Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La rinuncia al ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. d), determina l'inammissibilità del gravame, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, in applicazione dei principi affermati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 186 del 13/6/2000. Tale principio trova applicazione indipendentemente dall'esito del giudizio di merito, essendo la rinuncia al ricorso una facoltà rimessa alla libera determinazione della parte, che comporta l'estinzione del procedimento impugnatorio. La declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione a seguito di rinuncia della parte ricorrente costituisce un corollario del principio dispositivo che caratterizza il processo penale, in base al quale l'impulso e la prosecuzione del giudizio sono rimessi alla volontà delle parti, salvi i casi di obbligatorietà dell'azione penale. La rinuncia al ricorso, pertanto, determina l'impossibilità di un riesame del merito della decisione impugnata, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di appello, fermo restando il diritto della parte di proporre un nuovo ricorso per cassazione avverso la medesima sentenza, ove ne ricorrano i presupposti. In tale ipotesi, tuttavia, la parte sarà tenuta a sopportare nuovamente le spese processuali e il versamento della somma in favore della cassa delle ammende, in applicazione del principio della soccombenza.