Il giudicato penale, espressione del principio di certezza del diritto e di stabilità delle situazioni giuridiche, può essere superato attraverso il rimedio straordinario della revisione solo nei casi tassativamente previsti dalla legge, in presenza di elementi che dimostrino, se accertati, il proscioglimento del condannato. L'istituto della revisione non è finalizzato a ottenere una riqualificazione giuridica del fatto o una riduzione della pena, ma mira esclusivamente a eliminare errori giudiziari e a garantire il favor innocentiae, in attuazione dei principi costituzionali di presunzione di non colpevolezza e di legalità della pena. Il legislatore, nel disciplinare la revisione, ha operato un ragionevole bilanciamento tra l'esigenza di certezza del giudicato e la necessità di tutelare i diritti fondamentali della persona, senza che ciò comporti violazioni dei principi di eguaglianza, di difesa, di giusto processo e di legalità della pena. Pertanto, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 631 c.p.p., nella parte in cui esclude l'ammissibilità della revisione finalizzata al solo riconoscimento di un trattamento sanzionatorio meno afflittivo, essendo tale previsione coerente con la ratio e la struttura dell'istituto.