Il mutamento della qualificazione giuridica del fatto operato dal giudice di appello, pur in assenza di una specifica richiesta del pubblico ministero, non determina la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, né una lesione del diritto di difesa dell'imputato, purché la nuova definizione del reato sia nota o comunque prevedibile per l'imputato e non comporti in concreto un pregiudizio ai suoi diritti. Infatti, il principio di correlazione tra imputazione e sentenza risulta violato solo quando i fatti, rispettivamente descritti e ritenuti, non presentino un nucleo comune, configurando un rapporto di eterogeneità e incompatibilità sostanziale, tale da rendere impossibile per l'imputato difendersi. Pertanto, la diversa qualificazione giuridica operata in sede di appello, ove non determini un mutamento radicale degli elementi essenziali del reato contestato, non comporta la nullità della sentenza, essendo consentito all'imputato di contestare nel merito tale riqualificazione attraverso il ricorso per cassazione.