Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: L'avvocato che agisce in giudizio in forza di procure false, non rilasciate dal proprio assistito, viola i doveri di probità e correttezza cui è tenuto nell'esercizio della professione forense. Tale condotta, anche se non finalizzata al conseguimento di un illecito vantaggio economico, integra una grave infrazione disciplinare che può comportare la sanzione della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale. Il giudizio disciplinare nei confronti dell'avvocato non può essere sospeso in attesa della definizione del procedimento penale relativo alla falsificazione delle procure, in quanto l'eventuale assoluzione in sede penale non esclude la rilevanza disciplinare della condotta, la quale deve essere valutata autonomamente in base ai principi deontologici che regolano l'attività forense. Inoltre, la mancanza di dolo specifico o il consenso del cliente non escludono la responsabilità disciplinare dell'avvocato, il quale è comunque tenuto a ispirare la propria condotta ai doveri di probità e correttezza, a tutela della dignità e del decoro della professione.