Il diniego illegittimo di una concessione edilizia da parte della pubblica amministrazione, che impedisce la realizzazione di un intervento edilizio altrimenti consentito, integra gli estremi della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. e dà luogo al diritto del privato al risarcimento del danno patrimoniale subito, anche quando, successivamente all'annullamento giurisdizionale del provvedimento negativo, sopravvenga una nuova disciplina urbanistica che renda l'area inedificabile. In tal caso, il nesso di causalità tra l'atto illegittimo e il danno è ravvisabile nella circostanza che la nuova normativa ha frustrato definitivamente la facoltà edificatoria riconosciuta al privato, rendendo impossibile il conseguimento del bene della vita cui egli aveva diritto. Ai fini della quantificazione del danno risarcibile, il giudice può operare una riduzione dell'importo richiesto in applicazione del principio di cui all'art. 1227 c.c. sulla base di un comportamento omissivo del danneggiato che non si sia attivato per contenere gli effetti dannosi della condotta illegittima della pubblica amministrazione, come ad esempio non aver chiesto una variante urbanistica per dare attuazione al giudicato di annullamento. Tuttavia, tale riduzione non può essere tale da escludere integralmente il diritto al risarcimento, dovendo comunque essere assicurata al privato la restitutio in integrum del suo patrimonio.