Sentenze recenti assegno divorzile

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  • L'assegno divorzile assolve una funzione non solo assistenziale, ma anche compensativo-perequativa, che dà attuazione al principio di solidarietà posto a base del diritto del coniuge economicamente più debole. Pertanto, il riconoscimento dell'assegno divorzile presuppone l'accertamento, anche mediante presunzioni, che lo squilibrio effettivo e di non modesta entità delle condizioni economico-patrimoniali delle parti sia causalmente riconducibile, in via esclusiva o prevalente, alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, dovendo l'assegno compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, nonché assicurare, in funzione perequativa, un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge. Ai fini della verifica dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile, occorre un rigoroso accertamento del fatto che lo squilibrio, presente al momento del divorzio, fra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti è l'effetto del sacrificio da parte del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari, il che giustifica il riconoscimento di un assegno "perequativo", cioè di un assegno tendente a colmare tale squilibrio reddituale e a dare ristoro, in funzione riequilibratrice, al contributo dato dall'ex coniuge all'organizzazione della vita familiare. In assenza della prova di questo nesso causale, l'assegno può essere solo eventualmente giustificato da una esigenza strettamente assistenziale, la quale tuttavia consente il riconoscimento dell'assegno solo se il coniuge più debole non ha i mezzi sufficienti per un'esistenza dignitosa o non può procurarseli per ragioni oggettive. Ai fini dell'accertamento dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile, la durata del vincolo coniugale non assume rilievo esclusivamente ai fini della quantificazione dell'assegno, ma viene in considerazione, unitamente agli altri criteri, anche ai fini dell'accertamento del relativo diritto, e ciò può quindi giustificarne l'esclusione, ove, per la sua brevità, non abbia consentito la prestazione di un significativo contributo o il sacrificio di apprezzabili aspettative professionali da parte del richiedente. Inoltre, nella nozione di contributo dato da ciascuno dei coniugi alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di entrambi deve comprendersi non solo quello fornito nel periodo di convivenza coniugale, ma anche quello prestato in regime di separazione, soprattutto per quanto riguarda il mantenimento, l'istruzione e l'educazione dei figli. Infine, l'assegno di mantenimento durante la separazione personale dei coniugi ovvero il contributo paterno al mantenimento della prole, durante la separazione, ovvero l'assegnazione della casa coniugale al coniuge affidatario e collocatario della prole non possono essere ritenuti indici di una già avvenuta "compensazione" da parte di un coniuge, in sede divorzile, per riconoscimento del contributo dato dall'altro durante la vita matrimoniale, in quanto tali elargizioni sono giustificate dalla natura dell'assegno di separazione che, a differenza di quello di divorzio, è finalizzato a consentire al coniuge economicamente più debole ed ai figli il mantenimento dello stesso tenore di vita tenuto prima della separazione, attesa la permanenza del vincolo coniugale.

  • L'assegno divorzile assolve una funzione non solo assistenziale, ma anche compensativo-perequativa, che dà attuazione al principio di solidarietà posto a base del diritto del coniuge economicamente più debole. Esso deve essere riconosciuto, in presenza di una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale tra gli ex coniugi, non solo quando la rinuncia a occasioni professionali da parte del coniuge economicamente più debole sia il frutto di un accordo intervenuto fra i coniugi, ma anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare - che, salvo prova contraria, esprime una scelta comune tacitamente compiuta dai coniugi - a fronte del contributo, esclusivo o prevalente, fornito dal richiedente alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge, anche sotto forma di risparmio. L'assegno divorzile, infatti, deve essere adeguato sia a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato, in particolare, a realistiche occasioni professionali-reddituali - che il coniuge richiedente l'assegno ha l'onere di dimostrare nel giudizio - al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, sia ad assicurare, in funzione perequativa, sempre previo accertamento probatorio dei fatti posti a base della disparità economico-patrimoniale conseguente allo scioglimento del vincolo, un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge, rimanendo, in tal caso, assorbito l'eventuale profilo prettamente assistenziale. Sciolto il vincolo coniugale, in linea di principio ciascun ex coniuge deve provvedere al proprio mantenimento, ma tale principio è derogato, in base alla disciplina sull'assegno divorzile, oltre che nell'ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall'uno all'altro coniuge, "ex post" divenuto ingiustificato, spostamento patrimoniale che in tal caso deve essere corretto attraverso l'attribuzione di un assegno, in funzione compensativo-perequativa. Vero che solo un rigoroso accertamento del fatto che lo squilibrio presente al momento del divorzio fra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti sia l'effetto del sacrificio da parte del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari giustifica il riconoscimento di un assegno "perequativo", cioè di un assegno tendente ad attenuare e rendere accettabile tale squilibrio in base a parametri di giustizia distributiva applicabili anche in sede di crisi familiare (ove i benefici si siano accumulati sul patrimonio o sul reddito di uno solo dei coniugi), ma ovviamente non più tendente a mantenere il pregresso tenore di vita matrimoniale. Infatti, in assenza della prova di questo nesso causale, l'assegno può essere giustificato soltanto da una esigenza assistenziale, la quale tuttavia consente il riconoscimento dell'assegno se il coniuge più debole non ha i mezzi sufficienti per un'esistenza dignitosa.

  • L'assegno divorzile assolve una funzione non solo assistenziale, ma anche compensativa e perequativa, volta a riequilibrare la posizione economico-patrimoniale degli ex coniugi in relazione al contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale dell'altro coniuge. Il giudice, nel disporre l'assegno divorzile, deve pertanto accertare, anche attraverso presunzioni, se lo squilibrio economico-patrimoniale esistente al momento dello scioglimento del matrimonio sia causalmente riconducibile alle scelte comuni di organizzazione della vita familiare, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di uno dei coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto. L'assegno divorzile deve essere adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole del suddetto sacrificio e ad assicurargli, in funzione perequativa, un livello reddituale corrispondente al contributo fornito alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale dell'altro coniuge, senza che ciò comporti la ricostituzione del pregresso tenore di vita matrimoniale. Ove manchi la prova del nesso causale tra lo squilibrio economico-patrimoniale e le scelte comuni di conduzione della vita familiare, l'assegno divorzile può essere riconosciuto solo in presenza dei presupposti di natura assistenziale, ossia qualora il coniuge richiedente non abbia mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni oggettive.

  • L'assegno divorzile assolve una funzione non solo assistenziale, ma anche compensativo-perequativa che dà attuazione al principio di solidarietà posto a base del diritto del coniuge debole; ne consegue che detto assegno deve essere riconosciuto, in presenza della precondizione di una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale tra gli ex coniugi, non solo quando la rinuncia a occasioni professionali da parte del coniuge economicamente più debole sia il frutto di un accordo intervenuto fra i coniugi, ma anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare - che, salvo prova contraria, esprime una scelta comune tacitamente compiuta dai coniugi - a fronte del contributo, esclusivo o prevalente, fornito dal richiedente alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge, anche sotto forma di risparmio.

  • Il diritto all'assegno divorzile, quale strumento di perequazione economica tra gli ex coniugi, trova fondamento nel principio di solidarietà post-coniugale e nella necessità di evitare che lo scioglimento del matrimonio determini un'eccessiva disparità di condizioni economiche tra i medesimi. Pertanto, il giudice, nel determinare l'ammontare dell'assegno, deve valutare complessivamente la situazione personale, reddituale e patrimoniale delle parti, tenendo conto dei contributi, anche non economici, forniti da ciascuno alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonché della durata del matrimonio e della dedicazione della moglie alla cura della famiglia e dei figli. L'assegno divorzile, pur avendo natura assistenziale, assume altresì una funzione compensativa, volta a ristabilire un equilibrio tra le condizioni economiche degli ex coniugi, in considerazione dei sacrifici professionali e personali sostenuti da uno di essi nell'interesse della famiglia. Ciò impone al giudice di accertare con precisione la situazione reddituale e patrimoniale delle parti, nonché il contributo, anche non economico, fornito da ciascuno alla vita familiare, al fine di determinare l'assegno in misura adeguata a garantire il mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, salvo che ciò non risulti eccessivamente oneroso per l'obbligato. In tale valutazione, il giudice deve altresì tenere conto della possibilità per il coniuge economicamente più debole di raggiungere l'autosufficienza economica, valorizzando eventuali prospettive di reinserimento lavorativo e professionale.

  • Il giudice, nel determinare l'assegno divorzile, deve valutare la situazione economica complessiva delle parti, tenendo conto non solo dei redditi, ma anche delle condizioni di vita e delle scelte effettuate durante il matrimonio, come la rinuncia all'attività lavorativa da parte del coniuge per dedicarsi alla cura della famiglia. L'assegno divorzile ha una funzione perequativa, volta a ristabilire un equilibrio tra le condizioni economiche dei coniugi, anche in considerazione del contributo prestato nell'ambito della vita familiare. Pertanto, il giudice può riconoscere l'assegno divorzile a favore del coniuge economicamente più debole, anche in assenza di una significativa sperequazione reddituale, qualora emerga che questi abbia rinunciato o limitato la propria attività lavorativa per dedicarsi prevalentemente alla cura della famiglia, con il consenso dell'altro coniuge. In tali ipotesi, l'assegno divorzile assolve anche una funzione compensativa dello squilibrio determinatosi tra i coniugi a seguito dello scioglimento del matrimonio.

  • Il contributo della moglie alla conduzione della vita familiare, all'accudimento della figlia e alla crescita professionale del marito, pur in assenza di rinunce a concrete occasioni lavorative, può giustificare il riconoscimento di un assegno divorzile con funzione perequativa e compensativa, al fine di riequilibrare la disparità economico-patrimoniale tra gli ex coniugi conseguente allo scioglimento del vincolo, in attuazione del principio di solidarietà post-coniugale e di giustizia distributiva endo-familiare, a tutela del coniuge economicamente più debole. Tale assegno non ha carattere assistenziale, ma mira a compensare il sacrificio della piena estrinsecazione della personalità del coniuge che si sia dedicato prevalentemente alla famiglia, consentendo all'altro di impegnarsi maggiormente nella propria attività professionale e di accrescere il proprio reddito e patrimonio. L'accertamento di tali presupposti, basato su presunzioni semplici gravi, precise e concordanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la cui motivazione, se logica e coerente, non è sindacabile in cassazione se non per vizi di nullità.

  • L'assegno divorzile ha natura assistenziale e perequativo-compensativa, finalizzato a riconoscere il contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune o personale di ciascuno, in relazione alla durata del matrimonio e alle condizioni economico-patrimoniali delle parti. Il suo riconoscimento presuppone l'impossibilità dell'ex coniuge richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente, nonché la dimostrazione del sacrificio di realistiche aspettative professionali e reddituali per contribuire ai bisogni della famiglia. Ove il matrimonio abbia avuto breve durata e non sia provato il decisivo apporto dell'ex coniuge alla vita familiare, il giudice può legittimamente negare l'assegno divorzile, specie se l'ex coniuge richiedente disponga di risorse economiche sufficienti per il proprio sostentamento.

  • Il giudice, nel determinare l'assegno divorzile, deve valutare complessivamente le condizioni economiche e patrimoniali dei coniugi, tenendo conto delle scelte operate dalla coppia in costanza di matrimonio, anche in relazione alla realizzazione professionale del coniuge economicamente più debole. Ove il coniuge economicamente più debole abbia rinunciato, in parte, alle proprie aspettative professionali in conseguenza delle comuni scelte familiari, contribuendo al successo professionale ed economico dell'altro coniuge, l'assegno divorzile deve essere determinato in misura tale da consentirgli di mantenere un tenore di vita adeguato, senza tuttavia assicurargli il medesimo standard di vita goduto in costanza di matrimonio. La decorrenza dell'assegno divorzile, o della sua riduzione, è stabilita dalla data della pronuncia giudiziale che lo determina, salvo espressa anticipazione fino alla domanda con provvedimento motivato del giudice. In caso di reciproca soccombenza delle parti, il giudice può compensare integralmente le spese di lite, valutando complessivamente l'esito del procedimento.

  • L'assegno divorzile ha una funzione assistenziale e compensativo-perequativa, volta a garantire al coniuge economicamente più debole un tenore di vita adeguato al ruolo e al contributo fornito alla formazione del patrimonio familiare, tenendo conto della durata del matrimonio, dell'età e delle aspettative professionali sacrificate. La sua determinazione richiede un prudente apprezzamento delle risultanze istruttorie, con particolare riguardo al contributo del coniuge richiedente alla vita familiare, anche in termini di attività domestica e di cura dei figli svolta con il consenso, anche tacito, dell'altro coniuge. Ove sussista una documentata disparità di potenzialità economiche tra gli ex coniugi, ricavabile da accertamenti di natura tributaria e fiscale, permangono le condizioni per il riconoscimento dell'assegno divorzile, che tuttavia può essere ridotto in considerazione di eventuali redditi o economie proprie del beneficiario, quali attività lavorative saltuarie o il godimento di porzioni della casa familiare. La natura dell'assegno divorzile può essere sia alimentare che perequativo-compensativa, in relazione alle specifiche esigenze del caso concreto, e la sua decorrenza deve essere valutata tenendo conto del momento in cui è stata proposta la relativa domanda.

  • L'assegno divorzile non ha la finalità di consentire ai coniugi di vivere allo stesso modo e di conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma di permettere al coniuge richiedente di raggiungere un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. Pertanto, il giudice, per riconoscere l'assegno divorzile, deve accertare l'impossibilità dell'ex coniuge richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente e la necessità di compensarlo per il particolare contributo, che dimostri di avere dato, alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge durante la vita matrimoniale, nella registrata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nella intrapresa vita matrimoniale, per scelte fatte e ruoli condivisi. L'assegno divorzile, infatti, deve essere adeguato anche a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali, che il coniuge richiedente l'assegno ha l'onere di dimostrare nel giudizio, al fine di contribuire ai bisogni della famiglia. In mancanza di tali presupposti, il giudice deve rigettare la domanda di assegno divorzile, con conseguente obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite, salvo il caso in cui la modifica delle condizioni economiche riguardi solo il soggetto obbligato o si tratti di somme di modesta entità.

  • Il divorzio determina uno squilibrio economico tra i coniugi che può giustificare il riconoscimento di un assegno divorzile in favore del coniuge più debole, purché sussistano i presupposti di legge. Tale assegno ha natura sia assistenziale, per consentire al coniuge richiedente il raggiungimento di un livello reddituale adeguato, sia perequativo-compensativa, per riconoscere il contributo fornito nella realizzazione della vita familiare e il sacrificio delle aspettative professionali. Pertanto, il giudice, nel valutare la spettanza e la misura dell'assegno divorzile, deve effettuare un'analisi comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, tenendo conto della durata del matrimonio, dell'età del coniuge richiedente e delle sue concrete difficoltà di reinserimento lavorativo, nonché della componente assistenziale laddove emerga l'impossibilità per il coniuge di sostenersi autonomamente. L'assegno divorzile, così determinato, deve essere adeguato e proporzionato allo squilibrio economico accertato, senza tuttavia comportare un livellamento delle condizioni economiche dei coniugi.

  • Il diritto all'assegno divorzile è riconosciuto al coniuge economicamente più debole al fine di garantirne l'autosufficienza economica, tenuto conto delle condizioni patrimoniali e reddituali dei coniugi, senza che tale assegno debba necessariamente ripristinare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Il giudice, nel determinare l'ammontare dell'assegno, deve valutare la disparità economica tra i coniugi, considerando sia il profilo patrimoniale che reddituale, senza che sia necessario un concreto apporto del coniuge beneficiario all'attività e alla carriera professionale dell'altro coniuge. L'assegno divorzile non ha una funzione perequativa o compensativa, ma mira esclusivamente a consentire al coniuge più debole di condurre una vita dignitosa. La decorrenza dell'assegno divorzile è fissata al momento del passaggio in giudicato della sentenza non definitiva di divorzio, salvo diversa statuizione del giudice. Il giudice di merito gode di ampio potere discrezionale nella valutazione degli elementi di fatto rilevanti ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, il cui sindacato in sede di legittimità è limitato ai soli vizi di motivazione.

  • L'assegno divorzile ha una funzione assistenziale e compensativa, che prescinde dalla verifica dell'autosufficienza economica del coniuge richiedente, e deve essere riconosciuto anche in presenza di effettiva e concreta non autosufficienza economica, purché sussista uno squilibrio tra le condizioni economico-patrimoniali dei coniugi. Nella determinazione dell'assegno divorzile, il giudice deve tenere conto della durata del matrimonio, dell'età e delle condizioni di salute del coniuge richiedente, nonché del contributo da questi fornito alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi. Pertanto, in presenza di una sensibile disparità economica tra le parti, di una grave malattia invalidante e dell'età avanzata del coniuge richiedente, nonché della considerevole durata del matrimonio, è congruo riconoscere a quest'ultimo un assegno divorzile idoneo a garantirne il mantenimento, anche in assenza di figli. Diversamente, la domanda di assegnazione della casa coniugale è inammissibile in assenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti, non potendo il giudice del divorzio disporre su tale bene se non nell'interesse della prole.

  • In tema di determinazione dell'assegno di divorzio, il principio secondo il quale, sciolto il vincolo coniugale, ciascun ex coniuge deve provvedere al proprio mantenimento, è derogato, oltre che nell'ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall'uno all'altro coniuge, "ex post" divenuto ingiustificato, che deve perciò essere corretto attraverso l'attribuzione di un assegno, in funzione compensativo-perequativa, adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali, che il richiedente l'assegno ha l'onere di indicare specificamente e dimostrare nel giudizio. (Nella specie, la S.C. ha rilevato che la decisione di merito aveva rigettato la domanda volta ad ottenere il riconoscimento dell'assegno divorzile, senza considerare che la ex coniuge si era cancellata dalla Cassa dei dottori commercialisti per provvedere alle necessità dei due figli minori adottati dalla coppia, sacrificando pertanto le proprie aspettative professionali nell'interesse della famiglia).

  • L'assegno divorzile è finalizzato al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi. Pertanto, la sua attribuzione e quantificazione richiedono una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, considerando il contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto. L'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive costituisce un presupposto essenziale per il riconoscimento dell'assegno divorzile, il cui scopo è quello di realizzare un equilibrio economico tra i coniugi a seguito dello scioglimento del vincolo matrimoniale.

  • Il diritto all'assegno divorzile non viene meno automaticamente per il solo fatto che l'ex coniuge economicamente più debole abbia instaurato una stabile convivenza di fatto con un terzo. Affinché l'assegno possa essere revocato o ridotto, è necessario accertare che il nuovo legame affettivo abbia determinato un effettivo mutamento delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ex coniuge, tale da renderlo autosufficiente e non più bisognoso di sostegno. Tuttavia, anche in presenza di una stabile convivenza, l'ex coniuge conserva il diritto all'assegno divorzile in funzione compensativa, qualora dimostri di aver contribuito in modo significativo alla comunione familiare, rinunciando a opportunità lavorative e di crescita professionale, e di aver fornito un apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge. In tali casi, il giudice dovrà valutare la sussistenza di tali presupposti e, ove accertati, riconoscere un assegno divorzile di natura compensativa, anche in via temporanea, al fine di realizzare un equo bilanciamento tra le posizioni dei coniugi a seguito della cessazione del matrimonio.

  • Il diritto all'assegno divorzile spetta al coniuge economicamente più debole, in presenza di un significativo divario reddituale e patrimoniale tra i coniugi, dello stato di bisogno del richiedente, della durata del matrimonio e delle difficoltà di reinserimento lavorativo, anche in ragione dell'età e della modesta scolarità. La determinazione dell'ammontare dell'assegno deve tenere conto di tali circostanze, senza limitarsi al solo confronto tra i tenori di vita goduti in costanza di matrimonio, ma valutando altresì la concreta possibilità di autosufficienza economica del coniuge richiedente. L'assegno divorzile, avendo natura costitutiva, decorre dal passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, indipendentemente dalle eventuali modificazioni successive delle condizioni economiche delle parti. Il giudice di rinvio, nel rideterminare l'ammontare dell'assegno, può valutare anche elementi probatori sopravvenuti, purché nel rispetto del contraddittorio, in quanto la materia è caratterizzata dalla possibilità di revisione in relazione a fatti nuovi. Le spese del giudizio seguono la soccombenza, salva la possibilità di compensazione totale o parziale, rientrante nel potere discrezionale del giudice di merito.

  • Il diritto all'assegno di mantenimento del coniuge separato è fondato sulla persistenza del dovere di assistenza materiale tra i coniugi, che costituisce espressione del principio di solidarietà matrimoniale. Tuttavia, tale diritto può venire meno qualora il coniuge beneficiario instauri una stabile e continuativa convivenza more uxorio con un terzo, in quanto ciò comporta una rottura del pregresso tenore e modello di vita caratterizzanti la fase di convivenza matrimoniale. La prova dell'esistenza di tale nuovo legame familiare, che determina la perdita del diritto all'assegno di mantenimento, grava sul coniuge che ne eccepisce la sussistenza. Tale prova può essere data dimostrando non solo la stabilità e continuità della convivenza, da cui può presumersi la messa in comune delle risorse economiche, ma anche l'adozione di un comune progetto di vita connotato dalla spontanea assunzione di reciproci doveri di assistenza morale e materiale tra i conviventi, in assenza di coabitazione. In tal caso, la prova dovrà essere rigorosa, non potendosi desumere automaticamente la sussistenza di tali elementi dal mero accertamento di sporadici pernottamenti del nuovo partner presso l'abitazione del coniuge beneficiario dell'assegno.

  • L'assegno divorzile ha natura sia assistenziale che perequativo-compensativa, in quanto discende dal principio costituzionale di solidarietà tra gli ex coniugi e mira a riconoscere il contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla realizzazione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale. La sua attribuzione e quantificazione richiedono l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, valutando comparativamente le condizioni economico-patrimoniali delle parti, il contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio, nonché la durata del matrimonio e l'età dell'avente diritto. L'assegno divorzile non è finalizzato alla mera ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. La determinazione dell'assegno divorzile deve pertanto essere effettuata applicando i criteri equiordinati previsti dalla legge, senza che l'accordo sulle condizioni economiche della separazione, pur non vincolante, possa costituire l'unico parametro di riferimento, dovendosi invece valutare complessivamente la situazione economica delle parti al momento del divorzio.

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