Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 41567 del 8 ottobre 2013

ECLI:IT:CASS:2013:41567PEN

Massima

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Il reato di calunnia si configura quando l'agente, consapevole dell'estraneità della persona accusata ai fatti, formula deliberatamente una falsa accusa, senza alcuna valida motivazione, dimostrando così un perdurante difetto di maturità e rielaborazione critica della propria condotta, che esclude il riconoscimento del perdono giudiziale. L'elemento psicologico del reato è integrato dalla consapevolezza della non veridicità delle proprie affermazioni, a prescindere dalla piena cognizione delle conseguenze della condotta, in applicazione del principio generale di cui all'articolo 5 del codice penale. La valutazione della capacità di intendere e volere dell'agente e della sua consapevolezza dell'innocenza della persona accusata rientra nell'accertamento di merito, che non può essere rimesso in discussione in sede di legittimità, ove il giudice di appello abbia motivato in modo esauriente e coerente, senza incorrere in vizi logici o giuridici.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GARRIBBA Tito - Presidente

Dott. LANZA Luigi - Consigliere

Dott. CARCANO Domenico - Consigliere

Dott. PETRUZZELLIS Anna - rel. Consigliere

Dott. CITTERIO Carlo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 28/10/2011 della Corte d'appello di Catania;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere ((omissis));

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MURA Antonio che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso;

udito l'avv. (OMISSIS) che ha concluso riportandosi al ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Co…

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