Cassazione penale Sez. V sentenza n. 8761 del 22 febbraio 2013

ECLI:IT:CASS:2013:8761PEN

Massima

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Il comportamento di chi, in ambito lavorativo, rivolga a una collega espressioni offensive e denigratorie, anche se in un contesto di apparente tolleranza e familiarità, integra il reato di ingiuria, non potendosi ritenere scriminato da un presunto consenso della persona offesa o da un clima di ilarità e scherzi nell'ambiente di lavoro. L'elemento soggettivo del reato di ingiuria è integrato dal dolo generico, che sussiste quando l'agente, consapevolmente, utilizzi parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive, a prescindere dalle sue specifiche intenzioni. Il fatto che la persona offesa abbia in passato tollerato o sorriso dinanzi a condotte analoghe non legittima il reiterarsi di tali comportamenti, né tantomeno esclude la configurabilità del reato, essendo necessario il consenso effettivo della vittima affinché possa ritenersi scriminata la condotta dell'agente.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZECCA Gaetanino - Presidente

Dott. FUMO Maurizio - Consigliere

Dott. BRUNO Paolo A. - Consigliere

Dott. SABEONE Gerardo - Consigliere

Dott. MICHELI Paolo - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto nell'interesse di:

(OMISSIS), nata a (OMISSIS);

parte civile ricorrente;

avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Massa il 26/09/2011,

all'esito del processo celebrato nei confronti di:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. ((omissis));

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. VOLPE Giuseppe, che ha concluso ch…

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