Il giudice di legittimità, nell'esaminare il ricorso proposto dall'imputato avverso la sentenza di condanna per tentata rapina impropria, ritiene inammissibile il ricorso in quanto fondato su motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti ai sensi dell'art. 606, comma 3, c.p.p. Ciò in quanto, ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, c.p.p., il ricorso per cassazione è ammesso solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza. Nel caso di specie, il Tribunale ha adeguatamente motivato in ordine alla correttezza dei meccanismi di calcolo adottati per la determinazione della pena, come indicata dalla concorde richiesta delle parti, e della congruità della pena medesima, precisando altresì di condividere la scelta di riconoscere la massima riduzione ex art. 56 c.p. per la complessiva connotazione del fatto. Pertanto, il ricorso, fondato sulla mera lamentela di mancanza di motivazione, risulta inammissibile. Il giudice di legittimità, in considerazione della declaratoria di inammissibilità, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., non ravvisando assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.