Il tentativo di reato si perfeziona con la realizzazione di atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere il delitto, senza che sia necessario il compimento dell'azione criminosa. La desistenza volontaria, quale causa di non punibilità prevista dall'art. 56, comma 3, c.p., non è configurabile quando l'agente abbia già posto in essere condotte penalmente rilevanti, come la detenzione e il porto illegale di armi, in quanto in tali casi può al più operare la diminuente del recesso attivo, qualora il soggetto tenga una condotta volta a scongiurare l'evento. Pertanto, il tentativo di reato si considera perfezionato anche quando l'agente, pur avendo predisposto tutti i mezzi necessari per la commissione del delitto, desista volontariamente dall'azione criminosa per cause estranee alla sua sfera di controllo, come il timore di essere sorpreso in flagranza di reato. In tali ipotesi, la desistenza non può essere considerata libera e volontaria, ma è determinata da fattori esterni che influenzano la sfera intellettiva e volitiva dell'agente, escludendo così l'operatività della relativa causa di non punibilità.