Il giudice amministrativo, nell'esecuzione di una propria precedente sentenza passata in giudicato che ha condannato l'amministrazione al pagamento delle spese di giudizio, può ordinare all'amministrazione di adempiere entro un termine perentorio, decorso il quale, in caso di ulteriore inerzia, può nominare un commissario ad acta che si sostituisca all'amministrazione inadempiente per provvedere all'esecuzione della sentenza, con condanna dell'amministrazione al pagamento di una penalità di mora. Tale potere del giudice amministrativo trova fondamento nell'esigenza di assicurare l'effettività della tutela giurisdizionale e di garantire il rispetto del giudicato, evitando che l'inerzia dell'amministrazione possa vanificare l'utilità pratica della pronuncia giurisdizionale. Il giudice, nell'esercizio di tali poteri, deve contemperare l'interesse pubblico al corretto impiego delle risorse finanziarie con la necessità di assicurare l'esecuzione della sentenza e la soddisfazione del diritto del ricorrente, valutando le circostanze del caso concreto e adottando le misure ritenute più idonee allo scopo. La nomina del commissario ad acta e la condanna al pagamento della penalità di mora rappresentano strumenti volti a garantire l'adempimento spontaneo da parte dell'amministrazione, senza che il giudice debba ricorrere a forme di esecuzione forzata, nel rispetto del principio di separazione dei poteri e dell'autonomia organizzativa della pubblica amministrazione. Tali misure, pertanto, costituiscono rimedi eccezionali e residuali, da adottare solo in caso di persistente inerzia dell'amministrazione, al fine di assicurare l'effettività della tutela giurisdizionale e il rispetto del giudicato.