Il potere di autotutela decisoria dell'amministrazione, quale espressione di un'azione amministrativa finalizzata alla cura attuale dell'interesse pubblico, trova il suo fondamento e limite nel principio di ragionevolezza e può essere legittimamente esercitato non solo per il mero ripristino della legalità violata, ma anche per correggere l'azione amministrativa che non risulti più rispondente ai fini per cui quel potere era stato attribuito, sulla base di una rinnovata valutazione dell'interesse pubblico originario. Pertanto, l'amministrazione può revocare un concorso pubblico, anche in presenza di un pregresso annullamento giurisdizionale di una precedente revoca, qualora accerti che la procedura concorsuale, per le concrete modalità con cui si è svolta e per la condotta tenuta dalla commissione esaminatrice nell'attribuzione dei punteggi, non abbia fornito adeguate garanzie di affidabilità e certezza nella individuazione dei candidati dotati delle caratteristiche professionali richieste, risultando inficiata da elementi di illogicità e contraddittorietà tali da rendere doveroso l'esercizio del potere di revisione del proprio operato, in quanto prevalente l'interesse generale sotteso all'espletamento di procedure concorsuali improntate a criteri di imparzialità e buon andamento. In tali ipotesi, il provvedimento di revoca, adeguatamente motivato, non integra una violazione o elusione del giudicato formatosi sull'annullamento di una precedente revoca, in quanto il potere amministrativo di valutare la tipologia e i tempi degli atti da adottare in occasione della ripresa del procedimento concorsuale è espressamente riservato all'amministrazione.