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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI Elisabetta - Presidente Dott. PELLEGRINO Andre - rel. Consigliere Dott. FLORIT Francesco - Consigliere Dott. MINUTILLO T. Marzia - Consigliere Dott. CERSOSIMO Emanuele - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS) rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 4. (OMISSIS), nato in (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 5. (OMISSIS), nata a (OMISSIS), rappresentata ed assistita dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 6. (OMISSIS), nato ad (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS) e dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS) rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 9. (OMISSIS), nato ad (OMISSIS) rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS) e dall'avv. Raffaele (OMISSIS), di fiducia; 10. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 11. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 12. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS) e dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 13. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 14. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 15. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 16. (OMISSIS), nato a (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; 17. (OMISSIS), nato ad (OMISSIS), rappresentato ed assistito dall'avv. (OMISSIS), di fiducia; avverso la sentenza n. 2761/22 in data 26/01/2022 della Corte di appello di Venezia, seconda sezione penale; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; preso atto che e' stata ritualmente richiesta da talune delle parti la discussione orale ai sensi dell'articolo 611 c.p.p., comma 1-bis, Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato da ultimo in forza del Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, articolo 5-duodecies, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199, ed i ricorrenti sono stati ammessi alla richiesta trattazione orale in presenza; lette le memorie difensive nell'interesse di (OMISSIS) in data 16/03/2023, nell'interesse di (OMISSIS) in data 05/04/2023, nell'interesse di (OMISSIS) in data 11/04/2023 e nell'interesse di (OMISSIS) in data 11/04/2023; letti i motivi aggiunti di (OMISSIS) in data 05/04/2023; udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Andrea Pellegrino; udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, Dr. Pedicini Ettore, ha cosi' concluso: disporsi annullamento senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) per morte del reo; accogliersi il ricorso di (OMISSIS) limitatamente al secondo motivo relativo al trattamento sanzionatorio con conseguente annullamento con rinvio e declaratoria di inammissibilita' nel resto; accogliersi il ricorso di (OMISSIS) limitatamente al quinto motivo relativo al trattamento sanzionatorio con conseguente annullamento con rinvio e declaratoria di inammissibilita' nel resto; dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); udita la discussione delle parti civili e segnatamente: dell'avv. (OMISSIS), dell'Avvocatura Generale dello Stato, per conto di Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell'Interno, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi, la conferma delle statuizioni civili e la condanna alla rifusione delle spese; dell'avv. (OMISSIS), comparso in sostituzione dell'avv. (OMISSIS) per conto di Libera, Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie APS, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibili o di rigettare i ricorsi degli imputati, con condanna alle statuizioni civili irrogate nei precedenti gradi di giudizio e la rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel complessivo importo di Euro 5.065,60, oltre accessori di legge; dell'avv. (OMISSIS) per conto di Confederazione Generale Italiana del Lavoro-CGIL Venezia e di Confederazione Generale Italiana del Lavoro-CGIL Veneto, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi degli imputati, con condanna degli stessi al pagamento delle spese sostenute nel grado da liquidarsi a favore di ciascuna parte civile rappresentata nell'importo di Euro 3.686,00 oltre accessori di legge; dell'avv. (OMISSIS) per conto di (OMISSIS), che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibili o di rigettare i ricorsi degli imputati, con condanna alle spese rimesse alla valutazione equitativa della Suprema Corte; udita la discussione delle difese dei ricorrenti, e segnatamente: dell'avv. (OMISSIS) e dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), dell'avv. (OMISSIS), presente anche in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); dell'avv. (OMISSIS) e dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); dell'avv. (OMISSIS), in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) ed anche in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e di (OMISSIS); dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS); dell'avv. (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) e di (OMISSIS), che si sono riportati ai rispettivi motivi di ricorso chiedendone l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Venezia, con sentenza in data 11/11/2020, resa all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava: - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riqualificata la condotta di cui al capo A1) come mera partecipazione, disapplicata la recidiva e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni dodici di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate, disapplicata la recidiva e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni tre, mesi otto di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni otto e mesi sei di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti, esclusa quanto al capo F1, l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni dieci di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni nove di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate, lo condannava alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti ai capi A1, D4, E2, E12, F3 e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate, disapplicata la recidiva e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti ai capi A1, D3, D5, E7, E9, E13, G1, G2, G3, G4, G5, G6, G7, G8, G9, G10 e, riconosciuta l'attenuante speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., comma 3, e le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti contestate, ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni cinque e mesi dieci di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni sei, mesi sei di reclusione ed Euro 25.000 di multa; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni otto e mesi sei di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni cinque di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni tre, mesi tre di reclusione; - (OMISSIS), responsabile del reato a lei ascritto limitatamente alle condotte del 2009 e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, la condannava alla pena di mesi otto di reclusione; - (OMISSIS), responsabile dei reati a lui ascritti e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione; - (OMISSIS), responsabile del reato a lui ascritto e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni quattro, mesi otto di reclusione ed Euro 4.000 di multa; - (OMISSIS), responsabile del reato a lui ascritto di cui all'articolo 628 c.p. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 1.500 di multa. 2. Con sentenza in data 26/01/2022, l'adita Corte d'appello di Venezia cosi' disponeva: - ritenuta la condotta contestata ad (OMISSIS) nel capo A1 cessata prima del maggio 2015, riduceva la pena ad anni cinque e mesi due di reclusione; - assolveva (OMISSIS) dal capo A1 per non aver commesso il fatto e rideterminava la pena in anni due, mesi due, giorni venti di reclusione ed Euro 1.600 di multa; - esclusa l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., dichiarava non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) in ordine al reato ascrittole perche' estinto per prescrizione; -riduceva la pena nei confronti di (OMISSIS) in anni quattro, mesi cinque e giorni dieci di reclusione; - ritenuti assorbiti i fatti contestati al capo G5 in quelli contestati al capo G2, riduceva la pena nei confronti di (OMISSIS) in anni cinque e mesi otto di reclusione; - riduceva la pena nei confronti di (OMISSIS) in anni tre, mesi uno e giorni dieci di reclusione. Confermava nel resto. 3. Avverso la predetta sentenza d'appello, nell'interesse di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati proposti ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p.. 4. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. B3) articoli 81 e 697 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, articolo 416-bis.1 c.p.; G8) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, nn. 1 e 2, articolo 219, comma 1 e comma 2, n. 1, articolo 223, comma 1, articolo 416-bis.1 c.p.. G9) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, comma 1 e comma 2, n. 1, articolo 223 c.p., comma 1, 416-bis. 1 G13) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 217, comma 1, n. 3, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, commi 1 e 2, articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: carente o illogica motivazione per erronea valorizzazione ai fini dell'aggravante mafiosa di elementi probatori e per mancata valorizzazione di altri e ben piu' numerosi elementi probatori indicati in appello. Non vi e' alcuna intercettazione in cui l'imputato spenda l'appartenenza al clan mafioso, e il fatto di fare da prestanome con un ruolo riconosciuto di mero esecutore di attivita' per se' stesse non mafiose, lo rende al piu' partecipe di un reato associativo semplice. La consapevolezza di essere un prestanome non integra consapevolezza, automaticamente, di far parte di un'associazione asseritamente mafiosa, posto che per la commissione del reato il (OMISSIS) si e' limitato a far gestire da altri le societa', ma in questa (pur illecita) condotta, egli non ha mai utilizzato, ne' per commetterla, ne' per rafforzarla, l'ascendente mafioso ne' tantomeno condotto ad un'omerta' derivante dal timore. Mancano, pertanto, i tre elementi fondamentali: la forza d'intimidazione del vincolo associativo, la condizione di assoggettamento e la condizione di omerta'. La mafiosita' non ha in alcun modo alterato o rafforzato, ne' agevolato la mera interposizione fittizia nella copertura di cariche sociali; inoltre, (OMISSIS) non ha mai partecipato ad azioni intimidatorie o ad estorsioni, essendo stato inizialmente egli stesso vittima di usura. Le intercettazioni non lo vedono mai implicato in episodi di tal sorta e, anzi, dimostrano che non era lui la persona di fiducia del (OMISSIS). Una sola volta, quest'ultimo riferisce di "mandare (OMISSIS) che non sa cosa dire", ma (OMISSIS) non era presente e non si sa nemmeno a cosa ci si riferisse, perche' mai alcun episodio concreto lo ha visto partecipe. Il (OMISSIS) non veniva incaricato di azioni violente, per le quali erano preposti principalmente (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e mai egli prese parte ad intimidazioni. Il (OMISSIS) non ha mai preso parte ad attivita' che non fossero limitate alla mera intestazione di societa', attivita' che ha ammesso e che ha svolto senza mai avvalersi della forza di intimidazione di un sodalizio criminoso. Non vi e' una sola intercettazione dove qualcuno parli di (OMISSIS) come uomo di fiducia e tuttofare di (OMISSIS), mentre ve ne sono decine in cui tale ruolo viene attribuito (e se lo attribuiscono loro stessi) a (OMISSIS) e (OMISSIS). (OMISSIS) mai si interfaccia con (OMISSIS), anzi, l'unica volta che (OMISSIS) lo chiama suggerendo come comportarsi con una societa' (la (OMISSIS) s.r.l.), (OMISSIS) dice che faranno come dice lui perche' la societa' e' sua e deve prendere i soldi dei fallimenti. Mai (OMISSIS) ha espresso parole di lode su (OMISSIS), mentre su (OMISSIS) ha sempre detto essere lui il suo braccio destro. Secondo motivo: erronea applicazione della legge penale e segnatamente dell'articolo 416-bis c.p.. Mai il (OMISSIS) spende il nome di un clan mafioso per agevolare o compiere la condotta, ne' fa leva su tale ascendente per fomentare omerta' (inesistente) e mai nelle intercettazioni egli utilizza un gergo mafioso. Terzo motivo: vizio di motivazione in merito al diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Le attenuanti generiche sono negate ritenendosi il (OMISSIS) soggetto permanentemente a disposizione di (OMISSIS) e dal medesimo incaricato delle intimidazioni. Il riferimento all'episodio della "(OMISSIS)" e' del tutto errato, in quanto l' (OMISSIS) coinvolto non era il (OMISSIS), bensi' il (OMISSIS). In realta', negli episodi di violenza e nelle intimidazioni non si riscontra mai la presenza del ricorrente che e' il soggetto con minor trasversalita' di condotta, essendosi limitato, come detto, alla sola intestazione di societa'. La Corte territoriale avrebbe dovuto, a parita' di condizioni, riconoscere anche al (OMISSIS) (come avvenuto per gli altri coimputati) le attenuanti generiche. 5. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: Al) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. G9) articoli 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, articolo 216 c.p., comma 1, n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, comma 1, e articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: erronea applicazione di legge in relazione all'articolo 416-bis c.p. e vizio di motivazione. La Corte territoriale omette di motivare in ordine alla concreta condotta associativa posta in essere dal ricorrente. Secondo motivo: violazione di legge in merito alla ritenuta ricorrenza dell'aggravante del "metodo mafioso", per la cui configurabilita' occorre una condotta specificamente evocativa di forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo: in tal senso la sentenza impugnata e' anche priva di motivazione. 6. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. B11) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 2, L. n. 895 del 1967, articoli 1 e 4, articolo 416-bis.1 c.p. (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto). C1) articoli 512-bis e 416-bis. 1 c.p. (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto); D3) articoli 81 c.p. cpv., articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 1, 644, commi 1 e 5 n. 1, 2, 3 e 4, articolo 416-bis.1 c.p.. E7) articoli 56 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. E9) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. E13) articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 416-bis.1 c.p.. G1) articolo 416 c.p.. G2) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, commi 1 e 2, articolo 416-bis.1 c.p.. G3) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, commi 1 e 2 e articolo 416-bis.1 c.p.. G4) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223 commi 1 e 2, n. 1, articolo 416-bis.1 c.p.. G5) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, comma 1, articolo 416-bis.1 c.p. (in appello, il capo G5 veniva ritenuto assorbito nel capo G2); G6) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223 comma 1 e articolo 416-bis.1 c.p.. G7) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, commi 1 e 2, n. 1 e articolo 416-bis.1 c.p.. G8) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, articolo 223, comma 1 e articolo 416-bis.1 c.p.. G9) articolo 110, articolo 112 c.p., n. 1 e 2, articolo 216 c.p., comma 1, n. 1 e 2, articolo 219 c.p., commi 1 e 2, n. 1, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 223, comma 1, articolo 416-bis.1 c.p.. G10) articolo 110, articolo 112 c.p., n. 1 e 2, articolo 216, comma 1, n. 1 e 2, articolo 219, commi 1 e 2, n. 1, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 223, comma 1 e articolo 416-bis.1 c.p.. H2) articoli 55, 81 e 110 c.p., articolo 648-bis c.p., comma 1, articolo 416-bis.1 c.p. (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto). Lamenta il ricorrente quanto segue. Motivo unico: inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in particolare degli articoli 110 e 629 c.p.; mancanza, contraddittorieta' e/o manifesta illogicita' di motivazione in ordine alla sussistenza del contributo causale del ricorrente nel reato di cui al capo E7, con travisamento della prova sul punto. I giudici di merito hanno ritenuto ascrivibile all'imputato il reato contestatogli nonostante quest'ultimo non abbia assistito alla telefonata dai toni minacciosi del (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS), ne' l'abbia approvata, ne' abbia avuto un ruolo attivo nell'incontro del (OMISSIS). Come e' noto, ai fini della configurabilita' di un concorso di persone nel reato, occorrono: una pluralita' di agenti, una realizzazione in chiave plurisoggettiva di un fatto materiale di reato, un contributo causale da parte di ciascun concorrente alla realizzazione della fattispecie di reato e l'elemento soggettivo tipico da parte di ciascun concorrente. Nella fattispecie, lo (OMISSIS) non ha contribuito in alcun modo a rafforzare il proposito criminale del (OMISSIS), ne' ad agevolarne l'esecuzione. Pur mancando da parte del ricorrente un'esplicita dissociazione a parole, e' tuttavia vero che la mera "risata" registrata non puo' fungere da rafforzamento di un altrui proposito criminoso. Seguendo il ragionamento della Corte territoriale, si finisce inevitabilmente per attribuire allo (OMISSIS) una "responsabilita' di posizione" in quanto asseritamente dirigente del sodalizio e, come tale, necessariamente a conoscenza del modus operandi del (OMISSIS). In realta', sarebbe stato invece necessario valutare ed adeguatamente motivare su quale fosse stato in ipotesi l'effettivo contributo causale del ricorrente rispetto al reato fine. Allo stesso modo non si puo' attribuire al ricorrente alcuna responsabilita' per il reato in quanto socio della (OMISSIS) s.a.s., creditrice della (OMISSIS) e pertanto interessata al recupero del credito. Sul punto v'e' carenza ed illogicita' della motivazione, avendo le risultanze probatorie confermato il ruolo marginale dello (OMISSIS) sia all'interno della societa', ma soprattutto all'incontro del (OMISSIS), cui prese parte per pochi minuti, senza contribuire alla condotta estorsiva. Dalle stesse dichiarazioni della persona offesa, non emerge alcuna condotta violenta o minacciosa ai danni della stessa. In ogni caso, quand'anche la valutazione della Corte territoriale venisse ritenuta immune da vizi logico-giuridici in ordine alla sussistenza del reato di estorsione, la stessa non precisa quale sia stato l'effettivo contributo causale del ricorrente ai sensi dell'articolo 110 c.p., precisandosi che, affinche' la mera presenza integri un concorso nel reato, e' indispensabile che si palesi in una chiara adesione alla condotta dell'autore materiale e che questi ne abbia tratto motivo di rafforzamento, stimolo o maggiore senso di sicurezza. Concludendo, sussiste una manifesta violazione degli articoli 110 e 649 c.p. oltre che del principio di personalita' della responsabilita' penale, laddove di fatto si attribuisce al ricorrente una responsabilita' in quanto a conoscenza del "metodo (OMISSIS)"; altresi', si concreta una manifesta illogicita' della motivazione per la mancanza di un elemento esplicativo suffragato da risultanze probatorie che espliciti l'effettivo contributo causale dello (OMISSIS) in termini rafforzativi, di adesione o rafforzamento dell'altrui proposito criminoso. 7. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: F3) articolo 56 c.p., articolo 61 c.p., n. 5, 11 e 11-quinquies, articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 605, articolo 628, commi 1 e 3, n. 1, commi 3 e 3-bis, articolo 416-bis.1 c.p. (assolto in primo grado dal reato di cui agli articoli 56 e 605 c.p. per non aver commesso il fatto) F4) articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110, articolo 112 c.p., comma 1, n. 1 e 2, L. n. 497 del 1974, articoli 10 e 12, L. n. 110 del 1975, articolo 23, commi 3 e 4, articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 61 c.p., n. 5 (minorata difesa). L'aggravante de qua deve essere esclusa in applicazione del principio affermato dalla Suprema Corte (Sez. U, n. 40275/2021), secondo cui, in caso di commissione del reato in tempo di notte, ai fini dell'integrazione dell'aggravante della minorata difesa, e' sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto. Secondo motivo: inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 61 c.p., n. 11-quinquies (presenza di minore). L'aggravante in parola non sussiste, giacche' la concreta presenza di minore non e' stata accertata; la predisposizione di forze di polizia a presidio dell'abitazione del (OMISSIS) ha escluso qualunque possibilita' di percezione del pericolo da parte del minore. Terzo motivo: inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 416-bis.1 c.p. (delitto commesso al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste dall'articolo 416-bis c.p.). Il ricorrente non ha agito con la finalita' di favorire il sodalizio, cui non solo non appartiene, ma che neppure conosce, ne' e' in grado di conoscere in base a generiche affermazioni, prove di riscontri fattuali. Quarto motivo: inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 (violenza o minaccia posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416-bis c.p.). Essendo il ricorrente estraneo e non conoscendo affatto l'associazione criminosa facente capo a (OMISSIS), e' irragionevole ed errato desumere da semplici dichiarazioni di quest'ultimo, prive di riscontri oggettivi, la conoscenza, da parte del ricorrente, dell'appartenenza ad un'associazione mafiosa di uno dei correi. Quinto motivo: inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 62-bis c.p., articolo 65 c.p., n. 3. La riduzione di pena per le attenuanti generiche e' stata operata in misura inferiore ad un terzo: si ritiene che l'attenuazione della gravita' delle contestazioni e la valutazione della generale condotta del ricorrente giustifichi una riduzione pari ad un terzo. Sesto motivo: inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 43 c.p., L. n. 110 del 1975, articolo 23, L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7 (elemento oggettivo e soggettivo del reato; concorso tra i delitti di detenzione e porto illegale in luogo pubblico o aperto al pubblico di arma comune da sparo e di detenzione e porto in luogo pubblico a aperto al pubblico della stessa arma clandestina: capo F4). Si ritiene che al ricorrente non possa essere contestata la partecipazione a titolo di concorso morale perche' assolutamente ignaro della disponibilita' di armi in capo ai correi. Sulla base della perizia in atti, deve essere escluso il carattere clandestino dell'arma rinvenuta, perche' non alterata, ma semplicemente vetusta. Si ritiene, inoltre, che non possa essere contestato il concorso di reati, in virtu' del principio di specialita'. Settimo motivo: inosservanza degli articoli 163 e 164 c.p. (sospensione condizionale della pena). Con l'esclusione delle aggravanti e dei reati di cui ai superiori motivi, considerata la corretta condotta processuale ed extraprocessuale, l'assenza di precedenti penali, il carattere marginale della sua partecipazione, e' ragionevole ritenere che il ricorrente si asterra' dal commettere reati. 8. Ricorso di (OMISSIS). La ricorrente e' imputata del capo: A11) articolo 81 cpv. c.p., articolo 378, commi 1 e 2, articolo 416-bis.1 c.p. (in appello, esclusa l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., nei confronti dell'imputata veniva pronunciata sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione). Lamenta la ricorrente quanto segue. Primo motivo: inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p. con riferimento all'episodio (OMISSIS). La prova della condotta illecita asseritamente tenuta dall'avv. (OMISSIS) e' costituita dalle dichiarazioni del coimputato (OMISSIS). La telefonata intercettata puo' al piu' fornire riscontro dell'avvenuto colloquio tra la (OMISSIS) ed il (OMISSIS), ma mai potra' essere considerata riscontro, per di piu' individualizzante, al riferito contenuto dell'incontro. Se le dichiarazioni dello (OMISSIS) non sono corroborate da riscontri esterni, non assurgono a rango di prova, con la conseguenza che mancherebbe ogni prova in ordine alla circostanza che la (OMISSIS) avrebbe riferito qualcosa al (OMISSIS) nel corso dell'incontro del (OMISSIS). Secondo motivo: inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, con riferimento ad entrambi gli episodi ( (OMISSIS) e (OMISSIS)). La notizia fornita, in entrambi gli episodi, dall'avv. (OMISSIS) al (OMISSIS) non e' e non potra' mai essere considerata un "elemento d'indagine" perche' e' semplicemente il racconto di quanto gli arrestati hanno ritenuto di comunicare al proprio difensore. 9. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato del capo: A4) articolo 110 c.p., articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 416-bis c.p., commi 1 e 3 e articolo 192 c.p.p., mancanza, contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 2, e all'articolo 111 Cost.. Manca in sentenza l'indicazione su quando si sarebbe configurata l'esteriorizzazione della capacita' d'intimidazione dell'associazione. Tutti gli episodi e i dialoghi menzionati in sentenza sono nettamente posteriori al periodo (seconda meta' 2006-inizio 2007) nel quale il (OMISSIS) avrebbe posto in essere le condotte concretanti il ritenuto concorso esterno. In altre parole, la sentenza d'appello e' il frutto di un'erronea applicazione dell'articolo 416-bis c.p. sotto il profilo della necessaria sussistenza dei requisiti idonei a configurare la fattispecie di reato associativo contestata, quantomeno con riguardo al periodo temporale in cui il sodalizio mafioso avrebbe ricevuto il contributo esterno del (OMISSIS); la sentenza e', in ogni caso, totalmente carente di motivazione in proposito, confondendo la disamina delle condotte del (OMISSIS) ai fini della sussistenza del concorso esterno con la valutazione preliminare di esistenza e concretizzazione del sodalizio mafioso, ed essendo viziata da una lettura che ha la pretesa di essere "olistica", ma svaluta ed ignora il profilo diacronico, pretendendo di retrodatare l'esteriorizzazione del sodalizio mafioso attingendo a circostanze di fatto riferibili ad anni ben successivi a quelli che riguardano il (OMISSIS). Secondo motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 110 c.p. e articolo 416-bis c.p., commi 1 e 3 e articolo 192 c.p.p., mancanza, contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 2, e all'articolo 111 Cost.. Nella sentenza impugnata manca qualsivoglia riferimento al concreto, specifico, consapevole e volontario contributo che, valutato ex post, riveli un'effettiva incidenza causale sulla conservazione, agevolazione o sul rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione o di un suo particolare settore, ramo o articolazione territoriale, presupposto necessario ai fini della configurazione del reato contestato. Come evidenziato dalle sezioni unite (sent. n. 33748 del 12/07/2005, Mannino), non basta la mera disponibilita' o vicinanza del politico al sodalizio, ne' la serieta' e concretezza degli impegni presi dal politico a favore dell'associazione mafiosa. Invero, e' configurabile il concorso esterno nel reato di associazione mafiosa nell'ipotesi di scambio elettorale politico mafioso, in forza del quale il personaggio politico, a fronte del richiesto appoggio dell'associazione nella competizione elettorale si impegna ad attivarsi una volta eletto a favore del sodalizio criminale a condizione che: a) gli impegni assunti dal politico per l'affidabilita' dei protagonisti dell'accordo, per i caratteri strutturali dell'associazione, per il contesto di riferimento e per la specificita' dei contenuti, abbiano il carattere della serieta' e della concretezza; b) all'esito della verifica probatoria ex post della loro efficacia causale, risulti accertata sulla base di massime di esperienza dotate di empirica plausibilita' che gli impegni assunti dal politico abbiano inciso effettivamente e significativamente di per se' sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacita' operative dell'intera organizzazione. Peraltro, laddove risulti indimostrata ex post l'efficienza causale dell'impegno e della promessa di aiuto del politico sul piano oggettivo del potenziamento della struttura organizzativa dell'ente, non e' consentito - come avvenuto nella fattispecie - convertire surrettiziamente la fattispecie di concorso materiale oggetto di imputazione in una sorta di apodittico ed empiricamente inafferrabile contributo al rafforzamento dell'associazione mafiosa in chiave psicologica, nel senso che in virtu' del sostegno del politico risulterebbero quindi automaticamente sia all'esterno aumentato il credito del sodalizio nel contesto ambientale di riferimento che all'interno rafforzati il senso di superiorita' ed il prestigio dei capi e la fiducia di sicura impunita' dei partecipi. Nella fattispecie, si sarebbe dovuto dimostrare - ma cio' non e' avvenuto - che il sodalizio nel 2006, periodo della campagna elettorale di (OMISSIS), versasse in una condizione di "emergenza", che (OMISSIS) ne fosse stato consapevole, che solo grazie al suo contributo "infungibile" l'associazione abbia potuto mantenersi in vita. Terzo motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 110 c.p. e articolo 416-bis c.p., commi 1 e 3, mancanza, contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 2, e all'articolo 111 Cost. in riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo; mancata assunzione di prova decisiva consistente nell'esame del teste (OMISSIS), creditore della (OMISSIS) s.r.l. che per primo aveva sollecitato l'intervento del (OMISSIS) nella vicenda. La punibilita' il dolo diretto avrebbe richiesto il rigoroso accertamento che il (OMISSIS), ponendo in essere attivita' di mero contatto con potenziali acquirenti dell'hotel (OMISSIS): a) fosse a conoscenza, in quel momento, dell'esistenza di un'associazione a delinquere di stampo mafioso con a capo il (OMISSIS); b) fosse a conoscenza, sempre in quel momento, che (OMISSIS), socio di maggioranza della (OMISSIS) s.r.l., proprietaria dell'hotel, rivestisse la natura di partecipe della predetta associazione; c) fosse a conoscenza che il suo comportamento avrebbe certamente agevolato o rafforzato l'associazione. Quarto motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 110 c.p. e articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, mancanza, contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 2, e all'articolo 111 Cost. in riferimento alla ritenuta applicazione delle circostanze aggravanti dell'uso delle armi e dell'aver ottenuto il controllo di attivita' economiche finanziate con il prodotto, il profitto o il prezzo dei delitti. Il (OMISSIS) non aveva alcun contatto ne' con il (OMISSIS) ne' con i fratelli (OMISSIS), ne' con i coimputati ai quali sono contestati reati di detenzione di armi ne' con quelli ritenuti partecipi dell'associazione. Inoltre, le attivita' economiche erano riconducibili al (OMISSIS) e, in tesi, all'associazione criminale, ma non risultano costituite o mantenute mediante la forza di intimidazione del vincolo associativo, con la conseguenza che la seconda aggravante in parola non andava applicata. Quinto motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 110, articolo 416-bis, comma 1, come modificato dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, articolo 1, comma 2, articolo 69 c.p., articolo 133 c.p., articolo 442 c.p.p., comma 2, articolo 25 Cost. in riferimento alla erronea individuazione della pena edittale minima applicabile in relazione al tempus delicti commissi, nonche' mancanza, contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione in violazione dell'articolo 125 c.p.p., comma 2, e all'articolo 111 Cost.. 10. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. C1) articolo 512-bis c.p., articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: errata applicazione della legge penale con riferimento all'articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. Appare del tutto carente il vincolo di subordinazione gerarchica e l'esistenza di un giuramento a sugellare il vincolo criminoso, ne' si rintracciano direttive impartite, ne' precise organizzazioni e distribuzioni di ruoli ed un fine unitario comune. Secondo motivo: errata applicazione della legge penale con riferimento all'articolo 512-bis c.p.. Non vi sono elementi che possano far ritenere che il ricorrente abbia concorso, nel ruolo di interposto acquirente, nel trasferimento fittizio dell'appartamento e del garage siti in (OMISSIS), la cui proprieta' sarebbe riconducibile al (OMISSIS). Terzo motivo: errata applicazione della legge penale in ordine all'articolo 133 c.p., ovvero eccessiva quantificazione della pena ed insufficienza di motivazione. Nessun guadagno e' stato accertato ne' alcun collegamento e' stato provato con i soggetti dediti ai contestati traffici illegali. Sono altresi' scarne le motivazioni date dalla Corte territoriale in ordine alle doglianze circa la pena inflitta (recidiva, continuazione, aggravanti), limitandosi a cassarne i motivi di gravame senza meglio specificare le ragioni della scelta. 11. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. B14) articoli 81, 110 e 697 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, L. n. 110 del 1975, articolo 23, articolo 416-bis.1 c.p.. E7) articoli 56 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis. 1 c.p.. G11) articoli 61 c.p., n. 2, articolo 110 c.p., articolo 423 c.p., comma 1, articolo 425 c.p., comma 1, n. 2, articolo 416-bis.1 c.p.. G12) articoli 56, 110 e 640 c.p., articolo 61 c.p., n. 7, articolo 416-bis.1 c.p.. H3) articoli 81 e 110 c.p., articolo 453 c.p., comma 1, n. 3 e 4, articolo 416-bis.1 c.p.. J2) articoli 81 e 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: errata applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'aggravante del c.d. metodo mafioso. Il ricorrente non conosceva e non ha esercitato alcuna forza di intimidazione in alcuna occasione. Egli ha svolto attivita' lavorativa alle dipendenze della societa' del (OMISSIS) per diversi anni, dietro regolare corrispettivo. Nella specie, difetta il vincolo di subordinazione gerarchica che caratterizza l'associazione mafiosa nonche' il vincolo di giuramento. Nei confronti del (OMISSIS) appare del tutto indimostrata la circostanza secondo la quale lo stesso avrebbe svolto il ruolo di guardia-spalle e/o accompagnatore del (OMISSIS) e/o di altri appartenenti al supposto sodalizio nel corso di riunioni con esponenti della criminalita' locale e con altri soggetti cui fare bene intendere la potenza e la capacita' lesiva dell'associazione, ne' appare provata la circostanza secondo la quale, in occasione delle sue passate carcerazioni, la presunto consorteria mafiosa avrebbe provveduto alle spese legali nonche' al mantenimento dei familiari ed al suo sostentamento in carcere. In ogni caso, al piu', si sarebbe in presenza di un aggregato autonomo che richiederebbe la rigorosa prova di tutti i presupposti di cui all'articolo 416-bis c.p., che non paiono in alcun modo provati nella fattispecie. Manca, inoltre, l'accertamento dell'effettiva avvenuta agevolazione del sodalizio mafioso e dell'uso in concreto della forza di intimidazione, non essendo al riguardo sufficiente un semplice "dolo" di farvi ricorso o la mera probabilita' di farvi ricorso. Il (OMISSIS) non ha mai partecipato ad alcun evento che possa essere ricondotto al controllo del territorio, ne' ha mai partecipato ad alcun appalto od opera pubblica, anche perche' il suo modesto reddito non glielo permetteva. Secondo motivo: vizio di motivazione in relazione ai capi B14, E7, G11, G12, H3 e J2. In merito al reato di cui al capo 1314, il protagonismo del (OMISSIS) e' del tutto marginale, non avendo egli mai detenuto armi per conto del (OMISSIS) e/o di altri cosiddetti sodali. Il ricorrente era del tutto inconsapevole dei propositi criminosi del (OMISSIS) e non aveva partecipato ne' all'ideazione ne' alla fase esecutiva della rapina al punto SNAI di (OMISSIS). Quanto al capo E7, si evidenzia innanzitutto come il delitto viene contestato a distanza di quasi venti anni dallo svolgersi dei fatti. Appare del tutto arduo provare il protagonismo del deducente in base alle sole dichiarazioni autoaccusatorie rilasciate dal (OMISSIS) ed intercettate dagli inquirenti, anche perche' le suggestioni accusatorie vengono smentite da elementi oggettivi di cui non si e' tenuto conto. Ai capi G11 e G12 vengono contestati al deducente le responsabilita' concorsuali per l'incendio dei camion nella disponibilita' della societa' (OMISSIS) s.r.l. nonche' per la conseguente tentata truffa volta ad ottenere il risarcimento assicurativo del danno ai predetti mezzi. Anche se risulta comprovata la natura dolosa dell'incendio, non lo e' affatto il coinvolgimento dell'imputato. Al capo H3 viene contestato al ricorrente di aver reperito in Campania un numero imprecisato di banconote contraffatte nei tagli da 100 e 200 Euro, utilizzandole come campioni ed esibendole a potenziali acquirenti: sul punto, si contesta l'assoluta indeterminatezza del capo d'imputazione, atteso che non si intende quali e quanti campioni sarebbero stati acquistati, da chi, in quali circostanze di tempo e di luogo e chi sarebbero i potenziali acquirenti ai quali tali campioni sarebbero poi stati esibiti. Al (OMISSIS) viene altresi' contestato di aver acquistato e detenuto a fini di spaccio quantitativi di cocaina non inferiori a 200 gr. per volta. Non si ritiene provato il suo coinvolgimento non essendo certa l'identificazione fatta da (OMISSIS), ovvero uno degli acquirenti di stupefacente ed anche (OMISSIS) ha escluso il suo coinvolgimento. Terzo motivo: erronea applicazione della legge in relazione all'articolo 133 c.p. ed eccessiva quantificazione della pena inflitta. Il ricorrente e' stato coinvolto suo malgrado nelle vicende per cui e' processo, essendo stato in buona fede in quanto legato da amicizia con il (OMISSIS). Nessun guadagno e' stato accertato, ne' alcun collegamento con i soggetti dediti a traffici illegali di cui si e' tanto parlato e' stato provato; inoltre, il ricorrente non risulta intestatario di alcun bene immobile o mobile registrato di rilievo. 12. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. B7) articoli 110, 81 e 697 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, L. n. 110 del 1975, articoli 3 e 23, articolo 416-bis.1 c.p. (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto). D4) articoli 81 cpv. e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 1, articolo 644 c.p., commi 1 e 5 n. 1, 2, 3 e 4, articolo 416-bis.1 c.p.. E2) articoli 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, art- 416-bis.1 c.p.. E12) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629, comma 2, 416-bis.1 c.p.. F3) articolo 56 c.p., articolo 61 c.p., n. 5, 11 e 11-quinquies, articolo 110, articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 605, articolo 628 c.p., commi 1 e 3, n. 1, 3 e 3-bis, articolo 416-bis.1 c.p.. F4) articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 1 e 2, L. n. 497 del 1974, articoli 10 e 12, L. n. 110 del 1975, articolo 23, commi 3 e 4, articolo 416-bis.1 c.p. (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto). J4) articoli 81 e 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (riqualificato il fatto nell'ipotesi di cui all'articolo 73, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica cit., veniva dichiarato prescritto il reato in primo grado) Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di associazione a delinquere di stampo mafioso con riferimento all'articolo 192 c.p.p. In sostanza, ferma restando l'esistenza di plurime attivita' illecite nella zona di (OMISSIS), ruotanti intorno alla figura di (OMISSIS), il problema da risolvere in via pregiudiziale era quello relativo alla configurabilita' o meno di un gruppo avente caratteristiche mafiose, dopo aver valutato se tale presenza sul territorio fosse estrinsecazione di un'autonoma valenza criminale del gruppo, nella proiezione dell'illecito mafioso, ovvero se quella attivita' fosse riconducibile ad altra associazione mafiosa, storicamente e giudiziariamente assestata, di cui quel gruppo fosse espressione specifica e diretta (nella specie, il clan dei (OMISSIS)). In realta', le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) individuano generici rapporti di conoscenza evocati attraverso il richiamo a singole vicende, ma non operano alcuna descrizione del rapporto di affiliazione del (OMISSIS) al clan dei (OMISSIS). Se non vi e' prova di una compenetrazione tra il clan dei (OMISSIS) ed il gruppo di (OMISSIS), allora il riferimento all'esistenza di un'associazione mafiosa non poteva che essere ricostruito attraverso la evidenza di elementi che, di per se' soli ed autonomamente, avrebbero dovuto dare contezza dell'esistenza di un gruppo avente le caratteristiche tutte di cui all'articolo 416-bis c.p.. La Corte territoriale non si misura con la questione, assorbendo ogni considerazione nell'evocazione generica di conversazioni che, in assenza di riscontri specifici, possono al piu' supportare la ricorrenza di singoli reati e non gia' della struttura associativa mafiosa. Altro punto non adeguatamente affrontato era quello relativo alla possibile qualificazione del fatto quale associazione a delinquere ordinaria, al piu' aggravata dal metodo mafioso. La motivazione della Corte territoriale che riscostruisce i singoli episodi delittuosi induce al piu' a ricondurre l'ipotesi a quella di cui all'articolo 416 c.p., mancando l'evidenza di quella generale condizione di assoggettamento e di omerta' che dovrebbe fare la differenza per il delitto ritenuto in sentenza. In merito alla posizione del (OMISSIS), si evidenzia come lo stesso risulti presente in alcune specifiche circostanze grazie ad un rapporto di collegamento parentale proprio con il (OMISSIS) (quest'ultimo ha sposato una sorella del padre). La sua andata in Veneto viene ricostruita dalla Corte territoriale come necessitata dall'esigenza di andare via dai luoghi di origine ove si era fatto molti nemici: il dato oggettivo acquisito e', tuttavia, di ben altra natura, non essendovi stato un accertamento nemmeno generico sulla caratura criminale del (OMISSIS) e la sua posizione appare ancorata ad elementi di estrema genericita' che, se riescono a giustificare il coinvolgimento in singole attivita' illecite, non riescono a dare l'idea di una sua concreta ed effettiva partecipazione al sodalizio stesso. In particolare, non emerge in alcun modo una affectio del (OMISSIS) ad una struttura mafiosa organizzata, ne' un ruolo allo stesso attribuito che, comunque, andava ricostruito nelle sue coordinate essenziali, non potendo essere relegato alla evidenza di rapporti di natura professionale e di parentela, ne' all'esaltazione di una presenza in circostanze specifiche, ove il ruolo del (OMISSIS) non e' esplicativo di alcun segmento della condotta che possa essere rilevante proprio nella costruzione dello schema partecipativo. Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai capi D4, E2, E12 e F3. In relazione ai reati fine, la difesa aveva essenzialmente sottolineato la mancanza di una specifica prova di concorso in ordine agli stessi, non potendosi essa desumere dalle circostanze di fatto, per come obiettivamente ricostruite. In pratica, il mero svolgimento di attivita' materiali, ovvero esecutive, in assenza di un coinvolgimento effettivo nella predisposizione o nella determinazione delle condotte illecite, non consente di ravvisare quella colpevole partecipazione ai reati fine, presupposto indefettibile dell'accertamento di responsabilita'. La motivazione sui reati fine appare in concreti disancorata da una lettura complessiva e coerente degli atti. Manca, in pratica, qualsiasi motivazione sulla consapevolezza dell'illiceita' delle condotte, in ordine ai reati di cui ai capi D4, E12, F3; cosi' come, in relazione alla vicenda di cui al capo E2, defetta qualsiasi elemento di riscontro alla chiamata in correita' dell' (OMISSIS) su cu la Corte territoriale no si sofferma affatto. Orbene, pur volendo prescindere dal tema relativo alla motivazione, ovvero alla qualificazione giuridica del delitto associativo, comunque la motivazione in ordine agli elementi propri del ritenuto concorso nei reati fine doveva essere ancorato ad un'evidenza motivazionale che tenesse conto della alternativa ricostruzione difensiva. Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. L'aggravante viene automaticamente ritenuta sussistente poiche' i reati fine, risultando tutti commessi all'interno dell'associazione, non potrebbero che condividerne le illecite finalita'. Il ragionamento della Corte territoriale non convince, data la piena autonomia strutturale e funzionale dei reati fine rispetto al delitto associativo, nel senso che la sussistenza dell'aggravante non e' una proiezione necessaria della partecipazione associativa. Pertanto, quando il reato fine e' commesso con la finalita' agevolativa, e' necessario dimostrare tale finalita', individuando le coordinate di fatto che portino a ritenere sussistente il collegamento necessario tra la partecipazione e la condotta oggetto della incriminazione specifica. I reati di cui ai capi D4, E2, E12 ed F3 sono tutti svincolati da qualsiasi rferimento a finalita' agevolative del clan. Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai reati di cui ai capi E2, E12 ed F3. Come e' noto, l'aggravante delle piu' persone riunite scatta tutte le volte in cui la violenza o la minaccia venga esercitata in maniera contestuale da piu' soggetti: su tale aspetto, la motivazione della Corte territoriale non si confronta con l'effettivo svolgimento dei fatti, dal momento che non emerge alcun elemento che possa supportare la ricorrenza dei presupposti dell'aggravante ne', tantomeno, la motivazione indica quali siano stati i riferimenti per ritenerne la individuazione. Anche in ordine alla qualifica soggettiva del (OMISSIS), non puo' non rilevarsi come lo stesso non avesse riportato, all'atto della commissione dei reati contestati, alcuna condanna per delitti associativi. Quinto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 416-bis.1 c.p., comma 3; mancato riconoscimento dell'attenuante della collaborazione. L'esame delle dichiarazioni del (OMISSIS) ed i contenuti dei suoi interrogatori consentono di apprezzare la consistenza e l'effettivita' del contributo collaborativo fornito dal ricorrente, che ha consentito di ricostruire in maniera compiuta le responsabilita' in ordine ai delitti commessi con armi; ha consentito, inoltre, l'individuazione dell'altro soggetto coinvolto nelle rapine ai danni del (OMISSIS); ha rilevato come, presso il punto SNAI si procedesse ad attivita' di ripulitura di soldi recuperati in nero; ha spiegato il funzionamento delle carte prepagate, fornendo cosi' elementi specifici proprio in ordine ai profili di operativita' economica, oltre che criminale riconducibili al gruppo (OMISSIS). Il contributo di conoscenze fornito dal (OMISSIS) e' stato assolutamente significativo e rilevante per la definizione di alcuni particolari aspetti delle vicende oggetto di contestazione. Il (OMISSIS), attraverso le proprie dichiarazioni, ha manifestato in maniera inequivoca un allontanamento dal gruppo di appartenenza, rispetto al quale ha posto in essere una concreta attivita' di dissociazione, fornendo quei precisi e chiari contributi di ordine probatorio, rientranti nella sua sfera di conoscenza, considerato anche il ruolo certamente non primario rivestito nel gruppo di riferimento. Sesto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 62-bis, 81, 114 e 133 c.p.. La marginalita' del ruolo del (OMISSIS) e la sua fungibilita' appaiono in tutta la loro consistenza dalla stessa ricostruzione operata in motivazione dalla Corte territoriale. Il ricorrente non assunse mai alcuna determinazione per la realizzazione degli eventi, limitandosi ad eseguire in tutti i reati fine protocolli operativi indicatigli dal (OMISSIS) ovvero da altri sodali. La marginalita' del ruolo emerge altresi' dalla fungibilita' dello stesso e dalla mancanza di una specificita' attributiva di funzioni che ne avrebbero reso la partecipazione di sicura rilevanza per il mantenimento del clan. 13. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: D1) articoli 81 cpv. e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 1, articolo 644 c.p., commi 1 e 5, n. 1, 2, 3 e 4, articolo 416-bis.1 c.p.. E16) articoli 61 c.p., n. 2, articolo 81 c.p., articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. 32) articoli 81 e 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. 33) articoli 81 e 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, articolo 644 c.p., commi 1 e 5, n. 1 e 4, articolo 416-bis.1 c.p., articolo 629, comma 2 con riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 1 e 3, articolo 416-bis.1 c.p.. Il (OMISSIS) contesta l'affermazione di penale responsabilita' per ogni reato ritenuto a suo carico, precisando di non aver fatto altro che pretendere il pagamento delle sue legittime spettanze connesse ai lavori eseguiti dalle sue squadre di operai nell'interesse del (OMISSIS), ed osservando che il semplice fatto di essere un "collega" del (OMISSIS), non voleva dire che lo stesso concorra nelle condotte delinquenziali di quest'ultimo. Secondo motivo: violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in relazione ai parametri di cui all'articolo 133 c.p., in realta' ampiamente concedibili, tenuto conto della scelta difensiva di chiedere il rito abbreviato nonche' del contributo dato attraverso le dichiarazioni spontanee rese in udienza che hanno agevolato l'organo giudicante nella ricostruzione dei fatti. 14. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato del capo: E1) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla ricorrenza dell'aggravante della cd. agevolazione mafiosa. La Corte territoriale ha del tutto omesso di indagare l'effettiva sussistenza in capo al (OMISSIS) della volonta' di agevolare non il singolo associato bensi' l'associazione mafiosa in quanto tale, secondo il criterio di imputazione in termini di dolo specifico ai fini di una attribuzione immediata, ovvero di dolo diretto ai fini di un'eventuale estensione quale correo della finalita' altrui. Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica del fatto ex articolo 393 c.p.. La Corte territoriale ha totalmente incentrato il proprio ragionamento sul presunto utilizzo del "metodo mafioso" che avrebbe comportato l'utilizzo di una minaccia spropositata e di una forza coercitiva eccessiva nei confronti della vittima, determinando in tal modo la qualificazione giuridica del fatto. In tal modo, tuttavia, la Corte territoriale ha innanzitutto omesso di indagare quale fosse l'elemento psicologico posto a fondamento dell'azione e non ha considerato, come il (OMISSIS) avesse agito per conto del (OMISSIS) al fine di ottenere dallo (OMISSIS) esattamente quanto a questi spettante secondo il suo diritto, vale a dire il pagamento dei canoni di locazione scaduti e non pagati nel loro preciso ammontare, senza esigere alcun sacrificio o pregiudizio ulteriore o aggiuntivo da parte della vittima, quanto richiesto corrispondeva esattamente all'oggetto della tutela apprestata in concreto dall'ordinamento giuridico. L'affermazione secondo cui il (OMISSIS) ebbe a conseguire un profitto personale dalla vicenda, identificato con i 2000 Euro che egli avrebbe certamente trattenuto per se', e' il frutto di una deduzione manifestamente illogica, in quanto fondata su un elemento "esterno" alla sfera di disponibilita' e di intervento del soggetto agente e, in quanto tale, inidoneo a rendere contezza effettiva del substrato psicologico caratterizzante la condotta del (OMISSIS). Le sezioni unite hanno ritenuto la necessita' di indagare l'elemento psicologico dell'agente, quale accertamento preliminare ed indifferibile rispetto alla corretta qualificazione giuridica del fatto: nel caso di specie, la Corte territoriale avrebbe dovuto indagare, con valutazione ex ante, quale fosse stata l'intenzione del (OMISSIS) al momento dell'interessamento nella vicenda, vale a dire nel momento in cui aveva suggerito al (OMISSIS) di rivolgersi al (OMISSIS) quale "intermediario", e se gia' in quel momento egli avesse la finalita' di perseguire un interesse personale ed ulteriore rispetto a quello dell'amico. Tale accertamento e' stato completamente omesso e, in piu', la componente volitiva della condotta del (OMISSIS) e' stata desunta, in maniera del tutto illogica, da un elemento esterno al suo comportamento e alla sua sfera di azione, senza specificarne tuttavia il coefficiente psicologico di collegamento. Terzo motivo: violazione di legge in riferimento all'articolo 629 c.p., comma 2 in relazione all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 1 e 3 alla luce del combinato disposto degli articoli 59 e 118 c.p.; vizio di motivazione in relazione ai requisiti di imputabilita' soggettiva delle aggravanti del reato di estorsione. Le aggravanti di tipo oggettivo, come quelle in esame, non possono essere trasmesse ed applicate ai concorrenti "estranei" in maniera automatica, prescindendo dalla constatazione della sussistenza in capo a loro di quel coefficiente "minimo" di imputabilita' caratterizzato dalla conoscenza o, quantomeno, della conoscibilita' delle suddette aggravanti. In applicazione di detti principi, la Corte territoriale avrebbe dovuto motivare, almeno, in relazione alla possibilita' di attribuire le suddette circostanze in capo al (OMISSIS) quantomeno a titolo di colpa. 15. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. E19) articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge in relazione al capo A1) per ritenuta sussistenza della fattispecie di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6; vizio di motivazione in relazione al capo A1) per ritenuta sussistenza della fattispecie di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6 anche in relazione alla violazione dell'articolo 192 c.p.p., commi 1, 2 e 3 e articolo 533 c.p.p.; vizio di motivazione con riferimento agli specifici motivi di impugnazione che hanno censurato in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado (da pag. 12 a pag. 31 dell'atto di appello). La Corte territoriale ritiene la sussistenza del sodalizio mafioso sulla base di tre elementi: i plurimi e convergenti indicatori della c.d. gemmazione; il perdurante collegamento con il clan dei (OMISSIS); la costante esteriorizzazione del metodo mafioso. Tuttavia, i giudici nulla chiariscono sugli indicatori della gemmazione. La Corte territoriale ha del tutto omesso di confrontarsi con i motivi di appello nei quali si eccepiva, che esistono o "mafie nuove" (autonome e indipendenti) o mafie delocalizzate (in vincolo funzionale con la casa madre, che pure esercita funzioni di controllo). Nella fattispecie, non vi e' prova in ordine agli accordi di costituzione di una "derivazione della casa madre" al tempo, nel luogo e tra quali soggetti in cui sarebbero intercorsi; difetta, altresi', quel costante e permanente collegamento funzionale e sinergico con la camorra di (OMISSIS) ed in tal senso: vengono illogicamente e contraddittoriamente sostenute dalla Corte due teorie inconciliabili tra loro, ancora diverse dalla ricostruzione fornita in primo grado (talora sarebbe stata decisa, costituita ed alimentata/accresciuta in (OMISSIS), dopo il trasferimento di (OMISSIS) e di un gruppo di suoi paesani, talora si tratterebbe di una "propria cellula operativa" capeggiata da (OMISSIS) e (OMISSIS) gia' operante in (OMISSIS) che sarebbe stata dislocata in (OMISSIS) agli inizi degli anni 90); vengono spesi della Corte territoriale elementi neutri, quali le "origini" casalesi di (OMISSIS) e di (OMISSIS), l'essere conosciuti nel paese natio o il vantare dei legami strettamente familiari con persone astrattamente collegate a famiglie camorristiche; vengono genericamente valorizzati elementi rimasti privi di riscontri individualizzanti. La motivazione, poi, si rivela illogica e contraddittoria nella parte in cui, pur insistendo sul persistente e costante collegamento funzionale tra la derivata e la casa madre, sminuisce artatamente la portata dichiarativa dei collaboratori campani (OMISSIS) e (OMISSIS) che nemmeno conoscono (OMISSIS) e (OMISSIS). Manchevole e' la motivazione anche in ordine al metodo mafioso e ai requisiti dell'assoggettamento diffuso e dell'omerta'. Elementi a sostegno vengono estrapolati esclusivamente dall'attivita' intercettizia del (OMISSIS), dal contenuto palesemente autoreferenziale. Secondo motivo: violazione di legge in riferimento al capo A1) per la ritenuta sussistenza delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6 e articolo 416-bis.1 c.p.; vizio di motivazione con riferimento agli specifici motivi di impugnazione che hanno censurato in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado (da pag. 32 a pag. 37 dell'atto di appello). Con riferimento all'aggravante delle armi, la sentenza impugnata introduce in maniera suggestiva un presupposto asseritamente sotteso all'atto di appello, ovvero che l'associazione avrebbe negli anni sempre detenuto le stesse armi e incaricato della loro custodia sempre lo stesso soggetto, cosa non rispondente al vero. Nessuna intercettazione vi e' agli atti da cui si possa ritenere provato o dalla quale poter dedurre che al (OMISSIS) siano state affidate armi in custodia. Anche in relazione all'aggravante del reimpiego finanziario si riscontra omessa motivazione. La Corte territoriale non ha, se non con motivazione apparente, affrontato le censure d'appello, a mezzo delle quali si sottolineava la mancanza dei relativi presupposti, essendo il (OMISSIS), anche quale amministratore di (OMISSIS) s.r.l. e di (OMISSIS) s.r.l.s., forse coinvolto in episodiche singole operazioni di fatturazione falsa e/o fittizia assunzione di personale dipendente, direttamente curate da (OMISSIS), e mancando in ogni caso la prova del reinvestimento delle corrispettive utilita' di tali operazioni illecite in strutture produttive dirette a prevalere nel territorio d'insediamento sulle altre strutture offrenti gli stessi beni o servizi. Nessun cenno vi e' poi sul reinvestimento delle utilita' illecite in strutture produttive lecite. Terzo motivo: violazione di legge in relazione al capo A1) per ritenuta sussistenza della fattispecie di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6, e alla partecipazione del ricorrente al reato associativo; vizio di motivazione in relazione al capo A1) per ritenuta sussistenza della fattispecie di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6 anche in relazione alla violazione dell'articolo 192 c.p.p., commi 1, 2 e 3 e articolo 533 c.p.p.; vizio di motivazione con riferimento agli specifici motivi di impugnazione che hanno censurato in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado in ordine alla sussistenza dello status di partecipe da parte del ricorrente (da pag. 12 a pag. 31 dell'atto di appello). Non sono state esplicitate le ragioni da cui desumere la prova di un contributo dell'imputato funzionale alla conservazione e al rafforzamento della capacita' operativa del sodalizio nonche' dell'affectio. In difetto di atti di intimidazione, l'intestazione della carica di amministratore della (OMISSIS) s.r.l. e della (OMISSIS) s.r.l.s. non integra circostanza autonomamente sufficiente a suffragare la consapevolezza dell'imputato di partecipare ad un sodalizio mafioso, elemento essenzialmente costituente il dolo richiesto per la configurabilita' della condotta partecipativa al reato associativo in esame. Quarto motivo: violazione di legge in ordine al capo E19) relativo alla ritenuta responsabilita' concorsuale del ricorrente in ordine al reato fine di cui all'articolo 61, n. 2, articoli 81 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2 con riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 1 e 3, articolo 416-bis.1 c.p.; vizio di motivazione in relazione al capo E19) e alla ritenuta responsabilita' del ricorrente; vizio di motivazione con riferimento agli specifici motivi di impugnazione che hanno censurato in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado in ordine alla sussistenza dello status di concorrente nell'estorsione da parte del ricorrente (da pag. 44 a pag. 54 dell'atto di appello). Non vi e' agli atti una sola prova che il ricorrente abbia, nell'estorsione tentata ai danni del (OMISSIS): svolto la funzione di guardiaspalle di (OMISSIS); svolto presenze intirnidatorie; svolto la funzione di latore di messaggi; partecipato ad adunate allo scopo di dimostrare la supremazia numerica e violenta nei confronti della vittima. Quinto motivo: vizio di motivazione in ordine alle doglianze sollevate in atto di appello (pagg. 54-58) in relazione alla ritenuta inattendibilita' dei collaboratori dichiaranti. Sesto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 62-bis, 99, 81, 114 e 133 c.p. Pur essendo stata disapplicata la recidiva, la Corte di appello ha confermato il trattamento sanzionatorio irrogato in primo grado. La pena base per il capo A1) e' stata indicata in anni dodici, misura significativamente superiore rispetto al minimo edittale di anni dieci, senza dare conto delle specifiche ragioni di tale scelta, con irrogazione di una pena del tutto ingiusta se raffrontata con quelle irrogate agli altri imputati. In modo del tutto illogico, non si e' tenuto conto del limitato arco temporale della contestata partecipazione, dell'aver l'imputato cooperato per l'accertamento dei fatti, della risalenza e della non eccessiva gravita' dei precedenti iscritti a casellario. Il ricorrente ha presentato in data 05/04/2023 memoria contenente motivi aggiunti. 16. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: Al) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6 (per detto capo,l'imputato veniva assolto in appello) E12) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge in relazione all'articolo 629 c.p., articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 125 c.p.p., comma 3; carenza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato. In presenza di un'accertata estorsione ambientale, la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare se la vittima del reato (tale (OMISSIS)), pur non conoscendo i soggetti presenti al presidio ne' il clan di appartenenza, avesse effettivamente percepito la carica intimidatoria di quella condotta come proveniente da soggetti notoriamente inseriti in pericolosi gruppi criminali e, soprattutto, potesse averla ricollegata ad una organizzazione operante in quel determinato territorio. Secondo motivo: violazione di legge in relazione all'articolo 629 c.p. e articolo 442 c.p.p., comma 2; erronea determinazione della pena pecuniaria. Per quanto riguarda la pena pecuniaria, la Corte territoriale parte dalla pena base di Euro 2.250 di multa, la riduce per le circostanze attenuanti generiche ad Euro 1.500 di multa e su tale importo applica la riduzione per il rito. Tuttavia nel dispositivo viene indicata una pena finale pari ad Euro 1.600 di multa, anziche' nell'importo corretto di Euro 1.000 di multa. 17. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A5) articolo 110 c.p. e articolo 416-bis c.p., commi 1, 3, 4 e 6. A6) articoli 81 cpv. e 110 c.p., articolo 615-ter c.p., commi 1, 2, n. 1 e 3, articolo 416-bis.1 c.p., L. n. 121 del 1981, articolo 12. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al capo A5, con riferimento agli articoli 110 e 416-bis c.p., articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 125 c.p.p., comma 3; insussistenza del sodalizio mafioso. Se gia' si evidenzia una giuridica confusione in ordine alla qualificazione del fenomeno mafioso, che non si capisce se generatosi per gemmazione o sorto spontaneamente per mani del (OMISSIS), quello che inficia la motivazione della Corte territoriale e' l'intenzionale e macroscopica omissione della valutazione delle censure difensive e la conseguente lacunosita' della motivazione. Invero, i giudici di secondo grado hanno motivato l'esistenza della mafia ad (OMISSIS) sulla base di qualche articolo di giornale pubblicato nell'arco di venti anni e sulla base delle dichiarazioni di (OMISSIS). Tuttavia, non ci sono altre dichiarazioni di cittadini, membri delle Istituzioni, politici locali che avessero solamente il sospetto dell'esistenza di una presunta cosca. La Corte territoriale si e' ben guardata dall'indicare le ragioni per le quali non ha ritenuto di valorizzare aspetti sollevati dalla difesa, rendendo sul punto una motivazione insufficiente. In ogni caso, la stessa ha omesso di motivare su una serie di elementi che avrebbe in ogni caso dovuto confutare, ovvero: l'insussistenza di un clima di assoggettamento generalizzato da parte di membri della cosiddetta societa' civile; l'insussistenza di un clima di omerta' e di intimidazione nell'ambito di una collettivita' piu' o meno estesa; la mancanza di prove che i membri della collettivita' avessero percepito l'esistenza di un sodalizio criminoso dello spessore tale da interferire nella vita pubblica del paese; l'inidoneita' del gruppo criminale a porsi ed agire come mafia locale. Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 110 e 416-bis c.p., articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 125 c.p.p., comma 3, con riferimento alla messa a disposizione da parte del (OMISSIS) al sodalizio mafioso; insussistenza di un contributo causalmente rilevante ai fini della conservazione e del rafforzamento del sodalizio. La Corte territoriale non ha tenuto conto degli insegnamenti della giurisprudenza secondo cui la figura del concorrente esterno si caratterizza per un rapporto effettivo e strutturale con l'intero gruppo, della cui natura e funzione l'agente ha una conoscenza complessiva che gli consente di cogliere l'assoluta funzionalita' del proprio intervento, ancorche' unico, alla sopravvivenza o vitalita' del gruppo. Il (OMISSIS) e' risultato essere un soggetto per molti versi ingenuo e sprovveduto: il fatto stesso che alle proprie nozze avesse invitato sia (OMISSIS) che tutti i suoi colleghi del Commissariato della Polizia di Stato dimostra chiaramente che, ancora nel 2013, lo stesso non avesse minimamente compreso con chi avesse realmente a che fare. In questa chiave di lettura assume un significato totalmente diverso da quello ritenuto, l'interessamento del ricorrente all'apertura del punto SNAI: condotta finalizzata a favorire esclusivamente l'amico (OMISSIS) e il di lui figlio (OMISSIS), e non l'associazione. Allo stesso modo, l'episodio della rissa del (OMISSIS) richiede una lettura differente: alla stessa partecipano (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) ed il (OMISSIS) interviene nell"immediatezza dei fatti richiedendo l'intervento di una pattuglia di polizia. Anche in relazione agli accessi abusivi allo SDI, non vi e' comunque prova che il (OMISSIS) sapesse delle esigenze cognitive dell'associazione e che abbia eseguito tali accessi per favorire l'associazione. Quanto ai vari benefici che il (OMISSIS) avrebbe percepito dal mettersi a disposizione del (OMISSIS), la sentenza omette di valutare le prove documentali della difesa, omettendo di considerare come si trattasse di semplici favori fatti da un amico ad un altro, rapporto di amicizia comprovato dalle dichiarazioni di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 110 e 416-bis c.p., articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 125 c.p.p., comma 2, con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. I giudici di secondo grado si limitano ad affermare che la consapevolezza del (OMISSIS) si desume dalle intercettazioni successive all'episodio della rissa, sintomatico dell'intervento protettivo del (OMISSIS). Appare francamente un po' poco richiamare per relationem il contenuto di intercettazioni che, peraltro, coinvolgono due soli soggetti, l'imputato ed il (OMISSIS), per sostenere la lucida consapevolezza di essere concorrente esterno di un clan, tanto piu' a fronte di un vero e proprio deserto di altri elementi da cui si potrebbe desumere l'elemento soggettivo: ci si riferisce a prove anche solo indiziarie, quali la partecipazione a riunioni, a conversazioni telefoniche con altro sodali, la frequentazione con associati del (OMISSIS), tutte circostanze che si possono con certezza escludere esaminando gli atti di indagine. Il tutto, nuovamente rammentando che, in tema di associazione di stampo mafioso, ai fini della configurabilita' del concorso esterno, occorre che il dolo investa sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice, sia il contributo causale recato dalla condotta dell'agente alla conservazione o al rafforzamento dell'associazione, agendo l'interessato nella consapevolezza e volonta' di recare un contributo alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio. La difesa ha puntualmente evidenziato l'inefficacia dell'intervento dell'imputato, dettato piu' dalla necessita' di fare una cortesia che dalla consapevolezza di poter fare qualcosa di effettivamente utile. Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 125 c.p.p., comma 2, con riferimento alla valutazione del periodo di permanenza del reato. La Corte territoriale non analizza le modalita' della condotta posta in essere dal ricorrente in occasione della richiesta del porto d'armi ad uso sportivo da parte del (OMISSIS), che ne evidenziano la natura di cortesia e che integrano il solo elemento probatorio da analizzare ai fini della qualificazione del comportamento oggetto di indagine. L'imputato, infatti, ha semplicemente accompagnato fisicamente il (OMISSIS) all'Ufficio di competenza senza fare alcunche' che attendere il conoscente all'esterno dello stabile. Infine, in sentenza non viene data alcuna importanza alla cessazione dei rapporti tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), quantomeno tracciati e ritenuti degni di indagine, dal 2013 al 2017. Quinto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 416-bis.1 c.p., articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 125 c.p.p., comma 3, in riferimento alla sussistenza dell'aggravante contestata. Allorche' non sia configurabile il dolo diretto, tale da investire sia il fatto tipico della fattispecie incriminatrice sia il contributo causale recato dal soggetto agente, cosi' non puo' configurarsi l'aggravante agevolatrice dell'attivita' criminosa prevista dall'articolo 416-bis.1 c.p., di natura soggettiva e caratterizzata da dolo intenzionale. 18. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. E2) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis. 1 c.p.. E14) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. E17) articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. E19) articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110 c.p., articolo 112 c.p., comma 1, n. 2, articolo 629 c.p., comma 2, articolo 416-bis.1 c.p.. Fi) articolo 61 c.p., n. 5, articoli 110 e 605 c.p., articolo 628 c.p., commi 1 e 3, n. 1, articolo 416-bis.1 c.p.. F2) articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81 e 110 c.p., L. n. 497 del 1974, articoli 10 e 12, articolo 416-bis.1 c.p.. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge relativamente all'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia in riferimento al Decreto Legge n. 8 del 1991, articolo 16-quater, commi 1, 3 e 9, e articolo 438 c.p.p., comma 6-bis. Non vi e' prova che i verbali illustrativi dei contenuti della collaborazione siano stati predisposti secondo i canoni prescritti dalla legge, in quanto non sono stati depositati ai sensi dell'articolo 416 c.p.p., comma 2; non e' dato sapere, pertanto, se per i diversi collaboratori di giustizia interrogati nel presente procedimento, le cui dichiarazioni hanno avuto un ruolo determinante nel riconoscimento del reato associativo nonche' di alcuni reati fine, siano state rispettate le norme di legge in tema di "collaborazione" (ci si riferisce, in particolare, alle dichiarazioni rese da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)). Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 192, 530 e 533 c.p.p. e articolo 416-bis c.p. con riferimento alla contestazione di partecipazione al sodalizio criminoso. L'intera motivazione poggia su un assioma smentito dagli stessi esiti delle indagini: la "cellula" o "colonia" investigata non era affatto una promanazione o "gemmazione" della "casa madre" casalese ed il (OMISSIS) non era a suo capo. Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 192, 530 e 533 c.p.p. e articolo 416-bis c.p. con riferimento alla natura del presunto sodalizio in contestazione e della mancanza delle matrici identitarie tipiche dei sodalizi mafiosi. Al fine di non dover dare rigorosa prova dell'esteriorizzazione del metodo mafioso e della fama criminale del sodalizio ed attecchimento sul territorio, la Corte territoriale, con motivazione non solo apparente, ma anche giuridicamente scorretta, conclude per l'esistenza dell'ipotesi della "gemmazione" con riferimento al gruppo eracleense. L'impostazione contraddice quella della Procura della Repubblica che aveva ipotizzato un progressivo "smarcamento" ed acquisizione di una posizione d indipendenza del sodalizio, dopo le varie operazioni campane che avevano causato l'indebolimento del clan (OMISSIS). Per sostenere la tesi della "gemmazione" si sarebbero dovuti verificare i c.d. "marcatori identitari", capaci di conferire una riconoscibilita' obiettiva da cui promanerebbe una vis intimidatrice evocatrice della matrice originaria. Tra questi marcatori identitari, vi sarebbero: la composizione dell'articolazione locale con soggetti provenienti dalla zona d'origine del sodalizio piu' strutturato; una divisione di regole e ruoli ben precisa all'interno della struttura; delle cariche interne mutuate da quelle tradizionali della "casa madre" e delle gerarchie interne; il sostegno dei detenuti; il rispetto rigoroso di rituali tipici della casa madre; la mutuazione delle concrete modalita' di esecuzione dei reati fine del sodalizio originario. La gran parte di questi marcatori sono, nella fattispecie, inesistenti, con conseguente inconfigurabilita' della dedotta "locale". Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 192, 530 e 533 c.p.p. e articolo 416-bis c.p. con riferimento all'assoggettamento del territorio, della capacita' e fama criminale e degli episodi dai quali la stessa dovrebbe essere desunta. Senza entrare nel merito di ciascuno dei fatti citati dalla Corte territoriale, e' agevole rilevare come non vi sia un solo episodio concreto da cui possa desumersi l'esistenza di una "fama criminale" o un indice di effettivo assoggettamento del territorio al volere del presunto sodalizio: gli eventi descritti sono tutti privi di riconoscibilita' all'esterno o di riconducibilita' all'associazione, vuoi perche' mai portati a termine, vuoi perche' ridicoli e privi di qualsivoglia vis evocativa di potenza criminale; di contro, vi e' il dato (OMISSIS) che il territorio e' rimasto, per trent'anni, impermeabile alle forme estorsive tipiche camorriste. Quinto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai capi E2), E14), E17) ed E19) in punto di mancata riqualificazione delle estorsioni nel delitto di cui all'articolo 393 c.p. In tutte e quattro le contestazioni, uno dei ricorrenti vantava sempre una pretesa giuridicamente tutelabile: al capo E2), il credito dell' (OMISSIS) verso il (OMISSIS), nel capo E14), la violazione dell'accordo tra la (OMISSIS) ed il (OMISSIS) in merito all'incasso dell'assegno poi protestato, nel capo E17), il credito di 10.000 Euro del (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS) e, infine, al capo E19), la restituzione dell'investimento effettuato a (OMISSIS) da parte del (OMISSIS). E' evidente e provato agli atti di indagine che gli imputati perseguivano il conseguimento di un profitto nella convinzione, assolutamente ragionevole, e non meramente arbitraria di esercitare un proprio diritto. I giudici di merito avrebbero dovuto valutare la dinamica dei fatti contestati, le parole proferite, la tipologia della comunicazione verbale e non verbale, in quanto questi rappresentano il parametro di riferimento se la condotta intimidatrice sia rivolta al perseguimento di una pretesa ragionevolmente ritenuta legittima o, diversamente, una pretesa non tutelabile in via giudiziaria. Nella fattispecie, si e' al cospetto della prima ipotesi, proprio in relazione a come vengono trattate anche nelle fasi iniziali le questioni relative alle pretese vantate. Sesto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo E2) ovvero, in subordine, per inosservanza o erronea applicazione della legge penale in punto di mancata riqualificazione nel tentativo di estorsione. Risulta (OMISSIS) che il bene oggetto dell'estorsione non e' mai stato consegnato dalla persona offesa rispetto all'eventuale richiesta estorsiva. Settimo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo E14). La condanna si basa esclusivamente sull'errata interpretazione dell'intercettazione tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), senza valutare le altre prove determinanti, quali le dichiarazioni della persona offesa (OMISSIS). Ottavo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo E17). La Corte territoriale, nel motivare la condanna, si e' basata quasi esclusivamente sul contenuto delle intercettazioni telefoniche, senza prendere in considerazione gli altri atti d'indagine. Nono motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo E19). Ancora una volta la sentenza basa la condanna sul contenuto delle intercettazioni, dandone un'interpretazione errata e senza considerare le specifiche doglianze difensive. Decimo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo F1), anche in merito alla dedotta violazione del diritto di difesa. Si contesta il palese vizio motivazionale sulla conversazione intercorsa tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) il 24/07/2014. Si denuncia la correzione in modifica dell'imputazione intervenuta all'udienza del 15/10/2020 su istanza del pubblico ministero ad abbreviato gia' ammesso. Undicesimo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo F2). Non vi e' prova della detenzione e del porto in luogo pubblico dell'arma: la Corte territoriale motiva la condanna sulla base di una conversazione tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) molto risalente nel tempo, nella quale i due discutono in termini generici di armi. Si denuncia la correzione in modifica dell'imputazione intervenuta all'udienza del 15/10/2020 su istanza del pubblico ministero ad abbreviato gia' ammesso. Dodicesimo motivo: vizio di motivazione in punto determinazione del trattamento sanzionatorio. La Corte territoriale sembra tratteggiare il profilo di un criminale "a luce intermittente": spregiudicato quando si tratta di "obbedire a precisi interessi e ordini di (OMISSIS)", cittadino-modello, quando si tratta, invece, di perseguire i propri interessi personali. 19. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato dei capi: A1) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. H4) articoli 81 e 110 c.p., articolo 453 c.p., comma 1, n. 1, articolo 416-bis.1 c.p.. H5) articoli 81 e 110 c.p., articolo 453 c.p., comma 1, n. 1, articolo 416-bis.1 c.p. (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto). Lamenta il ricorrente quanto segue. Motivo unico: vizio di motivazione in relazione all'articolo 52-bis c.p. da riconoscersi con giudizio di prevalenza e all'articolo 114 c.p., avuto riguardo al ruolo marginale rivestito dall'imputato. 20. Ricorso di (OMISSIS). Il ricorrente e' imputato del capo: Al) articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6. Lamenta il ricorrente quanto segue. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'affermazione di penale responsabilita'. Gia' in imputazione non si dice quale sia stata in concreto l'attivita' di supporto e di agevolazione posta in essere dall'imputato a sostegno dell'attivita' criminosa, non avendo egli mai partecipato ad episodi di violenza ed essendo esclusivamente emerso che costui era solo una testa di legno priva di ogni capacita' operativa. Secondo motivo: violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della L. n. 69 del 2015, non essendovi state condotte a lui riferibili dopo il 2015. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) sono fondati nei limiti di cui in dispositivo ed inammissibili nel resto; nei confronti di (OMISSIS) va pronunciata sentenza di annullamento senza rinvio per more dell'imputato; i ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) sono infondati e, come tali, vanno rigettati; i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono manifestamente infondati e, come tali, vanno dichiarati inammissibili. Le domande civili vanno accolte e le spese liquidate come da dispositivo. Va, inoltre, evidenziato che il Collegio, in sede di atti preliminari, ha respinto con ordinanza le istanze avanzate da taluni difensori di astensione dall'udienza, giusta la Delib. Unione Nazionale delle Camere penali del 27 marzo 2023, precisando come nel presente procedimento "quanto ai ricorrenti in stato di custodia cautelare non e' ammessa la facolta' del difensore di aderire all'astensione (Sez. 5, n. 54509 del 2018) e quanto ai ricorrenti imputati a piede libero, va osservato che le loro posizioni risultano connesse e non separabili rispetto a quelle degli imputati detenuti (Sez. 2, n. 23890 del 2021)...". 2. Alcune premesse correlate alle tipologie di vizio da molte parti denunciate e alle ricadute sulla decisione impugnata si rendono doverose. 2.1. Innanzitutto, va evidenziato come la Corte territoriale, in relazione alla configurabilita' di nuove cellule mafiose dislocate in territori differenti da quelli di originaria localizzazione, abbia riportato in sintesi i contenuti dei due distinti orientamenti giurisprudenziali formatisi: il primo, secondo cui si rende necessario accertare in concreto, in termini di effettiva attualita', l'utilizzo del metodo mafioso da parte della cellula delocalizzata, non essendo sufficiente che l'associazione territoriale attinga alla fama criminale della "casa madre", essendo invece necessario che questa agisca ed operi nel contesto sociale in cui e' insediata mediante forza intimidatrice verso soggetti terzi da cui derivi una loro reale condizione di omerta' ed assoggettamento; il secondo, che, invece, ritiene sufficiente la prova del collegamento tra la "casa madre" e l'articolazione periferica, nonche' la mutuazione da parte di quest'ultima delle caratteristiche strutturali della prima che le conferiscano una potenziale valenza e carica intimidatoria, idonea a porre in condizioni di assoggettamento ed omerta' coloro che vengano a contatto con questa. In tal senso, la cellula delocalizzata viene quindi riconosciuta a prescindere dall'effettiva esplicazione del metodo mafioso, per il solo fatto di costituire nel territorio di riferimento una ramificazione dell'associazione principale. In realta', come e' noto, si e' in presenza di un contrasto piu' fittizio che reale, come riconosciuto dalla Prima presidenza della Corte di Cassazione che, in ben due occasioni (rispettivamente in data 28/04/2015 e 17/07/2019) ha sostanzialmente osservato come la differenza tra i due orientamenti non attiene alla capacita' intimidatrice del sodalizio, che rappresenta requisito imprescindibile dell'associazione di stampo mafioso, quanto alla forma dell'esteriorizzazione del metodo mafioso. In particolare, si e' affermato che, sul piano probatorio, il confine tra nuove formazioni mafiose e articolazioni periferiche (gemmazioni) della "casa madre", risiede nel fatto che, mentre per le nuove formazioni si dovrebbe sempre riscontrare l'esteriorizzazione del metodo mafioso nel contesto sociale di appartenenza, tramite violenze e minacce, per le gemmazioni di un originale sodalizio, sarebbe sempre sufficiente la prova dell'esistenza di un collegamento "funzionale ed organico", tale da trasporre nella cellula i tratti distintivi dell'associazione mafiosa d'origine. Dette conclusioni non sono state superate ne' smentite dalla sentenza nota con il nome di "Mafia capitale" (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019) con la quale si e' ribacito che la forza di intimidazione rappresenta all'interno della fattispecie associativa mafiosa, un requisito di tipicita' a forma libera, declinabile in modi eterogenei a seconda della sotto-tipologia mafiosa considerata e non predeterminabile tassativamente ex ante dal legislatore. Nella fattispecie, come si vedra' piu' approfonditamente nel prosieguo, i giudizi di merito hanno disvelato l'esistenza in Veneto (e precisamente in (OMISSIS) e dintorni) di un'associazione a delinquere di stampo mafioso dedita alla commissione di una vasta congerie di reati e fiancheggiata da esponenti del mondo politico, bancario ed istituzionale. In detta organizzazione, (OMISSIS) rivestiva un ruolo di primazia in ragione della sua caratura criminale che ha strutturato intrinsecamente quella del gruppo e con essa ha finito per confondersi. In sostanza, il profondo radicamento sul territorio acquisito dal sodalizio negli anni, con esercizio di condotte violente ed intimidatorie, ha portato progressivamente a riconoscere, temere e rispettare il nome del suo "numero uno" (ovvero uno dei sue due "numeri uno", come si vedra' in seguito), quale elemento di identificazione con il gruppo criminale di riferimento, in virtu' del compimento di successivi atti di intimidazione emulativi di quelli dei clan camorristici e dei metodi da loro utilizzati. Il processo ha svelato un vero e proprio "sistema di potere" finalizzato ad esercitare un controllo pervasivo del territorio, attraverso l'infiltrazione nei centri di potere economico, imprenditoriale e politico. In particolare, si e' assistito ad una ripetuta usurpazione delle funzioni statali, ad esempio presentandosi agli imprenditori della zona come alternativa al potere giudiziario per procedere alla riscossione dei crediti sia di soggetti partecipanti al sodalizio o ad esso contigui (cfr, i capi ad E14 ad E18); sia di imprenditori al medesimo estranei (cfr. i capi El, E2, E3), ergendosi cosi' a vera e propria autorita' regolatrice dei conflitti tra privati. La portata eversiva dell'organizzazione criminale descritta nel capo A1, emerge ancora con maggior evidenza considerando che la medesima non solo si e' posta come organismo di regolazione delle controverse individuali in concorrenza con lo Stato (si vedano in via esemplificativi i casi dell'episodio estorsivo in danno dell'imprenditore (OMISSIS) e quelli concernenti la risoluzione del dissidio intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione al traffico di stupefacenti), ma e' arrivata anche ad insinuarsi nelle stesse istituzioni democraticamente elette, condizionando l'esito della competizione elettorale svoltasi il (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) (capo Al2, stralciato). Al contempo, oltre ad inquinare i meccanismi di esternazione della volonta' popolare e, con essi, la stessa legittimazione popolare delle istituzioni democratiche, l'associazione de qua e' stata in grado di infiltrarsi negli stessi organi dello Stato, condizionandone l'operato, come verificatosi in relazione alla figura dell'Assistente Capo della Polizia di Stato (OMISSIS). Ed ancora. Il fenomeno malavitoso ha determinato anche un pervasivo inquinamento dell'economia legale, come dimostrato dai reati economici, societari e fallimentari contestati nei capi da G1 a G13, come anche dai delitti di riciclaggio e contraffazione di valute descritti nei capi d'imputazione da H1 ad H5, tutti volti a frustrare il ruolo rivestito dallo Stato come garante della concorrenza e promotore di equi rapporti economici e sociali. Fermo quanto precede, nella fattispecie la Corte territoriale, senza alcuna contraddizione logica o dogmatica, ha "ravvisa(to) da un lato la sussistenza di plurimi e convergenti indicatori della "gemmazione" e del perdurante collegamento della associazione di cui al capo A1 con l'associazione mafiosa nota come i (OMISSIS), fatto sociale e criminale cristallizzato in plurime sentenze irrevocabili e, dall'altro, anche quella costante esteriorizzazione del metodo mafioso..." ai fini del controllo del territorio. E, in relazione a detto controllo, la Corte territoriale ha ricordato che lo stesso non va inteso come assoggettamento di ogni singola "casa" e suoi occupanti, bensi' come visibilita' pubblica della presenza, della sua natura, dei suoi scopi, dei suoi metodi violenti ed intimidatori, requisiti tutti sussistenti nella associazione di cui al capo A1, nota ai cittadini, argomento di titoli di stampa ed oggetto di dibattito politico gia' nel 2006 in occasione della rielezione del Sindaco (OMISSIS). Conclusivamente deve riconoscersi la configabilita' del reato di cui all'articolo 416-bis c.p. in presenza di un'articolazione territoriale di una mafia storica (nella specie, la delocalizzazione del Clan dei (OMISSIS)), allorche' la stessa, per effetto del collegamento organico-funzionale con la casa-madre, dotato del carattere della riconoscibilita' esterna e non limitato, pertanto, a forme di collegamento che si consumino soltanto al suo interno sul piano dell'adozione di moduli organizzativi e di rituali di adesione, si avvalga - come avvenuto nella fattispecie - di una forza di intimidazione intrinseca che, pur non necessitando di forme eclatanti di esteriorizzazione del metodo mafioso, non consiste nella mera potenzialita', non esercitata e quindi meramente presuntiva, dell'impiego della forza, ma nella spendita e dall'ostentazione di una vera e propria fama criminale ereditata dalla predetta casa-madre (Sez. 1, n. 51489 del 29/11/2019, Albanese, Rv. 277913 - 01). 2.2. Con riferimento, poi, ai requisiti necessari per ritenere integrato il reato di partecipazione ad associazione a delinquere di stampo mafioso, va ricordato il risalente insegnamento della giurisprudenza di legittimita', secondo cui la condotta puo' essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalita' di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato, purche' si tratti di indizi gravi e precisi - tra i quali, esemplificando, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di "osservazione" e "prova", l'affiliazione rituale, l'investitura della qualifica di "uomo d'onore", la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e pero' significativi "facta concludentia", idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall'imputazione (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670 - 01; in tal senso, piu' di recente, Sez. 5, n. 45840 del 14/06/2018, M., Rv. 274180 - 01). Da ultimo, le Sezioni unite hanno ribadito che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua messa a disposizione in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889 - 01), e che l'affiliazione rituale puo' costituire grave indizio della condotta partecipativa, ove la stessa risulti, sulla base di consolidate e comprovate massime d'esperienza e degli elementi di contesto che ne evidenzino serieta' ed effettivita', espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un'offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione. Tra gli indici valutabili in tal senso dal giudice, vanno inclusi la qualita' dell'adesione ed il tipo di percorso che l'ha preceduta, la dimostrata affidabilita' criminale dell'affiliando, la serieta' del contesto ambientale in cui la decisione e' maturata, il rispetto delle forme rituali, con riferimento, tra l'altro, ai poteri di chi propone l'affiliando, di chi lo presenta e di chi officia il rito, la tipologia del reciproco impegno preso e la misura della disponibilita' pretesa od offerta. E cosi', la partecipazione non si esaurisce ne' in una mera manifestazione di volonta' unilaterale ne' in una affermazione di status; essa, al contrario, implica un'attivazione fattiva a favore della consorteria che attribuisca dinamicita', concretezza e riconoscibilita' alla condotta che si sostanzia nel "prendere parte". L'opera di concretizzazione giurisprudenziale del significato della locuzione normativa "fa parte" di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 1, non puo' pertanto lasciare spazio ad ipotesi di identificazione della condotta punibile che risultino del tutto svincolate dalla verifica di un contributo, anche in forme atipiche, ma effettivo, concreto e visibile reso dal partecipe alla vita dell'organizzazione criminosa: verifica che, nella fattispecie, nei confronti degli imputati condannati per il reato associativo e' stato correttamente connpiutok ed il relativo scrutinio ha sortito esito positivo. 2.3. Quanto ai limiti del sindacato di legittimita' sulla motivazione, la novella codicistica, introdotta con la L. 20 febbraio 2006, n. 46 (che ha riconosciuto la possibilita' di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di impugnazione), non ha mutato la natura dl giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimita' a critica vincolata, sicche' gli atti eventualmente indicati, che devono essere specificamente allegati per soddisfare il requisito di autosufficienza del ricorso, devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obbiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell'ambito di una valutazione unitaria, devono pertanto essere tali da inficiare ex se la struttura logica del provvedimento stesso. 2.3.1. Resta, comunque, esclusa per la Corte di legittimita' la possibilita' di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali (conversazioni intercettate o contenuti dichiarativi) o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilita' delle fonti di prova. Va, infatti,, ribadito che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri del giudice di legittimita' quello della âEuroËœrilettura' degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (cfr., Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 - 01; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 2004, Elia, Rv. 229369 - 01). La Corte di legittimita', infatti, non puo' sostituire una propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedent gradi di giudizio, dovendo saggiare la tenuta logica della pronuncia sottoposta alla sua cognizione senza oltrepassare i limiti di un accertamento della coerenza strutturale della sentenza in se' e per se' considerata, accertamento che deve necessariamente condursi alla stregua degli stessi parametri valutativi che genel:icamente le danno corpo, ancorche' questi siano, in ipotesi, sostituibili da altri. L'indagine sul discorso giustificativo della decisione impugnata, pertanto, ha un orizzonte percettivo delimitato al riscontro dell'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari temi ivi apprezzati, non potendosi mai sovrapporre nella verifica dell'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si e' giovato per sostenere il suo convincimento o della loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Si e' poi ulteriormente precisato che la modifica dell'articolo 606 c.p.p., lettera e) per effetto della L. n. 46 del 2006 non consente alla Corte di legittimita' di sovrapporre la propria valutazione a quella gia' effettuata dai giudici di merito, mentre comporta che la rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni processuali puo' essere dedotta nella specie del cosiddetto travisamento della prova, a condizione che siano pero' indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e sempre che la contraddittorieta' della motivazione rispetto ad essi sia percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimita' al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili minime incongruenza o differenti opinabili interpretazioni di contesti intercettivi o dichiarativi (cfr., Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia, Rv. 234099 - 01; Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007, Servidei, Rv. 237652 - 01). Questa Suprema Corte, infatti, con orientamento (Sez. 6, n. 19710 del 03/02/2009, Buraschi, Rv. 243636 - 01; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018 - 01) che il Collegio condivide e ribadisce, ritiene che, in presenza della c.d. "doppia conforme", ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno (nel caso degli odierni ricorsi, riguardante l'affermazione di responsabilita'), il vizio di travisamento della prova puo' essere rilevato in sede di legittimita' solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asseritamente travisato e' stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Nel caso di specie, la Corte di appello (che ha pressoche' integralmente confermato - salvo una valutazione circostanziale ed una rivisitazione classificatoria di taluni episodi - la decisione di condanna di primo grado) ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio gia' sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, e' giunta, nella quasi totalita' dei casi, alla medesima conclusione in termini di sussistenza della responsabilita' degli imputati o di insussistenza dei vizi evidenziati con i motivi di gravame, reiterati con i motivi di ricorso che ripercorrono le doglianze gia' incensurabilmente disattese dalla Corte distrettuale. 2.3.2. In relazione poi al tema della omessa motivazione in ordine agli argomenti dedotti con i motivi di gravame, si richiama l'orientamento che ritiene essenziale la valutazione complessiva della intera motivazione, al fine di scrutinare se dal contesto della stessa possa evincersi l'implicita reiezione degli argomenti critici proposti all'attenzione della giurisdizione di merito (cfr., Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, Capezzuto, Rv. 276199 - 01; Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578 - 01). 2.4. Con riferimento, poi, all'ulteriore delicato tema della valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia con riferimento alle chiamate in reita' o correita', il Collegio condivide i ripetuti insegnamenti di questa Suprema Corte (cfr., Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 - 01; Sez. 2, n. 10255, del 29/11/2019, dep. 2020, Fasciani, non massimata sul punto), secondo cui i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente dalla fonte che tende a confortare e a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita' (v. precedenti conformi: Sez. 6, n. 45733 del 11/07/2018, P., Rv. 274151 - 01; Sez. 4, n. 5821 del 10/12/2004, dep. 2005, Alfieri, Rv. 231301 - 01; Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso, Rv. 235800 - 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260607 - 01). 2.4.1. Come detto, "... gli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilita'", i c. d. riscontri esterni, ben possono essere costituiti anche da altre chiamate in correita' o in reita' (giacche' la lettera del comma 3 dell'articolo 192 indica solo "altri" elementi che ne confermino l'attendibilita', non gia' "altri e diversi" elementi, come certa dottrina auspicherebbe), purche' resti accertato in fatto che la convergenza non sia frutto di collusioni o di reciproche nefande influenze. Quanto alla convergenza, il Collegio condivide il consolidato orientamento di legittimita' in forza del quale si afferma che essa non deve essere assoluta, poiche' non puo' pretendersi che dichiarazioni provenienti da diversi soggetti, soprattutto se articolate, siano sovrapponibili, ma la convergenza deve riguardare gli elementi essenziali del thema probandum (gia' Sez. 5, n. 9001 del 15/06/2000, Madonia, Rv. 217729 - 01, affermava che i riscontri esterni della chiamata in correita' possono essere ricavati anche da una pluralita' di chiamate convergenti; il requisito della convergenza tuttavia non va inteso come piena sovrapponibilita' delle diverse chiamate - che sarebbe, oltretutto, sospetta -, ma come concordanza dei nuclei essenziali delle dichiarazioni, in relazione al "thema decidendum", dovendo piuttosto il giudice verificare che tale consonanza non sia frutto di condizionamenti, collusioni e reciproche influenze). Corrisponde, infatti, a condivise massime di esperienza che, dello stesso accadimento naturalistico, ciascun osservatore registra e percepisce cio' che piu' lo colpisce e, soprattutto, ognuno lo "legge", lo registra in memoria e lo richiama nel ricordo, secondo categorie cognitive e mnesiche sue proprie, cogliendo altresi' nel fatto storico catalogato nella memoria l'elemento che maggiormente lo ha interessato. E', quindi, illusorio andare alla ricerca della "prova perfetta", per la assoluta consonanza delle distinte narrazioni di un fatto. Il lettore giudiziario dei fatti-reato deve, invece, ricercare e persuadersi della convergenza logica del possibile, dovendo entrare in allerta solo a fronte di divergenze tali da metter in crisi la stessa plausibilita' del narrato da riscontrare. Le eventuali discordanze su aspetti non centrali della narrazione possono dunque, in alcuni casi, addirittura attestare la reciproca autonomia delle distinte dichiarazioni, in quanto fisiologiche per la disarmonia normalmente presente in racconti di soggetti diversi, come la storicizzata ermeneusi di questa Suprema Corte ha gia' affermato in tempi non recenti (Sez. 1, n. 2328 del 14/04/1995, Carbonaro, Rv. 201294 - 01) e "...la eventuale sussistenza...di smagliature e discrasie, anche di un certo peso, rilevabili tanto all'interno di dette dichiarazioni quanto nel confronto tra di esse, non implica, di per se', il venir meno della sostanziale affidabilita' quando, sulla base di adeguata motivazione, risulti dimostrata la complessiva convergenza nei rispettivi nuclei fondamentali..." (Sez. 6, n. 6422 del 18/02/1994, Goddi, Rv. 197854 - 01), mentre "...l'esigenza di convergenza e di concordanza fra le dichiarazioni accusatorie provenienti da diversi soggetti...in funzione di reciproco riscontro tra le dichiarazioni stesse, non puo' essere spinta al punto da pretendere che queste ultime siano totalmente sovrapponibili fra di loro, in ogni particolare spettando, invece pur sempre al Giudice il potere-dovere di valutare, dandone atto in motivazione, se eventuali discrasie possano trovare plausibile spiegazione in ragioni diverse da quelle ipotizzabili nel mendacio di uno o piu' fra i dichiaranti..." (Sez. 1, n. 1489 del 06/04/1993, Cafari, Rv. 193984 - 01). Tali criteri ermeneutici la Corte di merito ha adeguatamente e ampiamente valorizzato nel giudizio di conferma della decisione di primo grado. 2.4.2. Ne', in relazione alla presente fase, puo' trascurarsi il fatto che il sindacato di legittimita' sulla valutazione della chiamate in correo non consente il controllo sul significato concreto di ciascuna dichiarazione e di ciascun elemento di riscontro, perche' un tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice di merito, potendosi solo verificare la coerenza logica delle argomentazioni con le quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in se stessi e nel loro reciproco collegamento (Sez. 5, n. 2086 del 17/09/2009, Lucchese, Rv. 245729 - 01). La violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, non puo' quindi essere dedotta in sede di legittimita' ne' quale violazione di legge ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), ne' ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), non essendo prevista a pena di nullita', inutilizzabilita', inammissibilita' o decadenza, ma puo' essere fatta valere soltanto nei limiti indicati dalla lettera e) della stessa norma, ossia come mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravarne (Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, Romeo Gestioni, Rv. 278196 - 02). 2.5. Ulteriore doverosa premessa, alla luce del tenore dei numerosi comuni motivi svolti, attiene al fatto che questa Suprema Corte ha gia' chiarito che non e' consentito il motivo con il quale si deduca la violazione dell'articolo 192 c.p.p., anche se in relazione all'articolo 125 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), per censurare l'omessa od erronea valutazione di ogni elemento di prova acquisito o acquisibile, in una prospettiva atomistica ed indipendentemente da un raffronto con il complessivo quadro istruttorio, in quanto i limiti all'ammissibilita' delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), nella parte in cui consente di dolersi dell'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita' (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027 - C)4). D'altro canto, per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzione "oltre ogni ragionevole dubbio" presente nel testo novellato dell'articolo 533 c.p.p. quale parametro cui conformare la valutazione inerente all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, e' opportuno evidenziare che, al di la' dell'icastica espressione, mutuata dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il principio costituzionale della presunzione di innocenza e la cultura della prova e della sua valutazione, di cui e' permeato il nostro sistema processuale. Si e', in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha una funzione meramente descrittiva piu' che sostanziale, giacche', in precedenza, immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed ordinario (tanto da essere gia' stata adoperata dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema - per tutte, Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222139 - 01 - e solo successivamente recepita nel testo novellato dell'articolo 533 c.p.p.), secondo cui la condanna e' possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della responsabilita' dell'imputato (cfr., Sez. 2, n. 19575 del 21/04;2006, Serino, Rv. 233785 - 01; Sez. 2, n. 16357 del 02/04/2008, Crisiglione, Rv. 239795 - 01). In argomento, si e' anche affermato (Sez. 2, n. 7035 del 09/11/2012, dep. 2013, De Bartolomei, Rv. 254025 - 01) che "la previsione normativa della regola di giudizio dell'"al di la' di ogni ragionevole dubbio", che trova fondamento nel principio costituzionale della presunzione di innocenza, non ha introdotto un diverso e piu' restrittivo criterio di valutazione della prova ma ha codificato il principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della responsabilita' dell'Imputato". 2.6. Altro tema meritevole di trattazione generale riguarda la valutazione del contenuto di intercettazioni telefoniche o ambientali. Gli indizi raccolti in tale ambito possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza dell'imputato e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano gravi, precisi e concordanti, fermo restando che l'interpretazione del linguaggio e del contenuto delle singole conversazioni costituisce una questione di fatto, che e' rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimita', se motivata in conformita' ai criteri della logica e delle massime di esperienza, alla verifica dei quali questo Collegio si deve attenere rigorosamente (cfr., Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164 - 01; Sez. 6, n. 15396 del 11/12/2007, dep. 2008, Sitzia, Rv. 239636 01). Ne discende che non e' possibile operare una reinterpretazione complessiva del contenuto di tali conversazioni in sede di legittimita', sulla scorta di quanto tendenzialmente prospettato dalle parti ricorrenti, essendo una tale operazione di ermeneutica processuale preclusa a questo Collegio, conformemente al seguente principio di diritto: "In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite" (Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784 - 01; si veda anche, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 6, n. 11794 del 11/02/2013, Melfi, Rv. 254439 - 01). In questo contesto, occorre ribadire il consolidato principio di diritto secondo il quale, a seguito della riformulazione normativa dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), mentre e' consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di travisamento della prova, non e' consentito dedurre il vizio di travisamento del fatto, stante la preclusione per il giudice di legittimita' di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella che e' stata compiuta nei giudizi di merito. Se cosi' non fosse, si domanderebbe a questa Corte il compimento di un'operazione estranea al giudizio di legittimita', come quella della reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr., Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623 - 01; Sez. 4, n. 21602 del 17/04/2007, Ventola, Rv. 237588 - 01). Discorso, questo, che vale anche con riferimento alla lettura del contenuto delle conversazioni e delle comunicazioni captate durante le indagini preliminari, rispetto alle quali l'interpretazione delle frasi e del linguaggio usato dai soggetti interessati a quelle intercettazioni costituisce una questione esclusivamente fattuale, rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, che si sottrae al giudizio di legittimita' se e nella misura in cui le valutazioni effettuate dai giudici di merito risultano logiche e coerenti in rapporto alle massime di esperienza utilizzate per l'interpretazione di tali captazioni. Sul punto, allo scopo di circoscrivere con maggiore puntualita' gli ambiti di intervento del giudice di legittimita' in relazione all'operazione di ermeneutica processuale compiuta dai Giudici di merito sui risultati delle intercettazioni ambientali censurate, si ritiene utile richiamare il seguente principio di diritto: "In tema di valutazione della prova, con riferimento ai risultati delle intercettazioni di comunicazioni, il giudice di merito deve accertare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilita' dei significati e assenza di ambiguita', di modo che la ricostruzione del significato delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione" (Sez. 6, n. 29530 del 03/05/2006, Rispoli, Rv. 235088 - 01; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche, Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, Cigliola, Rv. 268414 - 01). Questa posizione ermeneutica e' stata ulteriormente ribadita dalle Sezioni unite, che, nel solco della giurisprudenza di legittimita' che si e' richiamata, hanno affermato il seguente principio di diritto: "In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita'" (Sez. U, n. 22741 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 - 01). 2.7. Infine, va evidenziato come, per giurisprudenza assolutamente consolidata, deve ritenersi inammissibile il ricorso fondato su motivi di doglianza che si limitano a riproporre pedissequamente quelli avanzati in sede di gravame ed ivi adeguatamente superati. Detti motivi - nella specie assai frequentemente riproposti - sono da ritenersi del tutto aspecifici, in quanto soltanto apparenti finendo per omettere di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso. 3. Ricorso di (OMISSIS). 3.1. Manifestamente infondati sono i primi due collegati motivi di ricorso, perche', oltre a presentare profili di aspecificita', non si confrontano adeguatamente con le argomentazioni della Corte territoriale attinenti essenzialmente al merito della decisione impugnata. La Corte territoriale ha riconosciuto come il (OMISSIS) si sia personalmente speso a favore del sodalizio criminale, fornendo la propria permanente "messa a disposizione" a sostegno dell'associazione innanzitutto per realizzare comprovate azioni violente che necessitavano al sodalizio, rendendo evidente la propria affectio societatis. In tal senso, a proposito della disponibilita' offerta dall'imputato alla commissione di attivita' violente, la Corte territoriale richiama le convergenti dichiarazioni di (OMISSIS) e di (OMISSIS): il primo ha riferito che il (OMISSIS) era incaricato dal (OMISSIS) di occuparsi delle intimidazioni e che, per realizzare quanto delegatogli, era in grado di mettere a disposizione interi gruppi di persone; la (OMISSIS), da parte sua, ha riferito che lo stesso (OMISSIS) si vantava con (OMISSIS) di essere in grado di risolvere ogni cosa con la violenza e si metteva in tale veste a disposizione di lui. Ma il contributo del ricorrente non si e' esaurito in questo, avendo costui altresi' svolto le funzioni di "braccio destro" del (OMISSIS), svolgendo l'attivita' di amministratore per un elevato numero di societa' (v. pagg. 121 e ss. della sentenza di primo grado). Al riguardo, si e' affermato come "l'attivita' di amministratore di societa' da svuotare ed avviare al fallimento... non e' l'attivita' di un amministratore maldestro o sfortunato, ma e' stata concepita e realizzata insieme al (OMISSIS): significativa, tra le altre, l'intercettazione menzionata a pag. 620 della sentenza di primo grado, laddove (OMISSIS) e (OMISSIS) discutono della necessita' di trovare prestanome fidati e (OMISSIS) commenta con (OMISSIS) "vedono che e' un sistema. Un sistema che stiamo facendo noi". La c.d. attivita' di recupero crediti e' stata delegata dal (OMISSIS) al (OMISSIS) perche' questi "sa cosa dire" (intercettazione del 24/01/2011...) e lo stesso (OMISSIS), nel rapportarsi con (OMISSIS), commenta il metodo che usera' per convincere il debitore di (OMISSIS) a pagare: "io ho le mie usanze. lo vado la', sono abituato a parlare. Tre parole per fargli capire" (intercettazione del 21/01/2012...). Dunque, (OMISSIS) faceva evidentemente riferimento, e a cio' gli bastavano "tre parole", alla forza di intimidazione del sodalizio del quale faceva parte, con una condotta partecipativa di livello prossimo a quello degli organizzatori, come del resto emerge da altre condotte significative di una vicinanza rilevante al capo (OMISSIS)...". 3.2. Manifestamente infondato e' il terzo motivo. Il diniego del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e' stato giustificato sulla base di molteplici motivazioni: innanzitutto, in considerazione del curriculum criminale dell'imputato, avendo lo stesso riportato condanne per diversi gravi reati dal 1992 al 2010 (tra questi, favoreggiamento personale, violazione delle norme in materia di lavoro, ricettazione, reati tributari, sottrazione di cose sottoposte a pignoramento, estorsione) ed essendo stato anche coinvolto nell'attivita' di sfruttamento della prostituzione nella zona del (OMISSIS), rapportandosi con organizzazioni criminali concorrenti a partire dal 2012, anno in cui e' stato incaricato dal (OMISSIS) di comporre i contrasti tra due gruppi contrapposti operanti in quel settore con l'autorita' che gli veniva conferita dal rappresentante del sodalizio mafioso. Poi, e' stato valorizzato il numero e la gravita' delle condotte poste in essere nonche' la lunga durata e la dimostrata poliedricita' della sua militanza in seno all'associazione ("un altro (OMISSIS) non lo troveremo mai... quello pure che firmava 50.000 cambiali", nelle parole intercettate del (OMISSIS)). Si e' cospetto di una motivazione ampiamente giustificata. Invero, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita', al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche, il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 - 02). 4. Ricorso di (OMISSIS). 4.1. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il primo motivo. La Corte territoriale, dopo aver rilevato come l'imputato non abbia contestato ne' il giudizio di attendibilita' delle fonti di prova, ne' i passaggi della sentenza di prime cure nei quali la forza persuasiva delle fonti di prova e' stata positivamente argomentata, ha evidenziato come nei confronti del (OMISSIS), la prova della responsabilita' non sia stata tratta solo sulla base delle generiche dichiarazioni dei collaboratori, bensi' anche sul riscontro costituito dalle attivita' svolte dall'imputato a favore del sodalizio in ben cinque societa' a servizio del gruppo, con la consapevolezza di essere a cio' deputato dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS). Di tal che, si afferma che "intestarsi quote societarie o addirittura svolgere l'incarico di amministratore di societa' che devono essere sistematicamente svuotate per portare denaro all'associazione... costituisce attivita' partecipativa, dal momento che quanto posto in essere contribuisce in maniera determinante al finanziamento e alla sussistenza del sodalizio". 4.2. Manifestamente infondato e' il secondo motivo. La censura, in relazione al capo G9 contesta la sussistenza degli elementi integrativa dell'aggravante del "metodo mafioso". Trattasi di doglianza del tutto eccentrica in quanto, in relazione al fatto di cui al capo G9 e' stata contestata e ritenuta la diversa aggravante dell'agevolazione mafiosa. 5. Ricorso di (OMISSIS). 5.1. Infondato e' l'unico motivo. Ritiene il Collegio come la valutazione dei giudici del merito sia stata conforme nel ritenere decisivi, ai fini della responsabilita' del ricorrente, gli esiti dell'attivita' intercettiva, nonche' le dichiarazioni rilasciate dalle persone offese (OMISSIS) e (OMISSIS), soci con (OMISSIS) (sorella del primo e moglie del secondo) dell'agenzia immobiliare (OMISSIS) s.r.l., le cui vetrine furono attinte da colpi di arma da fuoco la notte del (OMISSIS), evento a seguito del quale venne arrestato (OMISSIS). La Corte territoriale evidenzia che le fonti di prova non sono costituite solo dalle dichiarazioni delle vittime, svolgendo ruolo fondamentale le intercettazioni (v. pagg. 320-324 della sentenza impugnata). Scrivono i giudici di appello: " (OMISSIS) ha condiviso e rinforzato il proposito criminoso di (OMISSIS) e correi e ha concorso personalmente alla prospettazione alle persone offese che le intimidazioni ricevute erano condivise da un "gruppo", un sodalizio con specifiche caratteristiche, capacita', uomini e mezzi per attuare violenza contro cose o persone...". Con specifico riferimento alla partecipazione all'incontro del (OMISSIS), che pacificamente va letto come estremo tentativo di piegare l'altrui volonta' dopo le minacce profferite, gia' la sentenza di primo grado ha ricostruito l'apporto materiale e psichico dello (OMISSIS), concludendo che "la risata di (OMISSIS) nel corso della telefonata 09/08/2002 con (OMISSIS), dopo aver sentito le minacce che erano state rivolte a (OMISSIS), non puo' ragionevolmente avere alcun altro significato che quello di ulteriore piena adesione al tentativo di estorsione aggravata... proprio perche' e' lo stesso (OMISSIS) che ha ammesso di sapere che (OMISSIS) recuperava i suoi soldi con le buone o con le cattive; nel corso di quella telefonata (OMISSIS) non solo non si e' dissociato rispetto alle minacce ma nemmeno ha espresso stupore o incredulita' o percezione di un contesto di inverosimiglianza o ridicolaggine (OMISSIS) era socio della subappaltatrice (OMISSIS) ed era dunque interessato anche personalmente e direttamente al recupero del denaro da parte della (anche) sua societa'... dopo l'incontro infruttuoso e' stato proprio (OMISSIS) a informare (OMISSIS) dell'esito vano ossia del fatto che le sue minacce non avevano sortito il risultato sperato...". La pronuncia si pone cosi' in linea coerente con l'arresto giurisprudenziale secondo cui "ai fini della configurabilita' del concorso di persone nel delitto di estorsione e' sufficiente anche la semplice presenza, purche' non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all'autore del fatto stimolo all'azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa" (Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, Massaro, Rv. 279807 - 01). (OMISSIS) - precisano i giudici di appello - "non risponde per posizione, nelle sue asserite vesti di ignaro sottoposto e braccio destro di (OMISSIS) (...) risulta dalle telefonate con (OMISSIS) che e' stato a conoscenza delle minacce rivolte alle vittime e del fine cui le stesse erano preordinate, ha aderito moralmente al progetto criminoso, ha fatto propria la volonta' estorsiva di (OMISSIS) e si e' prestato a contribuire alla pressione intimidatrice "anche numerica" del gruppo incaricato dell'ultimo tentativo di recupero credito (del 19/08/2002) che ha preceduto la sparatoria del 30/08/2002, nella piena consapevolezza del fatto che l'incontro era stato preceduto dalle esplicite minacce di (OMISSIS)... e del fatto che il committente dei lavori asseritamente impagati era la subappaltante (OMISSIS) di (OMISSIS), non certo la (OMISSIS) o la (OMISSIS)". Deve trovare allora applicazione il principio costantemente affermato da codesta Suprema Corte, secondo cui: "Il vizio di travisamento della prova puo' essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", sia nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contradaittorio delle parti" (cosi', Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018 - 01; v. anche, Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, Tassoni, Rv. 280155 - 01; Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777 - 01). Ne deriva l'infondatezza del vizio denunciato, giacche' non ricorre ne' la prima ipotesi, posto che non vi e' alcun dato rilevante esaminato solo dal giudice di appello e non dal primo giudice, ne' la seconda, atteso che alcuna macroscopica o manifesta distorsione valutativa della realta' probatoria emerge dalle sentenze di merito. 6. Ricorso di (OMISSIS). 6.1. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il primo motivo. Invero, entrambe le decisioni rese dai giudici del merito appaiono coerenti rispetto al recentissimo insegnamento di questa Suprema Corte, secondo cui la commissione del reato in tempo di notte puo' integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, l'aggravante della cd. minorata difesa, "sempre che sia stata raggiunta la prova che la possibilita' di pubblica o privata difesa ne sia rimasta in concreto ostacolata e che ne ricorrano circostanze ulteriori, di qualunque natura, idonee a neutralizzare il predetto effetto" (Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, Cardellini, Rv. 282095 - 01). Dalle intercettazioni ambientali (in particolare quella del 2 marzo 2015) che vedono coinvolto l'odierno ricorrente, infatti, emerge che le modalita' esecutive programmate dai correi prevedevano di approfittare dell'oscurita' notturna per raggiungere la casa e penetrare attraverso il varco del portone del garage aperto con privata difesa minorata per assenza del padrone di casa e presenza all'interno di persone dormienti, fra cui almeno un minore. Prive di pregio debbono considerarsi, inoltre, le censure difensive volte ad escludere la sussistenza nel caso di specie dell'aggravante de qua facendo leva sulla presenza in loco delle forze di polizia. Trattasi di un elemento fattuale debitamente considerato dalla Corte territoriale, la quale ne esclude la rilevanza alla luce di una valutazione globale e non atomistica. Invero, il contesto esecutivo prescelto, in piena notte, con ampi spazi aperti e vie di fuga, prova che anche la difesa pubblica era concretamente ostacolata, tanto e' vero che anche il pedinamento dei correi (OMISSIS) e (OMISSIS) e' stato reso piu' difficile dall'oscurita'. 6.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il secondo motivo. Occorre subito dire che, secondo un orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte "La circostanza aggravante dell'essere stato il delitto commesso alla presenza del minore, nelle ipotesi previste dall'articolo 61 c.p., n. 11-quinquies, e' configurabile tutte le volte in cui il minore degli anni diciotto percepisca la commissione del reato, anche quando la sua presenza non sia visibile all'autore dello stesso, sempre che questi ne abbia la consapevolezza ovvero avrebbe dovuto averla usando l'ordinaria diligenza" (cfr., ex multis, Sez. 1, n. 44965 del 25/06/2018, R., Rv. 274027 - 01). Tale principio risulta correttamente declinato nel caso di specie dal giudice d'appello, atteso che la prova della consapevolezza (o quanto meno della conoscibilita' attraverso l'uso dell'ordinaria diligenza) da parte di (OMISSIS) circa la presenza nell'abitazione di minore e' correttamente desunta dall'intercettazione ambientale del 2 marzo 2015. Dalla stessa emerge che la rapina commessa in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) ai danni della persona offesa (OMISSIS) sia stata preceduta da un attento sopralluogo effettuato dallo stesso (OMISSIS) (alias " (OMISSIS)" nell'intercettazione citata), il quale riferiva ai correi gli orari in cui la vittima e i familiari (tra cui venivano indicati con precisione i figli minori del (OMISSIS)) potevano trovarsi nella villa. 6.3. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il terzo motivo. Nelle conversazioni intercettate in cui l' (OMISSIS) si relaziona con il (OMISSIS), i dialoghi hanno ad oggetto una rapina per la quale e' necessario l'apporto di un membro del sodalizio facente capo al (OMISSIS), che per cio' solo -a diritto alla meta' del provento. Si tratta di un'operazione che, nelle intenzioni, deve consentire in un colpo solo un importante flusso di denaro nelle casse del gruppo e proprio per tale ragione (OMISSIS) se ne occupa in prima persona. In particolare, si afferma la necessita' di "uno che ha coraggio", "che ha un po' di esperienza" e che porti con se' l'arma. Ed e' lo stesso (OMISSIS) che, in presenza dell' (OMISSIS), dice che non serve null'altro, sebbene il (OMISSIS) metta subito in (OMISSIS) che ci vogliono tre persone di fiducia, gente che non si faccia prendere dal panico, uno che se lo prendono non faccia i nomi: sangue freddo, professionalita' ed omerta'. Ed e' lo stesso (OMISSIS) che elogia i suoi uomini definiti quali "camorristi e mafiosi". Osserva la Corte territoriale come "non ha alcun fondamento l'osservazione secondo cui (OMISSIS) in quel momento non era in grado di rendersi conto della veridicita' dell'affermazione del (OMISSIS), sia perche' proprio (OMISSIS) viene scelto come interlocutore per l'operazione in ragione della sua nota disponibilita' di uomini e mezzi per perpetrare delitti di tale gravita' sia perche' e' risaputo che solo grazie a (OMISSIS) e (OMISSIS), il trio operativo disporra' di un'arma necessaria per minacciare le persone offese e farsi aprire le cassaforti. Nel 2015 la notorieta' di (OMISSIS) e' diffusa nel territorio del litorale veneziano e dell'entroterra e quel che (OMISSIS) (ndr., che e' in Italia da tempo e dimostra di conoscere la lingua italiana a sufficienza) puo' non sapere, glielo spiega esplicitamente e chiaramente proprio (OMISSIS), che avanti a lui rivendica la matrice camorristica e mafiosa sua e dei suoi uomini. Gente che se viene arrestata non fa nomi, non tradisce". 6.4. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il quarto motivo. La Corte territoriale riconosce che l'oggetto della "contrattazione" con (OMISSIS), oltre alla spartizione del sodalizio e' proprio l'apporto dell'associazione di almeno un sodale nella fase esecutiva: persona che, dalla intercettazione del 24 marzo 2015, si apprende essere "un camorrista, un mafioso, uno che ha fatto i carri blindati, con la mente allenata a livello di strada... a livello di mafia". La circostanza aggravante prevista dall'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 si concreta nel solo fatto dell'appartenenza del rapinatore ad un sodalizio criminoso del tipo descritto dall'articolo 416-bis c.p. e non richiede che costui per commettere il reato manifesti o faccia intendere alla vittima tale sua qualita' e si avvalga, quindi, della forza intimidatrice di tali associazioni (principio chiarito dalla Suprema Corte gia' da prima che l'emergenza della lotta alla criminalita' organizzata conducesse al varo della normativa di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991: v. Sez. 6, n. 3792 del 26/10/1989, Casaroli, Rv. 183722 - 01); inoltre, ai fini della configurabilita' dell'aggravante de qua, non e' necessario che l'appartenenza dell'agente ad un'associazione di tipo mafioso sia accertata con sentenza definitiva, ma e' sufficiente che tale accertamento sia avvenuto nel contesto del provvedimento di merito in cui si applica la citata aggravante (cfr., Sez. 5, n. 26542 del 08/04/2009, Vatiero, Rv. 244096 - 01; Sez. 1, n. 6533 del 01/02/2012, Santapaola, Rv. 252084 - 01; Sez. 2, n. 33775 del 04/05/2016, Bianco, Rv. 267850 - 01). 6.5. Generico e comunque manifestamente infondato e' il quinto motivo. Lo stesso non si confronta con la puntuale motivazione esposta nella sentenza impugnata, con la quale si giustifica la mancata riduzione della pena nel massimo consentito attraverso argomentazioni del tutto logiche e coerenti con le risultanze processuali (per realizzare un piu' equilibrato bilanciamento di prevalenza "temperata" da numero, peso e qualita' delle aggravanti ricorrenti). Il giudizio espresso e' coerente con l'insegnamento della Suprema Corte che esclude il vizio di contraddittorieta' della motivazione nel caso in cui il giudice, in sede di giudizio di bilanciamento, "pur ritenendo le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, non operi la riduzione di pena nella massima misura possibile in ragione della sussistenza delle aggravanti che continuano a costituire elementi di qualificazione della gravita' della condotta" (Sez. 2, n. 37061 del 22/10/2020, Nunziato, Rv. 280359 - 01; v. anche Sez. 4, n. 48391 del 05/11/2015, Armuzzi, Rv. 265:332 - 01; Sez. 3, n. 13210 del 11/03/2010, Puzzo, Rv. 246820 - 01). 6.6. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il sesto motivo. La Corte territoriale evidenzia come le captate intercettazioni provino il pieno accordo e il sostegno da parte di (OMISSIS) e dei correi al fatto che (OMISSIS) si procurasse e detenesse l'arma in questione fino al momento della prevista rapina. In particolare, si afferma che "la detenzione dell'arma non e' temporalmente coincisa con il suo porto, essendo previsto che uno degli esecutori materiali ne acquisisse la disponibilita' e la tenesse a disposizione del gruppo fino al momento in cui non venisse deciso, come e' stato, il momento piu' propizio per agire". Su queste premesse, il giudice di appello ha evidenziato come gia' il giudice di primo grado avesse riconosciuto la sostanziale irrilevanza della questione dedotta sotto il profilo sanzionatorio, trattandosi di reati meno gravi oggetto di aumenti in continuazione, operando per il capo F4 un solo aumento di mesi sei di reclusione ed Euro 250 di multa (su cui poi e' stata operata la riduzione per il rito) evincendosi, pertanto, come la detenzione dell'arma, pur ritenuta come diversa fattispecie non assorbita, non ha avuto alcuna incidenza sulla determinazione della pena. 6.7. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il settimo motivo. La Corte territoriale ha ritenuto di essere in presenza di fatti oggettivamente gravi, tenuto dei parametri forniti dall'articolo 133 c.p., nonche', soprattutto, della ricorrenza nel caso di specie di plurime circostanze aggravanti ad effetto speciale e a cd. "blindatura forte" (articolo 628 c.p., comma 3, nn. 3 e 3-bis e u.c. e articolo 416-bis.1 c.p.): un contesto, quindi, di assoluta gravita' nei confronti del quale, gia' l'appello aveva omesso di fornire specifica critica confutatoria. 7. Ricorso di (OMISSIS). 7.1. Aspecifici e comunque manifestamente infondati sono i due collegati motivi. Di fatto, la parte sollecita una pronuncia assolutoria ex articolo 129 c.p.p., comma 2, Come e' noto, la richiamata disposizione postula che le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi' che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piu' al concetto di "constatazione", ossia di percezione ictu oculi, che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessita' di accertamento o di approfondimento (cfr., Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274 - 01; Sez. 3, n. 6027 del 18/11/2016, dep. 2017, Mazzarol, Rv. 269236 - 01; Sez. 6, n. 10284 del 22/01/2014, Culicchia, Rv. 259445 - 01). Ne consegue che l'imputato ha un preciso onere di dedurre specifici motivi a sostegno della ravvisabilita' in atti - in modo autoevidente e non contestabile di elementi idonei ad escludere la sussistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte sua, la ravvisabilita' dell'elemento soggettivo o la configurabilita' di un illecito penale, affinche' possa immediatamente pronunciarsi sentenza di assoluzione a norma dell'articolo 129 c.p.p., comma 2, ponendosi cosi' rimedio all'errore circa il mancato riconoscimento di tale ipotesi in cui sia incorso il giudice di primo grado. Se, dunque, il ricorso non contenga questi specifici motivi - e operi invece una critica radicale ed approfondita della sentenza impugnata, articolata in motivi che richiedono un'approfondita disamina l'impugnazione e' inammissibile ai sensi del combinato disposto dell'articolo 581, lettera c) (attuale lettera d, a seguito della sostituzione della disposizione intervenuta con L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 55) e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c). La particolare natura della valutazione imposta dall'articolo 129 c.p.p., comma 2, - l'unica nella specie praticabile da parte del giudice dell'impugnazione - esclude, infatti, che possano richiamarsi quei principi, in altre occasioni elaborati da questa Suprema Corte, per affermare che, in tema di impugnazioni, la regola della specificita' dei motivi deve essere interpretata in conformita' del principio di favor impugnationis e deve tenere conto sia del tipo di mezzo proposto sia della consistenza degli argomenti del provvedimento censurato, con la conseguenza che, in caso di appello, attesa la natura del rimedio, i motivi possono anche consistere in un motivato invito alla rilettura delle prove (cfr., Sez. 6, n. 9093 del 14/01/2013, Lattanzi, Rv. 255718 - 01; Sez. 6, n. 3721 del 24/11/2015, dep. 2016, Sanna, Rv. 265827 - 01; Sez. 5, n. 42841 del 26/05/2014, Tarasconi, Rv. 262183 - 01), ponendosi la valutazione della specificita' dei motivi di impugnazione in termini differenti e meno stringenti rispetto a quanto e' necessario per il ricorso per cassazione in ragione del carattere di mezzo di gravame di tipo devolutivo del primo rimedio, atto a provocare un nuovo esame del merito (cfr., Sez. 1, n. 1445 del 14/10/2013, dep. 2014, Spada, Rv. 258357 - 01; Sez. 5, n. 41082 del 19/09/2014, Sforzato, Rv. 260766 - 01; Sez. 5, n. 5619 del 24/11/2014, dep. 2015, Stankovic, Rv. 262814 - 01). Nella presente sede di legittimita', ove risulta interdetto un nuovo e completo, esame del merito della regiudicanda, ai fini della pronuncia de qua occorre il rilevo - da effettuarsi con il metro della mera "constatazione" ictu oculi, piuttosto che di quello di "apprezzamento" che richiede una qualche necessita' di accertamento o di approfondimento - dell'evidenza di alcuna delle cause di proscioglimento nel merito richiamate nell'articolo 129 c.p.p., comma 2: l'impossibilita' dell'indagine ovvero l'esito negativo della stessa come rilevato, deve necessariamente condurre all'esito della declaratoria di inammissibilita' del ricorso. 8. Ricorso di (OMISSIS). 8.1. Manifestamente infondati sono i primi due collegati motivi. L'imputato e' stato condannato per concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, per attivita' commesse nella qualita' di Sindaco di (OMISSIS) a vantaggio del sodalizio capeggiato dal (OMISSIS). Si e' affermato in giurisprudenza che, ai fini della configurabilita' del reato di scambio elettorale politico-mafioso e' sufficiente un accordo elettorale tra l'uomo politico e l'associazione mafiosa, avente per oggetto la promessa di voti in cambio del versamento di denaro, mentre non e' richiesta la conclusione di ulteriori patti che impegnino l'uomo politico ad operare in favore dell'associazione in caso di vittoria elettorale, sicche', nell'ipotesi in cui tali ulteriori patti vengano conclusi, occorre accertare se la condotta successivamente posta in essere a sostegno degli interessi dell'associazione assuma i caratteri della partecipazione ovvero del concorso esterno all'associazione medesima, configurandosi, oltre il reato sopra indicato, anche quello di cui all'articolo 416-bis c.p. (Sez. 1, n. 19092 del 09/03/2021, Zambetti, Rv. 281410 - 01). Il concorso esterno nel reato di associazione ex articolo 416-bis c.p. e' stato altresi' configurato nell'ipotesi della promessa di un esponente politico di favorire, in cambio del sostegno elettorale, il sodalizio nei futuri rapporti con la pubblica amministrazione, non rilevando peraltro che l'impegno assunto sia stato successivamente rispettato o gli obiettivi dell sodalizio effettivamente raggiunti (cfr., Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231673 - 01; Sez. 2, n. 45402 del 02/07/2018, Lombardo, Rv. 275510 - 02). Perche' si ravvisi concorso esterno nei reati associativi occorre che il concorrente: - sia privo della c.d. affectio societatis e non sia inserito nella struttura organizzativa del sodalizio, del quale altrimenti farebbe parte a pieno titolo come partecipe "interno"; - sia consapevole dei metodi, delle finalita' dell'associazione e dell'efficacia causale del proprio ausilio, contribuendo al consolidamento o anche scio al mantenimento dell'organizzazione; - fornisca, ai fini della conservazione o del rafforzamento dell'associazione, un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario, a carattere indifferentemente occasionale o continuativo, dotato di un'effettiva rilevanza causale, e che quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita' operative del sodalizio o, per le associazioni operanti su larga scala, di un suo particolare settore o ramo d'attivita', o di una sua articolazione territoriale (cfr., Sez. U, n. 22327 del 30/10/2002, dep. 2003, Carnevale, Rv. 224181 - 01; Sez. U, n. 33748/2005, cit.); - pur non richiedendosi la completa realizzazione del risultato illecito finale perseguito dell'associazione, la condotta del concorrente si espliciti in una concreta messa a disposizione dei sodali delle competenze professionali o comunque conoscitive possedute (Sez. 6, n. 32902 del 23/06/2021, Raso, Rv. 281841 - 01); - si rappresenti, nella forma del dolo diretto, l'utilita' del contributo fornito alla societas sceleris, ai fini della realizzazione anche parziale del programma criminoso attraverso l'esecuzione puntuale delle prestazioni richieste. Fermo quanto precede, e' opinione del Collegio come la Corte territoriale abbia fatto piana applicazione di detti principi, riconoscendo innanzitutto come fosse del tutto evidente la consapevolezza da parte del (OMISSIS) delle caratteristiche del sodalizio capeggiato dal (OMISSIS) e della sua presenza nel territorio di sua pertinenza all'epoca dei fatti contestati. In particolare, si legge in sentenza che "risale addirittura al 1992 la prima aggressione eclatante, perche' riferita ad un gruppo criminale campano insediatosi nel territorio di (OMISSIS): ci si riferisce all'aggressione al geometra (OMISSIS) della (OMISSIS)...; al 1996 risale l'insediamento nel territorio di (OMISSIS) di (OMISSIS) e la sua attivita' nel settore edile. Certamente, nel biennio 2001-2002 la presenza di un gruppo, riconducibile a (OMISSIS) e che adoperava metodi mafiosi, e' stata chiarissima: nel 2001 e' avvenuto un episodio non certo comune nella zona, quale un attentato dinamitardo ai danni dell'Agenzia immobiliare (OMISSIS), a seguito di un diverbio tra (OMISSIS) e il titolare dell'agenzia. Poco dopo, un altro attentato al panificio (OMISSIS) (maggio 2002), con l'esplosione di due colpi di fucile a pallettoni ai danni della vetrina (...). Metodi e strumenti eclatanti, che non passavano inosservati (in particolare per chi svolgesse attivita' politica o amministrativa a livello locale) e che anzi servivano a "marcare il territorio", da parte del (OMISSIS) al quale (OMISSIS) si sarebbe di li' a poco rivolto. Del resto, in quello stesso periodo il (OMISSIS) forniva squadre di operai per lo svolgimento di lavori edili, nel piccolissimo centro di (OMISSIS), e dunque partecipava alla crescita economica del luogo. Il suo ufficio era nella stessa piazza ove (OMISSIS) aveva il suo; in quella stessa piazza ostentavano perennemente la loro minacciosa presenza i casalesi, che ricevevano ospiti quali il (OMISSIS) ed anche (OMISSIS), criminale molto noto nella zona. Che di tutto questo avesse piena cognizione, per esempio, (OMISSIS) (il quale, aggredito l'(OMISSIS), decise di non presentare denuncia perche' ricollegava senza dubbio quanto a lui accaduto con quanto avvenuto anni prima, dall'incendio dell'agenzia (OMISSIS) fino all'incendio dell'auto di (OMISSIS)...) e non invece il (OMISSIS). Per lungo tempo Sindaco del piccolo comune, e' fuori dalla sfera del dubbio ragionevole...". Appaiono cosi' dimostrati i fitti legami esistenti tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), dai quali emerge come il primo abbia sollecitato voti al gruppo del (OMISSIS) e ottenuto dal (OMISSIS) sostegno economico alla propria campagna elettorale. 8.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il terzo motivo. Evidenzia la Corte territoriale come le attivita' poste in essere dal (OMISSIS) nella vicenda (OMISSIS), non altrimenti spiegabili se non quale forma di estrinsecazione dell'impegno preso a fronte del sostegno elettorale ricevuto dal sodalizio criminale, dimostrano ancora una volta la presenza di una situazione sussumibile sotto la forma del concorso esterno, rendendo del tutto superfluo (o, quantomeno, non necessario ai fini del decidere) l'esame dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS): quanto al primo, la circostanza che egli fosse creditore della societa' proprietaria dell'albergo, e' fuori discussione ed e' irrilevante rispetto all'interesse del (OMISSIS); quanto alla seconda, laddove pure avesse riferito in ordine all'assenza di richieste provenienti dalle societa' gravitanti intorno al (OMISSIS), si tratterebbe comunque di dichiarazioni non in grado di scalfire il giudizio di rilevanza penale della condotta del ricorrente. Risulta cosi' dimostrato come il (OMISSIS) abbia svolto indebite pressioni, attraverso un evidente uso privato della funzione pubblica rivestita, affinche' avvenisse a qualsiasi costo la vendita dell'Hotel (OMISSIS) per far rientrare (OMISSIS) dell'ingente esborso economico fino a quel momento avuto (due milioni di Euro). 8.3. Inammissibile per carenza di interesse e' il quarto motivo. Non sussiste sul punto (la contestazione riguarda l'applicazione delle circostanze aggravanti dell'uso delle armi e dell'aver ottenuto il controllo delle attivita' economiche finanziate con il prodotto, il profitto o il prezzo dei delitti) alcun interesse ad impugnare ai sensi dell'articolo 568 c.p.p., comma 4. La Corte territoriale, infatti, non ha operato alcun aumento di pena (ovvero penalizzato l'eventuale riduzione) in quanto ha ritenuto la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche riconosciute all'imputato. Si afferma in giurisprudenza che e' inammissibile, per carenza di interesse, l'impugnazione dell'imputato volta esclusivamente ad ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante, quando la stessa sia gia' stata ritenuta subvalente rispetto alle circostanze attenuanti concorrenti (cfr., Sez. 5, n. 2311 del 13/01/2015, dep. 2016, Cicala, Rv. 266056 - 01; Sez. 2, n. 38697 del 24/06/2015, Ndiaye, Rv. 264803 - 01; Sez. 3, n. 3214 del 22/10/2014, dep. 2015, A., Rv. 262022 - 01; Sez. 3, n. 16717 del 09/03/2011, Khadim, Rv. 250000 - 01; Sez. 1, n. 16398 del 14/01/2008, Civita, Rv. 239579 - 01). Pur in presenza di orientamento contrario (cfr., Sez. 1, n. 35429 del 24/06/2014, Mileti, Rv. 261453 - 01; Sez. 1, n. 27826 del 13/06/2013, Bisogno, Rv. 255991 - 01; Sez. 6 n. 19188 de.l 10/01/2013, P., Rv. 255071 - 01; Sez. 6, n. 3174 del 11/01/2012, Merlo, Rv. 251575 - 01; Se. 5, n. 37095 del 22/04/2009, G., Rv. 246580 - 01), si riconosce, tuttavia, che sussiste l'interesse dell'imputato all'impugnazione volta ad ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante, solo quando l'accoglimento del gravame porterebbe ad una situazione, non solo sanzionatoria, a lui piu' favorevole (Sez. 4, n. 45353 del 23/11/2010, Chiesa, Rv. 249070): quindi, solo la produzione di specifici svantaggi per l'imputato conseguenti alla mancata eliminazione dell'aggravante (svantaggi, nella specie, non dedotti dal ricorrente) potrebbe legittimare l'interesse ad una pronuncia volta ad ottenerne l'esclusione. 8.5. Fondato e', invece, il quinto motivo. La condotta contestata al (OMISSIS) e' stata posta in essere dal 2006 al 2007. In tale periodo la formulazione dell'articolo 416-bis c.p. era quella introdotta dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, articolo 1, comma 2, ai sensi del quale "al comma 1, le parole: da tre a sei anni, sono sostituite dalle seguenti: da cinque a dieci anni". La pena minima edittale viene elevata ad anni sette solo a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni dalla L. 24 luglio 2008, n. 125. La sentenza d'appello, nel riconoscere al (OMISSIS) la riduzione massima di pena per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle circostanze aggravanti e nel prevedere espressamente una pena da applicarsi nel minimo edittale, irroga all'imputato una pena di anni tre, mesi uno e giorni dieci di reclusione, muovendo da una pena edittale di anni sette di reclusione, piuttosto che di anni cinque di reclusione. Evidente appare la conseguenza pregiudizievole per l'imputato: invero, ove il minimo edittale fosse stato correttamente applicato, il (OMISSIS) si sarebbe visto applicare una pena finale pari ad anni due, mesi due e giorni venti di reclusione (partendo da anni cinque di reclusione, ridotta per le attenuanti generiche ad anni tre e mesi quattro di reclusione, ulteriormente ridotta come sopra per il rito). Ed in questo senso, la pena irrogata con la sentenza di appello, va emendata. 9. Ricorso di (OMISSIS). In assenza dei presupposti per emettere sentenza ex articolo 129 c.p.p., va pronunciata sentenza di annullamento senza rinvio essendo i reati ascritti all'imputato estinti per sopravvenuta morte del predetto, avvenuta in data (OMISSIS), come da certificato del Comune di (OMISSIS) in atti. 10. Ricorso di (OMISSIS). 10.1. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il primo motivo. Come e' agevole constatare dalla motivazione del provvedimento impugnato, sono le dichiarazioni dei due coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS), ritenuti da entrambi i giudici del merito attendibili, a descrivere il (OMISSIS) come "braccio armato di (OMISSIS)", da lui incaricato di commettere episodi violenti e di prestarsi all'intestazione di societa'. La consapevolezza del (OMISSIS) circa il proprio ruolo e la natura del gruppo criminale guidato dal (OMISSIS) e' altresi' comprovata da un'intercettazione (tel. (OMISSIS) richiamata a pagina 92 della sentenza impugnata), che riprende una conversazione significativa intercorsa tra l'imputato e il leader del gruppo. Ed ancora, va ricordato l'attentato mafioso commentato dal primo giudice (pagg. 9599 della sentenza di primo grado): rintracciata una vittima di usura che aveva a suo tempo denunciato (OMISSIS) e (OMISSIS), i due decidono la ritorsione, programmano un attentato e ne danno incarico a (OMISSIS) e a (OMISSIS). Il primo si accorda con gli inquirenti e poi si ritira, sicche' l'attentato non avra' luogo, sebbene gli inquirenti ne verificheranno esattamente il progetto. Il (OMISSIS), intercettato, ne racconta i dettagli (l'incarico ricevuto da (OMISSIS), il compenso pattuito, la necessita' di acquistare una moto e due caschi per compiere l'azione): si tratta di un'azione in puro stile mafioso, che dimostra, da parte del ricorrente, perfetta consapevolezza, accettazione e partecipazione del metodo e delle finalita' del sodalizio di cui faceva parte. 10.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il secondo motivo. Il motivo accorpa questioni di merito attinenti ai criteri di valutazione della prova, che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimita'. Il ricorrente si limita, infatti, in massima parte, a proporre una versione alternativa della valutazione probatoria adottata in doppia conforme dai giudici del merito, senza evidenziare specifiche illogicita' motivazionali che risultino dallo stesso testo della decisione impugnata. Si intende proporre al giudice di legittimita' una revisione delle risultanze processuali di entrambi i gradi di giudizio, selezionando discrezionalmente parte del compendio probatorio. Tale meccanismo difensivo e' per definizione precluso in questa sede, ove i motivi di ricorso devono rispettare i necessari requisiti di specificita', al fine di consentire l'esatta ed autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimita' (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 9029 del 05/11/2013, dep. 2014, Mirra, Rv. 258962 - 01): considerazioni di pieno merito che inammissibilmente mettono in discussione l'ampiamente giustificato convincimento del giudice, nella fattispecie sorretto da una doppia conforme immune da evidenti illogicita' e caratterizzata, al contrario, da una evidente conseguenzialita' logica tra i fatti materiali ed il loro significato probatorio, univocamente convergente verso la conferma di una piena partecipazione al sodalizio criminoso nonche' della commissione dei reati fine di cui ai capi B14, E7, G11, G12, H3 e 32 (v. pagg. 208 e 209 della sentenza impugnata). 10.3. Manifestamente infondato e' il terzo motivo. Si e' in presenza di pena base determinata nel minimo edittale, con aumenti ex articolo 81 c.p. ampiamente giustificati, con osservanza dei criteri di cui all'articolo 133 c.p.. 11. Ricorso di (OMISSIS). 11.1. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il primo motivo. La sentenza impugnata precisa come il (OMISSIS) sia entrato nell'associazione nel 2010 all'atto dell'uccisione di (OMISSIS), referente del clan (OMISSIS). I (OMISSIS) erano in stretti e risalenti rapporti con (OMISSIS); (OMISSIS) era entrato nel mirino di altri appartenenti alla camorra casalese per una serie di rapine che avevano destato allarme e fastidio nel territorio; godendo della protezione di (OMISSIS), con la morte di quest'ultimo, la sua stessa vita rimaneva a rischio: questa e' la ragione per cui (OMISSIS), che ha sposato una (OMISSIS), lo porta ad (OMISSIS) e lo fa entrare nell'associazione con i ruoli e le mansioni in contestazione, quali ampiamente provate. In particolare, lo stesso, nonostante il suo carattere violento ed irruente oltre che tendenzialmente irrispettoso delle regole, si e' prestato: - a partecipare alle riunioni e contribuire sotto ogni forma alla riscossione dei crediti; - a richiedere il preventivo permesso allo zio (il (OMISSIS)) per compiere azioni dimostrative o violente ovvero per mettersi a disposizione per il relativo compimento; - ad accettare ruoli di rappresentanza legale delle cartiere via via utilizzate, ad eseguire false attestazioni rilasciate a cittadini stranieri che versavano compensi variabili, a compiere assunzioni fittizie; - ad assumere la funzione di appositore di firme a richiesta e comunque a fornire stabile e reiterato contributo al funzionamento della macchina generatrice di denaro costituita dalle cartiere; - a tenere comportamenti volti a ribadire che egli non si sottometteva all'autorita' di nessuno; - ad effettuare intimidazioni e minacce reiterate, a partecipare a risse e a possedere armi; - a partecipare alle riunioni con il compito di fornire il proprio apporto causale fondamentale all'assunzione di decisioni vitali per l'associazione o i sodali, dimostrando piena conoscenza dei rapporti tra i sodali e l'esterno. 11.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il secondo motivo. 11.2.1. In relazione al capo D4 (usura nei confronti di (OMISSIS): (OMISSIS) concorre per aver materialmente ricevuto alcuni pagamenti dei ratei usurari e per aver concorso alla materiale riscossione operata dai compartecipi di altri ratei), va evidenziato in premessa (e cio' anche ai fini delle ulteriori contestazioni, con considerazioni che in dette sedi devono intendersi come riprese) come nelle azioni collettive - quale e' quella oggetto del presente capo - la compartecipazione a singole fasi di una condotta complessa accresce le possibilita' di verificazione dell'evento e, soprattutto, rafforza nei co-esecutori la volonta' collettiva di pervenire nel modo piu' agevole possibile al risultato, ponendosi come ingrediente idoneo ad essere qualificato in termini di "componente" di una piu' ampia "causalita' psichica" intesa come reciproco condizionamento volitivo tra piu' soggetti agenti, (OMISSIS) a stabilizzare e rafforzare un proposito criminoso (sul tema della causalita' psichica, sia pure in contesto relazionale non di tipo associativo, vanno richiamate le affermazioni di principio contenute in Sez. 4, n. 12478 del 19/11/2015, dep. 2016, Barberi, Rv. 267812 - 01). In altre parole, posto che l'attivita' esecutiva implica una adesione al progetto comune, e' evidente che il maggior numero dei soggetti coinvolti e' di per se' fattore di reciproco rafforzamento della volonta' collettiva, in quanto rassicura gli agenti sulla effettiva assunzione e ripartizione di rischi e sopportazione delle conseguenze dell'azione intrapresa, in cio' ponendosi come forma di rafforzamento anche soltanto psichico (in ipotesi di scarsa rilevanza dell'apporto materiale), penalmente rilevante ai sensi dell'articolo 110 c.p. (v., Sez. 1, n. 8193 del 06/07/1987, Mango, Rv. 178884 - 01, secondo cui tema di reato concorsuale, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel delitto, va individuata in cio': mentre la connivenza, che e' la scienza che altri sta per commettere o commetta un reato, e come tale non basta a dar vita ad una forma di concorso, postula che l'agente mantenga un comportamento meramente passivo, la condotta di partecipazione, invece, deve manifestarsi in un comportamento che arrechi un contributo alla realizzazione del delitto, sia pure, mediante il rafforzamento del proposito criminoso degli altri compartecipi, o di agevolazione dell'opera degli altri concorrenti, o che l'agente per effetto della sua condotta idonea a facilitarne l'esecuzione, abbia aumentato la possibilita' della sua produzione; da ultimo, v. Sez. 1, n. 6237 del 15/09/2021, dep. 2022, Dell'Aquila, Rv. 282620 - 01). Non a caso, nella giurisprudenza di questa Suprema Corte e' costante l'insegnamento per cui nelle azioni collettive a consumazione prolungata il semplice abbandono o l'interruzione dell'azione criminosa da parte di uno dei compartecipi non e' ritenuto sufficiente ad integrare la desistenza, occorrendo un âEuroËœquid pluris' consistente nell'annullamento del contributo dato alla realizzazione collettiva dell'illecito (cfr., Sez. 6, n. 6619 del 07/04/1999, Corriere, Rv. 214747 - 01; Sez. 1, n. 8980 del 08/07/1997, Arnone, Rv. 208472 - 01; Sez. 6, n. 27323 del 20/05/2008, Portoghese, Rv. 240737 - 01). Va, dunque, ribadito che l'azione collettiva e' caratterizzata tanto da una convergenza di attivita' materiali che da un fenomeno di reciproco rafforzamento psichico che si realizza tra i soggetti coinvolti in frazioni esecutive della deliberazione, al di la' del tradizionale rapporto di "dipendenza psichica" inquadrabile nella - sola - relazione intercorsa tra il "mandante" e l'esecutore materiale. Fermo quanto precede, constatata la corretta applicazione delle regole giurisprudenziali in materia di concorso di persone, evidenzia il Collegio come la Corte territoriale abbia riconosciuto come le conversazioni intercettate, di natura inequivoca, dimostrino che (OMISSIS) sapesse della natura usuraria del prestito e del fatto che le usure (cosi' come le estorsioni e le rapine) fossero uno degli strumenti di generazione di profitti illeciti per l'associazione. Ma non solo: comprovano altresi' che l'imputato si fosse personalmente messo a disposizione per riscuotere i ratei per conto del (OMISSIS), dimostrando non solo adesione psichica e rinforzo dell'altrui proposito, ma anche volonta' di apportare un contributo materiale ben determinato. 11.2.2. In relazione al capo E2 (estorsione (OMISSIS): (OMISSIS) partecipa ad atti di estrinsecazione di condotte minatorie verso la vittima, in particolare ad un accesso alla casa della vittima con (OMISSIS) e (OMISSIS)). La Corte territoriale richiama i contenuti della sentenza di primo grado (pagg. 316 e ss.) riconoscendo che "quanto emerge dalle intercettazioni collima perfettamente con la precisa chiamata in correita' di (OMISSIS)... e con le dichiarazioni della moglie e del figlio del (OMISSIS) che hanno confermato che a casa loro si presentarono tre persone, di cui sono state fornite caratteristiche che confortano la chiamata in correita'... (OMISSIS) ha ammesso di conoscere nei dettagli la vicenda estorsiva e ha anche ammesso di essere stato presente nel momento in cui (OMISSIS) ha dato l'ordine di andare a casa di (OMISSIS) a intimidire/sollecitare con (OMISSIS) ed (OMISSIS). Non e' credibile nella parte in cui afferma di non essere andato e quindi sostanzialmente di aver disatteso l'ordine dello "zio" in quanto tutto il complesso delle conversazioni e delle dichiarazioni dei collaboratori dimostra costante e piena sottomissione alle direttive del capo". 11.2.3. In relazione al capo E12 (estorsione ai danni di (OMISSIS); (OMISSIS) concorre, tra gli altri, con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), la Corte territoriale evidenzia come "le dichiarazioni della vittima, di (OMISSIS) (che seguiva la pratica per conto di (OMISSIS), in quel momento all'estero) e di altri sommari informatori si fondono coerentemente rispetto al contenuto delle conversazioni intercettate: (OMISSIS) concorre perche' si presta a far parte del gruppo intimidatorio che - prima della gara ((OMISSIS)) e il giorno della gara - esercita nei confronti di (OMISSIS), con la propria presenza fisica e compatta, di presidio, una indiretta me evidente minaccia, nella piena consapevolezza che non di dovevano creare ostacoli al risultato perseguito e voluto dal gruppo (OMISSIS) (...) ". Invero, si precisa come "... dalle conversazioni intercettate... si evince che (OMISSIS) decide di incaricare un suo gruppo di persone proprio per aumentare la pressione intimidatoria mafiosa nell'imminenza dell'asta in quanto non si e' riusciti fino ad allora a dissuadere (OMISSIS) dal partecipare...". Infine, si precisa che "... le convergenti chiamate in correita'... da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS)... sono sorrette da plurimi riscontri individualizzanti...". 11.2.4. In relazione al capo F3 (tentata rapina a (OMISSIS)), evidenzia la Corte territoriale come "le intercettazioni provano che (OMISSIS) e' stato preventivamente e correttamente informato del piano e delle sue modalita' esecutive e ha anche partecipato, rinforzando il proposito criminoso di (OMISSIS), alla scelta del compartecipe del sodalizio (ndr., (OMISSIS)) che doveva partecipare al delitto". 11.3. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il terzo motivo. La censura non si confronta con la motivazione dei giudici di merito sul fatto che l'usura ai danni di (OMISSIS), le estorsioni ai danni di (OMISSIS) e di (OMISSIS) nonche' la tentata rapina ai danni di (OMISSIS) sono fatti delittuosi per i quali il (OMISSIS) concorre nella piena consapevolezza che si tratta di delitti-scopo dell'associazione cui appartiene, commessi avvalendosi della capacita' intimidatrice del gruppo, della disponibilita' di suoi uomini e mezzi ed estrinsecatisi di gravi manacce ai danni delle vittime, funzionali ad assicurare al gruppo l'altrui assoggettamento e omerta', come significativamente testimoniato dal limitato apporto dichiarativo delle vittime. Detti fatti, non solo sono risultati funzionali al perseguimento degli illeciti profitti conseguiti consentendo il mantenimento in vita dell'associazione ma hanno costituito anche il mezzo per il consolidamento del prestigio e della fama criminale della stessa. 11.4. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il quarto motivo. La Corte territoriale ha fatto applicazione dell'orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimita' secondo cui "in tema di rapina, la circostanza aggravante speciale delle piu' persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia, non rilevando che la persona offesa abbia percepito o meno la presenza anche di un secondo soggetto poiche' la "ratio" dell'aggravamento non deriva necessariamente dalla maggiore costrizione esercitata simultaneamente sulla vittima, ma piuttosto dalla maggiore potenzialita' criminosa correlata all'oggettiva compresenza di piu' persone nel luogo del delitto" (cosi', Sez. 2, n. 33210 del 15/06/2021, Guariglia, Rv. 281916 - 01; nello stesso senso, Sez. 2, n. 10695 del 30/10/2019, dep. 2020, Jakimi, Rv. 278521 - 01; Sez. 2, n. 36926 del 04/07/2018, Sabatino, Rv. 273520 - 01). Cio' considerato, la Corte territoriale ha ritenuto che in relazione a tutti i reati satellite ascritti al (OMISSIS) a titolo di concorso, la realizzazione sia avvenuta mediante oggettiva compresenza di piu' persone nel luogo di consumazione nei termini enunciati dalla Suprema Corte ed il (OMISSIS) fosse pienamente consapevole di questa specifica modalita' di estrinsecazione delle condotte, per aver volontariamente e consapevolmente aderito all'attuazione di frazioni essenziali dello sviluppo esecutivo dei delitti-scopo. 11.5. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il quinto motivo. La Corte territoriale ha fatto puntuale applicazione della consolidata giurisprudenza di legittimita' secondo cui, in tema di collaborazione con la giustizia, il riconoscimento dell'attenuante prevista dal Decreto Legge 13 maggio 1991 n. 152, articolo 8 convertito con L. 12 luglio 1991, n. 203, presuppone la dissociazione e l'utilita' del contributo dichiarativo prestato dall'imputato, prescindendo dalla qualita' degli elementi probatori gia' emersi e dalla spontaneita' da parte del collaborante della revisione critica del proprio operato (Sez. 1, n. 48646 del 19/06/2015, Marti, Rv. 265851 - 01; nello stesso senso, v. Sez. 1, n. 52513 del 14/06/2018, L., Rv. 274190 - 01, secondo cui l'applicazione della circostanza attenuante della collaborazione, prevista dal Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 8 convertito nella L. 12 luglio 1991, n. 203, non puo' essere legata ad un mero atteggiamento di resipiscenza, ad una confessione delle proprie responsabilita' o alla descrizione di circostanze di secondaria importanza, ma richiede una concreta e fattiva attivita' di collaborazione dell'imputato, volta ad evitare che l'attivita' delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori e a coadiuvare gli organi inquirenti nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e la cattura degli autori dei delitti). Cio' premesso, la Corte territoriale ha evidenziato come il (OMISSIS), nel corso degli interrogatori dopo l'esecuzione dell'ordinanza cautelare, non ha inteso "dissociarsi" dagli altri, in particolare dallo zio (OMISSIS) e da (OMISSIS) e non ha nemmeno messo a disposizione per intero il proprio bagaglio di conoscenze. Prova di tutto questo si ricava principalmente dalla reticente risposta in ordine alla natura dell'associazione costituita dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), dalla proclamata e ripetuta adesione ai valori mafiosi e dalla riduttiva ricostruzione del proprio apporto e del proprio ruolo in seno all'associazione e alla negazione della partecipazione ai delitti-scopo, anche in contrasto con evidenze probatorie inconfutabili, funzionali proprio ad assicurarsi la possibilita' di contestare il giudizio di penale responsabilita' in relazione a tutti gli addebiti. Ed ancora. Si e' riconosciuto come il "silenzio" del (OMISSIS) abbia impedito l'esecuzione di tempestive ed efficaci perquisizioni ed il suo narrato e' stato sempre alquanto reticente, comunque finalizzato a negare o minimizzare la propria responsabilita' ed il proprio ruolo in seno al gruppo. 11.6. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il sesto motivo. La pena e' stata determinata in entita' prossima al minimo e tiene necessariamente conto della durata della partecipazione, della qualita' dell'apporto, del ruolo fiduciario e prossimo al capo, dell'esecuzione seriale di compiti funzionali al consolidamento e alla sopravvivenza del gruppo sia in relazione alle attivita' economico-patrimoniali sia per l'esecuzione di essenziali delitti-scopo nonche' della condotta violenta e prevaricatrice: un apporto quello dell'imputato, tutt'affatto che trascurabile, in quanto connotato da versatilita', fedelta' ed essenzialita'. 12. Ricorso di (OMISSIS). 12.1. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il primo motivo. Ancora una volta si e' in presenza di doglianze sostanzialmente orientate a riprodurre una serie di deduzioni gia' ampiamente vagliate e correttamente disattese dalla Corte distrettuale, ovvero a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle correlative risultanze processuali, poiche' imperniate sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova, in tal guisa richiedendo l'esercizio di uno scrutinio improponibile in questa sede, a fronte della linearita' e della logica conseguenzialita' che caratterizzano la scansione delle sequenze motivazionali dell'impugnata decisione. Sotto tali profili, dunque, il pur articolato motivo non e' volto a rilevare mancanze argomentative ed illogicita' ictu oculi percepibili, bensi' ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dal Giudice di appello, che ha adeguatamente ricostruito il compendio storico-fattuale posto a fondamento dei temi d'accusa enucleati con riferimento alle condotte oggetto dei rispettivi capi d'imputazione in narrativa richiamati. Cio' considerato, la Corte territoriale ha ritenuto che "quanto ai fatti di cui al capo 33, e' senz'altro vero che la conversazione riepilogata alle pagine 596 e 597 della sentenza impugnata, ed avvenuta quasi "in chiaro" laddove gli interlocutori si riferiscono ai fornitori... e, con riferimento a termini dell'ediliza, indicano in 200 e 250 grammi la quantita' di stupefacente da acquistare, interviene tra (OMISSIS) e (OMISSIS), senza dunque il coinvolgimento del (OMISSIS). Nella conversazione immediatamente successiva, pero' (pag. 598 della sentenza impugnata), (OMISSIS) e (OMISSIS) discutono del medesimo argomento, con identica terminologia e facendo riferimento al prezzo al grammo... Le telefonate, dunque, confermano le accuse di (OMISSIS) e (OMISSIS) (pag. 593 della sentenza appellata) e non possono certo essere attribuite a lavori edilizi; in pari tempo rappresentano un fortissimo riscontro alle dichiarazioni eteroaccusatorie del correo (OMISSIS) (...) Quanto al capo J2, basti considerare che non vi e' alcuna possibilita' di confondere (OMISSIS) con altra persona. (OMISSIS) ha individuato l'imputato come il " (OMISSIS) che collabora con il (OMISSIS) e abita a (OMISSIS) vicino al semaforo"... L'unica persona che corrisponde a tali caratteristiche si chiama (OMISSIS) e non puo' certo bastare l'eventuale errore sul nome di battesimo (ferma l'indicazione del cognome) a far ritenere che (OMISSIS) si riferisse a persona diversa. Ben tre ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) sono state le persone che hanno indicato il (OMISSIS) come uno dei componenti del gruppo che dal 2008 operava ad (OMISSIS) facendo arrivare forniture di cocaina di 50-100 grammi l'una con cadenza quindicinale o mensile...". In relazione alle altre contestazioni, la Corte territoriale evidenzia come le accuse non si fondino sulle sole dichiarazioni della vittima (OMISSIS), ma anche su quelle della moglie di lui, su quelle dei coindagati (OMISSIS) e (OMISSIS) e sulle intercettazioni. Quanto a queste ultime, e', in particolare, chiarissima la richiesta, da parte della vittima, dell'intercessione di (OMISSIS) affinche' calmi le pretese di (OMISSIS) e (OMISSIS) (la vicenda e', peraltro, raccontata anche da (OMISSIS) e da (OMISSIS)). Infine, quanto alla richiesta di riqualificazione, vengono riportate le condivisibili valutazioni operate da Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, secondo cui "nei casi in cui ricorra la circostanza aggravante della c.d. "finalita' mafiosa" (articolo 416-bis.1 c.p.: essere "i delitti punibili con pena diversa dall'ergastolo commessi (...) al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste" dall'articolo 416-bis c.p.), la finalizzazione della condotta alla soddisfazione di un interesse ulteriore (anche se di per se' di natura non patrimoniale) rispetto a quello di ottenere la mera soddisfazione del diritto arbitrariamente azionato, comporta la sussumibilita' della fattispecie sempre e comunque nella sfera di tipicita' dell'articolo 629 c.p., con il concorso dello stesso creditore, per avere agevolato il perseguimento (anche o soltanto) di una finalita' (anche soltanto lato sensu) di profitto di terzi. D'altro canto, questa Corte ha gia' chiarito che non e' configurabile il reato di ragion fattasi, bensi' quello di estorsione (in concorso con quello di partecipazione ad associazione per delinquere), allorche' si sia in presenza di una organizzazione specializzata in realizzazione di crediti per conto altrui, la quale operi, in vista del conseguimento anche di un proprio profitto, mediante sistematico ricorso alla violenza o ad altre forme di illecita coartazione nei confronti dei soggetti indicatile come debitori (Sez. 2, n. 1556 del 01/04/1992, Dionigi, Rv. 189943 - 01; Sez. 2, n. 12982 del 16/02/2006, Caratozzolo, Rv. 234117 - 01)". 12.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il secondo motivo. Le circostanze attenuanti generiche sono state negate sia perche' il ricorrente non ha fornito alcun contributo in ordine alla ricostruzione dei fatti sia anche per la gravita', molteplicita', eterogeneita' e durata nel tempo delle condotte. Nessun rilievo in tale prospettiva e' stato attribuito alla scelta del rito alternativo, in ossequio alla consolidata giurisprudenza (Sez. 3, n. 46463 del 17/09/2019, Di Puccio, Rv. 277271 - 01, secondo cui, in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio, l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche non puo' fondarsi sulla scelta di definire il processo nelle forme del rito abbreviato che implica "ex lege" il riconoscimento di una predeterminata riduzione della pena, poiche', in caso contrario, la stessa circostanza comporterebbe due distinte conseguenze favorevoli all'imputato). 13. Ricorso di (OMISSIS). 13.1. Del tutto tardivo e' il primo motivo. Occorre rilevare, sul punto, come l'appello proposto dinanzi alla Corte territoriale fosse incentrato esclusivamente sull'aggravante del metodo mafioso, e non su quella dell'agevolazione mafiosa (cfr. p. 6-7 dell'atto di appello e p. 107 della sentenza impugnata). Ne discende l'inammissibilita' del motivo di ricorso, essendo la contestazione proposta per la prima volta in sede di legittimita', circostanza che ne impedisce il relativo scrutinio. 13.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il secondo motivo. Ed invero, le censure difensive appaiono viziate da genericita', a fronte di una motivazione resa in doppia conforme dai giudici del merito, dalla quale si evincono numerosi elementi ostativi alla riqualificazione del fatto contestato all'imputato nella fattispecie di esercizio arbitrario delle proprie ragioni di cui all'articolo 393 c.p.. Entrambi i giudici affermano, infatti, come il (OMISSIS) abbia agito perseguendo il conseguimento di un profitto ulteriore rispetto al rientro del debito, nella piena consapevolezza della sua ingiustizia. Il ricorrente, rileva la Corte territoriale, sapeva che affidare a (OMISSIS) l'operazione di riscossione del credito nei confronti di (OMISSIS) consentiva altresi' di procurare un vantaggio indebito a (OMISSIS) stesso (10.000 Euro), al sodale (OMISSIS) (3.000 Euro) e di percepire per se' 2.000 Euro, vantaggio che esula dalla possibile tutela apprestata dall'ordinamento giuridico. 13.3. Del tutto tardivo e' anche il terzo motivo. Lo stesso risulta inammissibilmente per la prima volta proposto nella presente sede di legittimita', circostanza che ne impedisce lo scrutinio. 14. Ricorso di (OMISSIS). 14.1. Aspecifici e comunque manifestamente infondati sono sia il primo che il (collegato) terzo motivo. Le intercettazioni e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno consentito di acclarare come il ricorrente abbia partecipato in piu' occasioni a plurime riunioni nelle quali erano state assunte decisioni operative essenziali per l'associazione; che lo stesso fosse una presenza costante a fianco del (OMISSIS), anche grazie al ruolo della sua convivente, (OMISSIS), collaboratrice e factotum del (OMISSIS). In particolare, (OMISSIS) "ha accettato l'intestazione a proprio nome delle quote di due societa' vitali per il mantenimento in vita degli affari illeciti dell'associazione, la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS) s.r.l., ed in questa veste ha dato costante e fedele esecuzione agli ordini che venivano impartiti quali emissione di fatture per operazioni inesistenti, fittizie assunzioni di dipendenti e conseguenti frodi erariali e ai danni di enti previdenziali, reati e attivita' illecite essenziali per la sopravvivenza dell'associazione. A suo nome sono stati accesi rapporti di conto corrente e bancari, in relazione ai quali ha direttamente operato, sempre in esecuzione di precise direttive che gli venivano impartite, contribuendo stabilmente, a partire dal 2016 a costituire una sorta di "cassa" per l'associazione... Ha partecipato con altri sodali a atti di violenza fisica e iniziative intimidatorie Cio' consente di ritenere l'esistenza di plurimi ed un voci indicatori del costante e volontario contributo di (OMISSIS) alla conservazione e al rafforzamento della capacita' operativa della consorteria criminale oltre che dell'affectio societatis, che, in qualche modo, il ricorrente riconosce, avendo affermato di essersi messo a disposizione integralmente e senza riserve del (OMISSIS) nel 2016, a causa delle sue difficolta' economiche e delle precarie condizioni di salute della figlia. Il ricorrente e' un associato con un profilo estremamente versatile, venendo impiegato in mansioni e con funzioni estremamente eterogenee: rientra tra gli uomini su cui il (OMISSIS) puo' contare per qualsiasi operazione, una sorta di appartenente alla squadra "intervento rapido"; resta a disposizione in attesa di ordini per eseguire le piu' varie operazioni (tra cui: accompagnare e fiancheggiare il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) nella vicenda Eurolegnami; procurare mezzi per consumare reati contro il patrimonio; accompagnare soggetti - ndr., il (OMISSIS) - a Padova nell'ambito di azioni intimidatorie; partecipare ad azioni violente in cui e' necessario ribadire la supremazia "militare" del gruppo, v. minacce al proprietario della pizzeria "Un posto al sole" del 26/06/2018); si presta a fungere da "portamessaggi" di (OMISSIS) (v. vicenda (OMISSIS)) o da prestanome eseguendo via via gli ordini che gli vengono impartiti (formazione di fatture, firme di verbali di assemblee sociali; nessun dubbio, infine, residua sul fatto che lo stesso fosse perfettamente consapevole che la (OMISSIS) e la (OMISSIS) fossero strumentali alla commissione di attivita' illecite). 14.2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il secondo motivo. Ricorrono entrambe le aggravanti censurate. Il ricorrente non si confronta con plurimi e convergenti elementi di prova che hanno dimostrato come il (OMISSIS) sia stato fra i (tanti) custodi delle armi dell'associazione (si vedano, in particolare, le convergenti dichiarazioni di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS)). La giurisprudenza ha evidenziato la natura oggettiva dell'aggravante e la conseguente sua configurabilita' nei confronti di ciascun partecipe, anche nei casi in cui la disponibilita' delle armi risulti provata nei confronti di un solo soggetto (Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, dep. 2019, Battaglia, non mass. sul punto). La sentenza riconosce come l'associazione avesse assunto il predominio, dopo dieci anni di "guerre" in territorio casalese, in piu' settori, ed in particolare in quello edilizio, in quello del recupero credito privato, in quello delle usure, della sicurezza provata e del controllo del territorio. Il fatto che singole persone non si siano piegate alla forza di intimidazione del gruppo gravitante sul (OMISSIS), costituisce la rara eccezione alla regola di un generale assoggettamento da parte di coloro che venivano a confliggere con gli interessi del (OMISSIS) e dei soggetti che a costui chiedevano protezione: da qui la rinuncia a denunciare o querelare, la rinuncia a far ricorso alla giurisdizione per far valere i propri diritti, la rinuncia a chiedere difesa alle forze dell'ordine. 14.3. Aspecifico e comunque manifestamente infondate e' il quarto motivo. La Corte territoriale ha evidenziato come, nella vicenda dell'estorsione tentata ai danni di (OMISSIS), protrattasi per mesi, il (OMISSIS) abbia svolto, in modo perdurante ed essenziale, la funzione di guarclaspalle, presenza intimidatrice, latore di messaggi, forza compositrice del gruppo che doveva dimostrare supremazia numerica e violenta nei confronti del debitore (v. pagg. 235 e 236 della sentenza impugnata). 14.4. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il quinto motivo. La difesa si duole del difetto di motivazione quanto alla ritenuta attendibilita' dei collaboratori dichiaranti ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)). Il motivo involge, inammissibilmente, aspetti meramente fattuali (di cui richiede una diversa valutazione in punto di merito) esaminati in modo analitico e del tutto logico dalla Corte territoriale, valorizzando, in particolare, i rapporti sussistenti tra i collaboratori di giustizia di cui e' stata verificata l'attendibilita' e l'imputato (v. pagg. 224-225 della sentenza impugnata). 14.5. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il sesto motivo. I giudici di appello hanno riconosciuto come la sentenza di primo grado ha valutato in termini congrui i vari parametri dell'articolo 133 c.p., sia quanto alla determinazione della pena base sia quanto al contenutissimo aumento, inferiore al limite legale di cui all'articolo 81 c.p., comma 4 rispetto alla gravita' del fatto e all'apporto conferito dall'imputato. In particolare, la determinazione di una pena base superiore al minimo edittale (comunque prossima ad esso ed inferiore rispetto al valore intermedio dei suoi estremi) si giustifica per durata e qualita' dell'apporto all'associazione che l'imputato ha protetto anche in sede procedimentale oltre che processuale, limitando all'evidenza di ostendere il proprio contributo di conoscenze che sarebbe stato utile per l'accertamento dei fatti. Va, in particolare, ricordato che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, che la esercita, cosi' come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.; ne discende che e' inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita' della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142 - 01), cio' che - nel caso di specie - non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantita' di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, e' necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 c.p. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596 - 01). 14.6. Va, infine, rilevato come la dichiarata inammissibilita' dei motivi del ricorso principale cui si ricolleghino i motivi aggiunti, idonei, in astratto, a colmarne i difetti, travolge anche questi ultimi, non potendo essere tardivamente sanato il vizio radicale dell'impugnazione originaria; e cio' vale anche nel caso in cui il ricorso non sia integralmente inammissibile (cfr., Sez. 5, n. 8439 del 24/01/2020, L., Rv. 278387 - 01; Sez. 2, n. 6897 del 28/01/2022, Lomolino, non mass.). 15. Ricorso di (OMISSIS). 15.1. Aspecifico e comunque manifestamente infondato e' il primo motivo. La Corte territoriale ha chiarito che, nel contesto di un quotidiano contatto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), quest'ultimo costituisse per il primo un uomo di fiducia ed un segretario che veniva ammesso a riunioni nelle quali si discutevano affari illeciti. Si legge nella sentenza impugnata: "il giorno in cui e' avvenuto il reato di cui al capo E12, (OMISSIS) ha chiamato (OMISSIS) e lo ha convocato in ufficio in anticipo rispetto all'orario in cui questi pensava di presentarsi. Ottenuta dunque la sua presenza in ufficio, evidentemente (OMISSIS) gli ha spiegato cosa si sarebbe dovuto fare da li' a poco. Infatti, gli inquirenti hanno osservato in diretta, dinanzi allo studio ove doveva svolgersi l'asta, l'arrivo di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), a bordo della medesima auto, alle 16.20, ed hanno descritto, come, appena giunti, i tre si siano posizionati in modo tale da controllare l'accesso allo studio. Dopo circa venti minuti e' sopraggiunto un altro gruppo di persona: in una macchina, (OMISSIS) e (OMISSIS)...; in un'altra, (OMISSIS) e (OMISSIS). Gli occupanti della seconda auto sono saliti nello studio per partecipare all'asta, mentre i primi si sono uniti ai tre gia' arrivati (...) (OMISSIS) si ritiro' dalla gara, impaurito anche dai "tre personaggi poco raccomandabili" trovati dinanzi allo studio, da lui ricollegati senza dubbio alle minacce gia' ricevuti. Dopo la vicenda, (OMISSIS) ha sentito il bisogno di rassicurare (OMISSIS) sul buon esito dell'operazione (...) La ricostruzione svolta dal primo giudice alle pagine 368-376 e' dunque pienamente condivisibile e, del resto, persino quanto ammesso dal (OMISSIS) nel proprio interrogatorio sul punto costituisce una confessione di concorso in estorsione aggravata " (OMISSIS) aveva spiegato che bisognava andare a fare un presidio per fare in modo che (OMISSIS) ci vedesse e fargli intendere il messaggio di comportarsi bene e lasciare aggiudicare l'asta alla figlia della (OMISSIS). (OMISSIS) disse che bastava solo la nostra presenza". Infatti, la presenza silenziosa e' bastata, prova ulteriore del metodo mafioso...". 15.2. Fondato e', invece, il secondo motivo. La Corte territoriale ha errato nel quantificare la pena pecuniaria nei confronti del ricorrente. Invero, i giudici di secondo grado, dopo essere partiti dalla pena base di Euro 2.250 di multa, hanno correttamente ridotto la stessa per il riconoscimento delle prevalenti circostanze attenuanti generiche ad Euro 1.500 di multa e poi disposto la riduzione di un terzo per la scelta del rito abbreviato. La pena pecuniaria di Euro 1.500 di multa si sarebbe, pertanto, dovuta fissare in Euro 1.000 di multa e non nel diverso - errato e maggiore - importo, di Euro 1.600, che va emendato. 16. Ricorso di (OMISSIS). 16.1. Aspecifici e comunque manifestamente infondati sono i primi quattro (collegati) motivi. La Corte territoriale ha accertato la condotta di concorrente esterno del (OMISSIS) come sussistente dal 2009 fino (quantomeno) al 2017. Gia' il giudice di primo grado aveva evidenziato come il ricorrente, quale appartenente alle forze dell'ordine, nel 2010, per ben quattro volte, si fosse attivato per favorire il rilascio dell'autorizzazione all'apertura della sala scommesse SNAI; nel 2013 era intervenuto su richiesta del (OMISSIS) in occasione di una rissa fra alcuni sodali (fra cui (OMISSIS), (OMISSIS) ed il figlio di (OMISSIS)) e degli skinheads; aveva effettuato periodicamente i richiesti accessi allo SDI, riportando ai committenti gli esiti delle sue ricerche; nell'agosto 2017 aveva avvisato (OMISSIS) dell'imminente perquisizione negli uffici del sodalizio nonche' di altra operazione anti-droga nei confronti di alcuni albanesi, uno dei quali era dipendente di una societa' controllata dal gruppo; sempre nell'agosto del 2017, su richiesta di (OMISSIS), il (OMISSIS) si era interessato presso gli uffici preposti del suo stesso Corpo per "raccomandare" il rilascio del porto d'armi ad uso sportivo in favore di (OMISSIS); ha inoltre accettato regalie da parte di (OMISSIS), facendosi fare - per ricambiare il favore ricevuto lavori edilizi gratuiti nella propria dimora, acquisendo anche la disponibilita' di un immobile a titolo gratuito, valutando l'interessamento del (OMISSIS) ad assumere la compagna (OMISSIS) e a procurarle, per vie diverse da quelle ordinarie, un diploma da ragioniera. 16.1.1. In particolare, in relazione all'apertura del punto SNAI ad (OMISSIS), la sentenza di appello evidenzia come detta attivita' costituisse uno snodo importantissimo per l'associazione, consentendo, al di la' della presenza e visibilita', di fungere da collettore e, al tempo stesso, di costituire uno strumento di emersione di denaro. In detta vicenda, il (OMISSIS) si presta a "raccomandare" l'interessato con un collega, come disvelato da una conversazione intercettata tra il (OMISSIS) ed il figlio (OMISSIS) (" (OMISSIS) era seccato per il ritardo nella apertura del pubblico esercizio conseguente ad una inaspettata lentezza procedurale e si compiace con il figlio del fatto che (OMISSIS) lo abbia accompagnato in occasione di un accesso agli uffici del commissariato di lesolo proprio per sollecitare la definizione della richiesta dicendo che l'addetto, vedendo che (OMISSIS) era accompagnato da un poliziotto, avrebbe avuto un occhio di riguardo...)". 16.1.2. In relazione al porto d'armi sportivo e' lo stesso (OMISSIS) ad ammettere che ha bisogno di quel porto, anche se solo ad uso sportivo perche' lo legittima a detenere e portare comunque uno strumento di offesa, legittimazione che all'epoca non aveva e di cui ammette la necessita' con i propri interlocutori. 16.1.3. Con riferimento alla rissa con gli skinheads, nel corso della quale (OMISSIS) aveva rischiato di perdere un occhio, si e' evidenziato come i rissanti sentivano l'esigenza di evitare di essere individuati, non dovendo in ogni caso emergere che la rissa aveva provocato in uno dei partecipi lesioni gravissime: e le intercettazioni disvelano che, mossi dal timore delle conseguenze giuridiche del fatto, sia (OMISSIS) che (OMISSIS) contattano immediatamente (OMISSIS), che a suo volta pensa subito ad interessare il (OMISSIS) a cui lo stesso si rivolge chiedendogli un preciso intervento protettivo: (OMISSIS), nell'occasione, si spende con il Comandante della locale Stazione dei carabinieri per fornire referenze ed informazioni positive su (OMISSIS) ed (OMISSIS). Anche questo episodio rivela l'esistenza di un momento cruciale per l'associazione per le possibili conseguenze nefaste che ne possono derivare, momento che impone la richiesta di intervento protettivo esterno da parte del terzo. 16.1.4. Fermo quanto precede, va ribadito che secondo una indicazione ormai consolidata nell'esperienza interpretativa di questa Suprema Corte, deve ritenersi concorrente esterno "il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell'associazione e privo delraffectio societatis", fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un'effettiva rilevanza causale, e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione (o, per quelle operanti su larga scala come quella qui d'interesse, di un suo particolare settore e ramo di attivita' o articolazione territoriale) e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima" (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, Rv. 231671 - 01). La figura in questione presuppone, dunque, da parte del concorrente "un rapporto effettivo e strutturale con il gruppo, della cui natura e funzione ha una conoscenza complessiva, che gli consente di cogliere l'assoluta funzionalita' del proprio intervento, ancorche' unico, alla sopravvivenza o vitalita' del gruppo. Inoltre, perche' possa dirsi realizzata la fattispecie delittuosa si richiede che si verifichi il risultato positivo per l'organizzazione illecita, conseguente a tale intervento esterno, che si caratterizza per la sua infungibilita'. Non a caso elemento differenziale della condotta e' l'intervento non tipico dell'attivita' associativa, ma maturato in condizioni particolari (la cd. fibrillazione o altrimenti definita situazione di potenziale capacita' di crisi della struttura), che rendono ineludibile un intervento esterno, per la prosecuzione dell'attivita'" (cosi' in motivazione, Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, Chioccini, Rv. 278734 - 01). Tale ultima indicazione trova, peraltro, corrispondenza nel piu' remoto assunto secondo cui al concorrente esterno l'associazione si rivolge "sia per colmare vuoti temporanei in un determinato ruolo, sia, soprattutto, nel momento in cui la "fisiologia" dell'associazione entra in fibrillazione, attraversando una fase "patologica" che, per essere superata, richiede il contributo temporaneo, limitato anche ad un unico intervento, di un esterno" (Sez. U, n. 16 del 5/10/1994, Dernitry, Rv. 199386/01). La particolare struttura della fattispecie concorsuale, presuppone, inoltre, quale essenziale requisito, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momenti della rappresentazione e della volizione, sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica, sia il contributo causale recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con la consapevolezza e la volonta' di interagire, sinergicamente, con le condotte altrui nella produzione dell'evento lesivo del "medesimo reato". Pertanto, il concorrente esterno, pur sprovvisto dell'affectio societatis e, cioe', della volonta' di far parte dell'associazione, deve essere consapevole dell'esistenza della compagine mafiosa e dunque dei metodi e dei fini della stessa (a prescindere dalla condivisione, avversione, disinteresse o indifferenza per siffatti metodi e fini, che lo muovono nel foro interno); deve inoltre rendersi compiutamente conto dell'efficacia causale della sua attivita' di sostegno, vantaggiosa per la conservazione o il rafforzamento dell'associazione (in motivazione, Sez. 1, n. 21642 del 08/01/2016, Caravello, Rv. 266886 - 01; Sez. 6, n. 32902 del 23/06/2021, Raso, Rv. 281841 - 01). In questa cornice, le suddette indicazioni di principio hanno trovato una puntuale declinazione con riguardo all'ipotesi in cui la prestazione funzionale all'esigenze del consorzio, ma resa dall'esterno, si sostanzi in determinati contributi professionali diretti ad avvantaggiare l'azione criminale del gruppo. E' stato infatti rilevato che "in tema di associazione di tipo mafioso, integra la condotta di "concorso esterno" l'attivita' del professionista che, in esecuzione di una promessa fatta ai vertici dell'associazione mafiosa, assicuri il suo concreto impegno nell'irregolare gestione di un procedimento giudiziario" (Sez. 6, n. 32373 del 04/06/2019, Aiello, Rv. 276831 - 01). Parimenti, si e' ritenuto concorrente il professionista che "senza limitarsi a fornire al proprio cliente-associato consigli, pareri ecc. mantenendosi nell'ambito di quanto legalmente consentito - si trasformi in un "consigliori" della cosca, assicurando un'assistenza tecnico-legale finalizzata a suggerire sistemi e modalita' di elusione fraudolenta della legge (nella specie, diretti a far acquisire agli esponenti del sodalizio il controllo di una societa')" (Sez. 2, n. 17894 del 08/04/2014, Alvaro, Rv. 259257 - 01). 16.1.5. Detti principi, tenuto conto delle "competenze" e delle "influenze" in capo al ricorrente, hanno trovato puntuale applicazione nella fattispecie. Invero, il (OMISSIS) viene descritto "come persona costantemente a disposizione del gruppo, pur non facendone parte; interviene a richiesta nei casi in cui sono necessarie informazioni riservate o interessamenti. Ha grande familiarita' con (OMISSIS) che gli confida le vicende del clan dei (OMISSIS) senza reticenze (in via esemplificativa (OMISSIS) racconta nei dettagli anche a (OMISSIS), che e' un poliziotto con obblighi precisi di stendere relazioni su qualsivoglia notizia di reato appresa, come ha fatto trasferire il nipote (OMISSIS) dal (OMISSIS) dopo l'assassinio di (OMISSIS) che fino ad allor lo aveva protetto, per evitare che lo ammazzassero; gli spiega quali sono le origini del suo gruppo criminale, il livello di efferatezza cui possono arrivare gli appartenenti, il concetto avere o di non avere la "protezione"). La sentenza (ndr., di primo grado) mette in evidenza proprio il rapporto fiduciario che (OMISSIS) aveva nei confronti di (OMISSIS), confermato dal fatto che il primo ha riferito al secondo particolari specifici relativi al contesto criminale di sua provenienza che ad un appartenente delle forze dell'ordine avrebbe dovuto suscitare immediatamente l'interruzione di ogni rapporto e l'astensione da ogni promiscuita'..., mentre invece il (OMISSIS) ha continuato a contravvenire ai suoi doveri, a rendere favori illeciti e a violare il segreto d'ufficio ricavandone in cambio benefici di natura economica...". Scrivono i giudici di appello: "... la finalita' di agevolazione dell'attivita' del gruppo e la piena consapevolezza della sua esistenza ed operativita' si evincono anche dal fatto che (OMISSIS), pur disponendo della comproprieta' di un immobile, dimora altrove e occupa con la moglie un appartamento che e' formalmente di proprieta' di (OMISSIS) e (OMISSIS), sorella di (OMISSIS) che viene arrestato nel 2009 con in mano l'arma di (OMISSIS)... Tenuto conto del fatto che il dedotto rapporto di locazione immobiliare... non e' mai stato registrato, che non sono mai stati documentati i dedotti pagamenti del canone..., che (OMISSIS) quando ha voluto far effettuare alcuni lavori nell'immobile occupato ha conferito direttamente con (OMISSIS)... si deve concludere che, a prescindere dalla qualificazione della disponibilita' di quell'immobile come remunerazione o meno per i "servigi" resi all'associazione, e' da ritenere certo che avere quella casa, a quelle condizioni, era un vantaggio per 14Pasqual (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)14Pasqual (OMISSIS) (OMISSIS)15Fabozzi Giacomo (OMISSIS) (OMISSIS)42Vaccaro Vincenzo (OMISSIS)43Manfredi Umberto (OMISSIS)44Calabretta Giuseppe (OMISSIS)27Bianco Franco (OMISSIS)28Laiso Salvatore (OMISSIS)29Vargas Roberto(OMISSIS)30Piccolo Raffaele (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)27Bianco Franco (OMISSIS)42Vaccaro(OMISSIS)3Sgnaolin (OMISSIS)9Puoti 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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI Elisabetta - Presidente Dott. MESSINI D'A. Piero - Consigliere Dott. DE SANTIS Anna Mar - rel. Consigliere Dott. PERROTTI Massimo - Consigliere Dott. RECCHIONE Sandra - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), n. a (OMISSIS); avverso la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia in data 9/6/2021; Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del Cons. Dott.ssa DE SANTIS Anna Maria; udita la requisitoria del Sost. Proc. Gen. Dott.ssa COCOMELLO Assunta, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso; udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha illustrato i motivi, chiedendone l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Con l'impugnata sentenza il Tribunale di Vibo Valentia, in funzione di giudice d'appello, confermava la decisione del locale Giudice di Pace che aveva riconosciuto l'imputata colpevole del delitto di invasione di un terreno in Limbadi di proprieta' di (OMISSIS), condannandola alla pena di Euro 800,00 di multa e al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile. 2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputata, Avv. (OMISSIS), il quale ha dedotto: 2.1 la violazione degli articoli 63, 191, 192 c.p.p.. Il difensore eccepisce che l'imputata fu assunta a s.i.t. in data 1/4/2014 sebbene gia' attinta da indizi di reita' in ordine al fatto ascrittole. In conseguenza l'atto doveva essere ritenuto inutilizzabile per violazione dell'articolo 63 c.p.p., comma 1, ma ciononostante il giudice di primo grado lo utilizzava a fini probatori sebbene la difesa avesse richiesto la estromissione del verbale dal fascicolo dibattimentale; 2.2 la violazione degli articoli 546 e 192 c.p.p. in relazione agli articoli 110 e 633 c.p. e connesso vizio della motivazione. difensore sostiene che il Tribunale ha confermato la responsabilita' dell'imputata sulla base di una motivazione illogica e contraddittoria, ritenendo sufficiente per la configurabilita' del reato la momentanea introduzione nell'altrui terreno per apporre delle tavole alle vedute di un fabbricato, senza considerare l'assenza di elementi atti ad integrare il dolo, dal momento che lo stesso giudice di pace ha evidenziato che l'intervento della prevenuta fu dettato dall'intento di evitare avvicinamenti tra i proprietari confinanti; 2.3 la violazione dell'articolo 54 c.p., avendo i giudici di merito omesso di considerare che la finalita' dell'intervento ascritto all'imputata mirava ad evitare ulteriori degenerazioni del contenzioso in corso tra i confinanti, situazione idonea ad integrare lo stato di necessita'; 2.4 conclusivamente la difesa eccepisce la maturata prescrizione del reato a giudizio per decorso del termine massimo di anni sette e mesi sei. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato e merita accoglimento. 1.1 Il primo giudice ha fondato l'affermazione di responsabilita' della prevenuta sulle dichiarazioni autoaccusatorie rese dalla stessa ai c.c., nel corso delle quali aveva ammesso di aver ostruito con delle tavole alcune vedute del fabbricato insistente sul fondo della parte civile onde evitare il ripetersi di dissidi tra i confinanti, sfociati pochi giorni prima in una rissa. Questa Corte ritiene con orientamento univoco che le dichiarazioni rese innanzi alla polizia giudiziaria da una persona non sottoposta ad indagini, ed aventi carattere autoindiziante, non sono utilizzabili contro chi le ha rese, attesa la garanzia a tutela del dichiarante posta dall'articolo 63 c.p.p., comma 1, (Sez. 2, n. 28583 del 18/06/2021, Rv. 28180701; n. 5823 del 26/11/2020,dep. 2021, Rv. 280640-01; Sez. 3, n. 10916 del 12/11/2019, dep. 2020, Rv. 279859-02). Poiche', alla luce delle circostanze riferite in dibattimento dal Brig. (OMISSIS), a seguito della denunzia/querela della p.o. i sospetti si erano indirizzati in maniera esclusiva sulla (OMISSIS), la stessa doveva essere sentita fin dall'inizio con l'assistenza di un difensore ovvero, in ogni caso, le dichiarazioni della prevenuta dovevano essere interrotte all'atto dell'emersione del loro carattere autoindiziante con invito alla nomina di un legale. All'inosservanza dell'articolo 63 c.p.p., comma 1, consegue l'inutilizzabilita' dell'atto, costituente l'architrave dell'accusa. 2. Per altro verso deve rilevarsi, altresi', la fondatezza delle doglianze difensive in punto di sussistenza degli elementi costitutivi del delitto contestato e ritenuto. L'articolo 633 c.p. e' posto a tutela dell'interesse pubblico alla inviolabilita' del patrimonio immobiliare e punisce l'accesso abusivo per un'apprezzabile durata nell'altrui immobile, senza che occorrano manifestazioni di violenza fisica. Per la sussistenza del delitto e', dunque, necessario che l'introduzione dell'agente nell'immobile non sia di carattere momentaneo, e sia rivolta all'occupazione o abbia per scopo altra utilita' (Sez. 2, n. 5603 del 18/10/1976, dep. 1977, Rv. 135748 - 01). Questa Corte ha chiarito che, ai fini dell'integrazione dell'illecito, e' necessaria una turbativa del possesso che realizzi un apprezzabile depauperamento delle facolta' di godimento del terreno o dell'edificio da parte del titolare dello "ius excludendi", secondo quella che e' la destinazione economico-sociale del bene o quella specifica ad essa impressa dal "dominus" (Sez. 2, n. 25438 del 18/04/2017, Rv. 269965 - 01) mentre con riguardo all'elemento soggettivo la condotta deve essere sostenuta dalla coscienza e volonta' di realizzare una significativa compromissione delle facolta' di godimento del bene da parte dell'offeso, alternativamente "al fine di occupare" l'immobile altrui oppure " di trarne altrimenti profitto" (Sez. 2, n. 31811 del 08/05/2012, Rv. 254331 - 01). 2.1 Alla stregua delle cennate coordinate ermeneutiche si e' esclusa la ravvisabilita' del dolo nella condotta di chi abbia fatto ingresso nel fondo altrui, pur in assenza del consenso del proprietario, al solo fine di eseguire opere a tutela dello sconfinamento nel proprio fondo di greggi provenienti da quello limitrofo (Sez. 2, n. 16657 del 16/01/2014, Rv. 259424 - 01); ovvero per eseguire un intervento di riparazione di un acquedotto (Sez. 2, n. 25947 del 07/05/2013, Rv. 256654 - 01) o, ancora, onde eseguire la potatura delle piante necessaria alla manutenzione delle linee elettriche (Sez. 2, n. 42597 del 27/10/2009, Rv. 245248 - 01). Questa Corte ha ulteriormente precisato che l'utilita' cui e' finalizzata la condotta puo' essere diretta o indiretta, ed anche solo di ordine morale, sociale o politico, purche' comprenda anche l'utilizzazione del bene, sicche' non integra il reato ex articolo 633 c.p. l'accesso all'edificio che non sia diretto ad instaurare un potere di fatto sull'immobile da parte dell'agente al fine di goderne (Sez. 6, n. 26234 del 28/03/2019, Rv. 276073-01). 3. Dirimente appare, nella specie, l'incontestato dato fattuale relativo alla strumentalita' dell'accesso nell'altrui fondo, realizzato al solo fine di oscurare le vedute del fabbricato confinante. La ricostruzione effettuata in sede di merito impone di escludere, con riguardo all'elemento materiale, che la permanenza abusiva sul terreno della parte civile si sia protratta per un lasso temporale apprezzabile e che la stessa costituisse il fine specifico della invasione del terreno, atteso il carattere meramente strumentale della condotta rispetto agli atti emulativi ascritti alla prevenuta. 3. Alla luce delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per insussistenza del fatto, con conseguente revoca delle statuizioni civili. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche' il fatto non sussiste. Revoca le statuizioni civili.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 78 del 2023, proposto dal Commissario e il Sub-commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, la Regione Molise, in persona del Presidente pro tempore, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, il Ministero della salute, in persona del Ministro pro tempore, il Ministero dell'economica e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via (...) con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Società Cooperativa Se. per i se. so., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ro., con domicilio eletto in Campobasso, Via (...) e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti dell'Azienda sanitaria regionale per il Molise-ASREM, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, Organismo Tecnicamente Accreditante (O.T.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; Crass Comitato Accreditamento Regionale per l'Accreditamento delle Strutture Sanitarie, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; Cooperativa Sociale S.C. Ac., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; e con l'intervento di Società Cooperativa Sociale "G. FA.", in persona del legale rappresentante pro tempore, la Società Cooperativa Sociale SC., in persona del legale rappresentante pro tempore, la Società Cooperativa Sociale Di., in persona del Legale rappresentante pro tempore, la Società Cooperativa Sociale Nu. Pr., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese giuste dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, Via (...), opponenti ex articolo 108 c.p.a.; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, Sezione I, 3 ottobre 2022, n. 318, non notificata, concernente il silenzio serbato sull'istanza di autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e/o socio-sanitaria, ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale del Molise 24 giugno 2008, n. 18 e per l'annullamento della nota della Regione Molise n. 116321/2022 del 5 luglio 2022; visti il ricorso in appello e i relativi allegati; visti gli atti di costituzione in giudizio della Società Cooperativa Se. per i se. so. e delle Società Cooperativa Sociale "G. FA.", Società Cooperativa Sociale SC., Società Cooperativa Sociale Di. e Società Cooperativa Sociale Nu. Pr., opponenti ex articolo 108 c.p.a.; visti tutti gli atti della causa; relatore nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2023 il consigliere Luca Di Raimondo e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell'udienza. Ritenuto in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con appello notificato il 2 gennaio 2023 e depositato il 4 gennaio successivo, il Commissario e il Sub-commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, la Regione Molise, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della salute e il Ministero dell'economica e delle finanze, hanno impugnato, chiedendone la riforma previa istanza cautelare, la sentenza 3 ottobre 2022, n. 318, con cui il Tar per il Molise, Sezione I, ha accolto il ricorso proposto dalla Società Cooperativa Se. per i se. so. (di seguito anche "Cooperativa Se.") contro il silenzio serbato sull'istanza di autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e/o socio-sanitaria, ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale del Molise 24 giugno 2018, n. 18 e per l'annullamento della nota della Regione Molise n. 116321/2022 del 5 luglio 2022. Secondo quanto emerso nel corso del giudizio dinanzi al Tar, la Cooperativa appellata è una struttura socio-sanitaria accreditata e convenzionata con il Servizio Sanitario Regionale, già deputata alla gestione di alcune comunità di riabilitazione psicosociale (CRP) e, allo scopo di riconvertirsi nell'ambito del percorso di riorganizzazione del comparto della salute mentale avviato dalla Regione Molise, il 2 dicembre 2021 ha presentato istanza per essere autorizzata all'esercizio di attività socio-sanitaria finalizzata alla gestione di una struttura residenziale per trattamenti terapeutico riabilitativi psichiatrici (SRP) a carattere estensivo per dieci posti letto. Visto il lungo tempo trascorso senza che la Regione si fosse pronunciata sull'istanza (l'articolo 8, comma 4, della legge regionale n. 18/20 prevede che l'Amministrazione provveda entro novanta giorni), con ricorso depositato il 19 maggio 2022, la Cooperativa ha chiesto la declaratoria di illegittimità del silenzio e la conseguente condanna della Regione a provvedere, deducendo violazione di legge ed eccesso di potere nelle varie figure sintomatiche. Con successivi motivi aggiunti, con cui ha lamentato i medesimi vizi, l'attuale appellata ha impugnato, chiedendone l'annullamento, la nota n. 116321 del 5 luglio 2022, con cui la Regione ha così disposto: "Atteso quanto comunicato in sede istruttoria ed in particolare con riferimento all'incarico di Direttore Sanitario conferito da codeste strutture al dott. Tartaglione Sergio, si comunica ai sensi e per gli effetti di cui al comma 5, art. 6, L.R. 18/2008, il divieto di cumulo in una sola personale della direzione sanitaria di strutture sanitarie appartenenti ad aziende, istituti, società o persone fisiche diverse. Per quanto dettato dal citato articolo 6, comma 5, L.R. 18/2008, si resta in attesa ricevere, da parte del professionista in argomento, la dichiarazione rilasciata ai sensi e per gli effetti di cui al d.P.R. n. 445/2000 di esclusività dell'incarico e di accettazione dello stesso, presso una sola delle strutture in indirizzo e l'individuazione di un diverso nominativo per le strutture che resteranno prive di Direttore Sanitario. Tanto al fine di poter procedere all'adozione degli atti di competenza afferenti al procedimento di interesse". Con la sentenza impugnata, il Tar ha disposto la trattazione contestuale del giudizio incardinato col ricorso sul silenzio ex articoli 31 e 117 c.p.a. e di quello introdotto con i motivi aggiunti, accogliendoli entrambi, annullando la nota indicata e condannando le Amministrazioni a provvedere sulla domanda di autorizzazione. L'appello in esame è affidato ad un unico, articolato mezzo di gravame, con il quale viene denunciata l'erroneità della sentenza, là dove il primo giudice: - ha omesso di dichiarare improcedibile il ricorso principale proposto per la declaratoria dell'obbligo di provvedere ed ha dichiarato l'illegittimità del silenzio, atteso che la Regione ha emanato la nota n. 116321 del 5 luglio 2022, rispondendo, ancorché in forma interlocutoria, all'istanza; - ha erroneamente applicato l'articolo 6, comma 5, della legge regionale Molise n. 18/20082. Con atto depositato il 10 gennaio 2023, si è costituita in giudizio la Società Cooperativa Se. per i se. so., che ha depositato memoria difensiva il 28 aprile 2023 e memoria di replica il 22 aprile 2023. Con atto depositato il 30 gennaio 2023, le Amministrazioni appellanti hanno rinunciato alla domanda cautelare, dichiarando che "nelle more del presente giudizio, il T.A.R. Molise ha depositato nel procedimento NRG 152/2022 l'ordinanza collegiale n. 19/2023 (allegata alla presente istanza) con cui, preso atto della produzione in giudizio della determinazione del Direttore Generale della Regione Molise n. 191 del 23 dicembre 2022 con la quale la Regione, "in esecuzione interinale della sentenza del Tribunale n. 318/2022, ha rilasciato in favore della ricorrente l'autorizzazione all'esercizio dell'attività sanitaria per struttura residenziale psichiatrica per l'erogazione di trattamenti terapeutico riabilitativi a carattere estensivo (SRP2A), pur con riserva di ritirare tale titolo ove verrà accolto l'appello proposto avverso la detta sentenza", ha dichiarato improcedibile l'avversa istanza di nomina del commissario ad acta per l'esecuzione della sentenza per sopravvenuta carenza d'interesse". Con atto notificato e depositato il 6 febbraio 2023, la Società Cooperativa Sociale "G. FA.", la Società Cooperativa Sociale SC., la Società Cooperativa Sociale Di. e la Società Cooperativa Sociale Nu. Pr. hanno proposto opposizione di terzo, ex articolo 108 c.p.a. e depositato memoria di replica il 21 aprile 2023. La Cooperativa Se. ha depositato memoria il 18 aprile 2023 e memoria di replica il 22 aprile 2023. Alla camera di consiglio del 4 maggio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1. In disparte i profili di irricevibilità per tardività e di inammissibilità per la mancata produzione di (altra) copia autentica della sentenza impugnata nonché per un'impugnativa proposta collettivamente eccepiti dalla Cooperativa appellata, deve essere esaminata in via preliminare, a prescindere dalla sua valutazione come intervento adesivo dipendente ad adiuvandum dell'appello principale, l'ammissibilità dell'opposizione ex articolo 108 c.p.a. di terzo spiegata dalla Società Cooperativa Sociale "G. FA.", dalla Società Cooperativa Sociale SC., dalla Società Cooperativa Sociale Di. e dalla Società Cooperativa Sociale Nu. Pr.. Le opponenti sostengono che la loro azione sia legata alla qualifica di controinteressate al ricorso originario, cui, conseguentemente, andava esteso il contradditorio ab origine. La tesi è infondata. Osserva al riguardo il Collegio che, secondo la costante giurisprudenza, "la qualità di controinteressato deve essere riconosciuta a coloro che, oltre ad essere nominativamente indicati nel provvedimento o comunque agevolmente individuabili in base ad esso (c.d. elemento formale), sono portatori di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione dell'atto impugnato in quanto quest'ultimo radica un interesse di natura eguale e contraria a quello del ricorrente (c.d. elemento sostanziale)" (ex multis, Consiglio di Stato, Sezione I, parere n. 574/2022). Nel caso in esame, per quanto riguarda la decisione della sentenza che ha ad oggetto l'impugnativa della nota n. prot. 116321 del 5 luglio 2022, di cui la ricorrente in prime cure ha lamentato l'illegittimità, va osservato che con tale provvedimento la Direzione generale per la salute della Regione Molise ha chiesto alla società qui appellata di produrre una dichiarazione del Direttore sanitario "rilasciata ai sensi e per gli effetti di cui al DPR 445/2000 di esclusività dell'incarico e di accettazione dello stesso, presso una sola delle strutture in indirizzo e l'individuazione di un diverso nominativo per le strutture che resteranno prive di Direttore Sanitario." Le opponenti ex articolo 108 c.p.a. si dichiarano "cooperative sociali da anni impegnate nella riabilitazione psichiatrica", in quanto autorizzate all'esercizio con la previsione di un Direttore sanitario esclusivo per ogni società, e ritengono di rivestire la qualifica di controinteressate pretermesse nel giudizio di primo grado, così da poter radicare il proprio interesse a proporre opposizione di terzo, in quanto parti necessarie nel giudizio dinanzi al Tar, "avendo una situazione diametralmente opposta rispetto a quella prospettata nella sentenza per cui è causa in favore della cooperativa appellata". In altre parole, avendo le opponenti indicato, come richiesto dall'Amministrazione, un Direttore sanitario per ciascuna singola struttura, sarebbero portatrici di un interesse, speculare e opposto a quello sotteso al ricorso della Cooperativa Se. che, invece, ne ha indicato uno solo, condiviso con altre strutture di riabilitazione psichiatrica. A ben vedere, avendo deciso di aderire alle richieste della Regione senza contestazione alcuna, presentando domanda di autorizzazione secondo quanto richiesto dall'Amministrazione, non sussiste, in realtà, un interesse qualificato delle opponenti alla conservazione dell'atto indicato e annullato dal Tar, non potendo trovare ingresso nel nostro ordinamento una tutela giurisdizionale per meri fini emulativi. Da questo angolo prospettico, correttamente la sentenza impugnata ha rigettato l'eccezione di improcedibilità dei motivi aggiunti per mancata notifica ad uno dei controinteressati, là dove ha stabilito che "l'esame del contenuto e della portata del provvedimento impugnato non consente di individuare alcuna impresa che, per effetto diretto ed immediato di quest'ultimo, abbia ottenuto una posizione giuridicamente qualificata alla conservazione della nota regionale di cui si tratta, e che perciò possa dirsi titolare di un interesse sostanziale antitetico e di segno contrario rispetto all'interesse della ricorrente, il quale si rivela, invece, del tutto simmetrico a quello delle altre cooperative che hanno impugnato la nota regionale n. 116321 del 5 luglio 2022 (cfr. in tal senso fra le tante Cons. St. VI, n. 3324 /2022; id., III, n. 3359/2021; id., VI, n. 6449/2020; id., V, n. 6554/2012)." L'opposizione di terzo, concludendo sul punto, deve essere dichiarata inammissibile. 2. Si può ora passare all'esame dei motivi di gravame proposti dalle Amministrazioni appellanti. Con il primo mezzo, viene lamentata l'erroneità della decisione del Tribunale territoriale, nella parte in cui non ha dichiarato improcedibile il ricorso per la declaratoria dell'illegittimità del silenzio, avendo, nelle more, la Regione emanato la citata nota n. prot. 116321/2022. Il motivo è fondato, venendo così ad essere priva di rilievo ai fini del decidere l'eccezione dell'appellata di inammissibilità del mezzo per carenza di interesse ai sensi dell'articolo 100 c.p.c. in capo alle Amministrazioni appellanti, considerato che l'eventuale accoglimento del motivo consentirebbe loro di poter vedere esaminata la censura - di merito - concernente la decisione del Tar di annullamento della nota suindicata. Nell'ambito del procedimento ad istanza di parte, come quello concernente la domanda di autorizzazione all'esercizio di attività socio-sanitaria, non v'è dubbio che la richiesta di produrre una dichiarazione del Direttore sanitario di operare in regime di esclusività con ogni singola struttura, costituisca, in concreto, un arresto procedimentale, che non può essere ascritto agli atti soprassessori, che, per loro caratteristica propria, sono impugnabili soltanto quando non rivestano natura meramente interlocutoria e non interruttiva del procedimento, in quanto reiettivi dell'istanza dell'interessato. La giurisprudenza ha stabilito che "l'atto soprassessorio non è impugnabile solo quando abbia natura meramente interlocutoria e dunque sia inidoneo a manifestare la volontà dell'Amministrazione. Al contrario, ove detto atto determini un'interruzione del procedimento, esso assume un contenuto sostanzialmente reiettivo dell'istanza del privato giacché, rinviando il soddisfacimento dell'interesse pretensivo ad un accadimento futuro e condizionante, determina un arresto a tempo indeterminato del procedimento amministrativo, con immediata capacità lesiva della posizione giuridica dell'interessato; deve, pertanto, considerarsi autonomamente impugnabile l'atto procedimentale dotato di una immediata capacità lesiva della posizione giuridica dell'interessato (Cons. Stato Sez. IV, 24-10-2012, n. 5450; Sez. V, 03-05-2012, n. 2530)." (Consiglio di Stato, Sez. II, 2737/2013; così anche Consiglio di Stato, Sezione V, 3 maggio 2012, n. 2530; più di recente, Consiglio di Stato, Sezione II, 20 20 ottobre 2022, n. 8949). Con il provvedimento impugnato dalla Cooperativa Se. nell'ambito del giudizio di primo grado contro il silenzio, infatti, la Regione ha chiesto una integrazione documentale all'interessata, subordinando il rilascio del provvedimento all'attestazione del divieto di cumulo della funzione del Direttore sanitario in capo ad un unico medico. In questa prospettiva, dunque, la nota citata riveste la duplice funzione di arrestare il procedimento volto al rilascio dell'autorizzazione e di costituire un atto (potenzialmente) lesivo dell'interesse dell'istante, che si è vista costretta ad optare tra la produzione della dichiarazione richiesta e la proposizione del ricorso al Tar. La sentenza appellata, dunque, deve essere riformata nella parte in cui non ha dichiarato improcedibile il ricorso contro il silenzio, non potendo la ricorrente in prime cure ottenere un vantaggio ulteriore rispetto a quello conseguente all'eventuale annullamento della nota n. 11632/2022, che esclude l'inerzia della Regione sulla domanda di autorizzazione proprio per la sua natura provvedimentale. 3. Sulla base delle considerazioni che precedono, deve ora esaminarsi il secondo motivo di gravame, con il quale le Amministrazioni appellanti contestano la decisione impugnata, per quanto concerne la parte con cui è stata dichiarata l'illegittimità del citato provvedimento. Con tale atto, la Regione ha ritenuto di dover chiedere all'appellata una dichiarazione del Direttore sanitario attestante la sua disponibilità a prestare la sua opera in condizione di esclusività della struttura. Secondo l'Amministrazione il divieto di cumulo in un unico medico di più cariche di Direttore sanitario si fonda sulla disposizione di cui all'articolo 6, comma 5, della legge regionale del Molise 24 giugno 2018, n. 18, ai sensi del quale "è vietato il cumulo in una sola persona della direzione sanitaria di strutture sanitarie appartenenti ad aziende, istituti, società o persone fisiche diverse. Nel caso in cui la stessa azienda, istituto, società o persona fisica gestisca più strutture ambulatoriali extraospedaliere o studi di cui al comma 1, lettere b), f) e g), la direzione sanitaria da parte di un'unica persona è consentita nel caso in cui vengano praticati orari di apertura al pubblico non coincidenti o sia comunque garantita la presenza di un professionista laureato della branca esercitata.". Da questo punto di vista, la sentenza è immune dai vizi denunciati. Il ragionamento seguito dai primi giudici fa leva su due ordini di considerazioni, uno letterale, l'altro sistematico. Sotto il primo aspetto, in applicazione dell'articolo 12, comma 1, delle Preleggi, il Tar ha ritenuto che l'interpretazione logico-letterale della disposizione di cui all'articolo 6, comma 5, sia ragionevole e proporzionata rispetto agli obiettivi che la normativa in materia si prefigge, circoscrivendo il divieto di cumulo alle sole strutture sanitarie, nulla disponendo in ordine al divieto di cumulo per quelle socio-sanitarie. Anche dal punto di vista complessivo e di sistema, il ragionamento seguito dal primo giudice non risulta scalfito dalle censure delle appellanti con riguardo all'interpretazione da dare alla legge regionale n. 18/2008, "lì dove questa reca la netta distinzione, a livello definitorio, fra le strutture sanitarie e le strutture sociosanitarie (la categoria di appartenenza della ricorrente), distinzione così netta che le due tipologie di enti sono menzionate e catalogate in modo distinto fra i soggetti sottoposti all'autorizzazione regionale (cfr. art. 6, comma 1, cit.). Per di più l'art. 5 della medesima legge, nel disciplinare i requisiti comuni per l'autorizzazione "alla realizzazione di strutture sanitarie e socio-sanitarie" (cfr. rubrica dell'articolo in discorso), disciplina in modo unitario alcuni aspetti, senza però recare ivi alcun cenno al divieto di cumulo in una sola persona della direzione sanitaria, divieto, quest'ultimo, che l'art. 6 comma 5 riferisce, come detto, alle sole strutture sanitarie. Trova quindi applicazione il canone interpretativo compendiato nel brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.". Osserva il Collegio che non vale a scalfire questo ragionamento l'obiezione delle appellanti con riferimento all'articolo 6, comma 1, lettere c), d) e h), tra le quali è ricompresa la struttura dell'appellata, e all'articolo 8, che impone la presenza del Direttore sanitario anche per le strutture socio-sanitarie, attesa la evidenziata diversa disciplina rispetto alle strutture sanitarie per l'aspetto in rilievo. Ma il Tar si spinge oltre, quando fa leva sulle disposizioni contenute nel decreto del Commissario ad acta, 26 aprile 2018, n. 47, "recante le disposizioni sui requisiti e sul funzionamento delle strutture residenziali per trattamenti terapeutico riabilitativi psichiatrici, lì dove prevede, per tali strutture, un ridottissimo tempo di permanenza minima settimanale del direttore sanitario, pari ad appena 4 ore settimanali: ciò ad ulteriore riprova, da un lato, della peculiarità strutturale e operativa delle strutture socio-sanitarie; dall'altro, dell'inesigibilità, per i loro direttori sanitari, del regime di esclusività che connota la stessa figura, invece, presso le strutture sanitarie.". Con argomentazioni condivisibili, il primo giudice ha annullato la nota impugnata anche facendo perno su ulteriori elementi legati alla ridotta dimensione di dieci posti letto della struttura residenziale che l'appellata intende realizzare come articolazione e sotto la vigilanza del Dipartimento di Salute mentale della Regione ed alle conseguenze negative che si produrrebbero nel caso si procedesse ad estendere il divieto di cumulo anche alle strutture socio-sanitarie, considerata la difficoltà ad individuare un sufficiente numero di medici specialisti muniti dei necessari titoli e disponibili ad accettare un incarico direzionale per quattro ore settimanali con un vincolo di esclusività . In buona sostanza, la specificità dell'attuale normativa regionale e fatto salvo, ovviamente, il potere della Regione di introdurre, sul punto, una modifica normativa, non consente di assimilare per i profili in rilievo le strutture sanitarie a quelle socio-sanitarie, come quelle di parte appellata. 4. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la sentenza appellata merita conferma sul punto e, dall'annullamento della nota regionale n. 116321/2022 del 5 luglio 2022, consegue, in sede di riedizione del potere, l'obbligo conformativo dell'Amministrazione a quanto statuito con la presente sentenza in ordine alla richiesta di autorizzazione all'esercizio presentata dalla società appellata. Data la particolarità della vicenda contenziosa, la ridotta attività difensiva svolta dall'appellata e la soccombenza parziale, le spese di giudizio possono essere integralmente compensate. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello (n. r.g. 78/2023), come in epigrafe proposto: - dichiara inammissibile l'opposizione di terzo ex articolo 108 c.p.a.; - accoglie in parte l'appello e, per l'effetto, dichiara improcedibile il ricorso di primo grado contro il silenzio; - rigetta il secondo mezzo di gravame e, per l'effetto, conferma per il resto la sentenza appellata; - compensa integralmente le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati: Mario Luigi Torsello - Presidente Paolo Carpentieri - Consigliere Nicola D'Angelo - Consigliere Giovanni Tulumello - Consigliere Luca Di Raimondo - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 83 del 2023, proposto dal Commissario e il Sub-commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, la Regione Molise, in persona del Presidente pro tempore, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, il Ministero della salute, in persona del Ministro pro tempore, il Ministero dell'economica e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via (...) con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Cooperativa Sociale S.C. AC., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ro., con domicilio eletto in Campobasso, Via (...) e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Azienda sanitaria regionale per il Molise-ASREM, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; Comitato regionale per l'accreditamento delle strutture sanitarie- CRASS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio; Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, Organismo Tecnicamente Accreditante (O.T.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; Societá Cooperativa Se. per i Se. So., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; e con l'intervento di Società Cooperativa Sociale "G. FA.", in persona del legale rappresentante pro tempore, la Società Cooperativa Sociale SC., in persona del legale rappresentante pro tempore, la Società Cooperativa Sociale Dia, in persona del Legale rappresentante pro tempore, la Società Cooperativa Sociale Nu. Pr., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese giuste dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, Via (...), opponenti ex articolo 108 c.p.a.; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, Sezione I, 3 ottobre 2022, n. 320, non notificata, concernente il silenzio serbato sull'istanza di autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e/o socio-sanitaria, ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale del Molise 24 giugno 2008, n. 18 e per l'annullamento della nota della Regione Molise n. 116321/2022 del 5 luglio 2022; visti il ricorso in appello e i relativi allegati; visti gli atti di costituzione in giudizio della Cooperativa Sociale S.C. AC. e delle Società Cooperativa Sociale "G. FA.", Società Cooperativa Sociale SC., Società Cooperativa Sociale Di. e Società Cooperativa Sociale Nu. Pr., opponenti ex articolo 108 c.p.a.; visti tutti gli atti della causa; relatore nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2023 il consigliere Luca Di Raimondo e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell'udienza. Ritenuto in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con appello notificato il 2 gennaio 2023 e depositato il 4 gennaio successivo, il Commissario e il Sub-commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, la Regione Molise, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della salute e il Ministero dell'economica e delle finanze, hanno impugnato, chiedendone la riforma previa istanza cautelare, la sentenza 3 ottobre 2022, n. 320, con cui il Tar per il Molise, Sezione I, ha accolto il ricorso proposto dalla Cooperativa Sociale S.C. AC. (di seguito anche "Cooperativa") contro il silenzio serbato sull'istanza di autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e/o socio-sanitaria, ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale del Molise 24 giugno 2018, n. 18 e per l'annullamento della nota della Regione Molise n. 116321/2022 del 5 luglio 2022. Secondo quanto emerso nel corso del giudizio dinanzi al Tar, la Cooperativa appellata è una struttura socio-sanitaria accreditata e convenzionata con il Servizio Sanitario Regionale, già deputata alla gestione di alcune comunità di riabilitazione psicosociale (CRP) e, allo scopo di riconvertirsi nell'ambito del percorso di riorganizzazione del comparto della salute mentale avviato dalla Regione Molise, il 2 dicembre 2021 ha presentato istanza per essere autorizzata all'esercizio di attività socio-sanitaria finalizzata alla gestione di una struttura residenziale per trattamenti terapeutico riabilitativi psichiatrici (SRP) a carattere estensivo per dieci posti letto. Visto il lungo tempo trascorso senza che la Regione si fosse pronunciata sull'istanza (l'articolo 8, comma 4, della legge regionale n. 18/20 prevede che l'Amministrazione provveda entro novanta giorni), con ricorso depositato il 24 maggio 2022, la Cooperativa ha chiesto la declaratoria di illegittimità del silenzio e la conseguente condanna della Regione a provvedere, deducendo violazione di legge ed eccesso di potere nelle varie figure sintomatiche. Con successivi motivi aggiunti, con cui ha lamentato i medesimi vizi, l'attuale appellata ha impugnato, chiedendone l'annullamento, la nota n. 116321 del 5 luglio 2022, con cui la Regione ha così disposto: "Atteso quanto comunicato in sede istruttoria ed in particolare con riferimento all'incarico di Direttore Sanitario conferito da codeste strutture al dott. Tartaglione Sergio, si comunica ai sensi e per gli effetti di cui al comma 5, art. 6, L.R. 18/2008, il divieto di cumulo in una sola personale della direzione sanitaria di strutture sanitarie appartenenti ad aziende, istituti, società o persone fisiche diverse. Per quanto dettato dal citato articolo 6, comma 5, L.R. 18/2008, si resta in attesa ricevere, da parte del professionista in argomento, la dichiarazione rilasciata ai sensi e per gli effetti di cui al d.P.R. n. 445/2000 di esclusività dell'incarico e di accettazione dello stesso, presso una sola delle strutture in indirizzo e l'individuazione di un diverso nominativo per le strutture che resteranno prive di Direttore Sanitario. Tanto al fine di poter procedere all'adozione degli atti di competenza afferenti al procedimento di interesse". Con la sentenza impugnata, il Tar ha disposto la trattazione contestuale del giudizio incardinato col ricorso sul silenzio ex articoli 31 e 117 c.p.a. e di quello introdotto con i motivi aggiunti, accogliendoli entrambi, annullando la nota indicata e condannando le Amministrazioni a provvedere sulla domanda di autorizzazione. L'appello in esame è affidato ad un unico, articolato mezzo di gravame, con il quale viene denunciata l'erroneità della sentenza, laddove il primo giudice: - ha omesso di dichiarare improcedibile il ricorso principale proposto per la declaratoria dell'obbligo di provvedere ed ha dichiarato l'illegittimità del silenzio, atteso che la Regione ha emanato la nota n. 116321 del 5 luglio 2022, rispondendo, ancorché in forma interlocutoria, all'istanza; - ha erroneamente applicato l'articolo 6 comma 5 della legge regionale Molise n. 18/20082. Con atto depositato il 10 gennaio 2023, si è costituita in giudizio la Cooperativa Sociale S.C. AC.. Con atto depositato il 30 gennaio 2023, le Amministrazioni appellanti hanno rinunciato alla domanda cautelare, dichiarando che "nelle more del presente giudizio, il T.A.R. Molise ha depositato nel procedimento NRG 159/2022 l'ordinanza collegiale n. 20/2023 (allegata alla presente istanza) con cui, preso atto della produzione in giudizio della determinazione del Direttore Generale della Regione Molise n. 191 del 23 dicembre 2022 con la quale la Regione, "in esecuzione interinale della sentenza del Tribunale n. 320/2022, ha rilasciato in favore della ricorrente l'autorizzazione all'esercizio dell'attività sanitaria per struttura residenziale psichiatrica per l'erogazione di trattamenti terapeutico riabilitativi a carattere estensivo (SRP2A), pur con riserva di ritirare tale titolo ove verrà accolto l'appello proposto avverso la detta sentenza", ha dichiarato improcedibile l'avversa istanza di nomina del commissario ad acta per l'esecuzione della sentenza per sopravvenuta carenza d'interesse". Con atto notificato e depositato il 6 febbraio 2023, la Società Cooperativa Sociale "G. FA.", la Società Cooperativa Sociale SC., la Società Cooperativa Sociale Di. e la Società Cooperativa Sociale Nu. Pr. hanno proposto opposizione di terzo, ex articolo 108 c.p.a. ed hanno depositato memoria di replica il 21 aprile 2023. La Cooperativa Sociale S.C. AC. ha depositato memoria difensiva il 18 aprile 2023 e memoria di replica il 22 aprile 2023. Alla camera di consiglio del 4 maggio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1. In disparte i profili di irricevibilità per tardività e di inammissibilità per la mancata produzione di (altra) copia autentica della sentenza impugnata nonché per un'impugnativa proposta collettivamente eccepiti dalla Cooperativa appellata, deve essere esaminata, a prescindere dalla sua valutazione come intervento adesivo dipendente ad adiuvandum dell'appello principale, in via preliminare, deve essere esaminata l'ammissibilità dell'opposizione ex articolo 108 c.p.a. di terzo spiegata dalla Società Cooperativa Sociale "G. FA.", dalla Società Cooperativa Sociale SC., dalla Società Cooperativa Sociale Di. e dalla Società Cooperativa Sociale Nu. Pr.. Le opponenti sostengono che la loro azione sia legata alla qualifica di controinteressate al ricorso originario, cui, conseguentemente, andava esteso il contradditorio ab origine. La tesi è infondata. Osserva al riguardo il Collegio che, secondo la costante giurisprudenza, "la qualità di controinteressato deve essere riconosciuta a coloro che, oltre ad essere nominativamente indicati nel provvedimento o comunque agevolmente individuabili in base ad esso (c.d. elemento formale), sono portatori di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione dell'atto impugnato in quanto quest'ultimo radica un interesse di natura eguale e contraria a quello del ricorrente (c.d. elemento sostanziale)" (ex multis, Consiglio di Stato, Sezione I, parere n. 574/2022). Nel caso in esame, per quanto riguarda la decisione della sentenza che ha ad oggetto l'impugnativa della nota n. prot. 116321 del 5 luglio 2022, di cui la ricorrente in prime cure ha lamentato l'illegittimità, va osservato che con tale provvedimento la Direzione generale per la salute della Regione Molise ha chiesto alla società qui appellata di produrre una dichiarazione del Direttore sanitario "rilasciata ai sensi e per gli effetti di cui al DPR 445/2000 di esclusività dell'incarico e di accettazione dello stesso, presso una sola delle strutture in indirizzo e l'individuazione di un diverso nominativo per le strutture che resteranno prive di Direttore Sanitario." Le opponenti ex articolo 108 c.p.a. si dichiarano "cooperative sociali da anni impegnate nella riabilitazione psichiatrica", in quanto autorizzate all'esercizio con la previsione di un Direttore sanitario esclusivo per ogni società, e ritengono di rivestire la qualifica di controinteressate pretermesse nel giudizio di primo grado, così da poter radicare il proprio interesse a proporre opposizione di terzo, in quanto parti necessarie nel giudizio dinanzi al Tar, "avendo una situazione diametralmente opposta rispetto a quella prospettata nella sentenza per cui è causa in favore della cooperativa appellata". In altre parole, avendo le opponenti indicato, come richiesto dall'Amministrazione, un Direttore sanitario per ciascuna singola struttura, sarebbero portatrici di un interesse, speculare e opposto a quello sotteso al ricorso della Cooperativa Segretariato, che, invece, ne ha indicato uno solo, condiviso con altre strutture di riabilitazione psichiatrica. A ben vedere, avendo deciso di aderire alle richieste della Regione senza contestazione alcuna, presentando domanda di autorizzazione secondo quanto richiesto dall'Amministrazione, non sussiste, in realtà, un interesse qualificato delle opponenti alla conservazione dell'atto indicato e annullato dal Tar, non potendo trovare ingresso nel nostro ooordinamento una tutela giurisdizionale per meri fini emulativi. Da questo angolo prospettico, correttamente la sentenza impugnata ha rigettato l'eccezione di improcedibilità dei motivi aggiunti per mancata notifica ad uno dei controinteressati, là dove ha stabilito che "l'esame del contenuto e della portata del provvedimento impugnato non consente di individuare alcuna impresa che, per effetto diretto ed immediato di quest'ultimo, abbia ottenuto una posizione giuridicamente qualificata alla conservazione della nota regionale di cui si tratta, e che perciò possa dirsi titolare di un interesse sostanziale antitetico e di segno contrario rispetto all'interesse della ricorrente, il quale si rivela, invece, del tutto simmetrico a quello delle altre cooperative che hanno impugnato la nota regionale n. 116321 del 5 luglio 2022 (cfr. in tal senso fra le tante Cons. St. VI, n. 3324 /2022; id., III, n. 3359/2021; id., VI, n. 6449/2020; id., V, n. 6554/2012)." L'opposizione di terzo, concludendo sul punto, deve essere dichiarata inammissibile. 2. Si può ora passare all'esame dei motivi di gravame proposti dalle Amministrazioni appellanti. Con il primo mezzo, viene lamentata l'erroneità della decisione del Tribunale territoriale, nella parte in cui non ha dichiarato improcedibile il ricorso per la declaratoria dell'illegittimità del silenzio, avendo, nelle more, la Regione emanato la citata nota n. prot. 116321/2022. Il motivo è fondato, venendo così ad essere priva di rilievo ai fini del decidere l'eccezione dell'appellata di inammissibilità del mezzo per carenza di interesse ai sensi dell'articolo 100 c.p.c. in capo alle Amministrazioni appellanti, considerato che l'eventuale accoglimento del motivo consentirebbe loro di poter vedere esaminata la censura - di merito - concernente la decisione del Tar di annullamento della nota suindicata. Nell'ambito del procedimento ad istanza di parte, come quello concernente la domanda di autorizzazione all'esercizio di attività socio-sanitaria, non v'è dubbio che la richiesta di produrre una dichiarazione del Direttore sanitario di operare in regime di esclusività con ogni singola struttura, costituisca, in concreto, un arresto procedimentale, che non può essere ascritto agli atti soprassessori, che, per loro caratteristica propria, sono impugnabili soltanto quando non rivestano natura meramente interlocutoria e non interruttiva del procedimento, in quanto reiettivi dell'istanza dell'interessato. La giurisprudenza ha stabilito che "l'atto soprassessorio non è impugnabile solo quando abbia natura meramente interlocutoria e dunque sia inidoneo a manifestare la volontà dell'Amministrazione. Al contrario, ove detto atto determini un'interruzione del procedimento, esso assume un contenuto sostanzialmente reiettivo dell'istanza del privato giacché, rinviando il soddisfacimento dell'interesse pretensivo ad un accadimento futuro e condizionante, determina un arresto a tempo indeterminato del procedimento amministrativo, con immediata capacità lesiva della posizione giuridica dell'interessato; deve, pertanto, considerarsi autonomamente impugnabile l'atto procedimentale dotato di una immediata capacità lesiva della posizione giuridica dell'interessato (Cons. Stato Sez. IV, 24-10-2012, n. 5450; Sez. V, 03-05-2012, n. 2530)." (Consiglio di Stato, Sez. II, 2737/2013; così anche Consiglio di Stato, Sezione V, 3 maggio 2012, n. 2530; più di recente, Consiglio di Stato, Sezione II, 20 20 ottobre 2022, n. 8949). Con il provvedimento impugnato dalla Cooperativa Segretariato nell'ambito del giudizio di primo grado contro il silenzio, infatti, la Regione ha chiesto una integrazione documentale all'interessata, subordinando il rilascio del provvedimento all'attestazione del divieto di cumulo della funzione del Direttore sanitario in capo ad un unico medico. In questa prospettiva, dunque, la nota citata riveste la duplice funzione di arrestare il procedimento volto al rilascio dell'autorizzazione e di costituire un atto (potenzialmente) lesivo dell'interesse dell'istante, che si è vista costretta ad optare tra la produzione della dichiarazione richiesta e la proposizione del ricorso al Tar. La sentenza appellata, dunque, deve essere riformata nella parte in cui non ha dichiarato improcedibile il ricorso contro il silenzio, non potendo la ricorrente in prime cure ottenere un vantaggio ulteriore rispetto a quello conseguente all'eventuale annullamento della nota n. 11632/2022, che esclude l'inerzia della Regione sulla domanda di autorizzazione proprio per la sua natura provvedimentale. 3. Sulla base delle considerazioni che precedono, deve ora esaminarsi il secondo motivo di gravame, con il quale le Amministrazioni appellanti contestano la decisione impugnata, per quanto concerne la parte con cui è stata dichiarata illegittimità del citato provvedimento. Con tale atto, la Regione ha ritenuto di dover chiedere all'appellata una dichiarazione del Direttore sanitario attestante la sua disponibilità a prestare la sua opera in condizione di esclusività della struttura. Secondo l'Amministrazione il divieto di cumulo in un unico medico di più cariche di Direttore sanitario si fonda sulla diposizione di cui all'articolo 6, comma 5, della legge regionale del Molise 24 giugno 2018, n. 18, ai sensi del quale "è vietato il cumulo in una sola persona della direzione sanitaria di strutture sanitarie appartenenti ad aziende, istituti, società o persone fisiche diverse. Nel caso in cui la stessa azienda, istituto, società o persona fisica gestisca più strutture ambulatoriali extraospedaliere o studi di cui al comma 1, lettere b), f) e g), la direzione sanitaria da parte di un'unica persona è consentita nel caso in cui vengano praticati orari di apertura al pubblico non coincidenti o sia comunque garantita la presenza di un professionista laureato della branca esercitata." Da questo punto di vista, la sentenza è immune dai vizi denunciati. Il ragionamento seguito dai primi giudici fa leva su due ordini di considerazioni, uno letterale, l'altro sistematico. Sotto il primo aspetto, in applicazione dell'articolo 12, comma 1, delle Preleggi, il Tar ha ritenuto che l'interpretazione logico-letterale della disposizione di cui all'articolo 6, comma 5 sia ragionevole e proporzionata rispetto agli obiettivi che la normativa in materia si prefigge, circoscrivendo il divieto di cumulo alle sole strutture sanitarie, nulla disponendo in ordine al divieto di cumulo per quelle socio-sanitarie. Anche dal punto di vista complessivo e di sistema, il ragionamento seguito dal primo giudice non risulta scalfito dalle censure delle appellanti con riguardo all'interpretazione da dare alla legge regionale n. 18/2008, "lì dove questa reca la netta distinzione, a livello definitorio, fra le strutture sanitarie e le strutture sociosanitarie (la categoria di appartenenza della ricorrente), distinzione così netta che le due tipologie di enti sono menzionate e catalogate in modo distinto fra i soggetti sottoposti all'autorizzazione regionale (cfr. art. 6, comma 1, cit.). Per di più l'art. 5 della medesima legge, nel disciplinare i requisiti comuni per l'autorizzazione "alla realizzazione di strutture sanitarie e socio-sanitarie" (cfr. rubrica dell'articolo in discorso), disciplina in modo unitario alcuni aspetti, senza però recare ivi alcun cenno al divieto di cumulo in una sola persona della direzione sanitaria, divieto, quest'ultimo, che l'art. 6 comma 5 riferisce, come detto, alle sole strutture sanitarie. Trova quindi applicazione il canone interpretativo compendiato nel brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit." Osserva il Collegio che non vale a scalfire questo ragionamento l'obiezione delle appellanti con riferimento all'articolo 6, comma 1, lettere c), d) e h), tra le quali è ricompresa la struttura dell'appellata, e all'articolo 8, che impone la presenza del Direttore sanitario anche per le strutture socio-sanitarie, attesa la evidenziata diversa disciplina rispetto alle strutture sanitarie per l'aspetto in rilievo. Ma il Tar si spinge oltre, quando fa leva sulle disposizioni contenute nel decreto del Commissario ad acta, 26 aprile 2018, n. 47, "recante le disposizioni sui requisiti e sul funzionamento delle strutture residenziali per trattamenti terapeutico riabilitativi psichiatrici, lì dove prevede, per tali strutture, un ridottissimo tempo di permanenza minima settimanale del direttore sanitario, pari ad appena 4 ore settimanali: ciò ad ulteriore riprova, da un lato, della peculiarità strutturale e operativa delle strutture socio-sanitarie; dall'altro, dell'inesigibilità, per i loro direttori sanitari, del regime di esclusività che connota la stessa figura, invece, presso le strutture sanitarie." Con argomentazioni condivisibili il primo giudice ha annullato la nota impugnata anche facendo perno su ulteriori elementi legati alla ridotta dimensione di dieci posti letto della struttura residenziale che l'appellata intende realizzare ed alle conseguenze negative che si produrrebbero nel caso si procedesse ad estendere il divieto di cumulo anche alle strutture socio-sanitarie, considerata la difficoltà ad individuare un sufficiente numero di medici specialisti muniti dei necessari titoli e disponibili ad accettare un incarico direzionale per quattro ore settimanali con un vincolo di esclusività . In buona sostanza, la specificità dell'attuale normativa regionale e fatto salvo, ovviamente, il potere della Regione di introdurre, sul punto, una modifica normativa, non consente di assimilare per i profili in rilievo le strutture sanitarie a quelle socio-sanitarie, come quelle di parte appellata. 4. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la sentenza appellata merita conferma sul punto e, dall'annullamento della nota regionale n. 116321/2022 del 5 luglio 2022, consegue, in sede di riedizione del potere, l'obbligo conformativo dell'Amministrazione a quanto statuito con la presente sentenza in ordine alla richiesta di autorizzazione all'esercizio presentata dalla società appellata. Data la particolarità della vicenda contenziosa, la ridotta attività difensiva svolta dall'appellata e la soccombenza parziale, le spese di giudizio possono essere integralmente compensate. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello (n. r.g. 83/2023), come in epigrafe proposto: - dichiara inammissibile l'opposizione di terzo ex articolo 108 c.p.a.; - accoglie in parte l'appello e, per l'effetto, dichiara improcedibile il ricorso di primo grado contro il silenzio; - rigetta il secondo mezzo di gravame e, per l'effetto, conferma per il resto la sentenza appellata; - compensa integralmente le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati: Mario Luigi Torsello - Presidente Paolo Carpentieri - Consigliere Nicola D'Angelo - Consigliere Giovanni Tulumello - Consigliere Luca Di Raimondo - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 82 del 2023, proposto dal Commissario e il Sub-commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, la Regione Molise, in persona del Presidente pro tempore, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, il Ministero della salute, in persona del Ministro pro tempore, il Ministero dell'economica e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via (...) con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Società Cooperativa Sociale Sant'A. Ma., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ro., con domicilio eletto in Campobasso, Via (...) e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Azienda sanitaria regionale per il Molise-ASREM, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; del Comitato regionale per l'accreditamento delle strutture sanitarie- CRASS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio; Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, Organismo Tecnicamente Accreditante (O.T.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita; Società Cooperativa Se. per i Se. So., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; e con l'intervento di Società Cooperativa Sociale "G. FA.", in persona del legale rappresentante pro tempore, la Società Cooperativa Sociale SC., in persona del legale rappresentante pro tempore, la Società Cooperativa Sociale Di., in persona del Legale rappresentante pro tempore, la Società Cooperativa Sociale Nu. Pr., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese giuste dall'avvocato Sa. Di Pa., con domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, Via (...), opponenti ex articolo 108 c.p.a.; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, Sezione I, 3 ottobre 2022, n. 319, non notificata, concernente il silenzio serbato sull'istanza di autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e/o socio-sanitaria, ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale del Molise 24 giugno 2008, n. 18 e per l'annullamento della nota della Regione Molise n. 116321/2022 del 5 luglio 2022; visti il ricorso in appello e i relativi allegati; visti gli atti di costituzione in giudizio della Società Cooperativa Sociale Sant'A. Ma. e delle Società Cooperativa Sociale "G. FA.", Società Cooperativa Sociale SC., Società Cooperativa Sociale Di. e Società Cooperativa Sociale Nu. Pr., opponenti ex articolo 108 c.p.a.; visti tutti gli atti della causa; relatore nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2023 il consigliere Luca Di Raimondo e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell'udienza. Ritenuto in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con appello notificato il 2 gennaio 2023 e depositato il 4 gennaio successivo, il Commissario e il Sub-commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, la Regione Molise, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della salute e il Ministero dell'economica e delle finanze, hanno impugnato, chiedendone la riforma previa istanza cautelare, la sentenza 3 ottobre 2022, n. 319, con cui il Tar per il Molise, Sezione I, ha accolto il ricorso proposto dalla Società Cooperativa Sociale Sant'A. Ma. (di seguito anche "Cooperativa Sant'A.") contro il silenzio serbato sull'istanza di autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e/o socio-sanitaria, ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale del Molise 24 giugno 2018, n. 18 e per l'annullamento della nota della Regione Molise n. 116321/2022 del 5 luglio 2022. Secondo quanto emerso nel corso del giudizio dinanzi al Tar, la Cooperativa appellata è una struttura socio-sanitaria accreditata e convenzionata con il Servizio Sanitario Regionale, già deputata alla gestione di alcune comunità di riabilitazione psicosociale (CRP) e, allo scopo di riconvertirsi nell'ambito del percorso di riorganizzazione del comparto della salute mentale avviato dalla Regione Molise, il 2 dicembre 2021 ha presentato istanza per essere autorizzata all'esercizio di attività socio-sanitaria finalizzata alla gestione di una struttura residenziale per trattamenti terapeutico riabilitativi psichiatrici (SRP) a carattere estensivo per dieci posti letto. Visto il lungo tempo trascorso senza che la Regione si fosse pronunciata sull'istanza (l'articolo 8, comma 4, della legge regionale n. 18/20 prevede che l'Amministrazione provveda entro novanta giorni), con ricorso depositato il 24 maggio 2022, la Cooperativa ha chiesto la declaratoria di illegittimità del silenzio e la conseguente condanna della Regione a provvedere, deducendo violazione di legge ed eccesso di potere nelle varie figure sintomatiche. Con successivi motivi aggiunti, con cui ha lamentato i medesimi vizi, l'attuale appellata ha impugnato, chiedendone l'annullamento, la nota n. 116321 del 5 luglio 2022, con cui la Regione ha così disposto: "Atteso quanto comunicato in sede istruttoria ed in particolare con riferimento all'incarico di Direttore Sanitario conferito da codeste strutture al dott. Tartaglione Sergio, si comunica ai sensi e per gli effetti di cui al comma 5, art. 6, L.R. 18/2008, il divieto di cumulo in una sola personale della direzione sanitaria di strutture sanitarie appartenenti ad aziende, istituti, società o persone fisiche diverse. Per quanto dettato dal citato articolo 6, comma 5, L.R. 18/2008, si resta in attesa ricevere, da parte del professionista in argomento, la dichiarazione rilasciata ai sensi e per gli effetti di cui al d.P.R. n. 445/2000 di esclusività dell'incarico e di accettazione dello stesso, presso una sola delle strutture in indirizzo e l'individuazione di un diverso nominativo per le strutture che resteranno prive di Direttore Sanitario. Tanto al fine di poter procedere all'adozione degli atti di competenza afferenti al procedimento di interesse". Con la sentenza impugnata, il Tar ha disposto la trattazione contestuale del giudizio incardinato col ricorso sul silenzio ex articoli 31 e 117 c.p.a. e di quello introdotto con i motivi aggiunti, accogliendoli entrambi, annullando la nota indicata e condannando le Amministrazioni a provvedere sulla domanda di autorizzazione. L'appello in esame è affidato ad un unico, articolato mezzo di gravame, con il quale viene denunciata l'erroneità della sentenza, là dove il primo giudice: - ha omesso di dichiarare improcedibile il ricorso principale proposto per la declaratoria dell'obbligo di provvedere ed ha dichiarato l'illegittimità del silenzio, atteso che la Regione ha emanato la nota n. 116321 del 5 luglio 2022, rispondendo, ancorché in forma interlocutoria, all'istanza; - ha erroneamente applicato l'articolo 6 comma 5 della legge regionale Molise n. 18/20082. Con atto depositato il 10 gennaio 2023, si è costituita in giudizio la Cooperativa Sant'A., che ha depositato memorie difensive il 6 febbraio 2023 e il 18 aprile 2023 e memoria di replica il 22 aprile 2023. Con atto notificato e depositato il 6 febbraio 2023, la Società Cooperativa Sociale "G. FA.", la Società Cooperativa Sociale SC., la Società Cooperativa Sociale Di. e la Società Cooperativa Sociale Nu. Pr. hanno proposto opposizione di terzo, ex articolo 108 c.p.a. e hanno depositato memoria di replica il 21 aprile 2023. Con ordinanza 17 febbraio 2023, n. 696, la Sezione ha accolto la domanda cautelare ai soli fini di una fissazione a breve dell'udienza di merito, ritenuto che: - l'appello presenta profili che richiedono un approfondimento ulteriore; - l'interesse dell'appellante può avere tutela mediante una rapida definizione della controversia nel merito; - le spese della presente fase cautelare possono essere compensate fra le parti. Alla camera di consiglio del 4 maggio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1. In disparte i profili di irricevibilità per tardività e di inammissibilità per la mancata produzione di (altra) copia autentica della sentenza impugnata nonché per un'impugnativa proposta collettivamente eccepiti dalla Cooperativa appellata, deve essere esaminata, a prescindere dalla sua valutazione come intervento adesivo dipendente ad adiuvandum dell'appello principale, in via preliminare, deve essere esaminata l'ammissibilità dell'opposizione ex articolo 108 c.p.a. di terzo spiegata dalla Società Cooperativa Sociale "G. FA.", dalla Società Cooperativa Sociale SC., dalla Società Cooperativa Sociale Di. e dalla Società Cooperativa Sociale Nu. Pr.. Le opponenti sostengono che la loro azione sia legata alla qualifica di controinteressate al ricorso originario, cui, conseguentemente, andava esteso il contradditorio ab origine. La tesi è infondata. Osserva al riguardo il Collegio che, secondo la costante giurisprudenza, "la qualità di controinteressato deve essere riconosciuta a coloro che, oltre ad essere nominativamente indicati nel provvedimento o comunque agevolmente individuabili in base ad esso (c.d. elemento formale), sono portatori di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione dell'atto impugnato in quanto quest'ultimo radica un interesse di natura eguale e contraria a quello del ricorrente (c.d. elemento sostanziale)" (ex multis, Consiglio di Stato, Sezione I, parere n. 574/2022). Nel caso in esame, per quanto riguarda la decisione della sentenza che ha ad oggetto l'impugnativa della nota n. prot. 116321 del 5 luglio 2022, di cui la ricorrente in prime cure ha lamentato l'illegittimità, va osservato che con tale provvedimento la Direzione generale per la salute della Regione Molise ha chiesto alla società qui appellata di produrre una dichiarazione del Direttore sanitario "rilasciata ai sensi e per gli effetti di cui al DPR 445/2000 di esclusività dell'incarico e di accettazione dello stesso, presso una sola delle strutture in indirizzo e l'individuazione di un diverso nominativo per le strutture che resteranno prive di Direttore Sanitario." Le opponenti ex articolo 108 c.p.a. si dichiarano "cooperative sociali da anni impegnate nella riabilitazione psichiatrica", in quanto autorizzate all'esercizio con la previsione di un Direttore sanitario esclusivo per ogni società, e ritengono di rivestire la qualifica di controinteressate pretermesse nel giudizio di primo grado, così da poter radicare il proprio interesse a proporre opposizione di terzo, in quanto parti necessarie nel giudizio dinanzi al Tar, "avendo una situazione diametralmente opposta rispetto a quella prospettata nella sentenza per cui è causa in favore della cooperativa appellata". In altre parole, avendo le opponenti indicato, come richiesto dall'Amministrazione, un Direttore sanitario per ciascuna singola struttura, sarebbero portatrici di un interesse, speculare e opposto a quello sotteso al ricorso della Cooperativa Sant'A., che, invece, ne ha indicato uno solo, condiviso con altre strutture di riabilitazione psichiatrica. A ben vedere, avendo deciso di aderire alle richieste della Regione senza contestazione alcuna, presentando domanda di autorizzazione secondo quanto richiesto dall'Amministrazione, non sussiste, in realtà, un interesse qualificato delle opponenti alla conservazione dell'atto indicato e annullato dal Tar, non potendo trovare ingresso nel nostro ooordinamento una tutela giurisdizionale per meri fini emulativi. Da questo angolo prospettico, correttamente la sentenza impugnata ha rigettato l'eccezione di improcedibilità dei motivi aggiunti per mancata notifica ad uno dei controinteressati, là dove ha stabilito che "l'esame del contenuto e della portata del provvedimento impugnato non consente di individuare alcuna impresa che, per effetto diretto ed immediato di quest'ultimo, abbia ottenuto una posizione giuridicamente qualificata alla conservazione della nota regionale di cui si tratta, e che perciò possa dirsi titolare di un interesse sostanziale antitetico e di segno contrario rispetto all'interesse della ricorrente, il quale si rivela, invece, del tutto simmetrico a quello delle altre cooperative che hanno impugnato la nota regionale n. 116321 del 5 luglio 2022 (cfr. in tal senso fra le tante Cons. St. VI, n. 3324 /2022; id., III, n. 3359/2021; id., VI, n. 6449/2020; id., V, n. 6554/2012)." L'opposizione di terzo, concludendo sul punto, deve essere dichiarata inammissibile. 2. Si può ora passare all'esame dei motivi di gravame proposti dalle Amministrazioni appellanti. Con il primo mezzo, viene lamentata l'erroneità della decisione del Tribunale territoriale, nella parte in cui non ha dichiarato improcedibile il ricorso per la declaratoria dell'illegittimità del silenzio, avendo, nelle more, la Regione emanato la citata nota n. prot. 116321/2022. Il motivo è fondato, venendo così ad essere priva di rilievo ai fini del decidere l'eccezione dell'appellata di inammissibilità del mezzo per carenza di interesse ai sensi dell'articolo 100 c.p.c. in capo alle Amministrazioni appellanti, considerato che l'eventuale accoglimento del motivo consentirebbe loro di poter vedere esaminata la censura - di merito - concernente la decisione del Tar di annullamento della nota suindicata. Nell'ambito del procedimento ad istanza di parte, come quello concernente la domanda di autorizzazione all'esercizio di attività socio-sanitaria, non v'è dubbio che la richiesta di produrre una dichiarazione del Direttore sanitario di operare in regime di esclusività con ogni singola struttura, costituisca, in concreto, un arresto procedimentale, che non può essere ascritto agli atti soprassessori, che, per loro caratteristica propria, sono impugnabili soltanto quando non rivestano natura meramente interlocutoria e non interruttiva del procedimento, in quanto reiettivi dell'istanza dell'interessato. La giurisprudenza ha stabilito che "l'atto soprassessorio non è impugnabile solo quando abbia natura meramente interlocutoria e dunque sia inidoneo a manifestare la volontà dell'Amministrazione. Al contrario, ove detto atto determini un'interruzione del procedimento, esso assume un contenuto sostanzialmente reiettivo dell'istanza del privato giacché, rinviando il soddisfacimento dell'interesse pretensivo ad un accadimento futuro e condizionante, determina un arresto a tempo indeterminato del procedimento amministrativo, con immediata capacità lesiva della posizione giuridica dell'interessato; deve, pertanto, considerarsi autonomamente impugnabile l'atto procedimentale dotato di una immediata capacità lesiva della posizione giuridica dell'interessato (Cons. Stato Sez. IV, 24-10-2012, n. 5450; Sez. V, 03-05-2012, n. 2530)." (Consiglio di Stato, Sez. II, 2737/2013; così anche Consiglio di Stato, Sezione V, 3 maggio 2012, n. 2530; più di recente, Consiglio di Stato, Sezione II, 20 20 ottobre 2022, n. 8949). Con il provvedimento impugnato dalla Cooperativa Sant'A. nell'ambito del giudizio di primo grado contro il silenzio, infatti, la Regione ha chiesto una integrazione documentale all'interessata, subordinando il rilascio del provvedimento all'attestazione del divieto di cumulo della funzione del Direttore sanitario in capo ad un unico medico. In questa prospettiva, dunque, la nota citata riveste la duplice funzione di arrestare il procedimento volto al rilascio dell'autorizzazione e di costituire un atto (potenzialmente) lesivo dell'interesse dell'istante, che si è vista costretta ad optare tra la produzione della dichiarazione richiesta e la proposizione del ricorso al Tar. La sentenza appellata, dunque, deve essere riformata nella parte in cui non ha dichiarato improcedibile il ricorso contro il silenzio, non potendo la ricorrente in prime cure ottenere un vantaggio ulteriore rispetto a quello conseguente all'eventuale annullamento della nota n. 11632/2022, che esclude l'inerzia della Regione sulla domanda di autorizzazione proprio per la sua natura provvedimentale. 3. Sulla base delle considerazioni che precedono, deve ora esaminarsi il secondo motivo di gravame, con il quale le Amministrazioni appellanti contestano la decisione impugnata, per quanto concerne la parte con cui è stata dichiarata illegittimità del citato provvedimento. Con tale atto, la Regione ha ritenuto di dover chiedere all'appellata una dichiarazione del Direttore sanitario attestante la sua disponibilità a prestare la sua opera in condiione di esclusività della struttura. Secondo l'Amministrazione il divieto di cumulo in un unico medico di più cariche di Direttore sanitario si fonda sulla diposizione di cui all'articolo 6, comma 5, della legge regionale del Molise 24 giugno 2018, n. 18, ai sensi del quale "è vietato il cumulo in una sola persona della direzione sanitaria di strutture sanitarie appartenenti ad aziende, istituti, società o persone fisiche diverse. Nel caso in cui la stessa azienda, istituto, società o persona fisica gestisca più strutture ambulatoriali extraospedaliere o studi di cui al comma 1, lettere b), f) e g), la direzione sanitaria da parte di un'unica persona è consentita nel caso in cui vengano praticati orari di apertura al pubblico non coincidenti o sia comunque garantita la presenza di un professionista laureato della branca esercitata." Da questo punto di vista, la sentenza è immune dai vizi denunciati. Il ragionamento seguito dai primi giudici fa leva su due ordini di considerazioni, uno letterale, l'altro sistematico. Sotto il primo aspetto, in applicazione dell'articolo 12, comma 1, delle Preleggi, il Tar ha ritenuto che l'interpretazione logico-letterale della disposizione di cui all'articolo 6, comma 5 sia ragionevole e proporzionata rispetto agli obiettivi che la normativa in materia si prefigge, circoscrivendo il divieto di cumulo alle sole strutture sanitarie, nulla disponendo in ordine al divieto di cumulo per quelle socio-sanitarie. Anche dal punto di vista complessivo e di sistema, il ragionamento seguito dal primo giudice non risulta scalfito dalle censure delle appellanti con riguardo all'interpretazione da dare alla legge regionale n. 18/2008, "lì dove questa reca la netta distinzione, a livello definitorio, fra le strutture sanitarie e le strutture sociosanitarie (la categoria di appartenenza della ricorrente), distinzione così netta che le due tipologie di enti sono menzionate e catalogate in modo distinto fra i soggetti sottoposti all'autorizzazione regionale (cfr. art. 6, comma 1, cit.). Per di più l'art. 5 della medesima legge, nel disciplinare i requisiti comuni per l'autorizzazione "alla realizzazione di strutture sanitarie e socio-sanitarie" (cfr. rubrica dell'articolo in discorso), disciplina in modo unitario alcuni aspetti, senza però recare ivi alcun cenno al divieto di cumulo in una sola persona della direzione sanitaria, divieto, quest'ultimo, che l'art. 6 comma 5 riferisce, come detto, alle sole strutture sanitarie. Trova quindi applicazione il canone interpretativo compendiato nel brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit." Osserva il Collegio che non vale a scalfire questo ragionamento l'obiezione delle appellanti con riferimento all'articolo 6, comma 1, lettere c), d) e h), tra le quali è ricompresa la struttura dell'appellata, e all'articolo 8, che impone la presenza del Direttore sanitario anche per le strutture socio-sanitarie, attesa la evidenziata diversa disciplina rispetto alle strutture sanitarie per l'aspetto in rilievo. Ma il Tar si spinge oltre, quando fa leva sulle disposizioni contenute nel decreto del Commissario ad acta, 26 aprile 2018, n. 47, "recante le disposizioni sui requisiti e sul funzionamento delle strutture residenziali per trattamenti terapeutico riabilitativi psichiatrici, lì dove prevede, per tali strutture, un ridottissimo tempo di permanenza minima settimanale del direttore sanitario, pari ad appena 4 ore settimanali: ciò ad ulteriore riprova, da un lato, della peculiarità strutturale e operativa delle strutture socio-sanitarie; dall'altro, dell'inesigibilità, per i loro direttori sanitari, del regime di esclusività che connota la stessa figura, invece, presso le strutture sanitarie." Con argomentazioni condivisibili il primo giudice ha annullato la nota impugnata anche facendo perno su ulteriori elementi legati alla ridotta dimensione di dieci posti letto della struttura residenziale che l'appellata intende realizzare ed alle conseguenze negative che si produrrebbero nel caso si procedesse ad estendere il divieto di cumulo anche alle strutture socio-sanitarie, considerata la difficoltà ad individuare un sufficiente numero di medici specialisti muniti dei necessari titoli e disponibili ad accettare un incarico direzionale per quattro ore settimanali con un vincolo di esclusività . In buona sostanza, la specificità dell'attuale normativa regionale e fatto salvo, ovviamente, il potere della Regione di introdurre, sul punto, una modifica normativa, non consente di assimilare per i profili in rilievo le strutture sanitarie a quelle socio-sanitarie, come quelle di parte appellata. 4. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la sentenza appellata merita conferma sul punto e, dall'annullamento della nota regionale n. 116321/2022 del 5 luglio 2022, consegue, in sede di riedizione del potere, l'obbligo conformativo dell'Amministrazione a quanto statuito con la presente sentenza in ordine alla richiesta di autorizzazione all'esercizio presentata dalla società appellata. Data la particolarità della vicenda contenziosa e la parziale soccombenza, le spese di giudizio possono essere integralmente compensate. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello (n. r.g. 82/2023), come in epigrafe proposto: - dichiara inammissibile l'opposizione di terzo ex articolo 108 c.p.a.; - accoglie il primo motivo di appello e, per l'effetto, dichiara improcedibile il ricorso di primo grado contro il silenzio; - rigetta il secondo mezzo di gravame e, per l'effetto, conferma per il resto la sentenza appellata; - compensa integralmente le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati: Mario Luigi Torsello - Presidente Paolo Carpentieri - Consigliere Nicola D'Angelo - Consigliere Giovanni Tulumello - Consigliere Luca Di Raimondo - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SARNO Giulio - Presidente Dott. GALTIERO Donatella - Consigliere Dott. DI STASI Antonella - Consigliere Dott. GAI Emanuela - Consigliere Dott. MACRI' Ubalda - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA Sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 09/11/2022 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Di Stasi; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Andrea Venegoni che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile o infondato il ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Questore di (OMISSIS) con provvedimento in data 02/11/2022, notificato il 07/11/2022, ore 09.00, imponeva a (OMISSIS) le prescrizioni di cui alla L. n. 401 del 1989, articolo 6; Il P.M., nel termine di 48 ore prescritto, richiedeva la convalida del provvedimento. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento con ordinanza depositata in data 9/11/2021, ore 10.45, convalidava il provvedimento del Questore. 2. Propone ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, articolando quattro motivi. Con il primo motivo lamenta la violazione della L. n. 401 del 1989, articoli 6, 133 e ss., 203 c.p., lamentando che il Giudice per le indagini preliminari aveva errato nel considerare il ricorrente un soggetto pericoloso e, come tale, meritevole della convalida dell'obbligo di presentazione; il (OMISSIS), infatti, quando l'incontro calcistico era gia' terminato, aveva intrattenuto, per brevissimo tempo, un colloquio amichevole e pacato con i giocatori del Licata presenti sul campo; era, quindi, evidente che la condotta del (OMISSIS) non aveva comportato o agevolato situazioni di allarme o di pericolo per la sicurezza pubblica; inoltre, i fatti risalivano a circa sei mesi prima del provvedimento di DASPO e, quindi, l'attualita' del pericolo era certamente scemata. Con il secondo motivo deduce violazione della Costituzione, articoli 3 e 27. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione alla L. n. 401 del 1989, articolo 6 e della Convenzione internazionale per i diritti dell'Uomo, lamentando l'irragionevolezza delle prescrizioni connesse all'obbligo di presentazione, la mancata specificazione di tutte le competizioni per le quali vigeva la misura interdittiva, l'eccesiva durata della misura (anni otto); aggiunge che il ricorrente e' un piccolo imprenditore agricolo e svolge la sua attivita' lavorativa in maniera autonoma. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione, lamentando l'omessa motivazione in ordine alle ragioni di necessita' ed urgenza per l'applicazione della misura, circa il pericolo concreto ed attuale e la congruita' della misura applicata in relazione alla sua durata. Chiede, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.II primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato. Va precisato, in diritto, che: 1) l'ambito di operativita' della convalida giurisdizionale del provvedimento del Questore emesso ai sensi della L. 13 dicembre 1989, n. 401, articolo 6 e' circoscritto alla sola prescrizione dell'obbligo di presentazione all'autorita' di P.S. (trattandosi di limitazione che, incidendo sulla liberta' personale, e' soggetta all'inderogabile controllo giurisdizionale di cui alla Cost., articolo 13), non anche a quella con cui si impone il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive (che, in quanto limitativa della sola liberta' di circolazione e soggiorno di cui alla Cost., articolo 16, e' soggetta al controllo di legittimita' del giudice amministrativo; cfr., sul punto, Sez. U., n. 44273 del 27/10/2004, Labbia; Sez. U, n. 4441 del 29/11/2005, Zito; Sez. 3, n. 11151 del 17/12/2008, Marchesini; Sez. 1, n. 14923 del 19/02/2004, Rocchi; Sez. 3, n. 49408 del 19/11/2009, Brocca; Sez. 3, n. 36276 del 04/905/2011, Ferretti); 2) l'obbligo di controllo (e della relativa motivazione), che incombe al giudice della convalida, deve essere assolto in modo non apparente, deve investire tutti i presupposti di legittimita' della misura di prevenzione (la pericolosita' del soggetto e le ragioni di necessita' ed urgenza) e deve avere ad oggetto anche la congruita' della sua durata (Sez. 3, Marchesini cit.; Sez U, Zito, cit; Sez. U, Labbia, cit). Va, poi, ricordato che il divieto, disposto dal questore, ai sensi della L. 13 dicembre 1989, n. 401, articolo 6, comma 5, (come modificato dal Decreto Legge n. 119 del 2014, conv. in L. n. 146 del 2014), di accedere a manifestazioni sportive, con relativo obbligo di presentazione personale all'autorita' di polizia in occasione degli incontri di calcio, ha contenuto obbligatorio, quanto alle prescrizioni, nei confronti del soggetto che sia gia' destinatario di altro, analogo, provvedimento del questore (Sez.3, n. 33539 del 14/07/2016, Rv.267720); tale norma e' stata ritenuta compatibile con i principi di cui alla Costituzione, articoli 3, 13 e 27, atteso che il trattamento censurato e' sorretto da una ragionevole giustificazione, in quanto attinge il soggetto recidivo che commetta ulteriori atti di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ed in quanto, ai sensi dell'articolo 6, comma 8-bis, della stessa legge, il rigore del trattamento sanzionatorio e' suscettibile di attenuazione in funzione della condotta positiva osservata dal destinatario del provvedimento (Sez.3, n. 44621 del 08/07/2016, Rv.269203; Sez.3, n. 33539 del 14/07/2016, Rv.267720; Sez.3, n. 5621 del 08/07/2016, dep.07/02/2017, Rv.269305); la predetta disposizione non esime, comunque, il giudice della convalida da una compiuta valutazione dei fatti indicati dall'autorita' di P.S., al fine di verificare l'esistenza di tutti i presupposti legittimanti l'adozione dell'atto da parte dell'autorita' amministrativa, compresi quelli imposti dalla circostanza che con esso si dispone una misura di prevenzione (ragioni di necessita' e urgenza, pericolosita' concreta ed attuale del soggetto, attribuibilita' al medesimo delle condotte addebitate e loro riconducibilita' alle ipotesi previste dalla norma), e di valutare altresi' la durata della misura che, se ritenuta eccessiva, puo' essere congruamente ridotta dal giudice della convalida (Sez.3, n. 28067 del 03/11/2016, dep.07/06/2017, Rv.270329). Nella specie, il Giudice per le indagini preliminari, in conformita' ai principi di diritto suesposti, esaminati gli atti e il provvedimento del Questore, nel convalidare la prescrizione dell'obbligo di presentazione all'autorita' di P.S., ha rilevato che l'interessato aveva posto in essere comportamenti indicativi di una sua concreta pericolosita' ed integranti i presupposti della necessita' ed urgenza della misura adottata; ha, in particolare, rimarcato come (OMISSIS), gia' destinatario di due precedenti provvedimenti di DASPO, in occasione della partita di calcio "(OMISSIS)" disputatasi in data (OMISSIS), "scavalcava l'alta recinzione che divide gli spalti dal campo di gioco e si avvicinava ai giocatori ai quali chiedeva spiegazioni della loro condotta in campo in un clima di evidente accesa contestazione verso gli stessi, intimorendoli quanto meno nel momento in cui registravano l'invasione di campo e cosi' fomentando di fatto anche gli altri tifosi ad atti emulativi in ipotesi anche piu' gravi". Le argomentazioni sono congrue e logiche, e, come tali insuscettibili di essere sindacate in sede di legittimita'; 2. Il secondo motivo di ricorso e' inammissibile. Il ricorrente deduce, peraltro in maniera generica, la violazione della Cost., articoli 3 e 27. Trova, pertanto, applicazione, il principio di diritto secondo cui e' inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduce la violazione di norme costituzionali, poiche' l'inosservanza di disposizioni della Costituzione non e' prevista tra i casi di ricorso dall'articolo 606 c.p.p. e puo' soltanto costituire fondamento di questione di legittimita' costituzionale (Sez.2, n. 12623 del 13/12/2019, dep. 21/04/2020, Rv. 279059 - 01; Sez.2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 12/01/2015, Rv.261551 - 01; Sezioni Unite n. 29541/2020, Filardo, in motivazione). 3. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono manifestamente infondati. Questa Corte ha sempre affermato che il riferimento dell'articolo 6 alle "manifestazioni sportive specificamente indicate" va inteso nel senso che esse siano individuabili, con certezza, dal destinatario del provvedimento e che tale determinabilita' deve essere valutata in concreto, caso per caso, con riferimento alle partite, ufficiali o amichevoli, anticipatamente programmate e pubblicizzate attraverso i normali mezzi di comunicazione, con esclusione, pertanto, di tutti gli incontri minori decisi in rapporto ad esigenze peculiari del momento e senza una preventiva programmazione (Sez. 3 n. 13741, 30 marzo 2009; Sez. 3 n. 11151, 13 marzo 2009; Sez 3 n. 3437, 26 gennaio 2009; Sez 3 n. 47451, 22 dicembre 2008; Sez. 3 n. 9793, 8 marzo 2007). Si e' precisato che l'obbligo di "comparire personalmente" presso un ufficio o comando di polizia e' applicabile a tutti gli incontri che siano individuabili con certezza ed in concreto dal destinatario del provvedimento in relazione alla loro anticipata organizzazione, dovendo, conseguentemente, rimanere escluse solo le gare decise in rapporto ad esigenze peculiari del momento e senza preventiva programmazione, e, come tali, non previamente conoscibili (Sez. 3, n. 23958 del 04/03/2014, Valeri, Rv. 259659; Sez. 3, n. 8435 del 16/02/2011, Fratea, Rv. 249363) Da cio' consegue che, ai fini della validita' del provvedimento con cui il Questore vieta l'accesso allo stadio in occasione di alcune competizioni sportive e invita il destinatario a presentarsi all'autorita' di P.S., non e' necessario che le manifestazioni sportive siano nominativamente indicate, essendo sufficiente che queste ultime siano determinabili, sulla base di elementi di identificazione forniti nel provvedimento, in modo certo dal destinatario che ha l'onere di tenersi informato sul punto (Sez. 3, n. 7948 del 03/11/2016, dep. 2017, Morelli, Rv. 269318) e che l'eventuale inesigibilita' dell'obbligo di presentazione potra' essere agevolmente verificato nel merito sulla scorta del materiale probatorio acquisito (Sez.3, n. 8435 del 16/02/2011, Rv.249363 - 01). La durata della misura, applicata nella misura massima, e' stata adeguatamente motivata attraverso il richiamo alla lesivita' della condotta ed alla mancata efficacia deterrente dei precedenti provvedimenti di DASPO emessi nei confronti del (OMISSIS). Quanto all'obbligo di duplice presentazione imposto, va ricordato che e' legittimo il provvedimento del Questore con il quale si dispone l'obbligo di comparizione presso un ufficio di polizia anche in concomitanza con partite cd. esterne, all'inizio e al termine di ogni incontro, purche' adeguatamente motivato in ordine alla pericolosita' del sottoposto essendo lo stesso finalizzato a sottoporre a controllo persone che potrebbero dar vita a condotte violente durante le manifestazioni sportive, anche lontano dai luoghi dove queste si svolgono, e non ad impedire l'ingresso negli impianti sportivi, per il quale gia' soccorre la misura amministrativa del divieto di accesso (Sez.3, n. 16521 del 08/11/2018, dep.16/04/2019, Rv.275562 - 01). Il giudice della convalida, attraverso il rinvio alla gravita' della condotta ed alla personalita' del sottoposto, quale emergente dalle modalita' della condotta e dal fatto di essere gia' stati destinatari di altri analoghi provvedimenti coercitivi e di divieto di accesso agli impianti destinati a ospitare manifestazioni sportive, ha dato atto, sia pur implicitamente, della particolare pericolosita' del ricorrente, determinante la necessita' non solo di stabilire nel massimo la durata della misura ma anche di estendere la presentazione alla autorita' di pubblica sicurezza a due volte anche in occasione degli incontri cosiddetti esterni. Del tutto generica, e pertanto inammissibile, e' la deduzione con la quale si lamenta la mancata considerazione da parte del giudice della convalida dell'attivita' lavorativa del ricorrente, difettando qualsiasi indicazione di concretezza al riguardo. 4. Il quarto motivo di ricorso e' manifestamente infondato. Va ricordato che la motivazione sulle ragioni della necessita' ed urgenza dper l'applicazione della misura e' necessaria solo se la stessa abbia avuto esecuzione anticipata. Nella specie, non risulta che il provvedimento del Questore abbia avuto esecuzione prima della convalida ne' il ricorrente ha allegato e dimostrato documentalmente una diversa circostanza (Sez.3 n. 20789 del 15/04/2010, Rv.247186; Sez.3, n. 22256 del 06/05/2008, Rv.240244). Nella specie, peraltro, il giudice della convalida, attraverso il rinvio alla gravita' della condotta ed alla personalita' del sottoposto, come detto destinatari di altri analoghi provvedimenti coercitivi e di divieto di accesso agli impianti destinati a ospitare manifestazioni sportive, ha dato atto, sia pur implicitamente, della particolare pericolosita' del ricorrente, a giustificazione dei requisiti di necessita' ed urgenza della misura. Da tanto discende la manifesta infondatezza delle censure proposte. 5. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilita' del ricorso. 6. Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell'articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita' (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GUARDIANO Alfredo - Presidente Dott. ROMANO Michele - Consigliere Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere Dott. CANANZI Francesco - rel. Consigliere Dott. CIRILLO Pierangelo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 17/10/2022 del TRIB. LIBERTA' di SALERNO; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FRANCESCO CANANZI; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Dott. PERLA LORI, che ha chiesto rigettarsi il ricorso; lette le conclusioni depositate dal difensore del ricorrente, avvocato (OMISSIS), che ha chiesto annullarsi l'ordinanza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale del riesame di Salerno, con l'ordinanza emessa il 17 ottobre 2022, confermava il provvedimento applicativo della misura cautelare degli arresti domiciliari emesso dal G.i.p. del Tribunale di Nocera Inferiore, che aveva ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza nei confronti di (OMISSIS) in ordine ai delitti previsti dagli articoli 81, 476, 482, 48-479, 491 c.p. (capo 1) perche', con piu' atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, predisponeva plurime scritture private autenticate materialmente false, quali l'atto di cessione del credito (Rep. (OMISSIS) del Notaio (OMISSIS)) in favore di (OMISSIS), nascente dalla sentenza n. 156/2008 del Tribunale di Nocera Inferiore vantato da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), madre delle attuali persone offese, debito invece gia' interamente pagato con assegno circolare; l'accettazione della predetta cessione del credito da parte della debitrice (OMISSIS); il falso contratto di transazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (padre dell'indagato) con emissione di una falsa cambiale in favore di (OMISSIS); il contratto di transazione autenticato materialmente falso (Rep. (OMISSIS) del Notaio (OMISSIS)) tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (padre dell'indagato); dichiarava falsamente, inducendo in errore il giudice istruttore civile e ottenendo il rilascio del duplicato, lo smarrimento della sentenza n. 156/2008 del Tribunale di Nocera Inferiore, il cui originale era invece gia' stato sequestrato e successivamente confiscato con sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore; con i predetti documenti falsi induceva in errore l'autorita' giudiziaria che emetteva cinque decreti ingiuntivi, in forza dei quali dava inizio a procedure esecutive nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi dell'originaria debitrice (OMISSIS). Altro titolo cautelare - capo 2 - consisteva nel delitto di atti persecutori consistito in molestie derivanti dalla proposizione innanzi al Tribunale di Nocera Inferiore delle gia' menzionate azioni monitorie e delle conseguenti azioni esecutive fondate su atti falsi, condotte che avevano in ingenerato (OMISSIS) e (OMISSIS) un permanente stato di ansia e paura per le continue notifiche degli atti e la necessita' di difendersi innanzi all'Autorita' Giudiziaria. 2. Il ricorso per cassazione consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 3. Il primo motivo deduce violazione dell'articolo 273 c.p.p. difettando i gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di falso, fondati esclusivamente sulla comparazione visiva operata dalla polizia giudiziaria fra i documenti disconosciuti e i cartellini anagrafici dei sottoscrittori. Quanto al delitto di atti persecutori, inoltre, avrebbe errato il Tribunale del riesame nel ritenere sussistente il dolo di molestia e disturbo invece inesistente, in quanto le azioni civili erano solo finalizzate al recupero del credito. 4. Il secondo motivo deduce violazione di legge in ordine all'articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera c) difettando la valutazione del concreto e attuale pericolo di reiterazione, limitandosi l'ordinanza impugnata a esprimere valutazioni ipotetiche. 5. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte - ai sensi del Decreto Legge 127 del 2020, articolo 23, comma 8, - con le quali ha chiesto rigettarsi il ricorso. 6. Il difensore dei ricorrenti depositava conclusioni in data 15 dicembre 2022 con le quali lamentava la violazione dell'articolo 292 c.p.p., comma 2-ter, in quanto il Gip non avrebbe valutato gli elementi a discarico, nonche' la violazione degli articoli 483 e 479 c.p., in quanto la condotta di induzione in errore del cancelliere del Tribunale di Nocera Inferiore sarebbe da ricondurre all'articolo 483 con pena massima inferiore a quella richiesta per sostenere la misura cautelare. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 2. Va premesso che questo Collegio si atterra' al pacifico orientamento che, a partire da Sezioni Unite, n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828, ha sancito che in tema di misure cautelari personali, a fronte di un ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame, in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, definisce l'ambito di delibazione della Corte di cassazione. Il Giudice di legittimita' ha il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimita' e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravita' del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti, rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie (nello stesso senso, Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. F., n. 47748 del 11/08/2014, Contarini, Rv. 261400; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460; Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976). 3. Quanto al primo motivo, afferente alla gravita' indiziarla, il Tribunale del riesame ha ripercorso in modo congruo e logico, in ordine alle condotte di falso e di induzione in falso in contestazione, come anche di atti persecutori, gli esiti delle indagini, confermando la sussistenza del primo presupposto cautelare. 3.1 A riguardo deve evidenziarsi, da subito, come il motivo di ricorso appaia generico, in quanto si limita a censurare solo parte della motivazione: a ben vedere, a differenza di quanto indicato in ricorso, oltre alla censurata comparazione ictu oculi compiuta dagli investigatori che riscontravano la diversita' fra le sottoscrizioni apposte in calce agli atti ritenuti falsi - la cessione del credito, l'accettazione della stessa, due contratti di transazione - e quelle rinvenute sui cartellini dell'anagrafe comunale, la sussistenza della gravita' indiziaria veniva anche tratta dalla circostanza che per due scritture, la genetica cessione del credito, nonche' il contratto di transazione fra (OMISSIS) e (OMISSIS), al numero di repertorio degli atti rogati dal notaio (OMISSIS) non trovavano corrispondenza tali atti, bensi' altri rogiti. Inoltre, sintomatico indizio veniva ritenuto anche l'ottenimento di un duplicato conseguente alla falsa dichiarazione di smarrimento della sentenza, invece sequestrata dall'autorita' giudiziaria in sede penale, dunque materialmente non producibile nei giudizi esecutivi: si trattava della sentenza che aveva riconosciuto il credito a (OMISSIS) verso (OMISSIS) e che costituiva la fonte del diritto asseritamente ceduto. Infine, nulla viene poi censurato dal ricorrente in ordine alle dichiarazioni delle attuali persone offese, figlie della originaria debitrice, che sporgevano denuncia e riferivano dell'intervenuto pagamento a mezzo assegno, con rilascio di quietanza da parte del reale creditore (OMISSIS). E bene, allorche' il ricorso per cassazione attacchi solo un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilita' per aspecificita', l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 20/02/2017, La Gumina, Rv. 269218 - 01; massime conformi, N. 3207 del 2014 Rv. 262011 - 01, N. 18764 del 2014 Rv. 259452 - 01). Tale incidenza non e' stata illustrata dal ricorrente che si e' limitato a censurare solo un punto del complesso impianto indiziario, che deve tendere non all'accertamento della responsabilita', bensi' della qualificata probabilita' di colpevolezza. 3.2 Quanto all'ulteriore censura, relative al dolo del delitto di atti persecutori, deve premettersi che, come osservato in motivazione da Sez. 5, n. 31273 del 14/09/2020, F., Rv. 279752 - 01 in tema di staiking lavorativo, il delitto di atti persecutori - che ha natura di reato abituale e di danno - e' integrato dalla necessaria reiterazione dei comportamenti descritti dalla norma incriminatrice e dal loro effettivo inserimento nella sequenza causale che porta alla determinazione dell'evento, che deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso, sicche' cio' che rileva e' la identificabilita' di questi quali segmenti di una condotta unitaria, causalmente orientata alla produzione di uno degli eventi, alternativamente previsti dalla norma incriminatrice (ex multis Sez. 5, n. 7899 del 14/01/2019, P., Rv. 275381), che condividono il medesimo nucleo essenziale, rappresentato dallo stato di prostrazione psicologica della vittima delle condotte persecutorie (Sez. 5, n. 11931 del 28/01/2020, R., Rv. 278984). E' siffatto nucleo essenziale a qualificare giuridicamente la condotta che puo', invero, esplicarsi con modalita' atipica, in qualsivoglia ambito della vita, purche' sia idonea a ledere il bene interesse tutelato, e dunque la liberta' morale della persona offesa, all'esito della necessaria verifica causale. In altri termini, il contesto entro il quale si situa la condotta persecutoria e' del tutto irrilevante, quando la stessa abbia determinato un vulnus alla libera autodeterminazione della persona offesa, determinando uno degli eventi previsti dall'articolo 612-bis c.p.. Ed assume mero contenuto descrittivo, che peraltro registra ma non limita la varieta' degli ambiti fenomenologici, il riferimento a diverse declinazioni del reato, correlate a specifiche "ambientazioni" (cd. staiking condominiale, giudiziario...). 3.3 D'altro canto, nel caso in esame, il delitto di atti persecutori e' contestato in concorso con i delitti di falso indicati al capo A), risultando questi ultimi le condotte prodromiche che consentono l'attivazione dei procedimenti giudiziari oggetto del delitto persecutorio, con cinque decreti ingiuntivi notificati sulla scorta di titoli falsi e con le conseguenti azioni esecutive. Va evidenziato in diritto che il reato di atti persecutori puo' concorrere con altre fattispecie di reato, che tutelano beni giuridici diversi da quello finalizzato alla protezione del singolo da comportamenti che ne condizionino pesantemente la vita e la tranquillita' personale, procurando ansie, preoccupazioni e paure, ovvero costringendo a modificare comportamenti ed abitudini di vita (per questo, puo' dirsi che il reato di cui all'articolo 612-bis c.p. e' rivolto alla tutela della persona nel suo insieme, piuttosto che della sola liberta' morale). Come osservato da Sez. 5, n. 54923 del 08/06/2016, F., Rv. 268408 - 01, partendo da tale assunto la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto configurabile il concorso tra il reato di violenza privata e quello di atti persecutori, proprio perche' si' tratta di reati che tutelano beni giuridici diversi, "in quanto l'articolo 610 c.p. protegge il processo di formazione e di attuazione della volonta' personale, ovvero la liberta' individuale come liberta' di autodeterminazione e di azione; mentre l'articolo 612-bis c.p. e' preordinato alla tutela della tranquillita' psichica - ed in definitiva della persona nel suo insieme - che costituisce condizione essenziale per la libera formazione ed estrinsecazione della predetta volonta'" (cosi' Sez. 5, n. 2283 del 11/11/2014, C, Rv. 262727). Cosi' pure si e' ritenuto che il delitto di atti persecutori, avendo oggetto giuridico diverso, puo' concorrere con quello di diffamazione anche quando la condotta diffamatoria costituisce una delle molestie costitutive del reato previsto dall'articolo 612-bis c.p. (Sez. 5, n. 51718 del 05/11/2014, T, Rv. 262635). Ed ancora, si e' affermato che la contravvenzione di cui all'articolo 660 c.p., che mira a prevenire il turbamento della pubblica tranquillita' attuato mediante l'offesa alla quiete privata, integra fattispecie distinta, autonoma e concorrente rispetto al reato di atti persecutori di cui all'articolo 612-bis c.p. in cui non viene assorbita per la diversita' dei beni giuridici tutelati (Sez. 1, n. 19924 del 04/04/2014, Napolitano, Rv. 262254). Da cio' Sez. 5, F. traeva la configurabilita' anche del concorso tra il reato di atti persecutori e quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, giacche' quest'ultimo certamente contempla un bene giuridico diverso, in quanto finalizzato a tutelare l'interesse dello Stato ad impedire che la privata violenza si sostituisca all'esercizio della funzione giurisdizionale in occasione dell'insorgere di una controversia (si veda in motivazione Sez. 5, n. 20696 del 29/01/2016, R., Rv. 267148; nello stesso senso, da ultimo, Sez. 5, n. 10051 del 19/01/2017, B., Rv. 269456 - 01). Nel caso in esame il bene giuridico tutelato dai falsi in contestazione e' la fede pubblica, assolutamente eterogeneo rispetto a quello garantito dal delitto di atti persecutori da individuarsi nella liberta' morale, ma anche nella complessiva protezione del singolo da comportamenti che ne condizionino pesantemente la vita e la tranquillita' personale, procurando ansie, preoccupazioni e paure, ovvero costringendo a modificare comportamenti ed abitudini di vita, tanto da potersi ritenere tutelata complessivamente la liberta' psicofisica della persona e il suo benessere, anche quanto al profilo della salute mentale nei casi estremi. Pertanto, puo' affermarsi che il delitto di atti persecutori puo' concorrere con quello di falso, tutelando beni giuridici diversi, l'uno la liberta' psicofisica della persona, l'altro la fede pubblica. 3.4 Deve altresi' evidenziarsi come sia l'ordinanza genetica che quella ora impugnata abbiano rilevato come le azioni esecutive in sede civile, infondate perche' basate su titoli e atti falsi, abbiano realizzato una fattispecie di stalking giudiziario, con ben 23 iniziative giudiziarie in dieci anni e, da ultimo, anche in data 24 agosto 2022 era intervenuta una ulteriore notifica di atto di pignoramento (cosi' l'ordinanza genetica al fol. 7). Nel caso in esame il Tribunale del riesame ha ripercorso tutte le iniziative giudiziarie intraprese da (OMISSIS) contro (OMISSIS) e (OMISSIS), consistenti nell'ottenimento di cinque decreti ingiuntivi fra il 2017 e il 2021, tutti relativi all'esercizio del diritto di credito conseguente alla sentenza del Tribunale di Nocera, che nel 2008 lo attribuiva a (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), madre delle menzionate (OMISSIS). Accertata la falsita' del contratto di cessione del credito dal (OMISSIS) al (OMISSIS), dell'atto di accettazione della cessione da parte della (OMISSIS), come anche del falso atto di transazione fra (OMISSIS) e (OMISSIS), l'unico credito, che (OMISSIS) falsamente si attribuiva, veniva azionato in piu' occasioni con i predetti decreti ingiuntivi e i conseguenti precetti e pignoramenti, ancora fino al 20 settembre 2022, a fronte dell'accertato, da parte della polizia giudiziaria, adempimento del debito fin dall'origine, in data 8 luglio 2008, nei confronti di (OMISSIS) da parte della originaria debitrice (OMISSIS) (cfr. ordinanza impugnata foll. 3-7). A seguito dell'attenta ricostruzione, il Tribunale di Salerno conferma la valutazione del Gip, che aveva ritenuto, per la natura falsa dei titoli esecutivi attivati, e anche per le reiterate azioni giudiziarie, configurato il superamento della soglia del fisiologico esercizio di un diritto, scriminante la condotta, vertendosi in tema di abuso del processo. Va premesso che l'esercizio del diritto di difesa, sancito dall'articolo 24 Cost., nonche' dall'articolo 6 Cedu, si deve sostanziare nell'accesso alla attivita' giudiziaria come una corretta estrinsecazione delle facolta' inerenti al diritto in questione, poiche' - in caso contrario - si superano i confini dell'esercizio lecito e si configurano ipotesi di abuso del diritto stesso, che ricadono al di fuori della sfera di operativita' dell'articolo 51 c.p. (Sez. 3, n. 5889 del 08/05/1996, Saccocci, Rv. 205512 01). In effetti l'esercizio del diritto ad agire in giudizio, che fisiologicamente esclude la punibilita' ai sensi dell'articolo 51 c.p., esorbita dall'ambito del diritto allorche' si concreti in un abuso del processo. Sez. 5, n. 20891 del 17/03/2021, Maier, Rv. 281311 - 02 ha di recente rilevato come l'abuso del processo in sede penale consista in un vizio per sviamento della funzione ovvero in una frode della funzione e si realizza allorche' un diritto o una facolta' processuali vengono esercitati per scopi diversi da quelli per i quali l'ordinamento processuale astrattamente li riconosce, con la conseguenza che la parte che ha perpetrato tale abuso non puo' invocare la tutela di interessi che non sono stati lesi e che non erano in realta' effettivamente perseguiti. Tale pronuncia richiamava l'insegnamento delle Sezioni Unite che in tema di abuso del processo (Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, dep. 10/01/2012, Rossi, Rv. 251496) rilevavano: "Il carattere generale del principio (dell'abuso del processo) dipende dal fatto che, come osserva autorevole Dottrina, ogni ordinamento che aspiri a un minimo di ordine e completezza tende a darsi misure, per cosi' dire di autotutela, al fine di evitare che i diritti da esso garantiti siano esercitati o realizzati, pure a mezzo di un intervento giurisdizionale, in maniera abusiva, ovvero eccessiva e distorta. Sicche' l'esigenza di individuare limiti agli abusi s'estende all'ordine processuale e trascende le connotazioni peculiari dei vari sistemi, essendo ampiamente coltivata non solo negli ordinamenti processuali interni, ma anche in quelli sovrannazionali. E viene univocamente risolta, a livello normativo o interpretativo, nel senso che l'uso distorto del diritto di agire o reagire in giudizio, rivolto alla realizzazione di un vantaggio contrario allo scopo per cui il diritto stesso e' riconosciuto, non ammette tutela." L'uso distorto del diritto di azione in giudizio e' anche oggetto di decisioni della giurisprudenza sovranazionale che, in tema di ricevibilita' del ricorso, ai sensi dell'articolo 35, § 3 CEDU, la Corte Edu, Seconda sezione, n. 61197/13, 15 aprile 2014, Barbato c. Italia, rilevava come nella interpretazione consolidata di quella Corte un ricorso possa essere considerato abusivo ai sensi dell'articolo 35, § 3 a) della Convenzione se, ad esempio, e' stato fondato scientemente su fatti interamente inventati (si veda, tra altri, Jian c. Romania (dec.), n. 46640/99, 30 marzo 2004; Keretchachvili c. Georgia (dec.), n. 5667/02, CEDU 2006 V) o se il ricorrente ha sottaciuto informazioni essenziali riguardanti i fatti della causa al fine di indurre la Corte in errore (si vedano, tra le altre, Hi.ittner c. Germania (dec.), n. 23130/04, 19 giugno 2006, Basileo e altri c. Italia (dec.), n. 11303/02, 23 agosto 2011). Per altro la Corte Edu aveva anche affermato, inoltre, che "ogni comportamento del ricorrente manifestamente contrario alla vocazione del diritto di ricorso e di ostacolo al buon funzionamento della Corte o al corretto svolgimento del procedimento dinanzi ad essa, puo' (in linea di principio) essere definito abusivo" (Mirolubovs e altri c. Lettonia, n. 798/05, § 65, 15 settembre 2009). Ai sensi dell'articolo 35, § 3 a) della Convenzione, il concetto di abuso deve infatti essere inteso nell'accezione ordinaria che di esso da' la teoria generale del diritto - vale a dire il fatto di avvalersi di un diritto al di fuori della sua finalita' in maniera pregiudizievole (Mirolubovs e altri, sopra citata, § 62; Petrovic c. Serbia (dec.), nn. 56551/11 e altri dieci, 18 ottobre 2011). Nel caso in esame, (OMISSIS) proponeva plurime azioni in sede civile, cosicche' deva anche farsi riferimento alla correlata nozione dell'abuso del processo civile. E bene le Sezioni Unite in Sede civile hanno ritenuto che non e' consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilita' con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l'esecuzione del contratto ma anche nell'eventuale fase dell'azione giudiziale per ottenere l'adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l'ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale (Sez. U. Civili, n. 23726 del 15/11/2007, Rv. 599316 - 01; da ultimo Sez. 6 - 2 civ., n. 19898 del 27/07/2018, Rv. 650068 - 01). Inoltre, proprio per la pluralita' di iniziative esecutive in sede civile, in relazione a un caso nel quale per lo stesso rapporto obbligatorio il creditore ottenne cinque decreti ingiuntivi che aziono' in sede esecutiva, in modo sovrapponibile all'agire di (OMISSIS), e' stato affermato dalla Corte di cassazione: "Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte l'abuso del processo e' una condotta caratterizzata da un elemento oggettivo ed uno soggettivo. Sul piano oggettivo si ha abuso del processo quando lo strumento processuale viene utilizzato per fini diversi ed ulteriori da quelli suoi propri, ed illegittimi. Non, dunque, per tutelare diritti conculcati, ma per crearne di nuovi (ed ingiustificati) ad arte, ovvero per nuocere con intenti emulativi alla controparte. Sul piano soggettivo si ha abuso del processo quando la condotta di cui sopra venga tenuta in violazione del generale dovere di correttezza (articolo 1175 c.c.) e buona fede (articolo 1375 c.c.). Il dovere di correttezza (come si legge al § 558 della Relazione al codice civile) "e' (...) spirito di lealta', (...) di chiarezza e di coerenza, fedelta' e rispetto a quei doveri che, secondo la coscienza generale, devono essere osservati nei rapporti tra consociati", e consiste nel richiamare il creditore a prendere in considerazione l'interesse del debitore. In definitiva, costituisce abuso del processo qualsiasi iniziativa processuale intesa a conseguire un ingiusto vantaggio distorcendo i fini naturali del processo civile. 2.2. In sede esecutiva, costituisce abuso del processo la moltiplicazione delle iniziative esecutive che, senza frutto per il creditore, hanno l'unico effetto di far lievitare i costi della procedura" (Sez. 3 Civ., Ordinanza n. 15077 del 2021). 3.5 A ben vedere, nel caso in esame, alla luce dei principi evidenziati, si deve ritenere sussistere l'abuso del processo, sia per la falsita' degli atti posti alla base delle azioni civili di cognizione ed esecutive, fondate scientemente su fatti interamente inventati (si veda, le citate pronunce della Corte Edu, Jian c. Romania (dec.), n. 46640/99, 30 marzo 2004; Keretchachvili c. Georgia (dec.), n. 5667/02, Cedu, 2006 V), sia anche per la moltiplicazione illecita dei titoli esecutivi attraverso i falsi e per le plurime azioni intraprese in sede monitoria e poi esecutiva in ordine al medesimo titolo contrattuale, cosi' da aggravare la posizione delle asserite debitrici, chiamate a difendersi in piu' procedimenti di cognizione e esecutivi e a dover sopportare le relative spese, pur essendo una sola la presunta e falsa ragione del credito. Va qui richiamata la nozione di molestia, in tema di atti persecutori, quale elemento costitutivo del reato, da individuarsi in qualsiasi condotta che concretizzi una indebita ingerenza od interferenza, immediata o mediata, nella vita privata e di relazione della vittima, attraverso la creazione di un clima intimidatorio ed ostile idoneo a comprometterne la serenita' e la liberta' psichica (Sez. 5, n. 1753 del 16/09/2021, dep. 2022, Q., Rv. 282426 - 01). Dalle ordinanze di merito emerge come corretta sia stata la valutazione di un abuso strumentale delle asserite prerogative del creditore, plurime e insistenti, artatamente costruite, integranti le molestie, come ora definite, reiterate e durevoli nel tempo, costituenti singoli procedimenti in sede di cognizione e di esecuzione, con la necessita' delle persone offese di difendersi in sede civile, con conseguenti esborsi, vedendo messo a rischio il proprio patrimonio senza una giusta causale, essendo intervenuto il pagamento fin dal 2008. Pertanto deve affermarsi che in tema di atti persecutori, rientrano nella nozione di molestia, quale elemento costitutivo del reato, le azioni in sede giudiziaria dell'asserito creditore che, precostituitisi titoli esecutivi falsi e, dunque, avvalendosi di fatti consapevolmente inventati, ponga in essere una pluralita' di azioni giudiziarie, reiterate nel corso del tempo e in forza di un'unica ragione contrattuale, con unilaterale e ingiustificata modificazione aggravativa della posizione del debitore e, quindi, con abuso del processo, risultando la falsificazione dei titoli e la reiterazione dell'azione giudiziaria causa di uno degli eventi alternativi previsti dall'articolo 612-bis c.p.. 3.6 Infatti, anche l'evento, richiesto dalla norma incriminatrice, del grave stato di ansia e di paura, viene analizzato e ritenuto sussistente dal Tribunale di Salerno (foll. 9 e 14) e dal Gip (foll. 7 e 8), senza aporie logiche e contraddizioni e in conformita' alla previsione dell'articolo 612-bis c.p., determinato delle notifiche ripetute di atti di precetto e comunque giudiziari, del blocco del conto corrente bancario e dalle difficolta' economiche conseguenti, nonostante i sequestri dei titoli in sede penale ottenuti dalle persone offese, oltre che comprovato da documentazione sanitaria e dalla durata della persecuzione giudiziaria per dieci anni attraverso l'istaurarsi di 23 procedimenti civili. A fronte della corretta, in diritto, configurazione del delitto quanto al profilo oggettivo, in merito al profilo soggettivo il ricorrente lamenta che non sussista una propria volonta' di persecuzione, ma esclusivamente quella di recupero del credito. L'elemento soggettivo del delitto di atti persecutori e' integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volonta' di porre in essere piu' condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneita' a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualita' del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte - elemento non previsto sul fronte della tipicita' normativa - potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l'occasione (Sez. 5, n. 43085 del 24/09/2015, A., Rv. 265230 - 01; massima conforme, N. 18999 del 2014 Rv. 260411 - 01). Nel caso in esame il Tribunale, richiamando tale orientamento, ha ritenuto sussistente il dolo richiesto pur non diffondendosi in merito: deve pero' rilevarsi come la ricapitolazione dei motivi di riesame non riporti una censura specifica sul punto (cfr. fol. 10 della ordinanza impugnata) - ricapitolazione per altro non contestata da parte del difensore - cosicche' l'ordinanza impugnata offre una compiuta e correlata risposta, con riferimento al richiamato principio di diritto e l'enumerazione degli elementi comprovanti la coscienza e volonta', proprie del dolo generico, quanto alla idoneita' che le ripetute iniziative giudiziarie di recupero di crediti inesistenti e le plurime contraffazioni, potessero produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice. D'altro canto assolutamente congrua risultava la motivazione del provvedimento genetico, che ben puo' integrare quello impugnato, versandosi in caso di doppia conforme, che valorizzava in modo puntuale, a riprova del dolo richiesto, la falsificazione dei titoli e la richiesta al cancelliere di una copia conforme della sentenza attributiva del credito a (OMISSIS), denunciandone lo smarrimento quando invece l'atto era stato sequestrato in sede penale. Ne consegue la manifesta infondatezza anche del profilo di censura relativo al dolo del delitto di atti persecutori. 4. Quanto al secondo motivo di ricorso, le ragioni di attualita' e concretezza del pericolo di reiterazione sono indicate nell'ordinanza impugnata al fol. 15. Concretamente pronosticabile risulta la reiterazione di analoghe condotte, in ragione delle azioni ripetute nel tempo, con assoluta pervicacia e con modalita' allarmanti, in quanto connotate dal plurimo e incessante utilizzo di documentazione falsificata: il Tribunale del riesame richiama anche ai fini dell'attualita' che (OMISSIS), nonostante il sequestro della sentenza costituente titolo esecutivo, ne abbia simulato lo smarrimento ottenendo il duplicato dal cancelliere del Tribunale di Nocera Inferiore, con la notifica di ulteriori atti fino a settembre 2022 alle persone offese. Con motivazione non manifestamente illogica viene richiamato dal Tribunale salernitano come tale sequenza risulti indicativa di personalita' incapace di autocontrollo, per altro dimostrata anche dalle precedenti condanne per fatti analoghi: e' di tutta evidenza la congruita' della motivazione quanto al concreto e attuale pericolo di recidiva, come anche in merito alla dimostrata irrilevanza di provvedimenti giudiziari, quale il sequestro della sentenza, sull'azione criminosa del (OMISSIS). Tale motivazione e' del tutto in linea con gli orientamenti consolidati: il testo dell'articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera b) e c), risultante dalle modifiche apportate dalla L. n. 47 del 2015, se non consente di desumere il pericolo di fuga e di recidiva esclusivamente dalla gravita' del titolo di reato per il quale si procede, non osta alla considerazione, ai fini cautelari, della concreta condotta perpetrata e delle circostanze che la connotano, in quanto la modalita' della condotta e le circostanze di fatto in presenza delle quali essa si e' svolta restano concreti elementi di valutazione imprescindibili per effettuare una prognosi di probabile ricaduta del soggetto nella commissione di ulteriori reati (Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017, Silvestrin, Rv. 271522 - 0; ez. Sez. 1, n. 37839 del 02/03/2016, Biondo, Rv. 267798 - 01). Va infatti ribadito anche che, ai fini della configurabilita' dell'esigenza cautelare di cui all'articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera c), il concreto pericolo di reiterazione dell'attivita' criminosa puo' essere desunto anche dalla molteplicita' dei fatti contestati, in quanto la stessa, considerata alla luce delle modalita' della condotta concretamente tenuta, puo' essere indice sintomatico di una personalita' proclive al delitto (ex multis Sez. 3, n. 3661/14 del 17 dicembre 2013, Tripicchio e altri, Rv. 258053). Ne consegue la manifesta infondatezza del secondo motivo. 5. Infine gli argomenti rappresentati con la memoria difensiva in realta' risultano del tutto innovativi, cosicche' dovrebbero integrare al piu' motivi nuovi ai sensi dell'articolo 311 c.p.p., comma 4. E bene, deve richiamarsi il consolidato principio per cui l'inammissibilita' dei motivi originari del ricorso per cassazione non puo' essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i motivi originari per l'imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione (Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, Di Giacinto, Rv. 277850 - 01; Sez. 6, n. 9837 del 21/11/2018, dep. 2019. Montante, Rv. 275158 - 01). Per altro, per il consolidato orientamento di questa Corte (Sez. 1, n. 46711 del 14/07/2011, Rv. 251412; Sez. 2, n. 15693 del 08/01/2016, Rv. 266441), costituisce principio generale in tema di impugnazioni la necessita' che tra i motivi originariamente proposti ed i motivi di ricorso nuovi od aggiunti sussista un rapporto di connessione, non essendo consentito, con motivi definiti dalla parte proponente "nuovi" od "aggiunti", dedurre vizi non introdotti con l'impugnazione originaria, il che nel caso in esame non si verifica, in quanto con la memoria vengono introdotti temi non dedotti in ricorso, come la violazione dell'articolo 292 c.p.p., comma 2-ter, in quanto il Gip non avrebbe valutato gli elementi a discarico, nonche' la violazione degli articoli 483 e 479 c.p., in quanto la condotta di induzione in errore del cancelliere del Tribunale di Nocera Inferiore sarebbe da ricondurre all'articolo 483 c.p. con pena massima inferiore a quella richiesta per sostenere la misura cautelare. Invero, la facolta' conferita al ricorrente dall'articolo 585 c.p.p., comma 4, deve trovare necessario riferimento nei motivi principali e rappresentare soltanto uno sviluppo o una migliore e piu' dettagliata esposizione dei primi, anche per ragioni eventualmente non evidenziate in precedenza, ma sempre collegabili ai capi e punti della decisione impugnata oggetto delle censure gia' dedotte: ne consegue che "motivi nuovi" ammissibili sono soltanto quelli con i quali, a fondamento del petitum gia' proposto nei motivi principali d'impugnazione, si alleghino argomentazioni (e non anche richieste) ulteriori rispetto a quelle originarie, non potendo essere ammessa l'introduzione di censure nuove in deroga ai termini tassativi entro i quali il ricorso va presentato. I motivi nuovi proposti a sostegno dell'impugnazione devono, pertanto, avere ad oggetto, a pena di inammissibilita', i medesimi capi o punti della decisione impugnata che siano stati oggetto di doglianza nell'originario atto d'impugnazione (Sez. 6, n. 73 del 21 settembre 2011, dep. 2012, Rv. 251780). In altri termini, in materia di termini per l'impugnazione, la facolta' del ricorrente di presentare "motivi nuovi" o "aggiunti" incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali, dei quali i motivi ulteriori devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, anche per ragioni eventualmente non evidenziate, ma risultando sempre ricollegabili ai capi ed ai punti gia' censurati; ne consegue che sono ammissibili soltanto i "motivi nuovi" o "aggiunti" con i quali, a fondamento del petitum formulato nei motivi principali, si alleghino argomentazioni ulteriori rispetto a quelle gia' svolte, non anche quelli con i quali si intenda ampliare l'ambito del predetto petitum, introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l'impugnazione" (Sez. 2, n. 38277 del 07/06/2019, Nuzzi, Rv. 276954, in motivazione). 6. Dalla complessiva inammissibilita' del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, cosi' equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita' (Corte Cost. 13/6/2000 n. 186). P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SABEONE Gerardo - Presidente Dott. CATENA Rossella - Consigliere Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere Dott. CAPUTO Angelo - rel. Consigliere Dott. GIORDANO Rosaria - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 13/04/2022 della CORTE APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPUTO; Rilevato che il difensore del ricorrente ha formulato richiesta di discussione orale del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, ex articolo 23, comma 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, quanto alla disciplina processuale, in forza del Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228, articolo 16, convertito, con modificazioni, nella L. 25 febbraio 2022, n. 15. Uditi in pubblica udienza Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione Giuseppe Riccardi, che ha concluso per l'annullamento con rinvio in relazione alla circostanza aggravante, l'annullamento senza rinvio in relazione alle statuizioni civili e il rigetto nel resto, e per il ricorrente l'Avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza deliberata il 13/04/2022, la Corte di appello di Milano - con le precisazioni di seguito svolte - ha confermato la sentenza del 12/03/2021 con la quale, all'esito del giudizio abbreviato e per quanto e' qui di interesse, il Tribunale di Milano aveva dichiarato (OMISSIS), responsabile del reato di atti persecutori ai danni del minore (OMISSIS), e dei genitori e lo aveva condannato alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni a favore delle parti civili liquidati in complessivi Euro 8 mila. 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), attraverso il difensore Avv. (OMISSIS), articolando le censure di seguito enunciate nei limiti di cui all'articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p.. 2.1. Il ricorso denuncia mancata applicazione degli articoli 81 e 523 c.p.p., essendo intervenuta revoca tacita della costituzione delle parti civili a seguito del mancato deposito in primo grado delle conclusioni scritte. 2.2. Il ricorso denuncia inoltre inosservanza dell'articolo 603 c.p.p., per la mancata rinnovazione dell'istruzione dibattimentale volta all'acquisizione della documentazione allegata ai motivi di appello (copia della denuncia-querela presentata da (OMISSIS), fotografia della missiva e del proiettile ricevuto dalla famiglia (OMISSIS), contratto di locazione), documentazione dimostrativa della "qualita'" dei rapporti tra i vari soggetti coinvolti e della problematica relativa al minore, anteriore all'arrivo nel condominio della famiglia (OMISSIS). 2.3. Il ricorso denuncia altresi' inosservanza dell'articolo 603 c.p.p., per la mancata rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, sopravvenuta al giudizio di primo grado, volta all'acquisizione della documentazione allegata ai motivi nuovi (trascrizione di un file audio di conversazione intercorsa tra l'imputato a (OMISSIS); denuncia querela dell'imputato nei confronti delle parti civili (OMISSIS) e dei (OMISSIS), verbale di interrogatorio di (OMISSIS), in altro procedimento) e funzionale alla valutazione dell'attendibilita' delle persone offese e alla sussistenza degli eventi del reato. 2.4. Il ricorso lamenta inoltre erronea applicazione dell'articolo 612-bis c.p., in relazione all'insussistenza dell'elemento oggettivo del reato. Mentre la sentenza di primo grado riteneva sussistenza un fondato timore delle persone offese per loro e per il figlio minore, la Corte di appello ha escluso che la condotta dell'imputato abbia determinato alcun evento, mentre con riferimento alla circostanza aggravante, la Corte di appello ritiene non dimostrato lo stato di ansia e di timore del minore, tale da sfociare in atti di autolesionismo. 2.5. Il ricorso censura poi l'erronea applicazione dell'articolo 612-bis c.p., comma 3, e lamenta vizi di motivazione in ordine alla sussistenza dell'aggravante, rispetto alla quale la motivazione della sentenza impugnata e' contraddittoria e ritiene sussistente la circostanza in relazione al timore dei genitori per l'incolumita' del figlio, sicche' sono in relazione ad essi poteva dirsi integrata la circostanza aggravante. 2.6. Il ricorso lamenta poi la conferma del diniego dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena. 3. Il difensore delle parti civili Avv. (OMISSIS), ha tramesso conclusioni nel senso del rigetto del ricorso, depositando nota spese. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso non merita accoglimento. 2. Il motivo richiamato al punto 2.1. del Ritenuto in fatto non merita accoglimento. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita', la mancata presentazione delle conclusioni scritte, previste dall'articolo 523 c.p.p., comma 2, non configura una revoca tacita della costituzione di parte civile allorche' quest'ultima si richiami alle conclusioni presentate all'atto della costituzione oppure siano verbalizzate le sue richieste relative al risarcimento del danno, alla concessione di provvisionale o alla rifusione delle spese (Sez. 5, n. 34922 del 29/04/2016, Borghi, Rv. 267769; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 29675 del 02/05/2016, Carbonelli, Rv. 267385). Nel caso di specie, lo stesso ricorso da' atto che le parti civili conclusero chiedendo il risarcimento dei danni. Richiesta, quest'ultima, da ritenersi generica, sicche', come questa Corte ha avuto modo di puntualizzare, in tale ipotesi il giudice puo' provvedere, senza incorrere nel vizio di ultra-petizione, alla liquidazione immediata in via equitativa (Sez. 4, n. 13733 del 23/03/2022, Stefanoni, Rv. 283020), restando la valutazione del giudice affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi censurabili in sede di legittimita' sotto il profilo del vizio della motivazione solo se essa difetti totalmente di giustificazione (laddove nel caso di specie, il giudice di primo grado faceva riferimento alle sofferenze psichiche causate alle vittime e alle difficolta' di riprendere uno stile di vita all'insegna della serenita') o si discosti macroscopicamente dai dati di comune esperienza o sia radicalmente contraddittoria (Sez. 5, n. 7993 del 09/12/2020, dep. 2021, Rv. 280495 - 02), il che e' da escludere nel caso di specie. 3. Il secondo e il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente attenendo entrambi al diniego di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, sono manifestamente infondati, in quanto la Corte distrettuale ha puntualmente argomentato l'irrilevanza, ai fini del decidere, della documentazione di cui si chiedeva l'acquisizione, con motivazione non scalfita dalle censure del ricorrente. 4. Le censure richiamate al punto 2.4. del Ritenuto in fatto non sono fondate. 4.1. La Corte di appello, per un verso, ha escluso che le condotte inurbane e gli atti emulativi dell'imputato abbiano integrato il reato contestato, non essendo provata la determinazione di uno degli eventi tipici; per altro verso, pero', la sentenza impugnata e' giunta a opposte conclusioni in ordine alla valutazione della condotta tenuta da (OMISSIS), nei confronti del minore, portatore di grave disabilita', (OMISSIS), apostrofato con espressioni gravemente offensive e destinatario della situazione di tensione connessa all'atteggiamento dell'imputato, tanto da compiere atti di autolesionismo, mordendosi e picchiandosi in testa. Rileva tuttavia la Corte di appello che lo stato di agitazione del minore si era manifestato anche prima dell'arrivo dei (OMISSIS), e che il minore non era in grado di comprendere cio' che gli veniva detto, laddove l'evento del reato va individuato nel fondato timore per l'incolumita' del minore in capo ai genitori, che svilupparono una preoccupazione, prima, e. poi, un vero e proprio timore per il precario equilibrio psico-fisico del figlio. Osserva quindi la Corte distrettuale che il prodursi dell'evento riconducibile al fondato timore in capo alle parti civili per l'incolumita' del figlio rende ragione della sussistenza del reato. 4.2. Le doglianze del ricorrente non inficiano la tenuta logico-argomentativa della sentenza impugnata. Indipendentemente dalle valutazioni della sentenza di primo grado, quella di appello, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, ha dato conto del perfezionamento di uno degli eventi tipici del delitto di atti persecutori, riconducendolo alla particolare condizione di disabilita' del figlio delle parti civili, agli effetti prodotti su di lui dalle condotte dell'imputato e alle conseguenze dell'una e degli altri sul fondato timore insorto nei genitori. Le ulteriori doglianze circa i connotati della reiterazione e il dolo sono del tutto generiche, tanto piu' che il ricorrente neppure deduce di avere specificamente devoluto tali punti al giudice di appello. 5. Le doglianze richiamate al punto 2.5. del Ritenuto in fatto non sono fondate. Il minore portatore di grave disabilita' era il destinatario delle condotte persecutorie dell'imputato, sicche' il fatto che, proprio per la disabilita' che lo affliggeva, egli, come ritenuto dalla sentenza impugnata, non fosse in grado di comprendere cio' che gli veniva detto e che avesse avuto delle reazioni di ansia alle contumelie che gli venivano rivolte, non esclude, come rilevato sempre dalla Corte di appello, che il "bersaglio" di tali condotte sia stato il minore, a sua volta "strumento" per la causazione dell'evento in capo ai genitori. La ratio di garanzia nei confronti di soggetti vulnerabili sottesa alla fattispecie circostanziale, in uno con la considerazione che il minore e' stato destinatario delle condotte persecutorie causative del grave stato di timore in capo ai genitori, convergono nel giudizio di infondatezza del motivo. 6. Le doglianze richiamate al punto 2.6. del Ritenuto in fatto non meritano accoglimento. La Corte di appello ha confermato il diniego dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche rilevando l'assenza di elementi suscettibili di positiva valutazione in tal senso, laddove il ricorso richiama l'incensuratezza dell'imputato e l'osservanza della misura cautelare impostagli, elementi disattesi dal giudice di appello che ha sottolineato la cessazione del reato abituale proprio in coincidenza con l'applicazione della misura cautelare all'imputato, le cui censure non risultano in grado di disarticolare l'intero ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo interno radicali incompatibilita', cosi' da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516). Quanto al diniego della sospensione condizionale della pena, la Corte di appello ha rimarcato la mancanza di resipiscenza e di rivisitazione critica delle sue condotte, con motivazione in linea con i dati probatori richiamati ed esente da vizi logici. 7. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute nel giudizio di legittimita' dalle parti civili, che, alla luce della nota spese depositata, si liquidano come da dispositivo. Il coinvolgimento di un minore impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalita' e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili che liquida in complessivi Euro 3.500,00, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TARDIO Angela - Presidente Dott. BIANCHI Michele - Consigliere Dott. CENTOFANTI Francesco - rel. Consigliere Dott. APRILE Stefano - Consigliere Dott. MAGI Raffaello - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nata a (OMISSIS) avverso la sentenza del 21/02/2019 del Tribunale di Lecce; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Francesco Centofanti; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luca Tampieri, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; lette le conclusioni del difensore di parte civile, avvocato (OMISSIS), che si e' associata al Pubblico ministero e ha chiesto la liquidazione delle spese; lette le conclusioni del difensore dell'imputata, avvocato (OMISSIS), che ha chiesto accogliersi il ricorso o, in subordine, dichiararsi la prescrizione del reato. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Lecce dichiarava (OMISSIS), colpevole della contravvenzione di cui all'articolo 660 c.p., e la condannava alla pena, condizionalmente sospesa, di cinquecento Euro di ammenda, oltre che al risarcimento dei danni, in forma generica, in favore della parte civile, per avere l'imputata, dalla propria soprastante abitazione, per biasimevoli motivi, recato molestia e disturbo agli occupanti l'abitazione sita al piano inferiore dello stabile (anche di notte, con rumori persistenti e continui, indossando zoccoli, colpendo il pavimento con attrezzi vari, tenendo accesa la televisione ad alto volume, urlando improperi, spegnendo l'interruttore dell'antenna centralizzata sita nel proprio appartamento). 2. Avverso tale sentenza l'imputata /interessate, ha proposto appello, a mezzo del suo difensore di fiducia, formulando censure in tema di denegata acquisizione di prove dibattimentali, di penale responsabilita', di mancato riconoscimento della speciale tenuita' del fatto, di mancato riconoscimento di attenuanti e di trattamento sanzionatorio. L'impugnazione - correttamente qualificata, ai sensi dell'articolo 568 c.p.p., comma 5, come ricorso per cassazione, che e' l'unico mezzo ammesso dalla legge processuale (articolo 593 c.p.p., comma 3), nei confronti delle sentenze di condanna alla sola pena dell'ammenda - e' stata quindi trasmessa a questa Corte. 3. La trattazione del ricorso e' avvenuta in forma scritta, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, conv. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso, sottoscritto da avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, non risulta manifestamente infondato, ne' sotto altro aspetto inammissibile, con partie'olare riferimento alla questione di ordine processuale e ai criteri di selezione e valutazione delle prove. Tale preliminare rilievo impone a questa Corte l'immediata declaratoria di una causa di proscioglimento, evidente e dunque prevalente sull'intervenuta prescrizione, a norma dell'articolo 129, c.p.p., commi 1 e 2. 2. La fattispecie di reato di cui all'articolo 660 c.p., e' integrata da molestie o disturbi che avvengano "in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono". Si tratta di reato a forma vincolata. Ebbene, gli atti emulativi di causa pacificamente non sono stati compiuti tramite telefono, ne' sono stati usati strumenti parificabili di comunicazione; mentre le abitazioni dell'imputata e delle persone offese (per integrare il requisito ulteriore e' necessario e sufficiente che, indifferentemente, il soggetto attivo o quello passivo, almeno uno di loro, si trovi in luogo pubblico o aperto al pubblico: Sez. 1, n. 11524 del 24/04/1986, Formenti, RV. 174068-01) sono luoghi privati. Possono infatti considerarsi aperti al pubblico l'androne, o le scale condominiali, ma non le singole unita' immobiliari (Sez. 1, n. 28853 del 16/06/2009, Leonini, Rv. 244301-01). 3. Per l'effetto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perche' il fatto non sussiste, restando ogni ulteriore profilo assorbito. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche' il fatto non sussiste.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VILLONI Orlando - Presidente Dott. GIORDANO E.Anna - rel. Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere Dott. DI GIOVINE Ombretta - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 28/07/2022 del Tribunale di Reggio Calabria; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano; sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Nicola Lettieri che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; sentite le conclusioni del difensore del ricorrente, avvocato (OMISSIS) che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Reggio Calabria ha confermato l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti, fra gli altri, di (OMISSIS), classe 2002 per i reati di cui all'articolo 614, comma 4; articolo 610 c.p. e articolo 628 c.p., commi 1 e 3, reati aggravati ai sensi dell'articolo 416.bis 1 c.p.. Allo stato il ricorrente si trova sottoposto, per questi fatti, alla misura degli arresti domiciliari. 2. (OMISSIS), chiede l'annullamento dell'ordinanza e con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati nei termini strettamente indispensabili ai fini della motivazione, denuncia: 1.violazione di legge e cumulativi vizi di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ragione delle incongruenze rilevabili al confronto delle dichiarazioni e le risultanze delle intercettazioni gia' denunciate con la richiesta di riesame e pretermesse dal Tribunale. Fino alle ore 01:06 l'indagato era in compagnia degli amici, trascorreva una serata del tutto normale e le risultanze del tracciamento non collocano l'auto presso l'abitazione della famiglia (OMISSIS). E' solo alle ore 01:34 che, incrociata altra autovettura, il (OMISSIS), apprende, dalla voce (probabilmente) di (OMISSIS), dell'aggressione gia' consumata a casa dei (OMISSIS). Il ricorrente, quanto all'ultimo segmento della condotta, neppure veniva riconosciuto da (OMISSIS) e la conversazione intercettata si e' svolta in toni civili; 2.violazione di legge per erronea applicazione dell'articolo 614 c.p. non essendo configurabile, alla stregua delle dichiarazioni delle persone offese, il reato avendo assimilato al luogo di privata dimora, il cortile dell'abitazione dove si erano svolti i fatti e confondendo la finalita' degli agenti che non era quello di introdursi nell'abitazione ma trovare il reo del furto presso l'abitazione del (OMISSIS); 3.erronea applicazione della legge penale per la qualificazione, come reato di rapina, della condotta di appropriazione della chiave. La ricostruzione dei giudici e' erronea perche' oggetto non e' stata l'auto - rimasta sul posto - ma la sola chiave che, fin dal momento dell'appropriazione, l'agente riferiva che sarebbe stata (come poi avvenuto) restituita il giorno seguente. Si e' trattato di un'asportazione temporanea e in carenza del dolo specifico poiche' non era intenzione dell'agente quella di procurarsi il possesso o di mantenerlo ma solo quello di costringere la vittima a tornare a casa a piedi; 4.travisamento degli indizi di colpevolezza con riferimento all'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., non sussistente ne' con riferimento alla finalita' agevolatrice, ricostruita dal Tribunale alla stregua della discendenza dell'indagato da persona condannata come partecipe alla cosca (OMISSIS) e alla partecipazione al fatto di numerosi componenti del clan (OMISSIS), finalita' agevolativa che non e' estensibile al concorrente che non sia animato da tale scopo. Parimenti erronea e' la ritenuta sussistenza del metodo mafioso confuso con un comportamento genericamente aggressivo. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso di (OMISSIS), classe 2002 e' proposto per motivi generici e manifestamente infondati poiche', anche in relazione al denunciato vizio di violazione della legge penale ai fini della qualificazione giuridica dei fatti, sollecita una rilettura degli elementi indiziari prettamente in fatto, operazione ricostruttiva, come noto, preclusa al giudice di legittimita' che deve rimanere rigorosamente ancorata alla valutazione degli elementi compiuta dal giudice del merito in presenza di una motivazione completa e, soprattutto, non manifestamente illogica o contraddittoria, degli elementi di fatto. 2. Il Tribunale ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza e il pericolo di reiterazione di reati per un episodio, articolatosi secondo una dinamica a violenza ingravescente, accaduto nelle prime ore del 23 luglio 2020 e che aveva comportato, a carico del ricorrente e di (OMISSIS), l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. Il Tribunale ha ritenuto accertato che quella notte il ricorrente e i correi, almeno cinque persone, si erano presentati presso l'abitazione della famiglia (OMISSIS), alla ricerca di (OMISSIS), sospettato di essere, insieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), uno degli autori del furto a casa di (OMISSIS). La spedizione, secondo la descrizione delle persone offese che sporgevano immediatamente denuncia e riferivano l'accaduto agli inquirenti indicando anche i nomi degli aggressori, pur rifiutandosi di proporre querela, si era consumata, attraverso una duplice sequenza, dapprima nel cortile e poi all'interno dell'abitazione dove uno degli aggressori aveva letteralmente operato una sorta di perquisizione alla ricerca del "sospettato", picchiando con un bastone su un tavolo. Gli aggressori, mentre si allontanavano, avevano colpito la videocamera del servizio di sorveglianza, ubicata nella veranda, sul portone di ingresso, divelta e portata via. Risulta che il ricorrente, che si trovava in auto con (OMISSIS) e sulla quale erano in corso intercettazioni ambientali, lungo la strada si era imbattuto nei fratelli (OMISSIS), inseguendoli e costringendoli a seguirli in una localita' isolata dove si trovavano altri complici e dove avevano fatto convenire anche alcuni componenti della famiglia (OMISSIS), il capofamiglia, (OMISSIS) e (OMISSIS), e dove, spontaneamente, erano convenuti anche (OMISSIS), fidanzata di (OMISSIS), e il fratello (OMISSIS). All'incontro erano presenti numerose altre persone e in questa occasione, dopo avere colpito con calci e pugni (OMISSIS) e (OMISSIS), e (OMISSIS), (OMISSIS), classe 2002, si era impossessato della chiave di accensione dell'autovettura di (OMISSIS), allontanandosi dal luogo. Come anticipato, in tali frangenti, alle ore 00.50, era intercettata a bordo dell'autovettura del ricorrente in cui erano presenti, oltre a questi, il (OMISSIS) e (OMISSIS), che aveva riferito di avere subito un furto nell'abitazione facendo anche un nome ( (OMISSIS)) quale autore del misfatto. Nel prosieguo, l'auto era stata segnalata ferma nelle vicinanze dell'abitazione dei (OMISSIS), e successivamente (dalle ore 01:07:39 alle ore 01:17:30) risultava che l'auto, con a bordo il ricorrente, si era posta all'inseguimento di altra autovettura ed aveva contestato agli occupanti, costretti a scendere dalla vettura, il furto in danno (OMISSIS) intimando, poi, agli stessi, di seguirli in un posto appartato dove si trovava un loro cugino ed altre persone e dove, nel frattempo, erano confluiti anche alcuni componenti della famiglia (OMISSIS). Nel corso dell'incontro (alle ore 01:34) veniva registrato parte di un colloquio, durante il quale uno dei "fermati" - cioe' (OMISSIS) - affermava di essere stato chiamato e avvertito dalla fidanzata, contestando agli interlocutori che erano entrati in casa della donna e veniva, altresi', intercettato l'invito del (OMISSIS) al (OMISSIS) di non parlare in macchina, oltre alla proposta del (OMISSIS) di spiegargliene le ragioni. Le intercettazioni riproducono anche parte dell'incontro, accompagnato dal pestaggio di (OMISSIS) e (OMISSIS) e dei fratelli (OMISSIS), nel corso del quale veniva contestato ai predetti di essere autori del furto ai danni del (OMISSIS). Rileva il Collegio che nell'ordinanza impugnata sono sinteticamente riportate le dichiarazioni rese dai componenti della famiglia (OMISSIS) (il capofamiglia (OMISSIS), la moglie, (OMISSIS), e (OMISSIS), oltre a quelle di (OMISSIS) e (OMISSIS)), su una composita dinamica. In particolare, (OMISSIS), ha riferito di avere ricevuto, poco prima dell'una, una prima visita, durante la quale era stato invitato a seguire gli autori in un luogo riservato e che, al suo rientro, perche' lungo la strada aveva perso il contatto, aveva trovato a casa altre tre persone che gli ribadivano, spintonandolo, di volere sapere dove si trovasse il figlio (OMISSIS). La seconda "visita", in realta' una vera e propria irruzione, e' stata meglio descritta da (OMISSIS), che era rimasta a casa, in assenza precaria del marito. La (OMISSIS), ha riferito che tre persone, anzi le stesse persone che avevano fatto la prima visita, incollerite perche' (OMISSIS), non si era presentato all'appuntamento, avevano colpito il figlio (OMISSIS); che una aveva colpito e divelto la telecamera ed era entrata in casa alla ricerca di (OMISSIS), urlando in tono minaccioso. Allo stato degli atti, le valutazioni del Tribunale sulla identificazione del ricorrente e sulla sua partecipazione ai fatti - e non solo al descritto inseguimento e "fermo" dei fratelli (OMISSIS) oggetto di contestazione del reato di violenza privata al capo 78 - non sono illogiche e le censure difensive si appuntano su una lettura parziale e frammentaria degli elementi indiziari. Premesso che i componenti della famiglia (OMISSIS) non hanno indicato a verbale il nome degli aggressori - che, pero', nelle immediatezze del controllo di polizia erano stati indicati da (OMISSIS), proprio in (OMISSIS) e (OMISSIS), - ritiene il Collegio che la identificazione dell'odierno ricorrente come una delle persone che si recavano a casa della famiglia (OMISSIS), e' stata confermata - anche sulla base della individuazione fotografica - da (OMISSIS), (che, con riguardo al (OMISSIS), ha precisato che si trattava del diciottenne) e dal fratello, (OMISSIS), quanto al correo Dieni ma, soprattutto, alla stregua delle risultanze delle intercettazioni che descrivono con chiarezza sia l'antefatto (l'arrivo del (OMISSIS), che lamentava il furto indicando chiaramente uno dei sospettati, (OMISSIS)), che le contestazioni dell'irruzione, e delle violente modalita' che l'avevano caratterizzata, consumata a casa (OMISSIS), riferita telefonicamente al fidanzato da (OMISSIS) e dal (OMISSIS), al ricorrente che si offriva di spiegargliene le ragioni. La difesa sostiene, attraverso la ricostruzione del tracciamento e delle intercettazioni, che non e' provata, in particolare, la partecipazione materiale del ricorrente alla "irruzione" a casa (OMISSIS) sulla base della distanza dell'auto (ricavata dal tracciamento) e delle modalita' con le quali il ricorrente stava tranquillamente conducendo la sua serata: non si tratta, tuttavia, di elementi cosi' decisivi idonei a vincere la capacita' di rappresentazione dei descritti elementi indiziari che individuano la presenza del (OMISSIS), a casa (OMISSIS), nel corso dell'irruzione, consumata in concorso e in sinergia con altre persone che hanno, poi, partecipato all'incontro, anch'esso con modalita' violente ed impositive, con i (OMISSIS), gia' costretti a seguire (OMISSIS) e (OMISSIS), classe 2002, in un luogo appartato per esigere la restituzione di quanto trafugato a casa (OMISSIS): non solo la (OMISSIS) ha riferito che si trattava delle stesse persone che avevano fatto la prima visita - collocata a poco prima delle ore 1:00 - ma ha precisamente riconosciuto il (OMISSIS) - che si trovava sempre in auto con l'odierno ricorrente come uno dei tre che avevano fatto irruzione in casa, una volta che (OMISSIS) e oil padre non si erano presentati alla convocazione loro intimata. Ed e' altrettanto parziale e frammentaria la lettura che la difesa del ricorrente sollecita ai fini della qualificazione giuridica del fatto dal momento che, secondo le dichiarazioni rese dalla (OMISSIS), la vicenda non si e' certo conclusa nella prima fase, quando il capofamiglia e' sceso in cortile ed ha accettato di seguire le persone che si erano presentate a casa, in un luogo riservato, ma ha avuto una duplice dinamica, attestata anche dalla ricostruzione che (OMISSIS), ha fatto proprio al ricorrente al momento dell'incontro in auto, anche questo svoltosi con modalita' costrittive e violente, documentate dall'intercettazione ambientale. Va, dunque, seguita la giurisprudenza di legittimita' secondo cui il reato di violazione di domicilio e' integrato dalla condotta di colui che si introduce nel domicilio altrui con intenzioni illecite, in quanto, in tal caso, deve ritenersi implicita la volonta' contraria del titolare dello "ius excludendi", non assumendo rilievo, invece, la mancanza di clandestinita' nell'agente o l'assenza di violenza sulle cose (Sez. 5, n. 30742 del 12/04/2019, Guglione, Rv. 276907), violenza a cose e persone che, nel caso, e' pacificamente sussistente sia perche' l'aggressore, accortosi della presenza della telecamera di sicurezza, ha provveduto ad asportarla svellendola dal suo alloggiamento (come confermato anche dall'accertamento di polizia) sia perche', al rientro in casa di (OMISSIS), questi veniva spintonato e analoga sorte aveva subito (OMISSIS). Il reato di cui all'articolo 614, c.p., come noto, e' reato a dolo generico. 3. E' manifestamente infondato il motivo di ricorso che contesta la insussistenza del dolo specifico in relazione all'appropriazione della chiave di accensione dell'auto di (OMISSIS), poiche' gia' al momento di appropriazione della chiave (ed e' lo stesso (OMISSIS) a riferirlo), (OMISSIS), aveva detto al proprietario dell'auto che avrebbe potuto riaverla il giorno seguente, sicche' non e' ravvisabile il dolo di profitto ma solo una volonta' "punitiva" di (OMISSIS), in quanto sospettato del furto, per costringerlo a tornare a casa a piedi. Le Sezioni Unite di questa Corte sono chiamate ad affrontare il tema delle caratteristiche del dolo specifico con riferimento al delitto di furto sull'assunto che, in relazione a tale reato, il fine di profitto integrante il dolo specifico deve essere interpretato in senso restrittivo, ossia come possibilita' di fare uso della cosa sottratta in qualsiasi modo apprezzabile sotto il profilo dell'utilita' intesa in senso economico/patrimoniale, nozione che non puo' essere estesa fino a raggiungere qualsiasi utilita' soggettivamente ritenuta apprezzabile, pervenendo ad identificare lo scopo di lucro con la generica volonta' di tenere per se' la cosa, che, sostiene il ricorrente, neppure e' ravvisabile nel caso in esame visto che (OMISSIS) aveva anticipato al (OMISSIS) che avrebbe potuto riavere la chiave il giorno seguente: la precarieta' del possesso, addirittura anticipata dall'autore del fatto, smentisce la volonta' appropriativa potendo, invece, configurarsi nel fatto il reato di violenza privata (costringere il (OMISSIS) a tornare a casa a piedi). Le argomentazioni difensive sono manifestamente infondate anche al confronto con le ragioni che sostengono la remissione alle Sezioni Unite della portata interpretativa della nozione di dolo di profitto, in materia di furto (Sez. 5, ordinanza del 18/11/2022). Certamente il dolo specifico di profitto, anche nella fattispecie di rapina, svolge la funzione di definire o, meglio, circoscrivere, per ridurne l'area applicativa, la fattispecie incriminatrice, ma, a differenza delle fattispecie di furto, in cui e' espressamente contemplato il cd. furto per fare uso momentaneo della cosa e questa, dopo l'uso momentaneo e' stata immediatamente restituita, la precarieta' dell'appropriazione non svolge la medesima funzione di elemento che concorre alla definizione del profitto dell'agente, nel senso che questo dovrebbe identificarsi unicamente nella istituzione di una nuova relazione di signoria duratura e non precaria sul bene. L'assenza di una fattispecie minore - incentrata sul solo fine di fare uso momentaneo della cosa - fa assurgere a rapina qualsiasi sottrazione aggressiva, con modalita' violente o minacciose, anche se finalizzata a farne un utilizzo temporaneo circoscritto purche' si sia agito al fine di instaurare un nuovo rapporto di possesso, non importa se definitivo perche' in sostanza rimesso alla volonta' dell'agente. Del resto, la giurisprudenza e' ferma nel ritenere che integra il momento consumativo del delitto di rapina propria anche un possesso temporaneo perche' esso si perfeziona non appena l'agente si impossessi, con violenza o minaccia, della cosa sottratta, ovverossia allorquando quest'ultima passi nella esclusiva detenzione e nella materiale disponibilita' del predetto, con conseguente privazione, per la vittima, del relativo potere di dominio o di vigilanza. (Sez. 1, n. 8073 del 11/02/2010, Pallotta, Rv. 246235). In conclusione ai fini della configurabilita' del reato di rapina resta decisiva sia la modalita', violenta o minacciosa, dell'impossessamento che la ricostruzione dell'oggetto dell'apprensione, nel senso che questo deve presentare unaconnotazione patrimoniale e l'agente abbia agito al fine di instaurare sul bene un nuovo rapporto di possesso, a prescindere dalla sua durata restando irrilevanti, ai fini del dolo specifico, le ulteriori motivazioni dell'agente e, nel caso, quello ritorsivo, sotteso all'impossessamento della chiave. Non e' revocabile in dubbio, ad avviso del Collegio che la chiave di accensione di un'auto (a differenza di altri beni mobili sui quali si sono appuntate, in materia di furto, le decisioni di questa Corte) possiede un intrinseco valore patrimoniale, restando, percio', irrilevanti gli ulteriori profili finalistici avuti di mira dall'indagato e le utilita' che questi si riprometteva di conseguire dall'acquisito possesso. In linea con queste conclusioni, in materia di rapina, questa Corte ha affermato che e' configurabile il relativo delitto, e non quello di violenza privata, quando la persona offesa sia costretta, con violenza o minaccia, a consegnare un proprio bene, anche per un uso meramente momentaneo, e ne perda il controllo durante l'utilizzo da parte dell'agente, il quale, in tal modo, consegue l'autonoma disponibilita' della cosa (Sez. 2, n. 16819 del 26/02/2019, Simone, Rv. 276052). Tale condotta non si risolve, come nella violenza privata, in una generica finalita' di avvantaggiarsi nei confronti della persona offesa attraverso una condotta di prevaricazione. Sul punto va, infine, rilevato che nella vicenda in esame non sussisteva alcun rapporto di prossimita' tra autore del reato e vittima, derivante da un pregresso rapporto tra le parti, che veniva in rilievo nei casi di cui si e' occupata la giurisprudenza che ha escluso la qualificazione come reati di furto dei cd. furti emulativi e affettivi ((i classici esempi della sottrazione delle chiavi dell'auto della moglie, per non farla uscire; l'oggetto strappato dalle mani della fidanzata, per impedirle di effettuare una telefonata), valorizzando una nozione ristretta di profitto, individuata come possibilita' di fare uso della cosa sottratta ricavandone una utilita' intesa in senso esclusivamente economico/patrimoniale. Nel caso in esame, invece, si e' in presenza di un'azione predatoria avente finalita' ritorsiva (ingiusta e illecita) che va messa in relazione alla ingiunzione alla vittima a restituire il maltolto al (OMISSIS) e realizzata attraverso l'appropriazione e impossessamento, la cui durata era rimessa al (OMISSIS) che aveva acquisito la signoria sulla cosa. La finalita' ritorsiva avuta di mira dall'indagato, svoltasi in un contesto dell'assoggettamento del (OMISSIS), incide non solo sulla qualificazione del fatto ma, come si avra' modo di precisare, sulla configurabilita' e sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. 4. E' generico e manifestamente infondato il motivo di ricorso sulla insussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. nella sua duplice articolazione. A questo riguardo il Tribunale del riesame ha correttamente applicato la nozione di finalita' agevolativa che, anche sotto il profilo soggettivo, deve essere imputabile all'agente oltre a quella del metodo sulla scorta di una completa ricostruzione in fatto di cui i motivi di ricorso offrono una ricostruzione molto riduttiva. L'aggravante dell'agevolazione, nonostante la discendenza familiare del (OMISSIS), da un contesto ndranghetista, viene, infatti, agganciata alle condotte, commesse anche in concorso con affiliati alla cosca della cui caratura criminale era ben consapevole, e per favorire un soggetto (il (OMISSIS), cioe' la vittima del presunto furto ascritto ai (OMISSIS)) vicino alla cosca (OMISSIS) e ritenuto, pertanto, una persona in grado di rafforzare la operativita' del sodalizio criminale e che direttamente si era rivolto proprio al ricorrente (e a (OMISSIS)), per riottenere la refurtiva. Imponente, poi, la prova indiziaria dell'uso del metodo ndranghetista poiche' le modalita' esecutive della condotta - l'irruzione a casa (OMISSIS); l'inseguimento e costrizione dei presunti autori del furto a recarsi in una localita' isolata, al cospetto di numerosi esponenti, anche di vertice, della cosca (OMISSIS); il pestaggio e, piu' in generale, la finalita' di recuperare la refurtiva, sostituendosi ai poteri dell'autorita' giudiziaria poiche' non consta che il (OMISSIS), abbia sporto, prima degli eventi, la denuncia di furto - sono, in concreto, idonee a evocare, nei confronti dei consociati e delle vittime, la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso (cfr. Sez. 1, n. 38770 del 22/06/2022, Iaconis, Rv. 283637). 5.Alla inammissibilita' del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che si reputa equo determinare nella misura di Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VILLONI Orlando - Presidente Dott. GIORDANO E.Anna - rel. Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere Dott. DI GIOVINE Ombretta - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 28/07/2022 del Tribunale di Reggio Calabria; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano; sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Nicola Lettieri che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; sentite le conclusioni del difensore del ricorrente, avvocato (OMISSIS), che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Reggio Calabria ha confermato l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti, fra gli altri, di (OMISSIS), per i reati di cui all'articolo 614, comma 4; articolo 610 e articolo 628 c.p., commi 1 e 3, reati aggravati ai sensi dell'articolo 416.bis 1 c.p.. Allo stato il ricorrente si trova sottoposto, per questi fatti, alla misura degli arresti domiciliari. 2. (OMISSIS), chiede l'annullamento dell'ordinanza e con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati nei termini strettamente indispensabili ai fini della motivazione, denuncia: 1.violazione di legge per erronea applicazione dell'articolo 614 c.p. non essendo configurabile, alla stregua delle dichiarazioni delle persone offese, il reato avendo assimilato al luogo di privata dimora, il cortile dell'abitazione dove si erano svolti i fatti e confondendo la stessa finalita' degli agenti che non era quello di introdursi nell'abitazione ma trovare il reo del furto presso l'abitazione del (OMISSIS); 2.erronea applicazione della legge penale per la qualificazione, come reato di rapina, della condotta di appropriazione della chiave. La ricostruzione dei giudici e' erronea perche' oggetto non e' stata l'auto - rimasta sul posto - ma la sola chiave che, fin dal momento dell'appropriazione, l'indagato riferiva che sarebbe stata (come poi avvenuto) restituita il giorno seguente. Si e' trattato di un'asportazione temporanea e di una condotta dalla quale esula il dolo specifico, elemento soggettivo del reato in esame imprescindibile altrimenti sussistendo il diverso reato di violenza privata, poiche' non era intenzione dell'agente quella di procurarsi il possesso o di mantenerlo ma solo quello di costringere la vittima a tornare a casa a piedi; 3.violazione di legge per omessa valutazione delle specifiche deduzioni che investivano la ricostruzione temporale dei fatti, oggetto di denuncia sporta alle ore 02:30 circa e delle fonti indiziarie favorevoli all'indagato. La ricostruzione appare incompatibile con la registrata presenza del ricorrente, alle ore 0:50, in localita' distante dall'abitazione del (OMISSIS) e con il contenuto della conversazione intercettata alle ore 01:34 che dava atto come, a quell'ora, la presunta violazione di domicilio fosse gia' stata consumata; 4.omessa motivazione rispetto alle doglianze difensive relative alla valutazione della gravita' indiziaria per tutti e ciascuno dei reati e travisamento delle fonti indiziarie e che denotano la mancanza di un apporto concreto del (OMISSIS), all'azione punitiva svoltasi in danno del gruppo (OMISSIS) e la marginalita' della condotta di quest'ultimo; 5.omessa motivazione con riferimento alla inutilizzabilita' delle intercettazioni svolte in diverso procedimento, eccezione elusa dal Tribunale; 6.travisamento degli indizi di colpevolezza con riferimento all'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., non sussistente ne' con riferimento alla finalita' agevolatrice, ricostruita dal Tribunale alla stregua della discendenza dell'indagato da persona condannata come partecipe alla cosca (OMISSIS) e alla partecipazione al fatto di numerosi componenti del clan (OMISSIS), finalita' agevolativa che non e' estensibile al concorrente che non sia animato da tale scopo. Parimenti erronea e' la ritenuta sussistenza del metodo mafioso, confuso con un comportamento genericamente aggressivo. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso di (OMISSIS), e' proposto per motivi generici e manifestamente infondati poiche', anche in relazione al denunciato vizio di violazione della legge penale ai fini della qualificazione giuridica dei fatti, sollecita una rilettura degli elementi indiziari prettamente in fatto, operazione ricostruttiva, come noto, preclusa al giudice di legittimita' che deve rimanere rigorosamente ancorata alla valutazione degli elementi compiuta dal giudice del merito in presenza di una motivazione completa e, soprattutto, non manifestamente illogica o contraddittoria, degli elementi di fatto. 2. Il Tribunale ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza e il pericolo di reiterazione di reati per un episodio, articolatosi secondo una dinamica a violenza ingravescente, accaduto nelle prime ore del 23 luglio 2020 e che aveva comportato, a carico del (OMISSIS), (e di (OMISSIS) cl. 2002) l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. Il Tribunale ha ritenuto accertato che quella notte il ricorrente e i correi, almeno cinque persone, si erano presentati presso l'abitazione della famiglia (OMISSIS) alla ricerca di (OMISSIS), sospettato di essere, insieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), uno degli autori del furto a casa di (OMISSIS). La spedizione, secondo la descrizione delle persone offese che sporgevano immediatamente denuncia e riferivano l'accaduto agli inquirenti indicando anche i nomi degli aggressori, pur rifiutandosi di proporre querela, si era consumata, attraverso una duplice sequenza, dapprima nel cortile e poi all'interno dell'abitazione dove uno degli aggressori aveva letteralmente operato una sorta di perquisizione alla ricerca del "sospettato", picchiando con un bastone su un tavolo. Gli aggressori, mentre si allontanavano, avevano colpito la videocamera del servizio di sorveglianza, ubicata nella veranda, sul portone di ingresso, divelta e portata via. Risulta che il ricorrente, che si trovava in auto con (OMISSIS), classe 2002 e sulla quale erano in corso intercettazioni ambientali, lungo la strada si era imbattuto nei fratelli (OMISSIS), inseguendoli e costringendoli a seguirli in una localita' isolata dove si trovavano altri complici e dove avevano fatto convenire anche alcuni componenti della famiglia (OMISSIS), il capofamiglia, (OMISSIS) e (OMISSIS), e dove, spontaneamente, erano convenuti anche (OMISSIS), fidanzata di (OMISSIS), e il fratello (OMISSIS). All'incontro erano presenti numerose altre persone e in questa occasione, dopo avere colpito con calci e pugni (OMISSIS) e (OMISSIS), e (OMISSIS), (OMISSIS), classe 2002, si era impossessato della chiave di accensione dell'autovettura di (OMISSIS), allontandosi dal luogo. Come anticipato, in tali frangenti, alle ore 00.50, era intercettata a bordo dell'autovettura di (OMISSIS) cl. 2022 in cui erano presenti, oltre a questi, l'odierno ricorrente e (OMISSIS), che aveva riferito di avere subito un furto nell'abitazione facendo anche un nome ( (OMISSIS)) quale autore del misfatto. Nel prosieguo, l'auto era stata segnalata ferma nelle vicinanze dell'abitazione dei (OMISSIS) e successivamente (dalle ore 01:07:39 alle ore 01:17:30) risultava che l'auto, con a bordo il ricorrente, si era posta all'inseguimento di altra autovettura ed aveva contestato agli occupanti, costretti a scendere dalla vettura, il furto in danno (OMISSIS) intimando, poi, agli stessi, di seguirli in un posto appartato dove si trovava un loro cugino ed altre persone e dove, nel frattempo, erano confluiti anche alcuni componenti della famiglia (OMISSIS). Nel corso dell'incontro (alle ore 01:34) veniva registrato parte di un colloquio, durante il quale uno dei "fermati" - cioe' (OMISSIS), - affermava di essere stato chiamato e avvertito dalla fidanzata, contestando agli interlocutori che erano entrati in casa della donna e veniva, altresi', intercettato l'invito del (OMISSIS) al (OMISSIS) di non parlare in macchina, oltre alla proposta del (OMISSIS) di spiegargliene le ragioni. Le intercettazioni riproducono anche parte dell'incontro, accompagnato dal pestaggio di (OMISSIS) e (OMISSIS) e dei fratelli (OMISSIS), nel corso del quale veniva contestato ai predetti di essere autori del furto ai danni del (OMISSIS). Rileva il Collegio che nell'ordinanza impugnata sono sinteticamente riportate le dichiarazioni rese dai componenti della famiglia (OMISSIS) (il capofamiglia (OMISSIS), la moglie, (OMISSIS), e (OMISSIS), oltre a quelle di (OMISSIS) e (OMISSIS)) su una composita dinamica. In particolare, (OMISSIS) ha riferito di avere ricevuto, poco prima dell'una, una prima visita, durante la quale era stato invitato a seguire gli autori in un luogo riservato e che, al suo rientro, perche' lungo la strada aveva perso il contatto, aveva trovato a casa altre tre persone che gli ribadivano, spintonandolo, di volere sapere dove si trovasse il figlio (OMISSIS). La seconda "visita", in realta' una vera e propria irruzione, e' stata meglio descritta da (OMISSIS) che era rimasta a casa, in assenza precaria del marito. La (OMISSIS), ha riferito che tre persone, anzi le stesse persone che avevano fatto la prima visita, incollerite perche' (OMISSIS), non si era presentato all'appuntamento, avevano colpito il figlio (OMISSIS); che una aveva colpito e divelto la telecamera ed era entrata in casa alla ricerca di (OMISSIS), urlando in tono minaccioso. Allo stato degli atti, le valutazioni del Tribunale sulla identificazione dei ricorrenti e sulla loro partecipazione ai fatti - e non solo al descritto inseguimento e "fermo" dei fratelli (OMISSIS) - non sono illogiche e le censure difensive si appuntano su una lettura parziale e frammentaria degli elementi indiziari. Premesso che i componenti della famiglia (OMISSIS) non hanno indicato a verbale il nome degli aggressori - che, pero', nelle immediatezze del controllo di polizia erano stati indicati da (OMISSIS) proprio in (OMISSIS) e (OMISSIS) - ritiene il Collegio che la identificazione dell'odierno ricorrente come una delle persone che si recavano a casa della famiglia (OMISSIS) e' stata confermata - anche sulla base della individuazione fotografica - da (OMISSIS) (che, con riguardo al (OMISSIS) ha precisato che si trattava del diciottenne) e dal fratello, (OMISSIS), quanto a (OMISSIS) ma, soprattutto, alla stregua delle risultanze delle intercettazioni che descrivono con chiarezza sia l'antefatto (l'arrivo del (OMISSIS), che lamentava il furto indicando chiaramente uno dei sospettati, (OMISSIS)) e le contestazioni, direttamente al ricorrente e a (OMISSIS), classe 2002, dell'irruzione, e delle violente modalita' che l'avevano caratterizzata, consumata a casa (OMISSIS), riferita telefonicamente al fidanzato da (OMISSIS) e dal (OMISSIS) all'odierno ricorrente e ad (OMISSIS), classe 2002. La difesa sostiene, attraverso la ricostruzione del tracciamento e delle intercettazioni, che non e' provata, in particolare, la partecipazione materiale di (OMISSIS), alla "irruzione" a casa (OMISSIS) sulla base della distanza dell'auto (ricavata dal tracciamento) e delle modalita' con le quali il ricorrente stava tranquillamente conducendo la sua serata: non si tratta, tuttavia, di elementi cosi' decisivi idonei a vincere la capacita' di rappresentazione dei descritti elementi indiziari che individuano la presenza del (OMISSIS) a casa (OMISSIS) nel corso dell'irruzione, consumata in concorso e in sinergia con altre persone che hanno, poi, partecipato all'incontro, anch'esso con modalita' violente ed impositive, con i (OMISSIS), gia' costretti a seguire (OMISSIS) e (OMISSIS), classe 2002, in un luogo appartato per esigere la restituzione di quanto trafugato a casa (OMISSIS): non solo la (OMISSIS), ha riferito che si trattava delle stesse persone che avevano fatto la prima visita - collocata a poco prima delle ore 1:00 - ma il (OMISSIS) e' stato precisamente indicato da (OMISSIS) come una delle persone presenti (e in realta' piu' numerose) dei tre che avevano fatto irruzione in casa, una volta che (OMISSIS) e il padre non si erano presentati alla convocazione ricevuta. Ed e' altrettanto parziale e frammentaria la lettura che la difesa del ricorrente sollecita ai fini della qualificazione giuridica del fatto dal momento che, secondo le dichiarazioni rese dalla (OMISSIS), la vicenda non si e' certo conclusa nella prima fase, quando il capofamiglia e' sceso in cortile ed ha accettato di seguire le persone che si erano presentate a casa, in un luogo riservato, ma ha avuto una duplice dinamica, attestata anche dalla ricostruzione che (OMISSIS), ha fatto proprio al ricorrente al momento dell'incontro, anche questo svoltosi con modalita' costrittive e violente, documentate dall'intercettazione ambientale. Va, dunque, seguita la giurisprudenza di legittimita' secondo cui il reato di violazione di domicilio e' integrato dalla condotta di colui che si introduce nel domicilio altrui con intenzioni illecite, in quanto, in tal caso, deve ritenersi implicita la volonta' contraria del titolare dello "ius excludendi", non assumendo rilievo, invece, la mancanza di clandestinita' nell'agente o l'assenza di violenza sulle cose (Sez. 5, n. 30742 del 12/04/2019, Guglione, Rv. 276907), violenza a cose e persone che, nel caso, e' pacificamente sussistente sia perche' l'aggressore, accortosi della presenza della telecamera di sicurezza, ha provveduto ad asportarla svellendola dal suo alloggiamento (come confermato anche dall'accertamento di polizia) sia perche', al rientro in casa di (OMISSIS), questi veniva spintonato e analoga sorte aveva subito (OMISSIS). Il reato di cui all'articolo 614, c.p., come noto, e' reato a dolo generico. 3. E' manifestamente infondato il motivo di ricorso che contesta la insussistenza del dolo specifico in relazione all'appropriazione della chiave di accensione dell'auto di (OMISSIS), poiche' gia' al momento di appropriazione della chiave (ed e' lo stesso (OMISSIS) a riferirlo), (OMISSIS) aveva detto al proprietario dell'auto che avrebbe potuto riaverla il giorno seguente, sicche' non e' ravvisabile il dolo di profitto ma solo una volonta' "punitiva" di (OMISSIS), in quanto sospettato del furto, per costringerlo a tornare a casa a piedi. Le Sezioni Unite di questa Corte sono chiamate ad affrontare il tema delle caratteristiche del dolo specifico con riferimento al delitto di furto sull'assunto che, in relazione a tale reato, il fine di profitto integrante il dolo specifico deve essere interpretato in senso restrittivo, ossia come possibilita' di fare uso della cosa sottratta in qualsiasi modo apprezzabile sotto il profilo dell'utilita' intesa in senso economico/patrimoniale, nozione che non puo' essere estesa fino a raggiungere qualsiasi utilita' soggettivamente ritenuta apprezzabile, pervenendo ad identificare lo scopo di lucro con la generica volonta' di tenere per se' la cosa, che, sostiene il ricorrente, neppure e' ravvisabile nel caso in esame visto che (OMISSIS) aveva anticipato al (OMISSIS) che avrebbe potuto riavere la chiave il giorno seguente: la precarieta' del possesso, addirittura anticipata dall'autore del fatto, smentisce la volonta' appropriativa potendo, invece, configurarsi nel fatto il reato di violenza privata (costringere il (OMISSIS), a tornare a casa a piedi). Le argomentazioni difensive sono manifestamente infondate anche al confronto con le ragioni che sostengono la remissione alle Sezioni Unite della portata interpretativa della nozione di dolo di profitto, in materia di furto (Sez. 5, ordinanza del 18/11/2022). Certamente il dolo specifico di profitto, anche nella fattispecie di rapina, svolge la funzione di definire o, meglio, circoscrivere, per ridurne l'area applicativa, la fattispecie incriminatrice, ma, a differenza delle fattispecie di furto, in cui e' espressamente contemplato il cd. furto per fare uso momentaneo della cosa e questa, dopo l'uso momentaneo e' stata immediatamente restituita, la precarieta' dell'appropriazione non svolge la medesima funzione di elemento che concorre alla definizione del profitto dell'agente, nel senso che questo dovrebbe identificarsi unicamente nella istituzione di una nuova relazione di signoria duratura e non precaria sul bene. L'assenza di una fattispecie minore - incentrata sul solo fine di fare uso momentaneo della cosa - fa assurgere a rapina qualsiasi sottrazione aggressiva, con modalita' violente o minacciose, anche se finalizzata a farne un utilizzo temporaneo circoscritto purche' si sia agito al fine di instaurare un nuovo rapporto di possesso, non importa se definitivo perche' in sostanza rimesso alla volonta' dell'agente. Del resto, la giurisprudenza e' ferma nel ritenere che integra il momento consumativo del delitto di rapina propria anche un possesso temporaneo perche' esso si perfeziona non appena l'agente si impossessi, con violenza o minaccia, della cosa sottratta, ovverossia allorquando quest'ultima passi nella esclusiva detenzione e nella materiale disponibilita' del predetto, con conseguente privazione, per la vittima, del relativo potere di dominio o di vigilanza. (Sez. 1, n. 8073 del 11/02/2010, Pallotta, Rv. 246235). In conclusione ai fini della configurabilita' del reato di rapina resta decisiva sia la modalita', violenta o minacciosa, dell'impossessamento che la ricostruzione dell'oggetto dell'apprensione, nel senso che questo deve presentare una connotazione patrimoniale e l'agente abbia agito al fine di instaurare sul bene un nuovo rapporto di possesso, a prescindere dalla sua durata, restando irrilevanti, ai fini del dolo specifico, le ulteriori motivazioni dell'agente e, nel caso, quello ritorsivo, sotteso all'impossessamento della chiave. Non e' revocabile in dubbio, ad avviso del Collegio che la chiave di accensione di un'auto (a differenza di altri beni mobili sui quali si sono appuntate, in materia di furto, le decisioni di questa Corte) possiede un intrinseco valore patrimoniale, restando, percio', irrilevanti gli ulteriori profili finalistici avuti di mira dall'indagato e le utilita' che questi si riprometteva di conseguire dall'acquisito possesso. In linea con queste conclusioni, in materia di rapina, questa Corte ha affermato che e' configurabile il relativo delitto, e non quello di violenza privata, quando la persona offesa sia costretta, con violenza o minaccia, a consegnare un proprio bene, anche per un uso meramente momentaneo, e ne perda il controllo durante l'utilizzo da parte dell'agente, il quale, in tal modo, consegue l'autonoma disponibilita' della cosa (Sez. 2, n. 16819 del 26/02/2019, Simone, Rv. 276052). Tale condotta non si risolve, come nella violenza privata, in una generica finalita' di avvantaggiarsi nei confronti della persona offesa attraverso una condotta di prevaricazione. Sul punto va, infine, rilevato che nella vicenda in esame non sussisteva alcun rapporto di prossimita' tra autore del reato e vittima, derivante da un pregresso rapporto tra le parti, che veniva in rilievo nei casi di cui si e' occupata la giurisprudenza che ha escluso la qualificazione come reati di furto dei cd. furti emulativi e affettivi ((i classici esempi della sottrazione delle chiavi dell'auto della moglie, per non farla uscire; l'oggetto strappato dalle mani della fidanzata, per impedirle di effettuare una telefonata), valorizzando una nozione ristretta di profitto, individuata come possibilita' di fare uso della cosa sottratta ricavandone una utilita' intesa in senso esclusivamente economico/patrimoniale. Nel caso in esame, invece, si e' in presenza di un'azione predatoria avente finalita' ritorsiva (ingiusta e illecita) che va messa in relazione alla ingiunzione alla vittima a restituire il maltolto al (OMISSIS) e realizzata attraverso l'appropriazione e impossessamento, la cui durata era rimessa al (OMISSIS) che aveva acquisito la signoria sulla cosa. Il contesto dei fatti e la presenza del (OMISSIS), all'impossessamento configurano a suo carico un consapevole contributo alla commissione dell'illecito avendo la sua stessa presenza rafforzato il proposito criminoso del correo, autore materiale del l'impossessa mento. La finalita' ritorsiva avuta di mira dall'indagato, svoltasi in un contesto dell'assoggettamento del (OMISSIS), incide non solo sulla qualificazione del fatto ma, come si avra' modo di precisare, sulla configurabilita' e sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. 4.La sussistenza, a livello indiziario, del reato di rapina aggravata - reato per il quale e' previsto l'arresto obbligatorio in flagranza, depriva di qualsiasi fondamento giuridico il motivo di ricorso in tema di inutilizzabilita' delle risultanze delle intercettazioni, sinteticamente ma correttamente esaminato nell'ordinanza impugnata. 5. E' generico e manifestamente infondato il motivo di ricorso sulla insussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis. 1 c.p. nella sua duplice articolazione. A questo riguardo il Tribunale del riesame ha correttamente applicato la nozione di finalita' agevolativa che, anche sotto il profilo soggettivo, deve essere imputabile all'agente oltre a quella del metodo sulla scorta di una completa ricostruzione in fatto di cui i motivi offrono una ricostruzione molto riduttiva. L'aggravante dell'agevolazione, nonostante la discendenza familiare del (OMISSIS), da un contesto ndranghetista, viene, infatti, agganciata alle condotte, commesse anche in concorso con affiliati alla cosca della cui caratura criminale era ben consapevole, e per favorire un soggetto (il (OMISSIS), cioe' la vittima del presunto furto ascritto ai (OMISSIS)), vicino alla cosca (OMISSIS) e ritenuto, pertanto, una persona in grado di rafforzare la operativita' del sodalizio criminale e che direttamente si era rivolto proprio al ricorrente (e a (OMISSIS), classe 2002), per riottenere la refurtiva. Imponente, poi, la prova indiziaria dell'uso del metodo ndranghetista poiche' le modalita' esecutive della condotta - l'irruzione a casa (OMISSIS); l'inseguimento e costrizione dei presunti autori del furto a recarsi in una localita' isolata, al cospetto di numerosi esponenti, anche di vertice, della cosca (OMISSIS); il pestaggio e, piu' in generale, la finalita' di recuperare la refurtiva, sostituendosi ai poteri dell'autorita' giudiziaria poiche' non consta che il (OMISSIS), abbia sporto, prima degli eventi, la denuncia di furto - sono, in concreto, idonee a evocare, nei confronti dei consociati e delle vittime la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso (cfr. Sez. 1, n. 38770 del 22/06/2022, Iaconis, Rv. 283637). 6.Alla inammissibilita' del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che si reputa equo determinare nella misura di Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5841 del 2022, proposto dal Cipess - Comitato Interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, dal Ministero dell'economia e delle finanze, dalla Presidenza del consiglio dei ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via (...); contro la Re. A.P., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti di Sa. s.p.a. ed En. s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione seconda, n. 6272 del 17 maggio 2022, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Re. A.P.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2023 il consigliere Giuseppe Rotondo e uditi per le parti gli avvocati Sa. Me., su delega dichiarata di Ma. Ce., e l'avvocato dello Stato Al. Br.. FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso allibrato al nrg 2285/2022, l'associazione Re. A.P. proponeva ricorso al T.a.r. per il Lazio per l'annullamento: a) del silenzio-diniego opposto da S.A. s.p.a. Sezione speciale per l'Assicurazione del Credito all'Esportazione alla richiesta di informazioni ambientali e accesso agli atti e ai documenti amministrativi; b) della decisione dalla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri del 24 gennaio 2022, nella parte in cui ha rigettato il ricorso proposto da Re. A.P. ex art. 25, comma 4, della legge n. 241/1990 per il riesame del predetto silenzio-diniego; nonché per la declaratoria della sussistenza del diritto della ricorrente all'accesso alle informazioni detenute da S.A. s.p.a. inerenti ai progetti di produzione, liquefazione e commercializzazione di gas naturale denominati "Mozambique LNG Project" e "Coral South", mediante rilascio di copia in carta semplice della documentazione richiesta da Re. A.P. con istanza in data 20 ottobre 2021. 1.1. Esponeva la ricorrente che: a) con istanza in data 21 giugno 2021, presentava a mezzo pec al CIPE - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica formale istanza di accesso ad informazioni inerenti gli impegni di natura finanziaria ed assicurativa assunti da S.A. Spa relativamente ai progetti di produzione, liquefazione e commercializzazione di gas naturale denominati "Mozambique LNG Project" e "Coral South", nonché 3 "Rovuma LNG Project". Nella predetta istanza al CIPE si precisava che da "fonti ufficiali e giornalistiche risultava che SA. spa (e SI. spa) hanno assunto impegni di natura finanziaria ed assicurativa con riferimento ai predetti progetti ubicati in Mozambico, e che il Comitato Interministeriale è competente ad esprimersi sulla garanzia statale degli impegni assunti da SA. nello svolgimento delle proprie funzioni"; b) con nota in data 30 giugno 2021, il CIPE girava l'istanza al Ministero dell'Economia e delle Finanze il quale, con nota del 30 luglio 2021, invitava SA. spa a fornire un riscontro diretto alla scrivente associazione; c) SA. spa, a mezzo pec del 2 agosto 2021, trasmetteva la nota in data 28 luglio 2021 con la quale forniva parziale riscontro alla predetta istanza di accesso; d) con successiva nota, inviata a mezzo pec in data 20 ottobre 2021 alla S.A. s.p.a., l'associazione ReCommon richiedeva l'invio delle seguenti informazioni e documenti relativi ai predetti progetti, ai sensi del d.lgs. 195/2005, oltreché art. 5, commi 1 e 2, d.lgs. n. 33/2013 nonché art. 22 della legge n, 241 del 1990: "I) Operazione "Mozambique LNG": 1. Se nel lasso temporale di circa due anni tra la data in cui è stata effettuata la valutazione di impatto ambientale del progetto (giugno 2017) e quella in cui è avvenuta l'approvazione dell'operazione da parte del Cda di SA. (30/09/2019), siano stati effettuati ulteriori monitoraggi ambientali od altri atti istruttori di cui si chiede l'invio di copia; 2) si chiede, altresì, di conoscere se vi sia stato il rilascio della garanzia statale per detta operazione e, in caso affermativo, se il rilascio della garanzia statale sia stato comunque preceduto, ai sensi dell'art. 6, comma 9-ter D.L. n. 269/2003 e 4 s.m.i., da un decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze e, in ipotesi, si domandano gli estremi di detto decreto e la trasmissione di copia del medesimo; 3) atteso che dalla Relazione della Corte dei Conti al Parlamento italiano su Consap, comunicata alla Presidenza il 30 marzo 2021 (...) risulta che la stessa Consap abbia dato parere negativo in ordine al rilascio della garanzia statale per detta operazione, si chiede di ricevere le istanze formulate da SA. in tal senso e i relativi pareri emessi da Consap; II) Operazione "Coral South". 1) Si chiede di conoscere il nominativo del "consulente ambientale indipendente" cui si fa riferimento nella Vs. nota del 28/07/2021 che ha rivisto lo Studio di Impatto Ambientale (ESIA) relativo a detta operazione. Si chiede altresì copia degli esiti di tale revisione; 2) si chiede di conoscere se vi sia stato il rilascio della garanzia statale anche per l'operazione "Coral South" e, in caso affermativo, se il rilascio della garanzia statale sia stato comunque preceduto, ai sensi dell'art. 6, comma 9-ter D.L. n. 269/2003 e s.m.i., da un decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze e, in ipotesi, si domandano gli estremi di detto decreto e la trasmissione di copia del medesimo. Inoltre, con riferimento alla prima ns. istanza del 21/07/2021 (Vs. Prot. DT64925), si evidenzia che non sono state fornite le seguenti informazioni ambientali e/o consegnati i seguenti atti e documenti, per cui si sollecita l'invio dei medesimi: 1) il report di "Wo. Ma. ltd" sul progetto "Mozambique LNG"; 2) le osservazioni pervenute dal pubblico ex paragrafo 40 dei "Common Approaches" dell'OCSE, con specifico riferimento sempre ai tre progetti in oggetto; 3) le pubblicazioni semestrali relative alle informazioni ambientali concernenti la natura dei progetti, degli standard seguiti e delle informazioni riviste, integrate dalla espressa indicazione delle modalità e le relative frequenze configurate circa le procedure di monitoraggio ivi adottate nella fase di costruzione dei tre progetti in esame (con indicazione della prima data di divulgazione): 4) i bilanci di esercizio relative agli anni 2017, 2018, 2019 e 2020; 5) le Relazioni sulle attività di SA. - SI. con riferimento agli anni 2017, 2018 e 2019"; e) decorsi trenta giorni dall'istanza di accesso senza che fosse pervenuta una risposta, con pec del 19 dicembre 2021, ReCommon trasmetteva ricorso alla Commissione per l'Accesso ai Documenti Amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso il silenzio-diniego opposto da S.A. Spa, chiedendone il riesame ex art. 25, comma 4, l. n. 241/1990 ed art. 7 d.lgs. 195/200; f) la Commissione per l'Accesso ai Documenti Amministrativi, preso atto della nota difensiva di SA. del 3.01.2022 (doc. 7), emetteva il parere del 24.01.2022 DICA 0001910 P-4.8.1.8.3 (doc. 8) con cui, dopo aver precisato che la documentazione richiesta è qualificabile come "informazione ambientale" ai sensi del d.lgs. 195/2005, dichiarava il ricorso parzialmente irricevibile, parzialmente improcedibile per cessata materia del contendere e parzialmente lo rigettava perché infondato. 1.2. Il ricorso veniva basato su un unico motivo di diritto per "Plurima violazione dell'art. 5, del d.lgs. n. 195/2005" (esteso da pagina 6 a pagina 11). 1.3. Si costituivano la S.A. e il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo industriale che, oltre al rigetto del ricorso, ne eccepivano la sua inammissibilità . 1.4. Il T.a.r per il Lazio, sezione seconda, con sentenza n. 6272 del 17 maggio 2022 impugnata: a) accertava, in quanto incontestato tra le parti, che la documentazione richiesta era qualificabile come "informazione ambientale" ex d.lgs. n. 195/2005 e, per l'effetto, respingeva l'eccezione di difetto di legittimazione attiva, formulata dalle resistenti; b) rilevava che l'istanza formulata dalla ricorrente, oltre a non apparire manifestamente irragionevole avuto riguardo alle finalità di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 152/2006, non era espressa in termini eccessivamente generici né era finalizzata a un controllo indiscriminato sull'operato di S.A.; c) evidenziava che la speciale disciplina dell'accesso all'informazione ambientale escludeva comunque l'applicazione dell'art. 24, comma 3, della legge n. 241/1990 che preclude l'accesso in funzione di un controllo generalizzato sull'operato dell'amministrazione; d) escludeva che la mera esistenza di accordi di riservatezza definiti in fase di ingaggio con ciascun consulente tecnico potesse essere opposta quale limite all'esercizio dell'accesso ambientale; e) ritenuto che S.A. non avesse dato alcuna evidenza dell'omesso consenso all'ostensione dei soggetti coinvolti e nemmeno eseguito una valutazione ponderata tra l'interesse pubblico all'informazione e l'interesse tutelato dall'esclusione dall'accesso; f) rilevava che il comma 3 dell'art. 5 del d.lgs. n. 195/2005 impone all'autorità pubblica di applicare in modo restrittivo le disposizioni dei primi due commi della medesima disposizione; g) accoglieva, pertanto, il ricorso con consequenziale ordine all'amministrazione resistente di consentire l'accesso agli atti richiesti, previo eventuale oscuramento delle parti e contenuti la cui divulgazione sia idonea a comportare un concreto pregiudizio per gli interessi di riservatezza dei dati personali o riguardanti le persone fisiche coinvolte, che espressamente non abbiano acconsentito alla loro divulgazione; h) assegnava a S.A. un termine di quaranta giorni, con l'avvertenza che, in caso di inadempimento, si procederà, su apposita istanza della ricorrente, alla nomina di un commissario ad acta, con spese a carico della medesima S.A. 2. Hanno appellato la S.A. s.p.a., C.I. (comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) il Ministero dell'economia e delle finanze e la Presidenza del Consiglio dei ministri - commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, affidando il gravame a due motivi di diritto: a) inammissibilità dell'originario ricorso di primo grado e difetto di legittimazione attiva di ReCommon; b) infondatezza della originaria domanda di accesso alle informazioni ambientali in quanto: a) non tutte le informazioni richieste da controparte sarebbero classificabili come informazioni ambientali; b) la normativa in materia, pur concedendo ampio margine di accesso ai documenti in materia ambientale, riconoscerebbe dei limiti, individuati all'art. 5 del d.lgs. n. 195/2005 (in particolare, la riservatezza ex comma 2, lettera f); c) la sentenza non consentirebbe a S.A. di potere effettuare una reale valutazione dei contrapposti interessi in gioco, con pregiudizio non solo alla riservatezza di dati personali o riguardanti le persone fisiche ma anche agli accordi di riservatezza; d) le ulteriori informazioni richieste rispetto a documenti già disponibili riguarderebbe nominativi e dunque informazioni sensibili di soggetti terzi, coperti da accordi di riservatezza. 2.1. Si è costituita la Re. A.P. per resistere. 2.2. Con ordinanza n. 5462 del 18 novembre 2022, è stata respinta la domanda di sospensione della sentenza impugnata. 2.3. Le parti hanno depositato documenti. 3. Alla camera di consiglio del 16 febbraio 2023, la causa è stata trattenuta perla decisione. 4. L'appello è infondato. 5. Con il primo motivo, parte appellante sostiene che l'istanza di accesso e il pedissequo ricorso sarebbero inammissibili per difetto di legittimazione interesse ad agire della Re. A.P. e che, erroneamente, il T.a.r. avrebbe respinto l'eccezione formulata in primo grado. 6. Il motivo è fondato. L'art. 3 del d.lgs 19 agosto 2005, n. 195 testualmente dispone che "l'autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l'informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse". L'accesso in materia ambientale è, dunque, specificamente contenuto nel d.lgs. n. 195/2005, che prevede un regime di pubblicità tendenzialmente integrale dell'informativa ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva (ampliando notevolmente il novero dei soggetti legittimati all'accesso in materia ambientale) e sia per quello che riguarda il profilo oggettivo (prevedendosi un'area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti di cui agli artt. 22 e segg. della legge n. 241/1990). E' stato chiarito che, ai sensi dell'art. 2 del citato decreto, per informazione ambientale si intende qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente: 1) lo stato degli elementi dell'ambiente, quali l'aria, l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati e, inoltre, le interazioni tra questi elementi; 2) fattori quali le sostanze, le energie, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell'ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell'ambiente, individuati al numero 1); 3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi. Sulla scorta di tale perimetrazione, la giurisprudenza ha ritenuto che, nonostante l'art. 3, comma 1, del decreto in esame, non contempli per il richiedente dell'accesso all'informazione ambientale l'obbligo di dichiarare il proprio interesse, il giudice chiamato a pronunciarsi sulla legittimità dell'eventuale diniego espresso o tacito (e prima ancora la stessa amministrazione) ben può pronunciarsi sull'effettiva sussistenza in capo al richiedente di un suo interesse propriamente "ambientale" agli effetti dell'accoglibilità della sua richiesta di accedere alla documentazione asseritamente contenente le "informazioni ambientali" da lui ricercate (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 4883 del 30 agosto 2011). Tale perimetrazione soggettiva riposa sul principio di diritto per cui l'ordinamento non può ammettere che di un diritto nato con specifiche e determinate finalità si faccia uso per scopi diversi (Cons. Stato, sez. V, 10 novembre 2022, n. 9843). Ragion per cui è richiesto che il richiedente alleghi l'interesse che intende far valere sia proprio un interesse ambientale (Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 1670 del 13 marzo 2019; id., 15 ottobre 2009, n. 6339). Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, la giurisprudenza ha ritenuto legittimo il diniego opposto a una istanza di accesso ad informazioni ambientali, ove dall'istanza stessa emerga che l'interesse che si intende far valere non è un interesse ambientale e che lo scopo del richiedente è quello di acquisire dati di natura diversa, ovvero emulativi, concorrenziali, di controllo generalizzato, anticompetitivi (Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 4636 del 5 ottobre 2015). 6.1. Nel caso di specie, l'istanza della odierna appellata - seppure indichi tra le ragioni sottesa all'accesso la finalità di acquisire informazioni inerenti gli impegni di natura finanziaria ed assicurativa assunti da S.A. s.p.a. relativamente ai progetti di produzione, liquefazione e commercializzazione di gas naturale denominati "Mozambique LNG Project" e "Coral South", nonché 3 "Rovuma LNG Project" - poi essa rileva, al suo più approfondito e complessivo esame, un effettivo interesse ambientale non meramente indiretto bensì, concreto e rilevante, tale da escludere che del diritto (nato con finalità ambientali) se ne intenda fare uso per finalità del tutto diverse. 6.2. Ciò risulta sia dal contenuto dell'istanza che dal ricorso introduttivo del presente giudizio da cui si evince che le informazioni sono funzionali alla conoscenza: i) dei monitoraggi ambientali intercorsi tra la valutazione di impatto ambientale del progetto (giugno 2017) e quella in cui è avvenuta l'approvazione dell'operazione da parte del Cda di SA. (30/09/2019); ii) del rilascio delle garanzie statali su tali monitoraggi ambientali; iii) dell'adozione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze sulle garanzie statali; iv) delle istanze formulate da SA. in tal senso e i relativi pareri emessi da Consap; v) dello Studio di Impatto Ambientale (ESIA) e della sua revisione; vi) delle osservazioni ex paragrafo 40 dei "Common Approaches" dell'OCSE, con specifico riferimento ai tre progetti in questione; vii) delle pubblicazioni semestrali relative alle informazioni ambientali concernenti la natura dei progetto, degli standard seguiti e delle informazioni riviste, integrate dalla espressa indicazione delle modalità e le relative frequenze configurate circa le procedure di monitoraggio ivi adottate nella fase di costruzione dei tre progetti in esame (con indicazione della prima data di divulgazione). 6.3. L'istanza di accesso persegue, dunque, in via immediata l'interesse ambientale. Pertanto, deve considerarsi corretta la statuizione del giudice di primo grado, che ha respinto l'eccezione di inammissibilità . 6.4. L'istanza, peraltro, non è affatto di contenuto generico poiché sollecita l'informazione con riguardo a documenti individuati in modo puntuale. 7. Con il secondo motivo di appello, si deduce l'infondatezza, nel merito, del ricorso. 8. Anche questo motivo è infondato, per le considerazioni dirimenti che seguono. 8.1. E' stato già rilevato in sede cautelare da questa Sezione la disciplina legislativa in materia di informazione ambientale, contenuta nel d.lgs. n. 195/2005, "Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale", e in particolare l'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 195/2005, è ispirata palesemente da criteri restrittivi nell'applicazione da parte dell'autorità pubblica delle ipotesi di diniego dell'accesso all'informazione ambientale, imponendo inoltre all'autorità pubblica, in relazione a ciascuna richiesta di accesso, di effettuare una valutazione ponderata fra l'interesse pubblico all'informazione ambientale e l'interesse tutelato dall'esclusione dall'accesso. 8.2. Tale criterio restrittivo riguarda anche il diniego di accesso all'informazione ambientale quando la divulgazione dell'informazione reca pregiudizio alla riservatezza dei dati personali o riguardanti una persona fisica, nel caso in cui essa non abbia acconsentito alla divulgazione dell'informazione al pubblico (art. 5, comma 2, lettera f, del d.lgs. n. 195/2005, che riproduce in parte qua l'art. 3 della direttiva europea in materia 2003/4/CE, che espressamente qualifica le ipotesi di diniego come "eccezioni"). 8.3. La sentenza impugnata, confermando l'interpretazione restrittiva delle ipotesi di diniego di accesso all'informazione ambientale, ha correttamente escluso che la mera esistenza di accordi di riservatezza definiti in fase di ingaggio con ciascun consulente tecnico possa essere opposta quale limite all'esercizio dell'accesso ambientale. 8.4. Inoltre, rilevando che S.A. non avesse dato alcuna evidenza dell'omesso consenso all'ostensione dei soggetti coinvolti e nemmeno eseguito una valutazione ponderata tra l'interesse pubblico all'informazione e l'interesse tutelato dall'esclusione dall'accesso, altrettanto correttamente, nell'accogliere il ricorso, ha autorizzato l'eventuale oscuramento delle parti e contenuti la cui divulgazione possa rivelarsi idonea a comportare un concreto pregiudizio per gli interessi di riservatezza dei dati personali o riguardanti le persone fisiche coinvolte, che espressamente non abbiano acconsentito alla loro divulgazione. 8.5. L'impugnata decisione, dal suo canto, ha anche svolto, sotto questo specifico profilo, una congruente ponderazione fra l'interesse pubblico all'informazione ambientale e l'interesse tutelato dall'esclusione dall'accesso, confermando la regola dell'accesso all'informazione ambientale, posta dal legislatore, e assicurando nel contempo la tutela della riservatezza tramite la possibilità dell'oscuramento dei nomi coperti da accordi di riservatezza. 9. Ne consegue, l'infondatezza dell'appello che va, pertanto, respinto. 10. Le spese di giudizio, considerata la peculiarità della controversia, possono essere compensate tra le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2023 con l'intervento dei magistrati: Vincenzo Lopilato - Presidente FF Francesco Gambato Spisani - Consigliere Giuseppe Rotondo - Consigliere, Estensore Luca Monteferrante - Consigliere Ofelia Fratamico - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte d'Appello di Bari, prima Sez. pen., composta dai magistrati 1) dr.ssa Francesca LA MALFA - Presidente 2) dr.ssa Maria Teresa ROMITA - Consigliere 3) dr. Roberto CAPPITELLI - Consigliere rel. Con l'intervento del P.G., rappresentato dal Sostituto Procuratore Generale dott.ssa (...); con l'assistenza del Cancelliere Esperto dott.ssa (...) ha pronunziato la seguente SENTENZA Con motivazione riservata nella causa penale con rito ordinario nei confronti di: - (...), nata a (...) il (...), ivi residente alla via (...) n. 5, domicilio dichiarato, libera,presente; difesa di fiducia dall'avv. Vi.Bu., presente. - (...), Omissis (deceduta nelle more del giudizio di primo grado). IMPUTATE a) Del delitto di cui agli artt. 110 e 612 bis c.p., perché, in concorso tra loro, con condotte reiterate, molestavano (...), in modo da cagionare alla stessa un perdurante stato d'ansia e da costringere la stessa a modificare le proprie abitudini di vita (segnatamente a parcheggiare la propria autovettura in posti diversi da quelli posizionati sotto la loro abitazione); in particolare, in molteplici occasioni la ingiuriavano con espressioni del tipo: "Puttana! Cornuta! Tuo marito va facendo figli con altre donne! Tu e le tue figlie siete delle zoccole! Tu e tua figlia vi aprite le gambe! Sei una mongoloide! Sei una buglia!" oppure imbrattava l'autovettura di sua proprietà, ponendo in essere i reati di cui al capo b); In Cerignola, dal 2013 all'aprile 2014; b) Del delitto di cui agli artt. 61 comma 1 n. 2, 81 comma 2, 110 e 639 comma 1 e 2 c.p., perché, anche al fine di commettere il delitto di cui al capo a), con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, imbrattavano le autovetture di proprietà di (...), (...) ed (...), con terra, acqua e polvere bianca; In Cerignola, in più occasioni dal 2013 all'aprile 2014. Con la costituzione di parte civile di (...), (...) e (...), rappresentati e difesi dall'avv. Mi.Lu.. Appellante il difensore dell'imputata (...) avverso la sentenza emessa, in data 03.12.2021, dal Tribunale di Foggia, in composizione monocratica, che, previa dichiarazione di non doversi procedere nei confronti di (...) per intervenuta morte del reo, l'aveva dichiarata colpevole dei reati a lei ascritti e, per l'effetto, concesse le circostanze attenuanti generiche, riconosciuto il vincolo della continuazione, l'aveva condannata alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi cinque di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Il Tribunale aveva, altresì, condannato l'imputata al risarcimento dei danni arrecati alle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, nonché alla rifusione, in favore delle stesse, delle spese di costituzione e assistenza difensiva, liquidate come in dispositivo. CONSIDERATO IN FATTO 1. Con sentenza n. 3048/21, emessa in data 03.12.21 (depositata in data 01.03.2022, entro il prefissato termine di 90 giorni), il Tribunale di Foggia, in composizione monocratica, all'esito di giudizio svoltosi secondo le forme del rito ordinario, ha dichiarato (...) colpevole dei reati ex artt. 612 bis e 639 ascrittile e, per l'effetto, concesse le circostanze attenuanti generiche e riconosciuto il vincolo della continuazione, l'ha condannata alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi cinque di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Il Tribunale ha condannato, altresì, l'imputata al risarcimento dei danni arrecati alle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, nonché alla rifusione, in favore delle stesse, delle spese di costituzione e assistenza difensiva, liquidate come in dispositivo. A tale decisione è pervenuto il giudice di prime cure sulla scorta degli elementi acquisiti in sede di istruttoria dibattimentale e, in particolare, delle dichiarazioni rese dai numerosi testi escussi in dibattimento, dalla cui valutazione complessiva sono emerse le reiterate condotte moleste e petulanti poste in essere dalla prevenuta e dalla di lei madre, deceduta nelle more del giudizio di primo grado. In particolare, dal quadro istruttorio è emerso che (...), (...) e (...) - costituitisi parti civili nel giudizio instauratosi - furono sottoposti, nel perimetro temporale compreso tra il 2013 e l'aprile del 2014, a continue aggressioni verbali da parte della (...), la quale, risiedendo in uno stabile di fronte a quello delle persone offese, non tollerava la loro abitudine di parcheggiare dinanzi all'abitazione ove la stessa dimorava insieme alla propria madre, affetta da significativi problemi di salute. Stando alle dichiarazioni delle parti civili, ritenute dal giudice logiche e coerenti, la situazione subì una netta recrudescenza allorquando sulla via interposta tra le abitazioni - già di per sé molto stretta - venne riservato un posto per disabili, ragion per cui, gli abitanti della strada si videro costretti a parcheggiare le proprie vetture su un unico lato della carreggiata, ossia quello adiacente all'abitazione dell'imputata. L'abitudine della (...) e dei suoi familiari di posteggiare la vettura dinanzi alla propria dimora, rappresentò, dunque, il pretesto per la (...) per porre in essere una serie di comportamenti disturbanti nei loro confronti, estrinsecatisi in continue offese che la stessa era solita proferire ogni qualvolta le capitava di vedere qualcuno di loro in strada. Tali situazioni spiacevoli, spesso aventi ad oggetto frasi quali: "sei una puttana, tu e le tue figlie siete delle zoccole, sei una cornuta, tuo marito va facendo figli con altre donne" oppure "ui la duglia, ui la puttana, ui u bastardo", finirono col trasmodare, in qualche occasione, in atti di deturpamento delle vetture degli offesi, atteso che fu proprio l'ultimo degli episodi di tal guisa ad indurre la (...), stremata dalle pervicaci molestie subite, a sporgere querela. Dalle deposizioni dei testimoni di accusa, è emerso che, in data 3.11.13, la (...) si accorse che sulla la macchina della figlia, precedentemente posteggiata vicino la dimora dell'imputata, era stato buttato del terriccio, unitamente ad una sostanza bianca; sicché, onde evitare che la figlia si accorgesse che la macchina era stata imbrattata, scese in strada con una bacinella piena d'acqua per ripulirla. In quel momento, tuttavia, accorse in strada la madre della (...), la quale cercò di strappare la bacinella dalle mani dell'offesa, onde finire col rovesciarne il contenuto, bagnando entrambe, il tutto mentre l'imputata, nel frattempo intervenuta sul posto, principiò nuovamente con l'offendere la (...) dandole della "poco di buono". A tale accadimento assistette, inoltre, un'altra vicina di casa, la cui deposizione, in sede testimoniale, ha rappresentato per il giudice di prime cure un ulteriore e pregnante elemento probatorio a carico della (...), essendo perfettamente convergente con il narrato - già di per sé credibile - della (...). In occasione di un ulteriore episodio - occorso in seguito alla denuncia e ritenuto dal Tribunale parimenti emblematico dell'indefesso accanimento della (...) verso la famiglia (...) - mentre l'(...) avanzava sulla via incriminata a bordo dell'auto condotta dal fidanzato - tale (...) -,vide andar loro incontro con la propria vettura la (...), la quale, nonostante i due avessero tentato di indurla a fermarsi con l'uso dei lampeggianti, arrestò il veicolo solo una volta raggiunta la loro macchina, intimandogli di fare retromarcia e cogliendo, per l'ennesima volta, l'occasione per proferire gratuiti insulti. Ebbene, così ricostruiti gli accadimenti, il Tribunale, nello scandagliare gli elementi probatori acquisiti, è pervenuto alla conclusione che l'intero portato delle dichiarazioni rese dai testi escussi in dibattimento - ivi compresi quelli della difesa - militasse in favore della comprovata responsabilità penale della (...), posta la convergenza di indizi in ordine alla sussistenza di un malcelato astio da parte dell'imputata avverso l'occupazione del posto auto sito dinanzi alla propria abitazione, rispetto al quale, peraltro, la stessa non era legittimata a vantare alcun diritto, trattandosi di un libero posto di sosta. La teste (...), al riguardo, ha, difatti, dichiarato come la (...), unitamente alla madre, fossero solite imbrattare e gettare immondizia sulle macchine parcheggiate davanti alla propria abitazione, rivendicando, in tal modo, l'uso esclusivo del posto; parimenti, il teste (...) ha riferito di come i dissidi fossero originati dall'abitudine degli (...) di parcheggiare la vettura davanti all'abitazione delle imputate. Nondimeno, finanche le sorelle della (...), anch'esse escusse in dibattimento, pur evidenziando la reciprocità degli alterchi, hanno finito col porre l'accento sulla circostanza che gli (...) erano soliti parcheggiare l'auto davanti all'abitazione della propria madre, determinando, in tal modo, la reazione delle proprie familiari. Ritenute, dunque, specie alla luce della ben poco plausibile versione dei fatti fornita dalla prevenuta, incontrovertibili le prove in ordine alla perpetrazione del delitto di cui all'art. 639 c.p., il Tribunale, avuto riguardo al delitto di cui all'art. 612 bis c.p., ha ritenuto pienamente integrati tutti gli elementi della fattispecie in contestazione, essendosi evinta dagli atti tanto la prova in ordine alla materialità delle condotte contestate quanto quella afferente all'evento da esse scaturente e, nella fattispecie, rappresentato dal perdurante e grave stato d'ansia e turbamento ingenerato nella (...). Invero, stando alla documentazione sanitaria allegata, è emerso come la vittima, intimorita dalle continue sortite che la (...) era solita riservare ai membri della sua famiglia, avesse modificato le sue ordinarie abitudini di vita e fosse stata costretta a fare uso di psicofarmaci, salvo poi interromperne l'assunzione, su consiglio delle figlie, a causa degli effetti collaterali da questi causati. Quanto al trattamento sanzionatorio, il Giudice di prime cure ha ritenuto congrua la pena di mesi cinque di reclusione, così calcolata: pena base mesi sei di reclusione per il più grave reato di atti persecutori, ridotta di un terzo per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed aumentata di un mese in virtù della continuazione con il reato di cui all'art. 639 c.p.. 2.Avverso la predetta sentenza, in data 13.04.22, ha interposto tempestivo e rituale appello il difensore dell'imputata, formulando le seguenti richieste. Con il primo motivo di appello, il difensore chiede l'assoluzione della propria assistita, ritenendo del tutto erronea, nonché disancorata dalle effettive risultanze processuali, la decisione del giudice di prime cure, il quale, limitandosi ad una sterile lettura delle dichiarazioni rese dagli offesi, avrebbe omesso quel vaglio critico che gli avrebbe consentito, per contro, di rilevare la presenza di numerose contraddizioni. In primis, in riferimento all'episodio occorso in data 3.11.13, secondo il prospetto difensivo vi sarebbe discordanza tra quanto dichiarato dalla (...) in sede di s.i.t. e quanto riferito in sede di escussione testimoniale, posto che lacunosa apparirebbe la questione relativa ad i soggetti effettivamente intervenuti in suo soccorso. Quanto al diverso accadimento di cui fu vittima la figlia con il fidanzato, del pari, si deduce la nebulosa versione dei fatti fornita dagli offesi, non risultando chiaro se alla guida della vettura incriminata vi fosse la (...) o la (...). Ad ogni buon conto, le prove dichiarative rese dagli altri testi dell'accusa, ritenute dal giudice un riscontro estrinseco in ordine alla veridicità delle contestazioni mosse all'imputata, lungi dall'apparire idonee a suggellare l'attendibilità delle parti civili, sarebbero da considerarsi, del pari, inficiate dalla sussistenza di interessi personali, essendo state rese da soggetti a queste legate da vincoli di varia natura. Quanto, invece, all'evento richiesto ai fini dell'integrazione della fattispecie di cui all'alt. 612 bis c.p., il difensore eccepisce l'assoluta mancanza di prove idonee ad attestarne la verificazione, evidenziando come l'asserita assunzione di farmaci da parte della (...), oltre ad essere attestata dalla certificazione medica rilasciata da uno specialista privato, risulti aver avuto durata molto breve, posto che la stessa vittima avrebbe riconosciuto, in sede di udienza, di aver interrotto la terapia in quanto il suo status psicologico era migliorato. In ultimo, a sostegno del proprio assunto, la difesa evidenzia come tutte le prove acquisite in dibattimento militino in favore di una diversa ricostruzione dei fatti, stando alla quale sarebbero stati gli stessi (...), con i propri comportamenti, a provocare l'imputata, dovendosi, dunque, escludere la sussistenza del reato di stalking, alla cui integrazione ostano le ipotesi in cui le molestie scaturiscono in un contesto di reciprocità. Con il secondo motivo di gravame, il difensore insta, inoltre, l'assoluzione della (...) dal reato di cui all'art. 639 c.p., ben potendosi evincere dalle stesse foto prodotte dalla difesa che, nei paraggi della via teatro delle vicende per cui si procede, vi fosse, all'epoca, un'abitazione in ristrutturazione, circostanza, questa, peraltro, confermata da tutti i testi sentiti in dibattimento, i quali hanno chiaramente riferito che dall'immobile cadevano continuamente polvere di risulta edile e calcinacci, da intendersi, dunque, quale unica causa delle macchie rinvenute dalla (...) sulla vettura della figlia. 2.1 Si è proceduto con trattazione orale. All'odierna udienza del 13.02.23, la Corte, ultimata la discussione delle parti, si è ritirata in camera di consiglio, ed è pervenuta alla decisione come da dispositivo depositato in udienza, con motivazione riservata. CONSIDERATO IN DIRITTO 3. Preliminarmente osserva la Corte che, in considerazione del tempus commissi delicti, posto che entrambi i reati devono ritenersi consumati alla data del 1 aprile 2014, è maturato il termine massimo di prescrizione ex artt. 157-161 c.p. Difatti completamente erroneo, sulla scorta di una attenta verifica dei verbali di udienza, è il termine riportato finale riportato sulla scheda redatta ex art. 165 bis comma lletter c) delle disposizioni di attuazione del codice di rito. Segnatamente, si riportano in ordine cronologico le seguenti ordinanze di sospensione del termine nessuna delle quali, peraltro, per adesione della Difesa dell'imputata ad astensione dell'attività di udienza o di sospensione "integrale" del termine relativo su richiesta delle parti: -udienza del 15.1.2016, per legittimo impedimento dell'imputata; -udienza dell'11.11.2016, su richiesta del solo difensore della (...), considerata "l'ora tarda" (dal verbale risultavano essere le ore 14.50..) e per "probabile mutamento" (sic) della persona fisica del giudicante, che effettivamente non era l'assegnatario del procedimento; -udienza del 2.3.2018, per legittimo impedimento dell'imputata; -udienza del 29.11.2019, ancora per legittimo impedimento della (...) ( è allegata al verbale una certificazione medica attestante una malattia con prognosi di appena 4 giorni). A tali sospensioni, che devono considerarsi a norma di legge ciascuna ammontante a giorni sessanta (per un totale parziale di giorni 240, quindi otto mesi) va aggiunta la sospensione, riveniente da applicazione dell'art. 83 di n. 18/2020 per giorni 64, giusta la nota emergenza sanitaria di carattere pandemico. Il tutto, per un totale di giorni trecentoquattro, pari a mesi dieci e giorni quattro; aggiungendo tale somma alla scadenza naturale del termine massimo ex artt. 157-161 c.p., che per entrambe le fattispecie delittuose contestate è di anni sette e mesi sei giusta le pene edittali all'epoca vigenti, e quindi alla data del l ottobre 2021, i termini di prescrizione sono da considerarsi elassi prima della metà del mese di agosto 2022; difatti, posto che la regola applicabile è quella di cui all'art. 159 co 1 n. 3 c.p., ovvero della sospensione per giorni sessanta, pur sommandovi i giorni relativi agli impedimenti che hanno determinato i quattro rinvii "ordinari" (conf., Cass. II, 22.12.2021, 4184) si arriva al più tardi al 12 agosto 2022. Per mero tuziorismo, infine, osserva la Corte che, anche si se volesse - cosa che assolutamente non risulta dal relativo verbale- ritenere "integrale" la sospensione del termine di prescrizione avutasi all'udienza dell'11.11.2016 (dove, effettivamente, di impedimenti rilevanti ex lege non vi era traccia alcuna), rinviata al 26.5.2017, aggiungendo gli ulteriori quattro mesi e quindici giorni a detta data (sei mesi e quindi giorni complessivi anziché i "rituali" sessanta giorni), si arriverebbe comunque al 27 dicembre 2022 quale termine di scadenza massima. I motivi di gravame, presentati peraltro solo sulla responsabilità, devono essere sindacati, pertanto, solo a termini dell'art. 578 c.p.p. Sindacato che, essendo ancora pendente l'azione civile e in presenza di una statuizione di condanna in primo grado ai sensi degli artt. 538 e ss c.p.p., deve comunque essere esercitato in ordine alla fondatezza dell'azione civile medesima; si tratta di un caso in cui la cognizione del giudice penale rimane integra ed il giudice dell'impugnazione deve interamente verificare l'esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale al fine di confermare il fondamento della condanna alla restituzioni o al risarcimento pronunziata dal giudice del pregresso grado di giudizio ( giurisprudenza costante; cfr, tra le altre, Cass. IV, 8.10. 2003, n. 1484, C.E.D. Cass. 22737; Cass. I, 27.9.2007, n. 40197). 4.Ciò premesso, i motivi che revocano in dubbio la sussistenza degli elementi essenziali dei reati contestati, sebbene siano d'uopo opportune precisazioni, non sono fondati. 4.1 Quanto alla più grave imputazione di atti persecutori, non hanno alcun rilievo, quanto allo "stato d'ansia" provocato dalla continuativa azione ingiuriosa, minatoria ed emulativa delle due imputate (posto che anche la oramai defunta signora (...), come asseverato anche dalla teste (...), fu particolarmente "attiva" sia nelle attività di imbrattamento della vettura della famiglia (...) che nelle condotte moleste ed ingiuriose delle quali era stata chiamata inizialmente a rispondere) le considerazioni relative al contenuto della certificazione medica acquisita agli atti, dove, ovviamente, la diagnosi e la relativa prognosi sono contenute nel tempo. Come già chiarito dalla S.C., la "certificazione sanitaria" degli stati d'ansia non ha un valore probatorio dirimente nei procedimenti penali per reato ex art. 612 bis c.p., ove certamente, a differenza che nelle contestazioni di violazione dell'art. 582 c.p. non si richiede l'accertamento di uno stato patologico, essendo sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano sortito un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima ( Cass. V, 17.9.2021, n. 42659. In termini già Cass. V, 19.2.2014, n. 18999); effetto destabilizzante che si produsse in conseguenza del vero e proprio stillicidio di condotte- vuoi ingiuriose, vuoi minatorie, vuoi emulative- posti in essere dall'appellante e anche dall'anziana madre, fatti confermati anche da soggetti estranei al nucleo familiare delle parti civili, e, si badi bene, nemmeno negate, a ben vedere, dai testi a discarico. Il motivo sul presunto travisamento o comunque sulla insufficienza motivazionale che si rimprovera al primo giudice qui mostra la corda nella misura in cui, errando in punto di diritto, si ascrive valore decisivo all'affermazione, da parte dei testi a discarico, della presunta reciprocità degli atti ingiuriosi e/o emulativi; e ciò pur volendo prescindere dal fatto che, come esattamente osservato dal Tribunale alla pag. 11 della sentenza, la stessa sorella dell'imputata ha sostanzialmente confermato la versione delle pp.oo. nella misura in cui ha affermato che queste erano solite "parcheggiare" sotto la loro abitazione, posto peraltro non riservato, così ammettendo che la causa delle condotte ascritte risiedeva nel fatto che l'imputata e i di lei familiari " non volevano che si occupasse" il posto in questione. E' infatti principio pacificamente affermato dalla Corte regolatrice che la reciprocità delle condotte moleste non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori (Cass. V, 24.6.2021, n. 42643). Per il resto, riguardo alla prova della materialità del fatto, le contestazioni difensive, mera ripetizione di quanto già sostenuto nel primo grado di giudizio anche a fronte della non decisività e perfino della dannosità per la posizione dell'appellante dei mezzi di prova addotti a discarico, non intaccano l'ampia ed articolata motivazione resa dal Tribunale sulla vicenda scrutinata. Ai fini della sussistenza degli elementi essenziali del delitto ex art. 612 bis c.p, retto dal dolo generico, sono sufficienti anche solo due episodi (v. già Cass. III, 23.5.2013, n. 45648, e, più di recente, Cass. V, 17.11.2020, n. 6207) e qui si è in presenza di condotte ora gravemente ingiuriose, ora insistentemente moleste, ora anche pesantemente emulative, protrattesi con continuità nel tempo e che coinvolsero ben presto l'intero nucleo familiare della (...) (i cui componenti erano continuamente "gratificati", anche quando solo giungevano a casa, coram populo degli appellativi di "bastardo", "mongoloide", "cornuto", "buglia", "troie", "puttana che va ad aprire le gambe" ecc). La persona offesa, oltre a temere per la propria incolumità, giunse a modificare le proprie abitudini di vita ( dagli orari e dalle modalità delle uscite di casa fino al parcheggio dell'auto, che anche i congiunti iniziarono a posteggiare a debita distanza dalle due abitazioni prospicenti) per evitare il più possibile di imbattersi nelle due vicine, dedite con continuità a dir poco ossessiva alla consumazione di un ampio ventaglio di condotte pesantemente interferenti con la libertà morale della querelante. Mutamenti che non furono occasionali, ma comunque apprezzabilmente incidenti sulla tranquillità morale della vittima (per la non necessità di "mutamenti di vita" che giungano a "conseguenze estreme", v. da ultimo Cass. V, 28.10.2022, n. 47135) e che si presentarono in stretta connessione causale con lo stillicidio di atti di aggressione verbale e morale alle due originarie imputate ascrivibili La continuità (confermata anche dalla teste (...), estranea ai due nuclei familiari) con la quale la (...) e la madre ponevano in essere gli atti emulativi ed ingiuriosi, condotte foriere di indebita e continuativa ingerenza nella vita privata e di relazione della (...), rileva in termini di prova dell'elemento oggettivo del reato (conf. Cass. V, 16.9.2021, n. 1753), laddove l'intensità della volontà colpevole traspare dalla consapevolezza delle condotte precedenti e della loro natura accompagnata dalla reiterazione di ulteriori azioni ora pesantemente ingiuriose (del resto, estese anche agli altri familiari della p.o.), ora minatorie, ora pacificamente emulative ( lancio di acqua). Il giudizio di responsabilità civile dell'imputata riguardo alla sussistenza degli elementi essenziali del reato contestato al capo a) deve essere, pertanto, confermato. 4.2. Quanto al meno grave reato contestato al capo b), che non può ritenersi assorbito in quello di atti persecutori posti l'eterogeneità dei beni giuridici rispettivamente tutelati e la non esaustività delle condotte emulative tra quelle ritenute rilevanti ai fini della prova del più grave reato, il motivo di gravame risulta meramente assertivo; esso, infatti, si fonda sulla allegazione di una circostanza non provata e comunque non decisiva a fronte delle difformi acquisizioni probatorie riconducibili a fonti anche estranee al nucleo familiare delle persone offese. I testimoni enumerati dalla gravata sentenza, compresa la vicina di casa (...), hanno confermato che l'imputata e la madre fossero solite imbrattare con acqua sporca, terra e polvere non solo le auto della (...) e dei suoi familiari (tra i quali le costituite parti civili (...) ed (...)), ma di chiunque parcheggiasse in prossimità della loro abitazione. Si trattò di condotte ripetute, certamente integranti il reato ex art. 639 aggravato ai sensi del comma 2 della predetta disposizione incriminatrice e che la S.C. ha ritenuto configurabile in presenza di qualsivoglia condotta volontaria risolventesi nel ledere la pulizia e il decoro dell'autovettura altrui (cfr. Cass. II, 24.11.2011, che ha confermato la condanna di un imputato che aveva imbrattato un'autovettura colpendola con sputi "innumerevoli"). Né ovviamente rileva, ad excludendum gli elementi essenziali del fatto, che la condotta in questione fosse divenuta- a dire di tutti i testi escussi- una vera e propria "prassi" per le due donne, tanto che solevano "riservarla" anche a soggetti estranei al nucleo familiare a loro inviso. Anche per questo capo la responsabilità civile deve essere confermata. 5.In parziale riforma della sentenza gravata, deve dichiararsi non doversi procedere nei confronti di (...), essendo i reati alla stessa contestati estinti per intervenuta maturazione del termine massimo di prescrizione. Devono, per le esposte ragioni, essere confermate le statuizioni civili. L'imputata, infine, ai sensi dell'art. 541 c.p.p., deve essere condannata alla rifusione delle spese di continuativa assistenza e rappresentanza relativamente alle costituite parti civili che, per la natura dell'attività svolta e la pluralità di parti patrocinate (sia pure relativamente solo al capo 2 dell'epigrafe) si liquidano, per il presente grado di giudizio, in Euro 1300,00, oltre accessori qualora dovuti. Il carico di lavoro gravante sulla Sezione e sul relatore e la necessità di attendere ad altri procedimenti richiedono la riserva del deposito della sentenza nel termine ex art. 544 co. 2 c.p.p.. P.Q.M. La Corte, Visti gli artt. 531, 578, 605,541 c.p.p., in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Foggia in composizione monocratica in data 3.12.2021, ed appellata nell'interesse di (...), dichiara non doversi procedere nei confronti dell'imputata in ordine ai reati a lei ascritti, essendo gli stessi estinti per intervenuta prescrizione. Conferma le statuizioni civili e condanna l'imputata alla rifusione delle spese di continuata assistenza e rappresentanza sostenute dalle parti civili costituite che liquida, per il presente grado di giudizio, in Euro 1300,00 oltre rimborso forfettario, IVA, CPA. Motivazione riservata nel termine di cui all'art. 544 co 2 c.p.p. Così deciso in Bari il 13 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MARINI Luigi - Presidente Dott. DI NICOLA Vito - rel. Consigliere Dott. CERRONI Claudio - Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 16-11-2021 della Corte di appello di Napoli; Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso trattato ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, con trattazione orale; udita la relazione del Consigliere Dr. Vito Di Nicola; udita la requisitoria del Procuratore generale, Dr. Seccia Domenico, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso; uditi i difensori delle parti civili, avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno concluso per il rigetto o l'inammissibilita' del ricorso; uditi i difensori del ricorrente, avvocato, (OMISSIS), in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), ed (OMISSIS), che hanno concluso per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. E' impugnata la sentenza emessa in data 16 novembre 2021 dalla Corte d'appello di Napoli che ha riformato quella resa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 9 febbraio 2021, riducendo la pena inflitta all'imputato nella misura di anni dieci e mesi nove di reclusione, confermando nel resto la sentenza di primo grado. Al ricorrente e' contestato il reato di violenza sessuale continuata ai danni di due minori infradecenni ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) e il reato di corruzione di minorenni. In particolare, si contesta al ricorrente: 1. nei confronti della minore (OMISSIS): - (il delitto di violenza sessuale pluriaggravata e continuata) per aver, mentre erano all'interno della soffitta, tirato per una mano la vittima, spingendola verso un muro, zittendola con una mano sulla bocca e, dopo averle abbassato il pantalone, per averla costretta a subire un rapporto sessuale vaginale e anale, nonostante il pianto della stessa, provocandole dolore e fuoriuscita di sangue; - per essersi fatto praticare dalla persona offesa un rapporto orale senza riuscirvi per la fuga della vittima; - per averla costretta, in diverse occasioni, a lasciarsi toccare nelle parti intime (seno e genitali) talvolta anche sollevandole gli indumenti; - all'interno del cortile pertinente l'abitazione della Borrozzino, per averla presa in braccio toccandole con veemenza e forza il seno, procurandole dolore; - per averla presa in braccio, abbracciandola e simulando un rapporto sessuale con movimenti ondulatori; - per essersi seduto sul divano, trattenendo accanto a se' le minori (OMISSIS) e (OMISSIS), sedute ai lati, toccando contemporaneamente entrambe nelle parti intime, costringendole ad assistere agli abusi che praticava. Con l'aggravante di aver commesso il fatto nei confronti di persona che, al momento del fatto, non aveva compiuto dieci anni. Con l'aggravante di aver provocato, a causa della reiterazione delle condotte, alla minore un pregiudizio grave di natura morale e fisica, consistito nelle lesioni con perdite ematiche. Con l'aggravante dell'aver commesso il fatto con abuso delle relazioni domestiche e/o di ospitalita' (trattandosi di rapporti tra persone appartenenti al medesimo nucleo familiare, indipendentemente dall'esistenza di un vincolo di parentela, di affinita' o di convivenza, frequentando, abitualmente i luoghi dove la minore svolgeva la propria vita personale). 2. (il delitto di corruzione di minorenne) perche', mostrava alla minore (OMISSIS) materiale pornografico, in particolare fotografie contenute nella memoria del proprio cellulare, raffiguranti donne nude e il compimento di atti sessuali, al fine di indurla a compiere o subire gli atti sessuali di cui sub 1. Con l'aggravante di aver commesso il fatto nei confronti di persona che, al momento del fatto, non aveva compiuto dieci anni. Con l'aggravante di aver commesso il fatto con abuso delle relazioni domestiche e di ospitalita'. 3. nei confronti della minore (OMISSIS): - (il delitto di violenza sessuale pluriaggravata e continuata) perche', mentre era in casa della minore, la tirava a se', di notte, facendola sedere accanto al proprio letto, introducendole un dito in bocca per simulare un rapporto orale, costringendola a farsi toccare le parti intime; - perche', in diverse occasioni, la faceva sedere sulle proprie gambe, intrattenendola con la visione di video sul pc o insegnandole a suonare la chitarra, tenendola stretta a se', muovendosi con moto ondulatorio e simulando un rapporto sessuale; - perche' si sedeva sul divano, trattenendo accanto a se' le minori (OMISSIS) e (OMISSIS), sedute ai lati, toccandole contemporaneamente nelle parti intime e costringendole ad assistere agli abusi che praticava. Con le stesse aggravanti di cui al capo 1. 2. Il ricorso, presentato dal difensore di fiducia del ricorrente, e' affidato ad otto motivi, di seguito riassunti ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 2.1. Con il primo motivolil ricorrente lamenta la violazione della legge penale processuale e il vizio di motivazione per travisamento delle prove nonche' per la mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale richiesta per l'assunzione di prove decisive (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettere c) ed e). A questo proposito, il ricorrente si duole, in primo luogo, dell'omessa assunzione della testimonianza della pediatra (dottoressa (OMISSIS)) che aveva avuto in cura la minore (OMISSIS) e che, all'epoca dei fatti, avrebbe confermato l'assenza sulla stessa di segni di violenza sessuale nonche' avrebbe illustrato la causa delle perdite ematiche riscontrate. Il ricorrente premette che le testi di accusa, escusse in dibattimento (ovvero la madre e la zia della predetta minore), avevano riferito che tali perdite erano -a giudizio del medico (ossia della dottoressa (OMISSIS)) - dovute a cistiti, ovvero a stitichezza o, ancora, all'imminenza del menarca, escludendo altre cause. Nonostante cio', il Tribunale, travisando la portata di tale emergenza istruttoria, aveva ritenuto di trovare nelle dette perdite un riscontro al racconto della vittima. Per tale motivo, il ricorrente aveva chiesto, nei motivi d'appello, l'esame della dottoressa (OMISSIS) e tale richiesta venne avanzata solo nel secondo grado del giudizio perche' il Tribunale, del tutto inopinatamente, aveva, all'esito del dibattimento, ribaltato il senso di quanto testimoniato dalla madre e dalla zia della minore, cosicche', nel primo motivo di appello, venne posto in rilievo l'elemento della novita' del dato probatorio - contrariamente a quanto, poi, e' stato affermato nella sentenza della Corte territoriale - e il fatto che solo successivamente al deposito della sentenza di primo grado era sorta l'esigenza di ascoltare tale teste, in virtu' della riscontrata contraddittorieta' tra l'informazione acquisita nel corso del dibattimento (la riconducibilita' delle perdite ematiche che - a giudizio di un medico - erano addebitabili a cause diverse da atti di penetrazione) e l'informazione sul medesimo punto riportata nella sentenza di primo grado. La Corte di merito, con motivazione manifestamente illogica e contraria al diritto, aveva percio' negato l'assunzione di una prova decisiva. In secondo luogo, il ricorrente si duole della mancata assunzione, pure richiesta con il primo motivo d'appello, delle testimonianze delle insegnanti (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' della dirigente scolastica (OMISSIS), sul tema di prova relativo alla circostanza delle perdite ematiche della minore, trattandosi di prove decisive o comunque indispensabili per una compiuta ricostruzione del fatto. Assume che la sentenza impugnata, nel rigettare la richiesta, ha apoditticamente affermato che le perdite ematiche subite dalla minore durante le ore scolastiche fosse "un dato informativo gia' oggettivamente accertato" e che tale dato non risultasse contestato da alcuna delle parti. Aggiunge che l'unica persona che aveva riferito su tale circostanza fosse la madre della minore e cio' solo in sede dibattimentale. Al contrario, le testimonianze, se assunte, delle predette insegnanti - cosi' come della dirigente (OMISSIS) - avrebbero fornito la prova della non veridicita' di tale circostanza e, di conseguenza, dell'inattendibilita' della dichiarazione resa in parte qua dalla madre della vittima. In terzo luogo, il ricorrente si duole dell'omessa assunzione della testimonianza della dottoressa (OMISSIS) sulla circostanza se la predetta minore, al momento del trasferimento all'Istituto Comprensivo Statale di (OMISSIS), fosse seguita da una psicologa durante le ore di lezione, fatto riferito dalla madre della minore. Sottolinea che, in relazione a tale richiesta, la quale avrebbe parimenti consentito di accertare l'inattendibilita' della madre della minore, il provvedimento impugnato sarebbe assolutamente privo di motivazione, non essendo stata la richiesta neppure presa in carico ed esaminata. Precisa, ai fini della decisivita' della prova, come la presenza di tale supporto psicologico e la verifica delle ragioni dello stesso avrebbero contribuito a meglio inquadrare la personalita' della vittima gia' caratterizzata da produzione "fantastica" nella ideazione e nella ricostruzione dei fatti che, in qualche maniera, la vedevano coinvolta, con la conseguenza che la mancata attenzione su tale aspetto centrale della vicenda dimostrerebbe la superficialita' di approccio nei confronti di una materia assolutamente delicata e complessa. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge e il difetto di motivazione su punti decisivi per il giudizio e la conseguente violazione della regola in dubio pro reo (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e). Assume che la Corte di merito avrebbe analizzato solo apparentemente le argomentazioni difensive, appoggiandosi sull'esposizione dei primi giudici che gia' avevano tentato di superare i punti critici del processo con un ragionamento che, ad avviso del ricorrente, si poneva in sostanziale contrasto con gli insegnamenti elaborati dalla giurisprudenza di legittimita' sul delicato tema dell'analisi e della valutazione delle dichiarazioni dei soggetti minori vittima di reati di natura sessuale, con particolare riferimento alla ritenuta capacita' a testimoniare delle minori sulla base delle analisi tecniche svolte in sede dibattimentale che non avevano consentito di pervenire, secondo il ricorrente, a risultati decisivi e tranquillizzanti rispetto ai temi di prova agitati nel processo. Il riferimento del ricorrente e' relativo alla complessita' e alla difficolta' relazionale del nucleo familiare in cui era cresciuta la prima minore abusata ( (OMISSIS)), che non avrebbero trovato spazio nel percorso motivazionale, laddove occorreva, invece, verificare se tali difficolta' relazionali e familiari avessero comportato conseguenze o influenze sull'attendibilita' del narrato della minore e sulla sua capacita' a testimoniare. A cio', si aggiungevano le criticita' che erano state evidenziate nel processo di maturazione psicologica della seconda minore abusata (lennifer), rispetto alla quale gia' i primi consulenti e professionisti che entrarono in contatto con la bambina ne segnalarono la difficolta' a far buon governo dei ricordi e della narrazione degli stessi, in presenza di una componente di elaborazione fantastica rispetto alla quale la bambina non mostrava di possedere adeguati strumenti di selezione e controllo. L'accertamento della capacita' a testimoniare sarebbe poi stato compiuto in aperta violazione dei protocolli metodologici suggeriti dalla carta di Noto, come puntualmente denunciato con i motivi di appello, e soprattutto svalutando le conclusioni cui era giunto il perito nominato nel corso del giudizio di primo grado (dottoressa (OMISSIS)) che, all'esito di un articolato esame della materia, contenuto nell'elaborato peritale ed arricchito dai chiarimenti forniti nel corso della deposizione dibattimentale, aveva concluso in maniera dubitativa in ordine alla capacita' a testimoniare, non solo della piccola (OMISSIS) - su cui gia' avevano manifestato le proprie perplessita' i precedenti consulenti - ma anche di (OMISSIS). In tal modo, il Tribunale, come diffusamente spiegato nel motivo di ricorso, aveva contraddittoriamente ritenuto di superare il parere tecnico del perito sulla capacita' a testimoniare delle vittime senza riuscire, tuttavia, a fornire, soprattutto con riferimento alla ritenuta piena capacita' a testimoniare di (OMISSIS), le coordinate scientifiche che sottenderebbero a tale ed intuitivo convincimento. Dal canto suo, la Corte d'appello, fornendo le spiegazioni pure riportate nel motivo di ricorso, si sarebbe sottratta alla reale analisi del tema, riproponendo, peraltro in modo generico, la tesi dei primi giudici senza tuttavia confrontarsi con le argomentazioni elaborate dalla difesa nell'atto di appello. Ad avviso del ricorrente, mancherebbe del tutto l'analisi tecnico scientifica della questione sottoposta e si sarebbero confusi i piani di valutazione, sovrapponendo la presunta attendibilita' della prima minore abusata ( (OMISSIS)), con la verifica circa la assenza di aspetti anomali, quando non patologici, sul processo di formazione del ricordo e della esposizione dello stesso. Ne' la Corte territoriale avrebbe analizzato, sotto il profilo di interesse, l'anomala circostanza che (OMISSIS), all'inizio delle proprie propalazioni, accuso' altra persona degli abusi (lo zio (OMISSIS)), che e' stato ritenuto invece estraneo agii stessi. Per quanto riguarda la seconda minore abusata ( (OMISSIS)),invece, l'analisi, apparentemente condotta dalla Corte di appello, sarebbe risultata, ad avviso del ricorrente, ancor piu' discutibile e lacunosa, avendo i giudici eluso il tema e i dubbi proposti dall'esperto, il quale aveva ammesso come la questione fosse di tale complessita' da non consentire di pervenire ad una conclusione dirimente. 2.3. Con il terzo motivo/il ricorrente denuncia il vizio di motivazione su punti decisivi per il giudizio in relazione al punto riguardante la capacita' a testimoniare della prima minore abusata ( (OMISSIS)) e il conseguente travisamento della prova peritale (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e). Ricorda innanzitutto che, in merito alla capacita' a testimoniare di ambedue le minori, il perito nominato dal Tribunale nel corso del giudizio di primo grado (dottoressa (OMISSIS)) aveva concluso nel senso che gli accertamenti, se inidonei ad orientare verso la totale incapacita', neppure orientavano verso una totale capacita', specie per quanto riguarda la seconda minore abusata ( (OMISSIS)) per le sue condizioni cliniche diagnostiche. Percio', contrariamente a quanto asserito nella sentenza impugnata, il ricorrente assume che il perito non aveva formulato assolutamente un giudizio di certezza sulla capacita' a testimoniare della prima minore abusata ( (OMISSIS)), restando su posizioni dubitative, nella stesura dell'elaborato peritale ed anche in sede di escussione dibattimentale, e di cio' aveva dato conto anche il Giudice di primo grado quando a pag. 17 della sentenza scriveva che il perito aveva concluso affermando che la capacita' di deporre, nel momento in cui le bambine avevano deposto, non era scevra da strutture che ne inficiavano la totale produzione, concludendo con una formula dubitativa. Tuttavia, nonostante tale dato fattuale, nella sentenza della Corte di appello sarebbe stata annotata un'informazione difforme da quella ricavabile dalla prova, annidandosi in cio' il vizio di motivazione denunciato. Osserva il ricorrente come la contraddittorieta' - gia' rilevabile nella parte motivazionale del provvedimento di primo grado ed emergente dalla sua stessa lettura (veniva dato rilievo alla posizione dubitativa espressa dal perito sulla capacita' a testimoniare delle minori, ma al contempo si giungeva apoditticamente ad asserire la piena capacita' a testimoniare della (OMISSIS) in ragione dello stesso elaborato peritale e di quanto affermato in dibattimento) - fosse stata trasfusa anche nella sentenza di secondo grado, in cui, peraltro, non sarebbe stato fatto alcun cenno ne' alle osservazioni della difesa, ne' tanto meno alle perplessita' gia' espresse dal tribunale, che pure aveva omesso di leggere in maniera corretta e nella loro interezza le conclusioni del perito. 2.4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia il vizio di motivazione su punti decisivi per il giudizio in relazione al punto concernente la capacita' a testimoniare della seconda minore abusata, (OMISSIS) (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e). Premette come la seconda minore abusata fosse da tempo in cura presso il dipartimento di nEuropsichiatria per disturbi dell'apprendimento ed "eccessivo investimento fantasioso" (il ricorrente allega al ricorso: il verbale di udienza del 21 dicembre 2020 nonche' le certificazioni a firma del Dott. (OMISSIS) risalenti al 2015). Aggiunge, poi, che la minore era stata esaminata dalla psicologa, dottoressa (OMISSIS) (che, peraltro, era la psicologa che seguiva la bambina) e che aveva relazionato, secondo quanto riferito in dibattimento dal Dott. (OMISSIS) e su richiesta di quest'ultimo, che la vicenda degli abusi risultava essere, a suo giudizio, "una relazione (o lezione, n.d.r.) imparata a memoria". Osserva il ricorrente come tale dato avrebbe dovuto richiamare l'attenzione della Corte di merito, dal momento che il riferimento ad una relazione imparata a memoria costituiva dato che confliggeva con una spontaneita' della dichiarazione resa: su tale aspetto, pertanto, si imponeva, ad avviso del ricorrente, il richiesto approfondimento istruttorio che, invece, era stato negato dalla Corte territoriale. Nonostante tali elementi probatori (ossia il dato peritale, quello emergente dalla escussione del consulente della difesa e quello risultante dalla lettura della relazione della psicologa che aveva seguito la bambina e che ne aveva raccolto per prima il racconto), la Corte di appello confermava il giudizio positivo sulla capacita' a testimoniare anche della seconda minore, fornendo una motivazione incongrua e non corrispondente alle risultanze in atti, avendo peraltro fondato la sua valutazione su una errata lettura di quanto riferito in dibattimento dal Dott. (OMISSIS). E, invero, come precisato anche nel testo della sentenza impugnata, il Dott. (OMISSIS) aveva condiviso la diagnosi gia' fatta dal Dott. (OMISSIS) riguardante la minore (OMISSIS), sottolineando la sua propensione "a rifugiarsi in ambienti fantastici" (il riferimento e' alla pagina 6 della sentenza impugnata) e per la quale era in trattamento riabilitativo presso il Centro di Salute Mentale dell'ASL di (OMISSIS). In primo luogo, gia' tale premessa si porrebbe, ad avviso del ricorrente, in stridente contrasto con la conclusione di ritenere la predetta minore capace di testimoniare sulla scorta del giudizio del Dott. (OMISSIS). In secondo luogo, richiamando quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimita', il ricorrente ricorda che il giudice di merito puo' discostarsi dalle risultanze degli accertamenti peritali, ma solo motivando adeguatamente le ragioni della loro inattendibilita' con un "esame puntuale del percorso logico-scientifico seguito dal perito e la verifica che la conclusione da questi raggiunta sia fondata su dati, tecnici e fattuali, non corretti", tanto che il relativo obbligo motivazionale deve essere assolto in modo rigoroso, stringente e penetrante, attraverso un congruo percorso argomentativo che deve evidenziare il corretto approccio, anche metodologico, del giudice al sapere tecnico-scientifico, e deve dare conto dei criteri di valutazione applicati e della loro rispondenza a principi scientifici convalidati, e non solo ad argomentazioni di tipo logico. Conclusivamente, nel caso di specie, per quanto attiene alla capacita' a testimoniare della prima minore abusata ( (OMISSIS)), il giudizio di primo grado aveva finito per travisare la prova costituita dall'escussione del perito e dal suo elaborato: errore, quest'ultimo, riverberatosi anche nel provvedimento di secondo grado, che aveva fondato la sua motivazione solo per relationem tralasciando l'esame degli aspetti evidenziati dalla difesa. Per quanto riguarda, di contro, il giudizio sulla capacita' a testimoniare della seconda minore abusata ( (OMISSIS)), la Corte di appello aveva ritenuto di discostarsi dal giudizio peritale, senza tuttavia fornire motivazione adeguata, ripetendo gli stessi errori dei primi Giudici. 2.5. Con il quinto motivo il ricorrente prospetta la violazione di legge e il difetto di motivazione con riferimento agli articoli 192 c.p.p., articolo 530 c.p.p., comma 2, (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e). Sostiene che il giudizio di responsabilita', formulato nei suoi confronti, doveva essere particolarmente rigoroso e penetrante, non solo in considerazione dell'eta' delle bambine (di circa otto e di circa sei anni, al momento dei primi fatti, n.d.r.), ma anche e soprattutto sulla base degli esiti dell'esame tecnico del profilo psicologico espresso nella perizia (OMISSIS). Sul punto, il ricorrente si sofferma su un episodio, definito il piu' violento di tutti e che, nel racconto della prima minore abusata ( (OMISSIS)), avvenne alla presenza della piccola cugina (OMISSIS). Racconta la piccola (OMISSIS) che, rimaste da sole a casa del ricorrente, le due bambine furono denudate dall'imputato e sottoposte a feroci violenze culminate, per entrambe in penetrazione anale e vaginale: il tutto sul divano di casa del ricorrente e in un limitato arco temporale. La prima minore abusata ( (OMISSIS)), con un racconto dettagliato, descrisse l'uomo nudo che faceva "su e giu'" su di lei prima davanti e poi dietro e che sottopose alla medesima tortura anche la piccolissima cuginetta. Sostiene il ricorrente che - al netto dell'assoluta incredibilita' del racconto, per le modalita' spazio temporali, per la circostanza che nessuno colse nemmeno un senso di turbamento nelle minori, per la inesistenza di riscontri medici, per la velocita' con cui tutto avvenne, per le contraddizioni nella collocazione spazio temporale del fatto tra la prima versione narrata ad (OMISSIS) e le successive - i giudici di merito avrebbero inspiegabilmente sottovalutato un aspetto, assolutamente decisivo, evidenziato dalla difesa ossia la sconfessione del racconto di (OMISSIS) offerta da (OMISSIS). In sede di incidente probatorio, quest'ultima, ritenuta capace di testimoniare e pienamente attendibile dal Tribunale, non aveva fatto menzione alcuna della prima violenza, l'unica avvenuta contestualmente a carico di entrambe, tanto che, a domanda specifica, affermava di non aver mai visto il ricorrente che si denudava; di non essere mai stata spogliata dall'imputato; di non aver mai visto quest'ultimo spogliare (OMISSIS); di non aver mai subito gli atti di penetrazione descritti da (OMISSIS), ne' di aver assistito alla penetrazione di quest'ultima. Nell'episodio in questione, che la dichiarante colloca altrove, rispetto all'abitazione dell'imputato, e che si svolse su di un divano (unico punto di compatibilita' tra i due racconti individuato dal Tribunale) il ricorrente era in piedi e certamente non si stese su di loro per fare "su e giu'" come narrato da (OMISSIS). Obietta allora il ricorrente che, se le due testi, ritenute entrambe capaci di testimoniare, furono contemporaneamente presenti sulla scena del delitto, non e' possibile che potessero descrivere un medesimo episodio in modo tanto clamorosamente incompatibile, cosi' pervenendosi poi a decretare l'attendibilita' di entrambe. Ai cospetto di cio', la Corte di merito, pur ammettendo la fondatezza dei rilievi difensivi e l'esistenza tra le due deposizioni delle differenze evidenziate "nei motivi di appello", le avrebbe rtenute essere solo il frutto di "alcune discrasie", eludendo l'obbligo della motivazione su un punto decisivo per il giudizio di attendibilita' delle dichiaranti. 2.6. Con il sesto motivo, il ricorrente si duole della violazione di legge e della contraddittorieta' della motivazione in relazione al punto riguardante il giudizio di attendibilita' delle minori (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e). Sostiene che la sentenza impugnata avrebbe omesso del tutto di considerare un'evidenza probatoria illustrata nei motivi di appello ed emersa piu' volte nel corso dell'istruttoria dibattimentale, ossia la tendenza di (OMISSIS) "a dire bugie e ad esagerare eventi reali per suoi piccoli dispetti o piccole utilita', cosa che induce tutti a prendere con le molle quanto riferisce e qualche volta a non crederle, nonna e genitori inclusi", come riferito in udienza dal Dott. (OMISSIS) che riportava quanto rappresentatogli dalla signora (OMISSIS). A tal proposito, il ricorrente sottolinea come sempre il Dott. (OMISSIS) avesse riferito - prima nella relazione a sua firma che costitui' la notitia criminis che diede avvio al presente procedimento e poi in sede dibattimentale - che la minore (OMISSIS) aveva mosso le prime accuse non gia' nei confronti del ricorrente, bensi' dello zio, (OMISSIS), fratello di (OMISSIS) e padre della cugina (OMISSIS). Il ricorrente ricorda come Lo stesso (OMISSIS) avesse lamentato, in sede dibattimentale di essere stato accusato dalla nipote, ossia (OMISSIS), di averla molestata, aggiungendo che la stessa aveva gia' accusato di comportamenti analoghi anche gli amici dei fratelli e il compagno della madre e sottolineando l'inattendibilita' della stessa. Osserva il ricorrente come l'inclinazione della (OMISSIS) a mentire fosse stata confermata, altresi', anche da altre evidenze probatorie, messe in risalto nei motivi di appello e nella memoria depositata nel corso del giudizio di secondo grado, ma del tutto trascurate nella parte motivazionale della sentenza impugnata. La dottoressa (OMISSIS), assistente sociale, aveva sottolineato, durante la sua escussione (e gia' in sede di sommarie informazioni testimoniali), come (OMISSIS), madre della (OMISSIS), non volesse che la figlia stesse con lei perche' temeva le sue bugie e che potesse accusare il di lei compagno. Inoltre, la signora (OMISSIS), madre di (OMISSIS), aveva confermato che (OMISSIS) aveva in piu' occasioni mentito, accusandola ingiustamente di maltrattamenti. Aggiunge il ricorrente come il tema dei graffi mostrati dalla (OMISSIS) e fotografati nel corso dell'audizione protetta, al quale era stato dedicato un paragrafo nei motivi di appello, non fosse stato affatto affrontato dalla Corte territoriale. Eppure, tale evidenza, acquisita agli atti, darebbe ulteriore prova della mancanza di attendibilita' della (OMISSIS), se non della conclamata falsita' delle sue dichiarazioni. Ricorda che l'esibizione di tali graffi, esistenti sotto il seno, venne fatta in sede di audizione protetta, ovvero, il 23 maggio 2018, ossia l'anno successivo all'evento del toccamento che sarebbe avvenuto nell'autovettura. Nella sentenza di primo grado venne correttamente rilevato che eventuali segni non potessero essere "di certo correlabili all'evento" del toccamento "attesa la distanza dai fatti al momento della propalazione". Cio' nonostante il Tribunale, prima, e la Corte di appello, poi, avevano interpretato paradossalmente il comportamento della (OMISSIS) (ossia il mostrare graffi sicuramente non derivanti da eventuali toccamenti effettuati dal ricorrente) come suggerito dal bisogno di essere creduta, dunque nonostante il mendacio, invece di considerare l'ipotesi alternativa della mancanza di attendibilita' della minore, i giudici di merito avrebbero confermato l'attendibilita' della dichiarante, ancorandosi a dati di fatto che non potevano che portare a convinzioni diametralmente opposte. Sottolinea il ricorrente come i giudici di merito avrebbero banalizzato le motivazioni - invece fortissime - che potevano aver spinto la (OMISSIS) a muovere le accuse nei confronti del ricorrente, ampiamente riportate nei motivi di appello: la minore era in procinto di essere collocata in una struttura lontana dal proprio nucleo familiare, in ragione della conflittualita' esistente tra i genitori e del rifiuto della madre di tenerla presso di se'. Osserva il ricorrente come in questo caso, essendo la minore condizionata da una vera e propria tempesta emozionale, si sarebbero dovuti seguire scrupolosamente i dettami della carta di Noto, che, invece, sono stati disattesi piu' volte, sia in sede di audizione protetta che di incidente probatorio, cosi' come rilevato anche dal perito. Aggiunge che la sentenza impugnata ha anche condiviso il giudizio di attendibilita' della minore (OMISSIS), nonostante le plurime evidenze di segno opposto segnalate gia' nei motivi di appello: il giudizio di attendibilita' della minore (OMISSIS), non ha trovato alcun riscontro - nemmeno nella deposizione dell'altra minore, viste le molteplici divergenze esistenti tra i due narrati, gia' evidenziate nell'atto di appello. - ed e' stato sconfessato da piu' emergenze processuali. Il ricorrente evidenzia come la dottoressa (OMISSIS), la prima psicologa che ascolto' la minore, e dunque, secondo gli attuali orientamenti della psicologia in materia, depositaria di un racconto meno immune da condizionamenti esterni, relaziono' nei seguenti termini: " (OMISSIS) ha raccontato del rapporto con il presunto abusatore con degli atteggiamenti di attenzioni particolari. Alle richieste di ulteriori dettagli, la bambina non e' stata in grado di fornire particolari secondari della vicenda narrata. Il racconto e' sembrato una lezione imparata a memoria, con una connotazione emotiva spenta e incongrua". A cio' il ricorrente aggiunge come la Corte d'appello non avrebbe in alcun modo valutato come sia il Dott. (OMISSIS) che il perito (OMISSIS) avessero rilevato la tendenza della minore (OMISSIS) ad adottare comportamenti emulativi della cuginetta piu' grande, un vero e proprio vulnus che avrebbe dovuto inficiare la credibilita' della stessa e la genuinita' del racconto. Il ricorrente conclude affermando che, in mancanza di elementi di riscontro alle deposizioni delle minori, molteplici erano, invece, gli elementi probatori che attestavano l'inclinazione della (OMISSIS) a mentire e la suggestione esercitata da quest'ultima sulla cugina piu' piccola. 2.7. Con il settimo motivo, il ricorrente lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla reclamata attenuante del fatto di minore gravita' (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e). Sostiene di aver invocato il riconoscimento del fatto di minore gravita' evidenziando come non sarebbe emersa una particolare entita' di danni post traumatici patite dalle bambine. Tale aspetto della doglianza, di fondamentale importanza ai fini del computo della pena da applicare, non sarebbe stato affrontato dalla Corte di appello che pertanto sarebbe incorsa nei vizi di violazione di legge e di motivazione denunciati. 2.8. Con l'ottavo motivo il ricorrente ipotizza la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla commisurazione della pena (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e). Rappresenta che, nel proprio atto di appello, aveva richiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche ed il contenimento della pena nei minimi edittali anche con riferimento all'aumento per la continuazione. In sostanza, la difesa evidenziava, oltre al corretto comportamento processuale dell'imputato, il ridimensionamento del fatto, avvenuto all'esito degli accertamenti dibattimentali, oltre che l'assenza di conseguenze postraumatiche ai danni delle vittime. A fronte di siffatte puntuali doglianze difensive, la Corte di appello si sarebbe limitata ad un'analisi formale della questione, utilizzando argomenti generici ed eludendo l'obbligo della motivazione mediante il ricorso a mere clausole di stile. 4. Il Procuratore generale ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso, sostenendo come la sentenza impugnata abbia correttamente motivato sulla richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale e risolvendosi le doglianze in censure di fatto non sindacabili in sede di giudizio di legittimita', in presenza di una logica ed adeguata motivazione su tutti i punti decisivi del giudizio. 5. Le parti civili hanno depositato le rispettive conclusioni, chiedendo il rigetto e/o l'inammissibilita' del ricorso con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese in loro favore. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato, per quanto di ragione, sulla base dei primi sei motivi, in essi assorbiti il settimo e l'ottavo motivo di ricorso, nei limiti e sulla base delle considerazioni che seguono. 2. Innanzitutto, occorre premettere come il ricorrente lamenti un vizio di fondo che compromette l'impalcatura complessiva della sentenza impugnata. Egli si duole del fatto che il giudice d'appello non abbia preso in carico i motivi di impugnazione sollevati dal ricorrente nei confronti della prima sentenza, essendosi limitato a richiamarla ed eludendo, in tal modo, l'obbligo della motivazione. Il rilievo, che sara' specificamente esaminato in relazione ai motivi accolti, e' fondato. Sul punto e' necessario premettere che la motivazione della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare con essa un unico complessivo corpo argomentativo, sempre che i giudici del gravame abbiano esaminato, con criteri omogenei a quelli del primo giudice, i rilievi proposti dall'appellante ed abbiano operato i pertinenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, in modo da dare conto di aver motivatamente respinto le censure specifiche formulate dall'impugnante, concordando nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della prima decisione, rispetto alla quale i motivi di doglianza siano ritenuti inidonei a sovvertire l'esito decisorio. A questo proposito, la giurisprudenza di legittimita' ha affermato che, in presenza di decisioni di primo e secondo grado motivate con criteri omogenei e con un apparato logico uniforme, e' possibile procedere all'integrazione delle due sentenze in modo da farle confluire in una struttura argomentativa unitaria da sottoporre al controllo in sede di legittimita' (Sez. 3, n. 10163 del 01/02/2002, Lombardozzi, Rv. 221116- 01). Non di meno, cio' presuppone che di vera e propria integrazione si tratti e che la motivazione della sentenza di secondo grado abbia preso effettivamente in carico le censure proposte dall'appellante, in modo da evidenziare, come si e' detto, un'argomentata concordanza nell'analisi e nella valutazione degli elementi posti a fondamento del giudizio (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv.257595 - 01). Occorre, pertanto, che la sentenza di secondo grado si confronti effettivamente con i motivi di appello, esprimendo una specifica valutazione sugli stessi, propria del giudice dell'impugnazione. Questa condizione, non ricorre quando la struttura argomentativa della sentenza di appello imponga, per valutare la fondatezza o meno dei rilievi difensivi, di fare esclusivo riferimento a quanto esposto nella sentenza di primo grado, tanto da non consentire di stabilire, neppure in forma parziale o implicita, il necessario rapporto dialettico fra i motivi d'appello e la sentenza di secondo grado (Sez. 5, n. 52619 del 05/10/2016, Unterholzner, Rv. 268859 - 01). Infatti, una scelta motivazionale che prescinda dall'esaminare in modo dettagliato le doglianze proposte con l'appello e' consentita al giudice di secondo grado solo quando l'appellante si sia limitato alla mera riproposizione delle questioni gia' adeguatamente risolte dal primo giudice, omettendo di discutere gli argomenti spesi dallo stesso, oppure abbia formulato deduzioni generiche, apodittiche, superflue o palesemente inconsistenti (Sez. 2, n. 30838 del 19/03/2013, Autieri, Rv. 257056- 01; Sez. 6, n. 17912 del 07/03/2013, Adduci, Rv. 255392- 01; Sez. 4, n. 15227 del 14/02/2008, Baretti, Rv. 239735- 01). Quando, invece, l'atto d'appello, come nel caso in esame, rivolga specifiche censure alla ricostruzione della sentenza di primo grado su punti decisivi per l'affermazione della responsabilita' dell'imputato, il giudice dell'impugnazione e' tenuto motivatamente a respingere le critiche che, in base all'esame di precisi elementi di fatto, il ricorrente abbia rivolto in ordine alle valutazioni operate con la prima sentenza (Sez. 3, n. 1237 del 02/10/2012, Lomio, Rv. 254150- 01; Sez. 6, n. 28710 del 17/04/2012, Romito, Rv. 253226- 01). Cio' si spiega perche', al mezzo di impugnazione dell'appello, e' connaturata la nuova discussione delle questioni prospettate e disattese in primo grado, nella prospettiva di una piena revisione del primo giudizio (Sez. 6, n. 50613 del 06/12/2013, Kalboussi, Rv. 258508- 01). Cio' posto, i rilievi difensivi contenuti nei motivi di appello rispondevano senz'altro ai requisiti di specificita' richiesti per la proposizione di una valida impugnazione, tant'e' che la sentenza impugnata non ne ha rilevato la genericita'. 3. Il primo motivo di ricorso e' parzialmente fondato nella parte in cui il ricorrente lamenta la mancata rinnovazione dell'istruzione dibattimentale per l'esame della dottoressa (OMISSIS). 3.1. La Corte di merito ha respinto l'istanza affermando che la richiesta istruttoria non fosse necessaria ai fini del decidere, posto che erano state gia' acquisite le dichiarazioni della (OMISSIS) su quanto dalla stessa all'epoca accertato e cioe' che, quale pediatra di (OMISSIS), aveva visitato la bambina; all'esito, la sanitaria aveva spiegato alla madre della giovane paziente che la figlia presentava delle ragadi anali sanguinanti. Di modo che risentire la (OMISSIS), passati anni dalla visita medica, non avrebbe apportato alcun contributo cognitivo di interesse nella ricostruzione dei fatti processuali. Nel pervenire a tale conclusione, la Corte d'appello, da un lato, non si e' confrontata con il motivo di ricorso, che richiedeva l'esame della (OMISSIS) esclusivamente sul presupposto che la stessa avesse escluso che il sanguinamento della giovane fosse riconducibile a violenze sessuali patite. In altri termini, la Corte d'appello, come si evince dal testo della sentenza impugnata, non ha contrastato la prospettazione del ricorrente (il quale aveva dedotto che la dottoressa (OMISSIS) avesse escluso che il sanguinamento anale di (OMISSIS) derivasse da atti di violenza sessuale), con la conseguenza che la motivazione resa in parte qua dalla Corte partenopea e', all'evidenza, omessa rispetto al contenuto della richiesta. Il ricorrente, peraltro, deduce che la richiesta di rinnovazione si era resa necessaria in conseguenza del fatto che la madre della vittima aveva taciuto il risultato della visita medica eseguita dalla (OMISSIS), con la conseguenza che il dato probatorio (ossia che il sanguinamento anale non trovava causa in atti di violenza sessuale) era rimasto ignoto al Tribunale che, nella motivazione della sentenza di condanna, aveva, invece, attribuito al fatto la natura di riscontro decisivo a favore della tesi d'accusa. In tal modo, l'esigenza di richiedere l'esame della dottoressa (OMISSIS) attraverso la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale era sopravvenuta a seguito della motivazione della sentenza di primo grado e l'esame si rendeva necessario alla difesa sia per incartare un dato decisivo a discarico e sia per provare l'inattendibilita' della testimonianza della madre della vittima. 3.2. La giurisprudenza di legittimita' ha chiarito che, in tema di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, l'articolo 603 c.p.p. disciplina due distinte ipotesi, prevedendo, nel comma 1, che il giudice disponga la rinnovazione del dibattimento ove ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli atti e attribuendogli, nel comma 2, nel caso di prove nuove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il potere di disporre il rinnovo dell'istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall'articolo 495 c.p.p., comma 1, norma che a sua volta richiama gli articoli 190 c.p.p., comma 1 e articolo 190-bis c.p.p. relativi rispettivamente, al diritto alla prova ed ai requisiti della prova nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51 c.p.p., comma 3-bis. In conseguenza di tale doppio richiamo, deve ritenersi che - nel caso previsto nell'articolo 603 c.p.p., comma 2, - il giudice, in presenza di istanza di parte e dei presupposti richiesti dalla norma, e' tenuto a disporre la rinnovazione del dibattimento, con il solo limite costituito dalle ipotesi di richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti, in sostanza escludendo le prove del tutto incongruenti rispetto al "thema decidendum" e quelle che mirano a provare un fatto del tutto pacifico ed incontrovertibile; mentre, nei procedimenti relativi a taluno dei delitti menzionati nell'articolo 51 c.p.p., comma 3-bis ove sia richiesto l'esame di testimoni o di persone indicate nell'articolo 210 (imputati in procedimento connesso o collegato), che abbiano gia' reso dichiarazioni nel corso di incidente probatorio ovvero dichiarazioni i cui verbali siano stati gia' acquisiti (a norma dell'articolo 238 c.p.p.), l'esame e' ammesso ove ritenuto necessario sulla base di specifiche esigenze (Sez. 5, n. 43464 del 09/05/2002, Pinto, Rv. 223541 - 01), giustificandosi cio' per evitare, in relazione alla notevole gravita' dei fatti da giudicare e del decorso del tempo, l'usura delle fonti di prova. Per quanto qui interessa, e' stato anche affermato che, anche in tema di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in sede di appello ex articolo 603 c.p.p., analogamente a quel che avviene in materia di revisione, nel concetto di prova "nuova" deve comprendersi pure quella esistente al momento del giudizio e gia' versata in atti, ma non valutata dal giudice anche per difetto di iniziativa da parte del soggetto processuale interessato. Peraltro, diversamente dall'articolo 630, che disciplina appunto i casi di revisione, includendo tra questi la sopravvenienza o la scoperta di prove nuove - nel senso suindicato - senza ulteriore distinzioni, l'articolo 603 succitato reca, pur se nello stesso ambito di prove nuove, una diversita' di previsione, a seconda che si tratti di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado (ipotesi questa contemplata dal comma 2) ovvero di prove emerse in diverso contesto temporale o fenomenico (ipotesi considerata dal comma 1) ossia di prove nuove non sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, ed a questo, dunque, preesistenti o concomitanti, o comunque, gia' note all'interessato prima di tale momento. Nel caso di cui al comma 1, invero, il giudice di appello deve disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale soltanto ove ritenga di non essere in grado di decidere, mentre in quello di cui al comma successivo deve disporre la rinnovazione osservati i soli limiti previsti dall'articolo 495 c.p.p., comma 1, (Sez. 1, n. 5167 del 21/02/1994, Fagiolo, Rv. 197344 - 01). Nella specie, e' pacifico, secondo la stessa prospettazione di parte, che il contenuto della prova nuova, di cui era chiesta l'assunzione a mezzo della rinnovazione parziale del dibattimento era noto all'interessato ab origine, tant'e' che l'esame della dottoressa (OMISSIS) poteva comunque essere tempestivamente richiesto nel corso del primo giudizio. Da cio' deriva che la regola di giudizio alla quale la Corte distrettuale si sarebbe dovuta attenere e' espressa nell'articolo 603 c.p.p., comma 1. In effetti, il giudice d'appello ha affermato di poter decidere allo stato degli attitma senza tenere conto del contenuto della richiesta di parte rispetto alla quale la motivazione e' anche graficamente assente. A questo proposito, la giurisprudenza di legittimita' e' ferma nel ritenere che, nel giudizio d'appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, prevista dall'articolo 603 c.p.p., comma 1, e' subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria; tale accertamento e' rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita' se correttamente motivata (ex multis, Sez. 6, n. 48093 del 10/10/2018, G., Rv. 274230 - 01). Il presupposto del legittimo rigetto della richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 1, e' dunque la presenza di una corretta motivazione/ossia che il giudice, ove ritenga, nella sua discrezionalita', di non accogliere la richiesta di parte debba motivare in modo congruo e logicamente corretto il rigetto della stessa (Sez. 6, n. 68 del 02/12/2002, dep. 2003, Raviolo, Rv. 222977 - 01). La qual cosa, come fondatamente lamenta il ricorrente, denunciando anche il vizio di motivazione, non e' avvenuta, perche' la Corte d'appello non ha tenuto conto che la rinnovazione era richiesta per introdurre nel processo una prova a discarico specifica e decisiva per disarticolare la sentenza di primo grado, che aveva stimato determinante il riscontro del sanguinamento anale della vittima (pag. 32 della sentenza del Tribunalei'recepita dalla Corte d'appello). Un disturbo, anche fisico, puo' avere l'eziologia piu' varia, ma il processo compiuto per ricondurre, direttamente o indirettamente, l'effetto (disturbo) alla causa (abusi) deve essere rigorosamente provato e cio' anche quando, nell'economia della valutazione della prova, il giudice attribuisca, come nel caso in esame, ad un fatto il valore di riscontro decisivo per corroborare una fonte di prova, ritenendo sulla base del riscontro pienamente accertati i facta probanda. Sul punto, il ricorrente si era accollato l'onere della prova negativa, il cui ingresso processuale e' stato negato, sulla base di quanto risulta dal testo del provvedimento impugnato, con motivazione praticamente assente perche' disallineata rispetto al contenuto e alle finalita' dell'istanza. Il motivo va, pertanto, accolto e il suo accoglimento si riflette anche sul giudizio di attendibilita' della minore comportando, gia' per questo, anche l'accoglimento del quinto e del sesto motivo con riferimento alla posizione della vittima, (OMISSIS). La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio in parte qua e il giudice del rinvio porra' riparo al vizio motivazionale ovvero, qualora ritenga non possibile cio', dara' corso all'incombente richiesto. 3.3. Non e' fondata, invece, la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria finalizzata all'esame delle insegnanti, trattandosi di prove superflue, come ha correttamente motivato la Corte d'appello, perche' il dato del sanguinamento della vittima nel corso della frequenza scolastica costituisce un fatto accertato e l'incombente istruttorio e' stato reclamato, senza alcun requisito di specificita', sulla base di una richiesta meramente esplorativa. La giurisprudenza di legittimita' e', infatti, ferma nel ritenere che, nel giudizio di appello, la presunzione di tendenziale completezza del materiale probatorio gia' raccolto nel contraddittorio di primo grado rende comunque inammissibile la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale che si risolva in una attivita' "esplorativa" di indagine, finalizzata alla ricerca di prove anche solo eventualmente favorevoli al ricorrente, non sussistendo pertanto, riaspetto ad essa, alcun obbligo di risposta da parte del giudice del gravame (Sez. 3, n. 47293 del 28/10/2021, R., Rv. 282633 - 01; Sez. 3, n. 42711 del 23/06/2016, H., Rv. 267974 - 01; Sez. 3, n. 23058 del 26/04/2013, Duval Perez, Rv. 256173 - 01). Per le medesime ragioni, attesa la genericita' e la natura esplorativa della richiesta, non e' fondata, pur in assenza anche grafica della motivazione sul punto da parte della Corte d'appello, l'istanza di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale finalizzata all'escussione della dottoressa (OMISSIS). 4. Il secondo, il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo di ricorso, essendo tra loro strettamente connessi, possono essere congiuntamente esaminati, essendo le doglianze tutte concentrate in relazione alla ritenuta capacita' a testimoniare delle vittime e al giudizio di attendibilita' attribuito alle stesse dai giudici di merito. I motivi sono fondati nei limiti di seguito precisati. 4.1. Il ricorrente, con i motivi di appello, aveva contestato le affermazioni del primo giudice circa il giudizio relativo alla ritenuta capacita' a testimoniare delle minori, argomentando il rilievo proprio sulla perizia d'ufficio (disposta ex novo dal Tribunale) ed anche sulle dichiarazioni dibattimentali del perito (a pag. 5 dell'atto di appello e' stata indicata la pagina 16 del verbale di udienza del 21 dicembre 2020 a dimostrazione del fatto che il perito d'ufficio, dottoressa (OMISSIS), avesse concluso nel senso di non potersi affermare con certezza la capacita' o meno delle minori a testimoniare per la mancanza di doverosi approfondimenti che non erano stati eseguiti e che non potevano essere piu' ripetuti). Sviluppando poi le critiche verso la sentenza del primo giudice, il ricorrente, sempre con i motivi di appello (pagg. 44 ss.), oltre a sottolineare le violazioni delle prescrizioni dettate dalla carta di Noto, aveva osservato come, nel caso di specie, risultasse determinante analizzare il contesto familiare delle due ragazzine, ribadendo come, per la minore (OMISSIS), fossero emersi, anche sulla base della perizia d'ufficio e delle stesse dichiarazioni dibattimentali del perito (veniva citata la pag. 10 del verbale di udienza del 21 dicembre 2020), elementi idonei a far ritenere precario lo stato psichico della vittima e come la situazione non fosse diversa con riferimento alla minore (OMISSIS), circondata da condizioni e da conflittualita' familiari nonche' da vuoti tali da non essere totalmente capace di discernere la verita' (viene sempre citata la pag. 10 del verbale di udienza del 21 dicembre 2020), tanto da non risultare pienamente capace di testimoniare. Era mancata, ad avviso del ricorrente, l'analisi degli adulti di riferimento che avrebbe posto, poi, in rilievo i condizionamenti esterni ai quali potrebbe essere stata soggetta la minore (v. atto di appello pagg.44-45). In particolare, si affermava nell'atto di gravame: "il giudizio tecnico espresso dal perito sulla capacita' a testimoniare di (OMISSIS) si conclude con un responso dubitativo. Nondimeno l'analisi della capacita' a testimoniare di (OMISSIS) perviene ad un responso negativo in ragione, in primo luogo, delle certificazioni mediche in atti. Non si comprende, allora, come il Tribunale abbia disatteso le conclusioni della Dott.ssa (OMISSIS) tenuto conto che anche il Dott. (OMISSIS) riferisce delle inclinazioni di (OMISSIS) all'eccessivo investimento fantastico". Inoltre, si annotava, con l'atto d'appello, come la dottoressa (OMISSIS) avesse, nella sua relazione, espresso un parere negativo circa il racconto fatto dalla minore, osservando, nel gravame, che, dalle relazioni eseguite dagli altri esperti ad eccezione per il parere dell'ausiliario del pubblico ministero, dottoressa Petrillo, non si evincesse, dunque, un giudizio positivo sulla capacita' a testimoniare, ne' dell'una, ne' dell'altra ragazzina, risultando percio' priva di motivazione la sentenza in relazione al dato della capacita' a testimoniare delle persone offese. Cio' posto, al cospetto di tali rilievi, la Corte d'appello si e' limitata a confermare il giudizio espresso dal Tribunale, senza prendere specifica posizione sui motivi d'appello. Quanto alla prima minore, (OMISSIS), la Corte d'appello ha soltanto sottolineato come la bambina fosse risultata sveglia e intelligente, capace di comporre pienamente quanto accadutole nonostante "qualche conflitto interiore", affermando che gli esperti, compreso il consulente dell'imputato (circostanza, quest'ultima, specificamente contestata, con i motivi di appello), avessero riconosciuto cio' (si ricorda, tuttavia, che il ricorrente contesta alla fonte di prova di aver indicato inizialmente una persona, diversa dall'imputato, come autore dei comportamenti abusanti). Allora, con fondamento, il ricorrente si duole del fatto che, in definitiva, la Corte di appello, si sarebbe sottratta alla reale analisi del tema, riproponendo, peraltro in modo generico, la tesi dei primi giudici senza confrontarsi con le argomentazioni elaborate dalla difesa. Liquidato in tal modo il motivo d'appello concernente la capacita' a testimoniare della prima minore, quanto alla seconda, (OMISSIS), la Corte d'appello - dopo aver annotato come l'analisi della sua posizione risultasse maggiormente complessa e dopo aver richiamato le deposizioni di tutti i sanitari che con lei ebbero contatto - ha concluso nel senso che la tendenza della minore a rifugiarsi in un mondo fantastico non pregiudicasse la capacita' a testimoniare, il cui positivo apprezzamento, per entrambe le ragazzine, si basava, nonostante la disagevole situazione familiare, su un ulteriore dato informativo condiviso, secondo la Corte territoriale, da tutti gli psicoterapeuti, i quali, a seguito dell'esame delle bambine, avevano escluso che, dagli elementi a disposizione, potesse desumersi che (OMISSIS) e, soprattutto, (OMISSIS), potessero essersi inventate gli abusi addebitati all'imputato. In presenza di un tale apparato argomentativo, allora, il ricorrente, ancora una volta e con fondamento, obietta come la Corte territoriale avesse eluso l'obbligo della motivazione con specifico riferimento all'accertamento della capacita' a testimoniare, posto che il tema peritale si incentrava sul profilo psicologico delle minori per verificarne la capacita' a testimoniare e non la capacita' a mentire, reiterando, in tal modo, il medesimo vizio che affliggeva la sentenza del Tribunale e che era stato denunciato con l'atto di appello mediante l'indebita sovrapposizione della capacita' a testimoniare con l'attendibilita' delle dichiaranti. Sul punto, occorre chiarire come la giurisprudenza di legittimita', quanto all'uso dell'indagine psicologica, tiene distinti due aspetti fondamentali: da un lato, l'attitudine del minore a testimoniare, sotto il profilo intellettivo ed affettivo, e la sua credibilita', affermando che il primo aspetto consiste nell'accertamento della sua capacita' di recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di esprimerle in una visione complessa, da considerare in relazione all'eta', alle condizioni emozionali, che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualita' e natura dei rapporti familiari. Il secondo aspetto - da tenere distinto dall'attendibilita' della prova, che rientra nei compiti esclusivi del giudice - e' diretto ad esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto ed ha rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerita', travisamento dei fatti e menzogna (ex multis, Sez. 3, n. 8962 del 03/07/1997, Ruggeri, Rv. 208447 - 01). Ne consegue che, ai fini dell'attendibilita' della prova, la circostanza che alcune fonti (siano esse periti, consulenti o testi esperti) abbiano sostenuto che le minori non potessero essersi inventate i fatti raccontati non consente al giudice, per cio' solo, di ritenere raggiunta la prova dell'attendibilita' delle bambine in ordine agli episodi o a tutti gli episodi narrati, perche' la valutazione della prova testimoniale, che, come detto, rientra nelle attribuzioni esclusive del giudice, richiede un apprezzamento composito, comprensivo anche del contenuto delle dichiarazioni e di tutte le circostanze oggettive e soggettive del caso specifico. Peraltro, quanto alla minore (OMISSIS), il ricorrente sottolinea, allegando al ricorso il verbale di udienza del 21 dicembre 2020 nonche' le certificazioni a firma del Dott. (OMISSIS) risalenti al 2015, come, da tempo, la minore fosse in cura presso il dipartimento di nEuropsichiatria per disturbi dell'apprendimento ed "eccessivo investimento fantasioso". Da cio' si evince come la Corte d'appello non si sia effettivamente misurata con le doglianze sollevate dal ricorrente, esprimendo, per superarle, un giudizio sulla capacita' a testimoniare non sorretto, da un lato, da logica e adeguata motivazione, e, dall'altro, contestato specificamente con i motivi di ricorso che pongono in risalto proprio la documentazione medica, acquisita al corredo processuale, attestante la presenza di disturbi di natura nEuropsichiatrica della minore nonche' l'anamnesi della psicologa, dottoressa (OMISSIS), secondo la quale (OMISSIS) le aveva esposto gli abusi in modo da sembrare "una lezione imparata a memoria", circostanza che si desume anche dal testo della sentenza impugnata. 4.2. Costituisce principio piu' volte declinato dalla giurisprudenza di legittimita' quello per il quale la valutazione del giudice in ordine all'attitudine a testimoniare del minore vittima di reati sessuali deve essere, di regola, fondata su una perizia e, qualora tale accertamento non sia stato svolto o non abbia rispettato i protocolli generalmente riconosciuti dalla comunita' scientifica, devono essere valorizzati, ai fini:della credibilita', altri elementi di prova o di riscontro oggettivi di cui deve essere fornita adeguata motivazione (Sez. 3, n. 1235 del 02/10/2012, dep. 2013, B., Rv. 254414 - 01). La Corte, in altre decisioni, ha sottolineato (Sez. 3, n. 23105 del 26/02/2021, A., in motivazione) come la comunita' scientifica, al fine di fornire una appropriata risposta all'allarme sociale suscitato da episodi sempre piu' frequenti di abusi sessuali su minori, soprattutto in tenera eta', abbia delineato specifici criteri allorquando si debba procedere all'esame del minore o si debbano utilizzare le dichiarazioni che il minore abbia propalato agli adulti. Da qui l'esigenza, fortemente avvertita, di evitare che le dichiarazioni rese da questi testimoni siano processualmente acquisite senza alcun filtro critico e senza il rispetto di modalita' operative suggerite dalla scienza psicologica piu' accreditata. A questo proposito, i criteri di audizione piu' autorevoli seguono il paradigma metodologico dettato dalla carta di Noto, le cui indicazioni sono infatti tali da garantire l'attendibilita' dei risultati degli accertamenti tecnici e la genuinita' delle dichiarazioni di minori coinvolti in vicende di abuso, assicurando, allo stesso tempo, la protezione psicologica degli stessi. In particolare, la carta di Noto, per quanto qui interessa, prevede che gli esperti, specificamente formati a raccogliere la testimonianza dei minori, debbano utilizzare metodologie e criteri riconosciuti come affidabili dalla comunita' scientifica di riferimento; fissa il principio secondo il quale, pur nella consapevolezza che l'audizione potrebbe causare modificazioni e alterazioni del ricordo, il minore va sentito in contraddittorio il prima possibile, assumendo le dichiarazioni attraverso protocolli d'intervista o metodiche basate sulle indicazioni della letteratura scientifica accreditata; indica l'incidente probatorio come sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del minore nel corso del procedimento; consiglia che le audizioni effettuate o ripetute ad una considerevole distanza temporale siano valutate con grande cautela a causa della condizione psicologica mutata rispetto all'epoca dei fatti e dei potenziali fattori di inquinamento del ricordo; stabilisce che il minore sia avvertito della finalita' della sua audizione con la possibilita' di dire che "non ricorda" e "non sa"; ritiene necessario, per soggetti di eta' inferiore agli anni dodici e salvo in casi di eccezionali e comprovate ragioni di tutela del minore, che sia sempre disposta perizia al fine di verificarne la idoneita' a testimoniare sui fatti oggetto d'indagine; raccomanda che, all'esperto, non sia demandato il compito di accertare la veridicita' e la validita' del racconto o dei racconti resi, trattandosi di compiti rientranti nella cognizione esclusiva dell'autorita' giudiziaria; riserva una particolare attenzione ad alcune situazioni specifiche, idonee ad influire sulle dichiarazioni dei minori, quali: a) separazioni dei genitori caratterizzate da inasprimento di conflittualita' dove si possono verificare, ancor piu' che in altri casi, situazioni di falsi positivi o falsi negativi; b) allarmi generati solo dopo l'emergere di un'ipotesi di abuso; c) fenomeni di suggestione e di "contagio dichiarativo"; d) condizionamenti o manipolazioni anche involontarie (es. contesto psicoterapeutico, scolastico, ecc.). La dottrina, soprattutto in materia di teoria generale del processo con specifico riferimento al diritto delle prove, e la giurisprudenza penale di legittimita', maggiormente in tema di individuazione della causalita' generale e individuale, hanno approfondito le questioni inerenti alla "prova scientifica", avvertendo come il giudice sia un esperto del diritto che tuttavia non ha altre competenze specialistiche, cosicche' accade spesso che egli debba accertare o valutare fatti che implicano la conoscenza di particolari nozioni, le quali presentano caratteristiche di tecnicismo o di scientificita' tali per cui solo un esperto di quel particolare settore di conoscenza e' in grado di fornire informazioni e valutazioni attendibili. Il ricorso alle conoscenze scientifiche da parte del giudice (si segnalano, a tal proposito, anche le linee guida per l'acquisizione della prova scientifica elaborate ed approvate in data 15 giugno 2008 da un gruppo di esperti, qualificato anche a livello interdisciplinare) assicura, nel campo delle scienze naturali (cd. "dure"), razionalita' e attendibilita' delle decisioni giudiziarie, perche' la scienza, dei cui risultati in un determinato settore ii processo si avvale, si fonda sull'impiego di metodi controllabili ed empiricamente verificabili, e quindi garantisce certezza dei risultati conseguiti. In questo modo, come e' stato opportunamente sottolineato, si tende a ritenere che le scienze della natura, avvalendosi di metodi empirici e di apparati teorici e matematici, possono essere in grado di produrre (ovviamente non necessariamente sempre e non necessariamente per sempre) risultati "certi" o molto prossimi alla certezza, e quindi idonei a fondare un accertamento veritiero dei fatti allorquando producano leggi scientifiche generali o leggi caratterizzate da una frequenza statistica molto elevata, prossima al 100%, pertanto a copertura totale o pressocche' totale di tutti i casi empiricamente verificabili e verificati. Un aspetto, di particolare rilievo nel nostri caso e sotto vari profili, e' poi quello implicante l'uso della prova scientifica nelle ipotesi in cui si verifichi l'eventualita' di impiego processuale di campi del sapere (non appartenenti alle scienze della natura) facenti parte cioe' delle scienze umane o sociali, come ad esempio, per quanto qui interessa, la psicologia (scienza, infatti, utilizzata, a livello giudiziario, nel caso di conferimento di perizie psicologiche, come nella specie, sul minore, sull'interdicendo o sull'imputato, a conferma che la psicologia puo' essere assai rilevante per molte valutazioni che il giudice deve effettuare). Esse, tuttavia, difettano della verificabilita' empirica o della ripetibilita' degli esperimenti, caratterizzandosi spesso anche per la piu' frequente presenza di teorie contrastanti. Tutto cio' per significare che la letteratura scientifica e' compatta nel ritenere che le scienze umane e sociali non forniscono tendenzialmente la conoscenza di leggi nelle quali ricomprendere i fatti della singola controversia al fine di derivarne la conoscenza per via di inferenze deduttive o quasi deduttive, ma forniscono piuttosto modelli di interpretazione o di valutazione di oggetti che possono non essere eventi del mondo materiale. Gli studiosi convengono sul fatto che le scienze umane (cd. idiografiche) si risolvono in attivita' di natura fondamentalmente ermeneutica. Particolarmente istruttiva, per quanto qui interessa, e' proprio la casistica che interessa la perizia psicologica, in generale, la quale, non essendo, all'evidenza, sovrapponibile all'indagine concernente la sola idoneita' a testimoniare ma investendo campi piu' ampi della mente umana, puo' aiutare a comprendere gli aspetti della personalita' di un soggetto, non mirando a proporre dati verificabili secondo criteri quantitativi di probabilita', ma a interpretare il carattere o a determinare le reazioni psichiche o gli atteggiamenti di un singolo individuo, con la conseguenza che, in questi casi, cio' che la scienza in questione fornisce non e' costituito (necessariamente) da leggi o da frequenze statistiche e neppure da (meri) dati empirici bensi' da interpretazioni di eventi, comportamenti oppure oggetti, sicche', in questi contesti, ci si trova di fronte a paradigmi conoscitivi e valutativi strutturalmente diversi da quelli che si considerano come tipici delle scienze della natura. Precisato cio', nel processo penale, compete al giudice di merito decidere quando determinate conoscenze siano necessarie, valutando se si debba o meno ricorrere alla nomina di un esperto al quale la legge processuale richiede innanzitutto di essere indipendente e imparziale rispetto alle parti e all'oggetto della controversia. La dialettica processuale e' arricchita poi dal ruolo delle parti stesse, le quali, se ritengono, partecipano sia alla formulazione dei quesiti che il giudice rivolge all'esperto e sia a tutte le attivita' che l'esperto svolge (indagini, esperimenti, audizione di persone informate dei fatti), anche per mezzo di propri esperti (consulenti), la cui funzione e' sostanzialmente quella di controllare l'attivita' del perito. La regola e' che le conoscenze fornite dall'esperto, le sue informazioni, le sue valutazioni e le sue opinioni, per quanto esse siano autorevoli, attendibili e influenti, non possono mai considerarsi vincolanti per il giudice. Anche quando l'esperto ha svolto analisi complesse, esperimenti, test, e magari ha anche assunto informazioni da testimoni, giungendo a esprimere un parere analitico e approfondito sui fatti che sono oggetto del processo, egli non puo' mai sostituirsi al giudice nella formulazione del giudizio finale: la funzione del decidere, infatti, non puo' essere in alcun modo delegata al perito o al consulente. Cio' significa che, di fronte alle conclusioni formalizzate dall'esperto, il giudice conserva integra la sua discrezionalita' nell'accertamento e nella valutazione dei fatti, in base al principio fondamentale del libero convincimento, che costituisce principio cardine di tutti gli ordinamenti processuali. Non e' questa la sede per approfondire le ragioni con le quali la letteratura scientifica ha superato, in subiecta materia, un tale apparente paradosso (del giudice che, da un lato, ricorre all'ausilio di un esperto sul presupposto che egli stesso non possiede le conoscenze scientifiche che risultano necessarie per un'adeguata ricostruzione e valutazione dei fatti della causa e che, dall'altro lato, decide la causa, valutando ed eventualmente criticando o respingendo le conclusioni formulate dall'esperto), cio' che invece conta rilevare e' l'approdo, costituente comune patrimonio di dottrina e giurisprudenza in materia, secondo il quale al giudice compete di controllare la validita' dei procedimenti che l'esperto ha seguito nell'analizzare i fatti, nel compiere esperimenti e nel formulare le sue valutazioni, e deve verificare l'attendibilita' degli argomenti con cui l'esperto ha giustificato le sue conclusioni, senza che cio' implichi la trasformazione evidentemente impossibile - del giudice stesso in una sorta di super esperto. Nel compiere tali valutazioni, il giudice si avvale anche del contributo che le parti, attraverso i loro consulenti, hanno apportato al processo disponendo percio' di valutazioni diverse, di argomentazioni contrapposte, e di elementi di confronto e di analisi che possono essere assai utili in sede di formulazione delle sue valutazioni finali sull'attendibilita' dei risultati cui e' giunto il perito. Da cio' consegue che le valutazioni che il giudice compie in ordine all'attendibilita' e al valore probatorio delle prove scientifiche, comunque acquisite al processo, debbono essere razionalmente giustificate attraverso l'obbligo della motivazione. Calando ora queste premesse di carattere generale al caso in esame, con specifico riferimento quindi ai processi di abuso sessuale nei confronti di minori in tenera eta', vale considerare come, in tali casi, il percorso ricostruttivo, che impegna il giudice, sia decisamente segnato dai principi declinati dalle carte internazionali e dalle conoscenze scientifiche accreditate e sulle quali il giudice non puo' sorvolare, salvo il caso, pacificamente raro, in cui le conoscenze rientrino nel suo patrimonio conoscitivo che deve pero' essere riversato nella motivazione del provvedimento giurisdizionale che decide la causa. Sono paradigmatiche, per comprendere la rilevanza che riveste il sapere esperto in materia, le prescrizioni con cui la carta di Noto regola la questione, di notevole importanza in questi processi, circa l'accertamento della capacita' a testimoniare del minore e sulla quale l'esperto e' chiamato ad esprimersi. Essa comprende l'accertamento delle capacita' generiche e specifiche del teste minorenne. Le prime (ossia l'accertamento delle capacita' generiche) riguardano, come si ricava dalla Carta di Noto, le funzioni cognitive quali la memoria, l'attenzione, le capacita' di comprensione e di espressione linguistica, la capacita' di individuare la fonte delle informazioni, le capacita' di discriminare realta' e fantasia, il verosimile dal non verosimile, ecc., nonche' il livello di suggestionabilita' e di maturita' psico-affettiva. Le seconde (ossia l'accertamento delle capacita' specifiche) riguardano l'abilita' del minore di organizzare e riferire il ricordo in relazione alla complessita' esperienziale di quello che si suppone essere avvenuto e l'eventuale presenza di influenze suggestive, interne o esterne (derivanti dall'interazione con adulti o con coetanei) che possano avere interferito nel racconto (articolo 13 Carta di Noto). Con la sottolineatura che, in sede di accertamento dell'idoneita' specifica, e' necessario chiarire e considerare le circostanze e le modalita' attraverso cui il minore ha narrato i fatti a familiari, operatori sociali, Polizia Giudiziaria ed altri soggetti (articolo 14 della Carta di Noto). Allo stato delle attuali conoscenze, nessuno dubita che, nei processi per abusi sessuali su minori in tenera eta', si debba fare ricorso al sapere scientifico, veicolato dall'esperto le cui conoscenze possono anche essere utilizzate dal giudice per scandagliare tutti gli aspetti della personalita' del minore anche in relazione alle attivita' processuali che lo vedono necessariamente protagonista (audizioni), ma con l'ulteriore precisazione, come in precedenza evidenziato, che all'esperto non puo' essere demandato il compito di accertare la veridicita' e la validita' del racconto o dei racconti resi, con la conseguenza che i metodi scientifici, che sono stati sviluppati, non possono essere applicati all'accertamento della verita' fattuale. La idoneita' a testimoniare non implica, quindi, la veridicita' e la credibilita' della narrazione (articolo 15 della carta di Noto). Occorre poi considerare che, nella fase del procedimento nella quale si ricorre al contributo dell'esperto per la verifica della idoneita' a testimoniare del minore (ma, in genere, anche in tutti gli altri casi nei quali faccia ingresso una tale verifica), il fatto non e' stato ancora accertato e la scienza psicologica non possiede, sulla base delle attuali conoscenze come cristallizzate nelle linee guida approvate dalla comunita' scientifica, alcuno strumento per giungere ad occuparsi, nemmeno indirettamente, dei fatti, i quali devono rimanere di esclusiva spettanza del magistrato. In questa prospettiva, nell'ambito di pertinenza del sapere esperto, la testimonianza dovra' essere validata non certo dall'esperto ma solo dal giudice, sulla base, se necessario o anche solo opportuno nei casi piu' delicati, di riscontri sia intrinseci che estrinseci. Peraltro, e' ormai altrettanto patrimonio comune, quanto meno degli operatori del diritto, l'insegnamento della giurisprudenza di legittimita' secondo il quale, nei giudizi debitori del sapere esperto, e' precluso al giudice di farsi creatore delle conoscenze, che egli ordinariamente non possiede e che siano necessarie per l'accertamento dei fatti di causa, essendo egli portatore di una "legittima ignoranza" in proposito. Il suo compito e' percio' quello "di valutare l'autorita' scientifica dell'esperto che trasferisce nel processo la sua conoscenza della scienza; ma anche di comprendere, soprattutto nei casi piu' problematici, se gli enunciati che vengono proposti trovano comune accettazione nella comunita' scientifica. Da questo punto di vista il giudice e' effettivamente, nel senso piu' alto, peritus peritorum: custode e garante della scientificita' della conoscenza fattuale espressa dal processo" (ex multis, Sez. 4, n. 16715 del 14/11/2017, dep. 2018, Cirocco, in motivazione). Questi principi vanno applicati con riferimento a tutti i settori nei quali la prova scientifica venga processualmente utilizzata: tanto che si tratti di conoscenze inerenti alle scienze naturali quanto che si tratti di conoscenze proprie delle scienze umane e sociali, tenendo ovviamente conto della diversita' ontologica dei criteri, in precedenza percio' precisati, che presiedono ai differenti settori. Il giudice, in questi casi, diventa fruitore delle conoscenze scientifiche e garante dell'introduzione dei fatti nel processo ossia "garante della scientificita' della conoscenza fattuale espressa dal processo" (Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010, Cozzini, in motivazione), nel senso che vigila sulla correttezza scientifica di quanto viene esposto dagli esperti e di tutto cio' che costoro introducono nel processo. 4.3. Chiariti questi aspetti, va ricordato che il fondamentale rilievo critico che il ricorrente muove alla sentenza impugnata sta nel fatto che il giudice d'appello âEuroËœ5114(aLomesso di motivare sulle deduzioni difensive, nel senso che, al pari del primo giudice, espresso un giudizio positivo in ordine alla capacita' a testimoniare di entrambe le minori, riproponendo le medesime argomentazioni del Tribunale, nonostante le stesse fossero state specificamente contrastate con i motivi di impugnazione, e, cosi', fornendo una motivazione incongrua e, in taluni casi, scollegata rispetto alle acquisizioni processuali (cfr. sub par. 4.1. del considerato in diritto). Sebbene, poi, il riferimento al denunciato discostamento dai protocolli prescritti dalla carta di Noto sia stato, nella sentenza impugnata, citato solo nella parte della motivazione riguardante il giudizio di attendibilita' (pag. 7 dell'impugnata sentenza), la Corte di merito, nel valutare tale aspetto, ha liquidato la doglianza, senza indicare quali discostamenti avesse denunciato l'imputato e soprattutto senza enunciare le ragioni della loro eventuale infondatezza, essendosi limitata ad affermare che essi non hanno valore normativo in quanto rappresentano suggerimenti diretti a garantire l'attendibilita' delle dichiarazioni e la protezione psicologica del minore. Se cio' e' vero, ma non al punto che queste prescrizioni, le quali trovano fondamento negli studi di settore compiuti dalla comunita' scientifica, possano essere ad libitum disattese, va percio' ricordato l'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimita' a proposito del discostamento dai criteri fissati dalla carta di Noto (ma il principio di diritto risulta esportabile, per la eadem ratio, anche con riferimento alle altre linee guida o protocolli approvati dalla comunita' scientifica), nel senso che, in tema di testimonianza del minore vittima di abusi sessuali, il giudice non e' vincolato, nell'assunzione e nella valutazione della prova, al rispetto delle metodiche suggerite dalle linee guida, salvo che dette metodiche non siano gia' trasfuse in disposizioni del codice di rito con relativa disciplina degli effetti in caso di inosservanza, di modo che la loro violazione non comporta l'inutilizzabilita' della prova cosi' assunta; tuttavia, il giudice e' tenuto a motivare perche', secondo il suo libero ma non arbitrario convincimento, ritenga comunque attendibile la prova dichiarativa assunta in violazione di tali metodiche, dovendo adempiere ad un onere motivazionale sul punto tanto piu' stringente quanto piu' grave e patente sia stato, anche alla luce delle eccezioni difensive, lo scostamento dalle citate linee guida (Sez. 3, n. 648 del 11/10/2016, dep. 2017, L., Rv. 268738 - 01). Il che significa che al giudice di appello, al quale venga prospettato il discostamento dai protocolli, incombe l'obbligo, che deve essere adempiuto attraverso un corredo motivazionale adeguato e privo di vizi di manifesta illogicita', di indicare i rilievi che, a tal fine, sono stati mossi da una parte processuale, di esaminarli e di spiegare le ragioni per le quali, anche tenuto conto del parere degli esperti (prova scientifica) o di altri specifici motivi risultanti dalle acquisizioni processuali, abbia ritenuto di superarli, sia per ritenere la capacita' a testimoniare e sia per affermare l'attendibilita' delle fonti di prova. L'assoluta carenza motivazionale in proposito impone, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata per nuovo esame relativo al giudizio concernente la capacita' a testimoniare delle persone offese, esame che dovra' essere esteso anche alla valutazione dei pareri espressi dai periti, dai consulenti e dai sanitari psicologi, in relazione alle doglianze specifiche che il ricorrente ha mosso nei confronti della prima sentenza. 4.4. E siccome l'attendibilita' di un minore deve essere esaminata in senso omnicomprensivo, valutando la posizione psicologica del dichiarante rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne, la sua attitudine a testimoniare, che coinvolge la capacita' di recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, le sue condizioni emozionali in riferimento alle relazioni con il mondo esterno ed alle dinamiche familiari, nonche' i processi di rielaborazione cognitiva delle vicende vissute, processi tanto piu' limitati quanto piu' il bambino e' in tenera eta' (Sez. 3, n. 23278 del 06/04/2004, Di Donna, Rv. 229421 - 01), i precedenti rilievi si propagano, come in precedenza chiarito, anche rispetto al giudizio sull'attendibilita' delle minori, cosi' come formulato nella sentenza impugnata dalla Corte di appello. 4.5. La quale e' giunta ad affermare, sulla base delle dichiarazioni delle persone offese, la responsabilita' dell'imputato per tutti gli episodi che gli sono stati attribuiti nonostante la stessa Corte territoriale (pag. 7 della sentenza impugnata) avesse riscontrato "alcune discrasie" tra i due racconti forniti dalle bambine in relazione all'unico episodio di violenza subito in presenza l'una dell'altra, giustificando tali discrasie (non menzionate nel testo della sentenza impugnata) sulla considerazione della maggiore fragilita' di (OMISSIS) e soprattutto per il timore da costei manifestato nei riguardi dell'imputato che le aveva minacciate entrambe di morte se avessero rivelato gli abusi. La motivazione appare in parte qua alquanto apodittica, oltre che manifestamente illogica, perche' si espone alla ragionevole obiezione difensiva (gia' svolta contro la sentenza di primo grado a pag. 7 dei motivi di appello, non esaminata compiutamente ma reiterata con il ricorso per cassazione) secondo cui, se le due testimoni furono contemporaneamente presenti sulla scena del delitto, la descrizione del medesimo episodio in modo clamorosamente incompatibile non puo' essere giustificata sulla base di mere asserzioni, non avendo la Corte d'appello contrastato le doglianze del ricorrente in forza delle quali (OMISSIS), nel corso dell'incidente probatorio, aveva dichiarato (i) di non aver visto l'imputato spogliarsi, contrariamente a quanto affermato sul punto da (OMISSIS) (che parimenti sarebbe stata minacciata eppure aveva dichiarato in tal senso), (ii) di non essere stata, a sua volta, spogliata dall'imputato, a differenza di quanto parimenti dichiarato dalla cugina, (iii) di non aver visto che l'imputato spogliasse la cugina e (iv) di non aver visto gli atti sessuali compiuti dall'imputato e subiti dalla cuginetta. Ne' un recupero di logicita' puo' rintracciarsi in altra parte della motivazione dove la Corte partenopea, nel ribadire l'esistenza di contrasti.nei racconti delle persone offese, attribuisce attendibilita' al narrato della persona offesa ( (OMISSIS)) per il fatto di aver la minore raccontato anche episodi di cui era stata autonoma vittima di abuso ed essendo percio' in possesso di un personale bagaglio di ricordi. Queste affermazioni possono giustificare una corretta decisione, in presenza di logica e congrua motivazione, con riferimento ad altri singoli episodi ma non possono valere, senza superare le obiezioni difensive, ad affermare l'attendibilita' su altri fatti rievocati in maniera contrastante dalle fonti di prova orale, soprattutto quando i testimoni hanno affermato di averli contemporaneamente vissuti. A questo proposito, occorre tenere conto che, in tema di reati sessuali, e' legittima una valutazione frazionata delle dichiarazioni della parte offesa e l'eventuale giudizio di inattendibilita', riferito ad alcune circostanze, non inficia la credibilita' delle altre parti del racconto, sempre che non esista un'interferenza fattuale e logica tra le parti del narrato per le quali non si ritiene raggiunta la prova della veridicita' e le altre parti che siano intrinsecamente attendibili ed adeguatamente riscontrate, tenendo conto che tale interferenza si verifica solo quando tra una parte e le altre esiste un rapporto di causalita' necessaria o quando l'una sia imprescindibile antecedente logico dell'altra, e sempre che l'inattendibilita' di alcune delle parti della dichiarazione non sia talmente macroscopica, per conclamato contrasto con altre sicure emergenze probatorie, da compromettere per intero la stessa credibilita' del dichiarante (Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273530 - 01; Sez. 3, n. 40170 del 26/09/2006, Gentile, Rv. 235575 - 01). Va anche ricordato, proprio perche' l'attendibilita' di un minore deve essere esaminata in senso omnicomprensivo, che, nel compiere tale valutazione, il giudice di merito deve comunque tenere conto che la natura progressiva delle dichiarazioni rese dalle vittime, come nella specie, vulnerabili non e' un elemento che puo', da solo, determinare una valutazione di inattendibilita', in quanto tali dichiarazioni spesso non si esauriscono in un'unica soluzione, ma si sviluppano attraverso un complesso percorso di disvelamento, di regola condizionato dall'affidamento nei confronti dell'autorita' procedente e intrecciato con quello psicologico di superamento del trauma, sicche' il giudizio sull'attendibilita' del dichiarato impone una valutazione d'insieme comprensiva di tutti gli stadi (oggettivi e soggettivi) di tale percorso (Sez. 3, n. 6710 del 18/12/2020, dep. 2021, F., Rv. 281005 - 02). 5. Sulla base delle precedenti considerazioni, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli per nuovo esame in ordine alla capacita' a testimoniare delle minori e alla loro attendibilita', tenendo anche conto dei rilievi sollevati dall'imputato nei confronti della sentenza di primo grado e dei principi di diritto in precedenza enunciati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI BARI SEZIONE PRIMA PENALE composta dai Sigg. Magistrati: dr. Francesca LA MALFA - Presidente dr. Francesco MATTIACE - Consigliere dr. Roberto CAPPITELLI - Consigliere Rel. All'udienza partecipata del 1 febbraio 2023, con la partecipazione del PG, d.ssa (...) e con l'assistenza del dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA NELLA CAUSA PENALE DI SECONDO GRADO CONTRO: (...), nato a V. il (...), domiciliato ex art. 161 c.p.p. in (...), via C. n. 44, libero, assente, difeso di fiducia dall'avv. An.Fl. del foro di Trani. Presente. IMPUTATO 1) Del delitto di cui agli artt. 612 bis c.p.,. perché, mediante condotte reiterate, consistite: nell'effettuare plurime chiamate telefoniche, inoltrare numerosi messaggi telefonici con minacce di morte del tipo "ti sparerò in testa", inoltrare via messaggio telefonico fotografie riproducenti arma da sparo, minacciava e molestava (...), cardiologo che lo aveva avuto in cura presso l'Ospedale "Mi.", cagionandogli un perdurante e grave stato di ansia e paura ed un fondato timore per sé e la propria famiglia. Commesso in Bari ed Acquaviva delle Fonti dal marzo 2019 all'attualità. 2)Delitto di cui all'art. 612 co 2 c.p., OMISSIS 3) Delitto di cui agli artt. 2 e 7 L. n. 895 del 1967, OMISSIS P.O. costituita parte civile: (...), in atti generalizzato, domiciliato ex art. 33 disp. att. c.p.p. presso il proprio procuratore speciale avv. Fr.Pe., con studio in Bari alla via Dante Alighieri n. 145. Presenti entrambi. APPELLANTE L'IMPUTATO avverso la sentenza n.1024 pronunciata in data 22.10.2021 dal GIP del Tribunale di Bari che: a) visti gli artt. 533, 535 c.p.p. lo dichiarava colpevole del reato a lui ascritto al capo 1, in esso assorbito quello di minaccia contestato al capo 2 e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condannava, con la diminuente prevista per il rito, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione oltre che al pagamento delle spese processuali. Doppi benefici di legge. b) Visto l'art. 530 c.p.p. lo assolveva dal reato di cui al capo 3 perché il fatto non sussiste. c) Visti gli artt. 538 e ss. c.p.p. lo condannava altresì al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede, al pagamento di una provvisionale per Euro 5000 da liquidarsi come da dispositivo, e alla rifusione delle spese processuali dalla parte predetta sostenute, liquidate in Euro 3870 oltre agli accessori di legge. FATTO E DIRITTO 1.La vicenda scrutinata dal GIP del Tribunale barese concerne le vicende susseguenti alla instaurazione di una relazione professionale tra la parte civile, dott. (...), dirigente medico presso la U.O. di Cardiologia dell'Ospedale "Mi." di Acquaviva delle Fonti, e l'imputato, soggetto incensurato e paziente del medesimo, cui il sanitario, previa opportuna visita preliminare, ebbe ad impiantare, nel marzo del 2019, un apparecchio defribillatore. Dopo una successiva visita di controllo, il (...) ebbe a manifestare la volontà di rimuovere l'apparecchio, ricevendo dal medico risposta negativa, sia pure argomentata con ragioni di carattere sanitario. Da allora il (...), che disponeva del numero di cellulare del (...), dopo una prima interlocuzione con toni civili, iniziò a tempestare la p.o. di una congerie di messaggi telefonici, sia gravemente offensivi (bastardone..lurido verme..bastardo di merda..caro bastardo ti auguro con tutto il cuore di essere intubato) e minatori (ti sparerò in testa...ti ricrederai quando ti troverai crepato...non vedo l'ora di spaccarti a sangue....eccome che ti spaccherò il culo con tutta la rabbia...quanto è vero a Cristo che io ti scanno) perfino "a nome" dei figli della vittima, accompagnati da fotografie riproducenti l'immagine di armi da sparo. Tali messaggi sono stati acquisiti, così come i tabulati telefonici, mediante i relativi screenshot al fascicolo, così come le s.i.t. rese ex art. 351 c.p.p. dalla moglie ( "avvicinata" su Facebook con una "richiesta di amicizia" dal prevenuto, peraltro respinta, il quale poi le inviò altro messaggio con cui dava al marito dell'assassino") e dai colleghi del (...); verbali in cui le persone sentite, tutte al corrente delle continue molestie e minacce ascrivibili all'imputato, attestarono che dette condotte minarono gravemente la serenità del professionista, che, oltre a temere per l'incolumità propria e dei propri familiari, giunse a farsi modificare i turni in sala operatoria. Il 7.4.2021 (...) presentò integrazione di denuncia riferendo che (...), tre giorni prima, gli aveva inviato la foto della via C.- ove Insiste lo studio del medico- con la didascalia " vai in via C. dove ti bucherò la testa". Disposta perquisizione domiciliare e personale, ed irrogata misura cautelare personale, furono rinvenute e sequestrate due scacciacani "Fiocchi" con relativo munizionamento, peraltro risultate munite di tappo rosso e, dovutamente esaminate dal consulente tecnico del p.m., non idonee allo sparo di proiettili. Il giudice di primo grado ha ritenuto integrato il reato ex art. 612 bis c.p. valutando come pienamente attendibile la ricostruzione dei fatti operata dalla p.o., suffragata da omogenee acquisizioni probatorie quali gli scerenshot dei messaggi, i tabulati telefonici, gli esiti della perquisizione domiciliare e le dichiarazioni rese a s.i.t. dalla moglie della vittima, nonché dai colleghi di reparto enumerati alla pag. 2 della sentenza gravata; fatti culminati con la perquisizione e l'arresto del (...), che in sede di interrogatorio di garanzia ammise i fatti dicendosi dispiaciuto, e con l'irrogazione di misura cautelare interdittiva. La motivazione ha evidenziato: - la coerenza narrativa della vittima, per nulla animata da sentimenti di rivalsa, ma effettivamente terrorizzata per le ripetute minacce, anche di morte, a lei dirette; - il valore probatorio e non indiziario da ascriversi alle stesse oltre che l'esistenza di significativi riscontri offerti dalle riferite emergenze, tra le quali si è sottolineata la stretta consecutio temporale tra l'invio del messaggio minatorio riproducente l'immagine di una pistola e il rinvenimento delle due pistole a salve in casa del prevenuto. Il G.U., per quanto qui rileva (l'oggetto dell'appello è ovviamente limitato al solo capo 1), ha quindi stimato corretta la qualificazione del fatto a termini dell'art. 612 bis c.p. evidenziando il crescendo esponenziale di molestie, ingiurie e comportamenti minacciosi ascrivibili al (...), nonché la sistematicità delle condotte de quibus e l'effetto delle stesse sulla vittima, indotta, in conseguenza del tenore e della reiterazione delle stesse, a vivere in uno stato timore per l'incolumità anzitutto propria oltre che per quella dei propri congiunti conviventi (la moglie contattata su Facebook, i figli "citati" nei messaggi) ed a modificare le proprie abitudini di vita, anche sul versante lavorativo. In punto di determinazione del trattamento sanzionatorio, sono state concesse le circostanze attenuanti generiche, mentre la pena è stata commisurata in anni uno e mesi quattro di reclusione in forza della reiterazione delle condotte persecutorie, protrattesi per mesi ( p.b. anni tre di reclusione, abbattuta per due volte di un terzo per generiche e rito). Quanto alle statuizioni civili, si è emessa condanna generica, assegnando al contempo in favore della parte civile, una provvisionale di Euro 5000. 2.Proponendo appello il difensore dell'imputato, seppur articolando un unico motivo, insta in prima battuta a che sia emessa sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, non costituisce reato o con formula di giustizia ai sensi dell'art. 530 cpv c.p.p., osservando come l'istruttoria abbia evidenziato la non configurabilità sia dell'evento naturalistico connaturato all'art. 612 bis c.p., sia del relativo dolo in capo al prevenuto; la Difesa lamenta di avere invano insistito al riguardo durante il primo grado di giudizio, documentando come i fatti di causa sarebbero, al più, da ricondursi nel paradigma normativa di cui all'art. 612 c.p., laddove, dal punto di vista soggettivo, si sottolinea la decisiva incidenza della c.d. "Sindrome di Brugada" che ebbe a colpire il (...) proprio all'indomani dell'intervento del dott. (...). E', insomma, la stessa evoluzione del fatto storico a dimostrare l'assunto difensivo, posto che inizialmente l'imputato "in modo civile prospettava alcuni effetti collaterali che si stavano verificando a seguito dell'intervento , soprattutto a livello psicologico"; la successiva condotta persecutoria sarebbe dunque frutto del successivo "obnubilamento" del prevenuto, con le relative conseguenze in punto di sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. Quanto alle richieste subordinate, si insta per la riduzione della pena, da operare anche con riferimento ai criteri ex art. 133 c.p., oltre che per la revoca della provvisionale in favore della parte civile, riconosciuta, a fronte di una condanna generica, in violazione dell'art. 539 c.p.p.. 3. Si è proceduto con trattazione orale. All'odierna udienza, regolarmente costituito il contraddittorio, le parti hanno concluso come da verbale e la Corte si è riservata la decisione all'esito della camera di consiglio 4. Il motivo di appello, quanto alla principale richiesta di assoluzione, non può essere accolto. Esso, a prescindere dalla sua erronea impostazione di fondo (laddove pretende di affrontare la problematica del dolo con il riferimento ad una patologia psichica, confondendo il piano dell'elemento soggettivo del reato con quello, affatto diverso, dell'imputabilità) si risolve infatti in una mera affermazione di principio tesa a minimizzare una condotta tenuta dal prevenuto nel periodo esattamente indicato in epigrafe- che copre comunque un lasso di tempo assolutamente considerevole- ; il tutto senza tenere conto della natura del reato contestato, dei principi affermati dalla giurisprudenza in materia di elemento oggettivo e soggettivo del reato di atti persecutori e, soprattutto, senza fornire il benché minimo elemento in tema di effettiva eziologia dell'allegata patologia e della sua incidenza sulla determinazione del proposito criminoso. Quanto al primo aspetto revocato in dubbio dal motivo, che si risolve nella contestazione della esattezza della qualificazione giuridica del reato, non vede la Corte come si possa ricondurre le reiterate condotte del (...) - peraltro non squisitamente di carattere minatorio, ma anche molesto, posta la continuità dei messaggi inviati ed il contenuto pesantemente offensivo delle espressioni utilizzate- se non chiudendo gli occhi di fronte alle pacifiche emergenze processuali. La prova non soltanto delle condotte al (...) ascrivibili, ma soprattutto della loro incidenza sulla serenità della persona offesa è stata evinta, anzitutto, dalle dichiarazioni della stessa parte civile, la cui genuinità, si badi bene, nemmeno lo stesso appellante mostra seriamente di dubitare. Certamente, nel valutare la testimonianza, il giudicante deve procedere direttamente all'analisi della condotta del dichiarante, della linearità del suo racconto e dell'esistenza di riscontri esterni allo stesso (cfr. Cass. III, 28.1.2016, n. 27780). Linearità del racconto che esattamente il Primo Giudice ha evinto dalle narrazioni della p.o., caratterizzate da lucidità nella ricostruzione e da completezza dei particolari nell'esposizione e che, a conferma dell'obiettività della stessa, ha trovato abbondanti riscontri- pur non essendo gli stessi tecnicamente necessari, essendo indubitabile che la persona offesa non possa esser qualificata se non quale testimone (cfr., da ultimo, Cass. V, 3.4.2018, n. 18285)- sia nelle dichiarazioni rese dagli altri soggetti processuali escussi (con particolare significatività delle asserzioni relative allo stato di timore in cui la p.o. ebbe a versare in conseguenza delle incessanti e virulente aggressioni verbali subite) sia soprattutto, nelle risultanze documentali, che attestano come il prevenuto avesse progressivamente inviato alla p.o. messaggi telefonici contenenti grevi ingiurie ("bastardo" , "dottor coglione" ecc.) e gravissime minacce, anche di morte. Fatti che, per le modalità di esecuzione del reato oltre che per la continuità di una condotta proseguita per mesi e che non ha coinvolto anche i familiari del professionista, ha determinato, come del resto riconosciuto anche dai colleghi del (...), uno stato di timore per la incolumità propria e dei propri familiari, il quale ha raggiunto l'akmè con l'invio delle foto ritraenti le armi e la strada ove insiste lo studio della vittima. A fronte di tanto, la Difesa si limita a formulare considerazioni a dir poco apodittiche in ordine alla presunta non ravvisabilità dell'evento naturalistico in questione, obliterando, tra l'altro, l'ulteriore risultanza, confermata anche dagli altri cardiologi del Reparto, costituita dalla modifica delle abitudini di vita del (...) (che giunse a modificare i propri turni di servizio in ospedale) Il tutto, per concludere sul primo punto devoluto dal motivo principale, non soltanto trascurando le oggettive risultanze istruttorie, ma anche i principi costantemente affermati dalla S.C. in tema di evento naturalistico del reato ex art. 612 bis c.p., e secondo i quali alla integrazione dell'abitualità della condotta sono sufficienti anche due soli atti di minaccia o molestia (v. già Cass. V, 21.1.2010, n. 6417 e 5.2.2010, n. 17698). E nel caso che occupa, si è di fronte ad un coacervo di condotte, ora ingiuriose, ora gravemente minacciose, ora moleste, che hanno determinato nella persona offesa un comprensibile stato di ansiarilevato da tutte le persone informate dei fatti escusse ex art. 351 c.p.p.; cfr. verbali rilasciati dai medici (...), tutti a conoscenza delle minacce di morte ricevute dal (...) e del loro effetto esiziale sulla serenità dello stesso-, ed anche ad alterare in maniera significativa le proprie abitudini di vita. Quanto al secondo punto- presunta non configurabilità dell'elemento soggettivo del reato- premette la Corte che la Sindrome di Brugada è una affezione -ereditaria, geneticamente trasmessa- dell'apparato cardiovascolare, il che, semmai, si pone in perfetta consonanza con l'intervento professionale del dott. (...), posti i notori effetti esiziali della stessa, qualora non trattata. Tanto basterebbe, a fronte del fatto che la stessa Difesa non nega la storicità dei fatti cosi come esaustivamente riassunti dal Gip barese e che l'imputato ha ammesso l'addebito, a far ritenere, a fronte dell'evidente salto logico effettuato dall'appellante, infondata l'allegazione difensiva. Essa, ancora una volta, è sfornita del benché minimo supporto logico argomentativo, anche alla luce della assoluta genericità che la contraddistingue; la stessa certificazione prodotta dalla Difesa in occasione dell'interrogatorio del (...), attesta, quando alle ritenute ripercussioni psichiche della detta patologia, semplicemente "abbassamento del tono dell'umore, svogliatezza, riduzione degli interessi, inquietudine"', insomma una sostanziale disforia certamente del tutto compatibile non soltanto con l'essere il prevenuto (che ha mostrato, in sede di interrogatorio, di essersi perfettamente reso conto del proprio malum actonis " ..ammetto di aver sbagliato e farei qualsiasi cosa per tornare indietro e farei qualsiasi cosa per chiedere scusa", cfr. le relative trascrizioni, fol. 6 udienza GIP del 14.4.2021, in atti) pienamente compos sui, ma con la ascrivibilità allo stesso del dolo sotteso al reato di atti persecutori. Reato, che, nel caso di specie, si risolse in una condotta significativamente prolungata nel tempo, dove il (...), si esemplifica, nelle sue multiformi e ripetute perfomances, non manca di render noti alla vittima anche profili attinenti alla propria persona (" sto bene ma starò meglio quando ti spacco il cranio"), invitandola persino a sporgere denuncia ("...Caro bastardo, ti auguro con tutto il cuore di essere intubato. La tua pazzia di essere intoccabile onnipotente e odiatore per le tue frustrazioni, finiranno. Ti ricrederai quando ti ritroverai crepato. Se hai i coglioni denuncia. Tanto prima o poi sarai crepato. Se denunci mi fai un favore perché dovrai spiegare il motivo"). Come si possa, a fronte di tali emergenze, sostenere la tesi della mancata integrazione dell'elemento soggettivo del reato, appare incomprensibile. Si ricorda, al riguardo, come in giurisprudenza si sia affermato che il dolo del delitto ex art. 612 bis c.p., di carattere generico, "...è integrato dalla volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice" (Cass. V, 27.11.2012, n. 20993; nello stesso senso, più di recente, Cass. V, 20.5.2015, n. 29859 e Cass. V, 7.11.2018 n.61). E la consapevolezza della idoneità di siffatte condotte alla produzione dell'evento naturalistico (si vedano, al riguardo, le dichiarazioni della p.o. e dei suoi colleghi), prepotentemente emerge proprio dalle modalità ripetute ed ossessive delle condotte persecutorie, ripetute fino allo sfinimento, pesantemente offensive e minatorie, e, soprattutto, significativamente prolungate nel tempo. Orbene, ribaditi l'approccio del tutto improprio da parte dell'appellante e la assoluta carenza di effettivo supporto argomentativo, è proprio la rapida successione temporale, unitamente alla natura ed al contenuto degli atti minatori ed emulativi posti in essere dal giudicabile, anche con lo strumento dei messaggi whatsapp, a rivelare la funzionalità dei medesimi alla causazione dell'evento naturalistico ritenuto dal Primo Giudice, unitamente ad evidenziare la consapevolezza, nella sfera soggettiva dell'agente, del requisito della serialità, nella prospettiva della inequivoca strumentalità della condotta, complessivamente considerata, a cagionare nella vittima un pervasivo e continuo timore per la propria incolumità individuale. A questo riguardo, è sufficiente ricordare il contenuto gravemente minatorio delle comunicazioni rivolte dall'imputato alla persona offesa, coinvolgenti anche la moglie, e sia pure indirettamente i figli (tra gli screenshot acquisiti ve se sono alcuni " a firma" di uno dei figli che attribuisce al "papà" la qualifica di "assassino"), perfino con l'invio di immagini riproducenti armi da fuoco (al riguardo, a dir poco irrilevanti sono le considerazioni spese dalla Difesa (...) in sede di discussione in merito alla non offensività delle armi in discorso, posto che in questa sede di tratta del delitto di atti persecutori e non di violazione della legge armi e che, comunque, per acclarare la mancata potenzialità offensiva delle stese, si è dovuto ricorrere ad una consulenza tecnica). Il dolo del reato di atti persecutori è, sulla scorta dei predetti rilievi, da ritenersi pienamente comprovato laddove, a titolo di completezza, va osservato che la stessa Difesa, probabilmente rendendosi conto della manifesta irrilevanza ed infondatezza della propria istanza, non ha mai presentato, nemmeno in primo grado, una richiesta di predisposizione di una perizia sullo stato mentale della persona offesa, né quantomeno ha offerto la produzione di una consulenza tecnica di parte al riguardo. 5. Non può essere accolto nemmeno il primo motivo subordinato, che revoca in dubbio la proporzionalità del trattamento sanzionatorio. In effetti, pur volendosi prescindere dall'osservare che il GIP ha concesso le attenuanti generiche assai generosamente (traendo argomento dalla scelta del rito, notoriamente irrilevante al riguardo, e dalle ammissioni del prevenuto, peraltro fatto oggetto di misura cautelare), osserva in primo luogo la Corte che non è dirimente l'osservazione difensiva che valorizza, al riguardo, la mostrata resipiscenza, posto che la stessa è stata comunque posta a base del riconoscimento delle predette circostanze ex art. 62 bis c.p., concesse, tra l'altro, nella massima estensione. Al contrario, deve sottolinearsi opportunamente la notevole gravità della condotta, tra l'altro a fronte di un intervento, che, con ogni probabilità, ha consentito al (...) di sopravvivere alla sua patologia. I fatti si appalesano come di significativa gravità anzitutto per la loro protrazione nel tempo. Quanto alle modalità dell'azione ed alla intensità dell'elemento soggettivo del reato, l'imputato ha manifestato una non comune aggressività, ponendo in essere, ad un tempo e ripetutamente, condotte ingiuriose, moleste, minatorie, tanto da costringere la p.o. ad interpellare per una seconda volta le Forze dell'Ordine. Né deve pretermettersi, proprio in ragione dell'insidiosità del mezzo e della sua comunque pervasiva efficacia, la dirimenza assunta, nella valutazione sanzionatoria, proprio dall'utilizzo del mezzo telefonico ai fini della consumazione del reato, fatto riguardo al quale nemmeno è stata contestata l'aggravante di cui al primo capoverso dell'art. 612 bis c.p.. Non deve, infine, dimenticarsi che l'incessante attività persecutoria si è interrotta soltanto con l'irrogazione di una misura cautelare restrittiva. L'intensità del dolo, la pervicacia della condotta, la sua eterogeneità ( molestie ingiurie, gravi minacce, estese anche ad altri congiunti) le modalità particolarmente aggressive ed invasive della stessa giustificano pienamente, secondo gli indici ex art. 133 c.p. ed i fondamentali canoni della proporzionalità e della finalità rieducativa della pena, il trattamento sanzionatorio irrogato, comunque decisamente più prossimo al minimo che al massimo edittale. Anche il motivo sul trattamento sanzionatorio deve essere respinto perché destituito di fondamento. 6. Non merita infine, accoglimento l'estrema doglianza in cui l'appellante si duole della violazione dell'art. 539 c.p.p., posto che è stata accollata al (...) una provvisionale a fronte di una condanna di carattere generico, oltre che dell'eccessività delle cifre liquidate, sia a titolo di provvisionale che relativamente alle spese di lite sostenute dalla parte avversa. Riguardo all'eccezione di carattere processuale, questa si basa su una lettura erronea del dettato dell'art. 539 c.p.p., posto che, in giurisprudenza, è pacifico, sulla base della lettera della legge, che alla condanna generica possa accompagnarsi la liquidazione di una provvisionale (cfr. Cass. I, 10.9.2019, n. 45343, per la quale è legittimo anche il sequestro conservativo su beni e crediti ai fini di garanzia della solutio) nei limiti in cui si ritiene raggiunta la prova del danno. Quanto al merito, pur volendo prescindere integrale dalla destinazione della somma ad una ONLUS, si evidenzia che il dettato dell'art. 539 co 2 c.p.p. è applicabile anche al danno non patrimoniale (cfr. sul punto, Cass. V, 17.12.1997, n. 2414; Cass. IV, 19.5.2005, n. 38809) e che -in relazione alla gravità della vicenda, all'intensità della volontà colpevole, alla considerevole durata nel tempo delle condotte persecutorie e all'incidenza delle stesse nella vita privata e professionale della vittima (i cui colleghi videro estremamente turbata) la quale svolgeva delicate mansioni anche in sala operatoria- non appaiono punto condivisibili le lagnanze di eccessività dell'ammontare della liquidazione ex art. 539 co. 2 c.p.p. E ciò senza contare che è principio generalmente affermato dalla giurisprudenza quello per cui la provvisionale, per la natura stessa che la connota, è comunque destinata ad essere travolta dalla statuizione finale relativa (anche) alla quantificazione del danno. Stesso discorso è a farsi per la doglianza afferente all'ammontare delle spese liquidate in favore della parte civile in occasione del primo grado di giudizio, e sulla quale la Difesa ha insistito anche in sede di discussione innanzi alla Corte. Al riguardo, pur volendo prescindere dalla assoluta genericità della doglianza, sarà sufficiente replicare che, all'indomani dell'abrogazione delle tariffe professionali ad opera della L. n. 27 del 2012, il giudicante, quando non si discosti dai valori medi delle vigenti tabelle, nemmeno è tenuto ad adottare specifica motivazione sul punto (giurisprudenza costante; cfr, tra le altre, Cass. II, 14.11.2019, n. 47860). E certamente tanto è avvenuto in occasione del primo grado di giudizio, ove tra l'altro, a differenza che innanzi a questa Corte, la Difesa di parte civile ha dovuto espletare certamente una più intensa attività, comprendente, tra l'altro, la fase introduttiva del giudizio, non liquidabile in questa sede. 7.In definitiva, ritiene la Corte che la gravata sentenza non meriti censura di sorta e che essa, pertanto, debba essere integralmente confermata; ne consegue, secondo il generale principio della soccombenza, l'accollo all'appellante delle spese afferenti al presente grado di giudizio. Nonostante la sua ampia interlocuzione con la Corte, la Difesa dell'imputato, anche in sede di discussione, non ha effettuato alcun cenno circa l'interesse all'irrogazione, in sostituzione della pena detentiva, del catalogo sanzionatorio attualmente previsto dall'art. 20 bis c.p.. Posto che l'imputato è soggetto incensurato e che ha goduto del beneficio dell'art. 163 c.p., tale silenzio- astrattamente la pena detentiva potrebbe essere comunque avvicendata da una delle pene sostitutive predette, pur essendo pacifica la non configurabilità, allo stato, di un interesse attuale- è stato interpretato dalla Corte anche nei termini di carenza di interesse al riguardo; del resto, la natura e la gravità del reato per cui si procede, oltre che il complessivo atteggiamento post factum della parte privata (laddove essa ha offerto banco iudicis, tramite il proprio procuratore speciale, in occasione dell'odierna udienza, un ristoro ammontante ad appena la metà della provvisionale stabilita in primo grado) inducono a ritenere che al riconoscimento delle sanzioni de quibus osti la non ravvisabilità della loro maggiore idoneità rieducativa, che, per espresso dettato legislativo (arg. ex art. 58 L. n. 689 del 1981 ), costituisce presupposto irrinunciabile per l'applicabilità delle pene sostitutive medesime. L'appellante, ai sensi dell'art. 541 c.p.p., deve essere, infine, condannato alla rifusione delle spese processuali in favore della controparte privata che si quantificano, tenuto conto delle due sole fasi liquidabili ed anche della minore attività processuale svolta, in complessivi Euro 1200,00 (Euro 500 per esame e studio ed Euro 700 per la fase conclusiva), oltre ad accessori di legge, qualora dovuti. Il carico gravante sulla Sezione, infine, giustifica la riserva del deposito della motivazione della sentenza nel termine di cui all'art. 544 co. 2 c.p.p.. P.Q.M. La Corte, visti gli artt. 541, 592, 605 c.p.p., conferma la sentenza pronunciata in data 22.10.2021 dal GIP del Tribunale di Bari, ed appellata nell'interesse di (...), che condanna al pagamento delle spese processuali del grado. Condanna, altresì, l'imputato alla rifusione delle spese di continuata assistenza e rappresentanza in favore della costituita parte civile, che liquida, per il presente grado di giudizio, in Euro 1200,00, oltre ad accessori di legge, qualora dovuti. Motivazione riservata. Così deciso in Bari l'1 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2023.

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