Cassazione penale Sez. V sentenza n. 13168 del 8 aprile 2002

ECLI:IT:CASS:2002:13168PEN

Massima

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Il falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, mediante l'attestazione di fatti non corrispondenti al vero, integra il reato di falso in atto pubblico, a prescindere dalla mancanza di dolo specifico dell'agente, essendo sufficiente il dolo generico. Infatti, l'elemento psicologico del reato di falso in atto pubblico si realizza con la coscienza e volontà di compiere l'atto materiale, a prescindere dalla finalità perseguita, essendo irrilevante che l'agente non abbia avuto l'intento di trarre in inganno l'amministrazione o i terzi. Ciò in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice è l'affidamento della pubblica fede, a prescindere dalle conseguenze dannose che possano derivare dalla condotta. Pertanto, il pubblico ufficiale che, nell'esercizio delle sue funzioni, attesti falsamente la propria presenza in servizio, integra il reato di falso in atto pubblico, anche qualora non abbia agito con l'intento di trarre in inganno l'amministrazione, essendo sufficiente la consapevolezza e volontarietà dell'atto materiale. La credibilità del teste di difesa, inoltre, non è di per sé sufficiente a escludere la responsabilità dell'imputato, dovendo il giudice valutare complessivamente tutti gli elementi di prova acquisiti nel processo.

Sentenza completa

SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza 28.9.99 il Tribunale di Bari dichiarava C. A. responsabile di due episodi di truffa aggravata e di falso (rispettivamente del 17.4.96 e del 16.4.96, relativi a falsa attestazione della propria ininterrotta presenza dalle ore 7,01 alle 13,30 presso la struttura A.S.L. Ba/3 ove prestava servizio di veterinario); con le attenuanti generiche equivalenti e la continuazione lo condannava a pena ritenuta di giustizia.
In data 22.3.01 la Corte di appello assolveva il predetto dai reati ascrittigli in relazione all'episodio del 16.4.96; confermava nel resto la sentenza gravata, riducendo la pena inflitta.
La decisione di secondo grado è stata impugnata con ricorso per cassazione dall'imputato il quale ha dedotto violazione degli artt. 479, 640 c.p. nonché vizio motivazionale con riguardo alla ritenuta sussistenza dell'elemento psicologico ed alla esclusa attendibilità del teste della difesa.
La Cor…

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