Cassazione penale Sez. V sentenza n. 33879 del 19 luglio 2018

ECLI:IT:CASS:2018:33879PEN

Massima

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Il comportamento di chi, attraverso l'utilizzo di un profilo social, diffonde espressioni offensive e minacciose nei confronti di un pubblico ufficiale in ragione delle sue funzioni, integra il reato di diffamazione aggravata, in quanto tale condotta è potenzialmente idonea a raggiungere un numero indeterminato o comunque apprezzabile di persone. La gravità della condotta, considerati anche i precedenti penali dell'imputato, esclude l'applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, non potendosi riconoscere una ridotta offensività dell'azione. Inoltre, in assenza di elementi probatori idonei a dimostrare una diminuita capacità di intendere e di volere dell'imputato, non può trovare applicazione la relativa circostanza attenuante, non essendo sufficiente il mero riferimento a una perizia svolta in un diverso procedimento penale. Infine, il diniego delle circostanze attenuanti generiche è adeguatamente motivato dalla genericità della relativa richiesta difensiva.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia - Presidente

Dott. MORELLI Francesca - Consigliere

Dott. DE GREGORIO Eduardo - Consigliere

Dott. SCARLINI E. V. S. - rel. Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/06/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa MIGNOLO OLGA, che ha concluso chiedendo il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
1 - Con sentenza del 28 giugno 2017, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale d…

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