Cassazione penale Sez. III sentenza n. 6 del 5 gennaio 1983

ECLI:IT:CASS:1983:6PEN

Massima

Massima ufficiale
Tra le plurime e distinte ipotesi di reato previste dall'art. 479 cod. pen., che punisce la falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, l'ultima consiste nella falsa attestazione di fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità. L'atto pubblico è destinato a provare la verità dei fatti in esso attestati solo quando l'autore dell'attestazione abbia l'obbligo giuridico, cioè imposto in modo certo, esplicitamente o anche implicitamente, di esporli nella loro effettiva realtà. Ne consegue che, in mancanza di una norma specifica (sia essa civile, penale, amministrativa, processuale, ecc.) che tale dovere stabilisca, non si realizza il fatto tipico preveduto dall'ultima ipotesi dell'art. 479 cod. PEN.. inoltre l'atto deve provare la verità di fatti, attuali ed obiettivi, e non di manifestazioni di volontà esprimenti intendimenti o propositi futuri, poiché anche in quest'ultimo caso non costituisce reato. Il concorso di tali requisiti deve, naturalmente, sussistere anche quando il delitto di falsità ideologica in atti pubblici sia addebitato al privato, il quale abbia scientemente indotto in errore il pubblico ufficiale, secondo il disposto dell'art. 48 cod. PEN.. (fattispecie relativa a falsa dichiarazione di privato al pubblico ufficiale di destinare al diporto un natante ottenendo così la iscrizione nel relativo registro, che non ha la funzione di provare la verità di un fatto, cioè destinazione del natante ad uso diporto, né la veridicità della dichiarazione del privato).

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