell'imputato per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa, può legittimamente considerare il vincolo di parentela con il capo dell'organizzazione, unitamente agli altri elementi probatori, ai fini dell'accertamento della sua effettiva appartenenza al sodalizio, senza che ciò integri un vizio di motivazione.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOVIK Adet Toni - Presidente

Dott. SIANI Vincenzo - rel. Consigliere

Dott. VANNUCCI Marco - Consigliere

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio - Consigliere

Dott. CAIRO Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/11/2015 della CORTE APPELLO di CATANZARO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SIANI VINCENZO;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa LOY MARIA FRANCESCA;
che ha concluso nel seguente senso:
Il P.G. conclude per il rigetto del ricorso.
Udito il difensore:
E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa …

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