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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 115 del 2020, proposto dai signori Mi. Mo. ed altri, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato St. Qu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Fr., Gi. Le., An. Ma., Pa. Ma. Ce., Pa. Ra., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Gi. Le. in Roma, via (...); Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Milano, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via (...); per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Terza n. 1824/2019. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Milano e del Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Milano; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 6 marzo 2024 il Cons. Raffaello Sestini; Viste le conclusioni delle parti come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1 - Gli appellanti impugnano la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Terza n. 1824/2019, resa tra le parti, che ha respinto il ricorso dai medesimi proposto avverso la determinazione dirigenziale PG 560944/2017 dell'11.12.2017, avente ad oggetto il "rilevamento elettronico delle infrazioni tramite dispositivi di rilevamento e misurazione, posizionato in Viale (omissis), Direzione Centro, all'altezza del palo della luce n. 11/2 e direzione periferia all'altezza del palo della luce n. 10/2. Inizio sanzionamento", nonché avverso tutti gli atti presupposti o conseguenziali, anche relativi all'installazione degli impianti e della relativa segnaletica. 2 - In punto di fatto, Viale (omissis) è un'importante strada radiale di Milano di circa (omissis) km, classificata dallo stesso Comune di Milano (con Determina n. 3886/B del 2/12/1999) come "strada urbana di scorrimento - D" essendo, ai sensi dell'art. 2 del Codice della Strada, una "strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate. 2.1 - La stessa strada connette il centro di Milano con la periferia nord-ovest della città e poi con le aree della Brianza e delle provincie di Como e Lecco, e che vede ogni giorno il transito di migliaia di pendolari diretti per lavoro nella città di Milano. 2.2 - Le Amministrazioni comunali interessate hanno da sempre fissato, ai sensi dell'art. 142 del Codice della Strada, un limite di velocità, plurisegnalato, di 70 km/h nelle aree extraurbane e di 50 km/h nelle aree urbane quali quella in esame. 2.3 - Con decreto n. 111/MC/2002 Area IV del 4.4.2003, in attuazione dell'art. 4 comma 2 del DL n. 121 del 20. 6.2002, convertito in legge n. 168 del 1.8.2002, il Prefetto della Provincia di Milano ha consentito per le strade riportate nell'allegato elenco (tra cui quella in esame) la possibilità di "utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento stabilite dagli artt. 142 e 148 del CdS, con contestazione differita delle relative violazioni" precisando che "L'installazione o utilizzazione dei dispositivi e dei mezzi tecnici di controllo deve essere preventivamente ed adeguatamente portata a conoscenza degli utenti della strada". Su tale base il Comune di (omissis) ha installato nel 2006, previa istanza alla Prefettura, un autovelox sul tratto di strada ricadente sul suo territorio, dove è quindi operativo da anni un sistema di rilevazione della velocità, ben visibile e preceduto da ampia segnaletica del limite ivi vigente di 70 km/h. 2.4 - Riferiscono i ricorrenti che "del tutto inaspettatamente, a partire dalla fine del mese di febbraio del 2018, al pari di una moltitudine di automobilisti, venivano colpiti dalla notifica di una raffica di verbali della polizia municipale di Milano" accertanti, a decorrere dal 12 dicembre 2017, la violazione dell'articolo 142, comma 7, del D. Dgs 285/92, per aver superato il limite massimo di velocità consentita pari a 50 km/h. con una frequente decurtazione di tre o più punti dalla patente assommante, a causa della ignara replica delle condotte contestate dal Comune di Milano solo a distanza di tempo, a molti punti complessivi, talora sino al totale azzeramento della propria provvista di punti, con conseguente danno gravissimo per l'utilizzo della patente di guida, costituente invece un bisogno essenziale per la propria quotidianità familiare e lavorativa. 2.5 - Infatti, solo in occasione della notifica dei primi verbali sarebbe stato possibile apprendere, da parte dei destinatari, che erano stati installati su due pali della luce in un tratto del Viale, in entrambe le direzioni, sistemi di autovelox, previsti dal decreto prefettizio numero 111/MC/2002 del 4/4/2003 con esonero dalla contestazione immediata. A seguito di ricerche svolte da parte di taluni dei ricorrenti e di altri destinatari delle contravvenzioni, era così possibile apprendere che il Comune di Milano aveva adottato la determinazione dirigenziale numero 49/2017, in data 11 dicembre 2017, impugnata con il presente Ricorso. 2.6 - Lo scopo dell'"effetto sorpresa" dell'attivazione degli impianti in questione sarebbe stato ben illustrato, secondo gli appellanti, dall'Assessore al Bilancio del Comune, secondo cui "l'effetto dei sette nuovi autovelox installati in città dallo scorso novembre in avanti porterà 30 milioni di euro in più nelle casse comunali quest'anno" con dichiarazione avente valore confessorio con riferimento all'effettivo scopo perseguito dal Comune con l'attivazione del sistema autovelox in questione, vale a dire quello di fare cassa. 2.7 - Successivamente alla notifica dei verbali di accertamento, cui la stampa ha dato ampia eco, alcuni dei ricorrenti avrebbero più volte rappresentato le anomalie delle scelte operate dall'Amministrazione attraverso email e raccomandate, chiedendo interventi in via di autotutela peraltro mai attivati. È stato pertanto proposto ricorso, integrato da motivi aggiunti, davanti al TAR, che ha rigettato le domande degli automobilisti con la sentenza appellata. 3 - L'oggetto del presente appello, indipendentemente dal contenzioso in sede civile concernente i singoli verbali di accertamento delle infrazioni, è dunque costituito dall'impugnativa della sentenza del TAR che ha respinto il ricorso proposto da alcuni automobilisti avverso la decisione del Comune di installare ed attivare due autovelox (uno in direzione centro ed uno in direzione periferia) all'altezza dei pali della luce nn. 10 e 11 di Viale (omissis). 3.1 - Tale decisione avrebbe determinato la violazione di una serie di disposizioni della normativa di settore, oltre ad essere viziata per eccesso di potere, carenza di istruttoria e di motivazione, illogicità ed irragionevolezza manifeste. 3.2 - Il TAR -deducono gli appellanti- ha respinto il ricorso in questione senza esaminare compiutamente i singoli motivi di ricorso, integrati poi da un successivo ricorso per motivi Aggiunti, incorrendo in tal modo, nel vizio di omessa pronuncia anche per il "semplicismo, intriso di fraintendimenti", di cui sarebbe affetto il corredo motivazionale. 3.3 - Inoltre, il TAR avrebbe erroneamente ricostruito la situazione in punto di fatto, in particolare ritenendo che l'atto impugnato fosse relativo unicamente al "posizionamento" degli autovelox, mentre lo stesso espressamente avviava anche il "sanzionamento", peraltro in violazione delle norme che prescrivono espressamente che il Comune, prima di procedere, debba accertare proprio il rispetto delle regole relative a posizionamento della cartellonistica e dell'omologazione e taratura -che sarebbero state invece sistematicamente violate- proprio al fine di evitare conseguenze pesantemente lesive a carico degli utenti della strada. 3.4 - Altrettanto "sfuggente" sarebbe, poi, la sentenza nella parte in cui degraderebbe l'obbligo di portare alla preventiva ed adeguata conoscenza degli utenti della strada l'installazione o l'utilizzazione dei dispositivi e dei mezzi tecnici di controllo, con buona pace dei principi di trasparenza e di leale collaborazione con i cittadini, e laddove liquiderebbe "sbrigativamente" l'incisiva censura di sviamento, fondata sulle stesse dichiarazioni dell'assessore del Comune di Milano - che enfatizzava mediaticamente l'effetto di cassa degli autovelox in questione - essendosi il TAR limitato ad asserire che, in assenza di prova contraria, si debba presumere che l'interesse principale del Comune fosse quello di prevenire gli incidenti. 3.5 - In definitiva, si tratterebbe di "una sentenza gravemente ingiusta e priva di congrua motivazione, iniqua e gravatoria" anche sul punto delle spese di lite, della quale si chiede la integrale riforma. 4 - Le amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio. In particolare il Comune di Milano, con propria memoria, sostiene la piena legittimità del proprio operato e l'esattezza della pronuncia impugnata, ma prima ancora eccepisce l'inammissibilità dei motivi, delle eccezioni e delle domande nuove proposte per la prima volta in appello in violazione dell'art. 104 D. Lgs. n. 104/2010, oppure costituenti la mera riposizione dei motivi di impugnazione di primo grado. Le parti hanno poi proceduto ad un ampio scambio di memorie. 5 - L'appello, in disparte il superamento dei limiti dimensionali con un numero di caratteri pari a 76.164 oltre a premessa e conclusioni, è palesemente infondato e non merita accoglimento. 5.1 - Con lo stesso appello viene dedotta in primo luogo la nullità della sentenza impugnata per l'omessa pronuncia su alcuni motivi di ricorso -che vengono contestualmente riproposti- concernenti la violazione del DL n. 121/2002 e delle varie Direttive del Ministero degli Interni e relative istruzioni operative, del Decreto "Delrio" 13 giugno 2017, n. 282, nonché l'incompetenza del Comune, essendosi il TAR limitato a sostenere che il Decreto del Prefetto di Milano del 2003 consentiva all'Amministrazione comunale di posizionare ed attivare gli autovelox lungo tutto Viale (omissis), senza neppure dover svolgere le prescritte verifiche in merito all'effettivo tasso d'incidentalità e all'impossibilità di contestazione immediata delle contravvenzioni come prescritto dalla Direttiva del Ministero degli Interni n. 300/A/5620/17/144/5/20/3 del 21/7/2017, che innova, integra e "sostituisce" le precedenti, prevedendo espressamente che per le strade di tipo D (strade urbane di scorrimento) quale Viale (omissis) spetti al Prefetto, con proprio decreto, la determinazione dei tratti in cui è possibile l'attività di controllo remoto del traffico finalizzata all'accertamento delle violazioni per eccesso di velocità, sentiti gli organi di polizia stradale di cui all'art. 12, comma 1 CdS e su conforme parere degli enti proprietari delle strade. 5.2 - In particolare, il decreto del Prefetto di Milano del 2003, risalente a ben prima dell'entrata in vigore della normativa sopra illustrata, non autorizzava l'installazione dell'autovelox nel tratto di Viale (omissis) dove l'autovelox è stato collocato, limitandosi a prevedere in modo assolutamente generico la possibilità di installazione lungo tutto il Viale. Allo stesso modo, il TAR non avrebbe neppure preso in considerazione un'ulteriore violazione della "Direttiva Minniti" che, al numero 3 della Parte II, rubricato "criteri per la determinazione dei tratti di strada in cui è possibile l'utilizzo di dispositivi e mezzi di controllo del traffico", sancisce che "la contestazione differita delle violazioni rilevate con i dispositivi in argomento è legittima quando, sulla base di una valutazione preventiva compiuta dal Prefetto, i tratti di strada sui quali possono essere collocati dispositivi di controllo rispondono ai seguenti criteri: - un elevato livello di incidentalità ; - la documentata impossibilità o difficoltà di procedere alla contestazione immediata sulla base delle condizioni strutturali, plano - altimetriche e di traffico". Il provvedimento impugnato sarebbe, quindi, viziato, da un grave difetto di istruttoria e di motivazione. La stessa Corte di Cassazione, con sentenza n. 12231 del 14 giugno 2016, ha statuito che "l'individuazione effettuata dal Prefetto delle strade dove non è possibile il fermo di un veicolo e dove, quindi, è legittimo evitare la contestazione immediata dell'infrazione relativa all'eccesso di velocità, non può e non deve prescindere dalla valutazione in concreto del tratto stradale". 5.3 - Viene poi dedotta la nullità della sentenza impugnata per l'omessa pronuncia sui motivi di ricorso concernenti la violazione dell'art. 98 della Costituzione e dei principi di buon andamento, efficienza ed economicità dell'agire amministrativo, nonché del principio di leale collaborazione tra amministrazione e cittadino. 5.4 - Infatti, non sarebbe stato attivato alcun percorso procedimentale di autotutela -come lo stesso Comune di Milano aveva fatto in un caso del tutto ana riferito all'attivazione dell'Ecopass - allorché aveva annullato in via di autotutela tutte le contravvenzioni elevate nel primo mese di attivazione del sistema di sanzionamento. 5.5 - Sono poi proposte le censure di error in iudicando, errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, insufficiente motivazione della sentenza impugnata, grave difetto di istruttoria e di motivazione dei provvedimenti impugnati, irragionevolezza ed illogicità degli stessi, violazione dell'art. 142 del Codice della Strada, del decreto del 13.06.2017 e della c.d. Direttiva Minniti sotto ulteriori profili, avendo il TAR erroneamente ritenuto che la sussistenza di una previa ed adeguata informativa della popolazione e della cartellonistica di segnalazione degli autovelox e dei limiti di velocità esulassero dal suo sindacato, in quanto tali valutazioni non avrebbero alcun rilievo con riguardo alla delibera impugnata la quale - secondo il TAR - riguarderebbe unicamente il posizionamento degli autovelox, quando invece la stessa disponeva anche l'"avvio del sanzionamento". 5.6 - In particolare, l'art. 142 comma 6 bis del Codice della Strada, integralmente ripreso e meglio chiarito nelle Direttive e Circolari ministeriali sopra richiamate, prevedrebbe che le postazioni di controllo per il rilevamento della velocità siano: a) preventivamente segnalate; b) ben visibili. Non ci sarebbe stata, al contrario, alcuna adeguata pre-informazione agli utenti della strada, né una segnaletica ben visibile circa l'esistenza dell'impianto che consentisse quell'effetto di deterrente e di prevenzione dell'incidentalità che dovrebbe essere intrinseco alla funzione dello strumento sanzionatorio. 5.7 - Infatti, deducono gli appellanti, i cartelli segnaletici indicanti il limite orario di 50 km/h e l'esistenza dell'autovelox, così come gli stessi autovelox posti sulla sommità dei pali, non erano certamente "ben visibili", essendo collocati in mezzo alla cartellonistica pubblicitaria e comunque posti solo a partire da 100 metri di distanza, rispetto alla distanza di 1 km prevista in caso di limite di velocità fissato a 70 km/h. Lo stesso Comune di Milano si sarebbe dimostrato consapevole dell'insufficienza e scarsa visibilità della segnaletica, peraltro ovviando alla carenza di segnaletica solo successivamente, dopo aver adottato il provvedimento impugnato in data 11.12.2017 e dopo aver attivato il sistema sanzionatorio a distanza di sole 8 ore dall'apposizione della segnaletica. 5.9 - Inoltre, il citato Decreto del 13.6.2017, al capo 2.7 dell'allegato 1, prevedrebbe espressamente una fase di approvazione del prototipo, mentre le apparecchiature preposte al controllo della velocità avevano rilevato, nelle prime settimane di attivazione, circa 3.000 violazioni sanzionabili, che poi sarebbero risultate insussistenti con conseguente annullamento in via di autotutela di circa 3.000 verbali di contestazione, di modo che tali riconosciute carenze tecniche della strumentazione integravano quel "ragionevole dubbio" di cui alla normativa citata, che avrebbe imposto al Comune di provvedere alla sostituzione ovvero alla nuova taratura dell'apparecchiatura stessa, previa sospensione cautelare dell'operatività dell'impianto. 5.10 - Allo stesso modo erroneamente il TAR avrebbe ritenuto che il Decreto del Prefetto di Milano del 2003 fosse di per sé bastante a legittimare l'installazione degli autovelox in quel determinato tratto di Viale (omissis), senza tener conto che erano trascorsi ben 15 anni e, nel frattempo, si era radicalmente modificata la viabilità del Viale in questione. Al riguardo il Comune ha altresì sostenuto che l'attivazione dei nuovi controlli si sarebbe resa necessaria per far fronte all'asserito "alto livello di incidentalità " del tratto di strada in questione, che sarebbe emerso dallo "studio realizzato dall'Area pianificazione e Programmazione mobilità, nel dicembre 2014" ed evidenziato in una "nuova relazione tecnica redatta nel 2017 dall'Agenzia Mo. Am. T?. (AM. srl)". Secondo gli appellanti l'affermazione del Comune non troverebbe però conferma nelle conclusioni a cui pervengono le analisi predette, che individuano l'"indice di incidentalità " facendo riferimento all'intero Viale (omissis), e che suggeriscono di integrare le elaborazioni con analisi di maggior dettaglio dei rapporti di incidente al fine di localizzare con precisione le carreggiate stradali interessate, pur trattandosi di un tasso di incidentalità in diminuzione rispetto agli anni precedenti e di gran lunga inferiore rispetto ad altri assi stradali sui quali non sono apposti autovelox. Sarebbe pertanto, privo di qualsiasi fondamento il riferimento al grave rischio per l'incolumità dei pedoni, contenuto nella memoria del Comune, Nella relazione del 2014 predetta, in ogni caso, si consigliava l'adozione di un sistema di "tutor", proprio alla luce delle caratteristiche del Viale in questione. Il Comune afferma, altresì, che "per quanto concerne l'individuazione del singolo tratto, ove collocare il dispositivo, questo è stato scelto tenendo conto dei seguenti criteri: - picchi di velocità ; impossibilità o difficoltà di procedere alla contestazione immediata sulla base delle condizioni strutturali, plano - altimetriche e di traffico" ma anche tale affermazione risulterebbe priva di qualsivoglia fondamento e contrasterebbe con la realtà dei fatti, mancando alcun tipo di verifica circa gli asseriti "picchi di velocità " sul tratto di strada in questione; non corrispondendo al vero l'asserita impossibilità di contestazione immediata, essendovi in prossimità ampie aree di possibile sosta senza alcun pericolo per l'incolumità Il Comune avrebbe, quindi, violato il principio di ragionevolezza, esercitando altresì il potere conferitogli per perseguire un fine diverso da quello in vista del quale il potere è stato attribuito. Nulla in punto motiverebbe il TAR, "se non rinviando a surreali presunzioni a vantaggio del Comune". 5.11 - Lascerebbe poi perplessi il fatto che il Comune, dopo aver affermato (nella sua memoria avanti il TAR) che la maggioranza delle violazioni è stata di pochi Km/h, parli di "pirati della strada" che circolerebbero per Viale (omissis) con velocità "pari a oltre 130 km/h fino ad un massimo di 175 km/h"; casistica che, ove veritiera, avrebbe imposto la contestazione immediata delle ipotetiche violazioni - con ciò evitando che "pirati della strada" continuassero a circolare nei tempi di notifica dei verbali. 5.12 - Viene poi dedotto il vizio di "error in iudicando, iIngiustizia della sentenza impugnata, mancato riconoscimento dell'evidente eccesso di potere per sviamento in cui è incorso il Comune, ulteriori difetti di motivazione e di istruttoria" I ricorrenti in primo grado avevano eccepito l'eccesso di potere per sviamento in cui sarebbe incorso il Comune nell'attivare gli autovelox in questione, non sussistendo alcuna necessità né per l'incolumità pubblica, né per la viabilità di dare avvio a tale sistema di sanzionamento, se non al fine di ottenere un ritorno economico per le casse comunali. L'intento del legislatore che è alla base della disciplina del Codice della strada e della prevista possibilità di installare sistemi di rilevazione automatica della velocità sarebbe quello di prevenire incidenti automobilistici e favorire il rispetto dei limiti di velocità da parte dell'automobilista. Come riconosciuto anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, infatti, il potere sanzionatorio in materia di circolazione stradale, non sarebbe tanto ispirato dall'intento della sorpresa ingannevole dell'automobilista indisciplinato, in una logica patrimoniale captatoria, quanto da uno scopo di tutela della sicurezza stradale e di riduzione dei costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare, anche mediante l'utilizzazione delle nuove tecnologie di controllo elettronico. Così come confermato dalla sopra riportate dichiarazioni dell'assessore comunale al bilancio, l'aver, invece, preferito l'installazione e l'attivazione a dir poco repentina degli autovelox sarebbe una chiara conferma che lo scopo realmente perseguito dal Comune di Milano era stato quello di rimpinguare le casse comunali e non quello di contrastare gli eccessi di velocità, e ciononostante il TAR non avrebbe, erroneamente, rilevato il denunciato vizio di eccesso di potere per sviamento malgrado le clamorose evidenze di causa concernenti la mancata considerazione del criterio primario ed essenziale del "tasso di incidentalità " che si desume dalla norma e degli altri presupposti giuridici e di fatto legittimanti l'installazione e l'attivazione dell'autovelox in questione, essendo il difetto di motivazione, per sua natura, un elemento rilevante in quanto sintomaticamente rivelatore di un eccesso di potere concernente il mancato rispetto dei precetti della logica, della coerenza interna e della razionalità ; ovvero di un errore di valutazione dei presupposti del provvedimento; o ancora di uno sviamento dell'atto dalla causa tipica e/o dall'interesse pubblico. Il TAR avrebbe dunque dovuto considerare il tenore meramente formalistico delle premesse - nelle quali, tra la normativa, non viene neppure enunciata la serie dei interventi del 2017 - l'assenza di profili motivazionali inerenti specificamente l'incidentalità - presupposto stesso del sistema di rilevazione - l'indicazione di norme non conferenti (es. gli articoli 5 e 6 D.Lgs. 285/1992, che regolamenta la circolazione fuori dai centri abitati) quali plurimi elementi sintomatici di un vizio funzionale del provvedimento, per erroneità, sviamento di potere, travisamento dei fatti e dei presupposti di diritto, illogicità manifesta, in quanto la cronologia dei fatti desumibile dall'analisi del provvedimento e la provata repentina adozione del sanzionamento senza previa informazione alla cittadinanza ed agli utenti della strada, anche, eventualmente, tramite l'agevole adozione di apposita cartellonistica di preavviso dell'attivazione a far data da una decorrenza futura, proverebbero quella volontà captatoria che la giurisprudenza di legittimità ha ampiamente censurato, aggravata dalla circostanza che la contestazione delle ipotetiche violazioni sia stata effettuata solo a distanza di mesi dalla commissione delle violazioni per evitare una riduzione delle infrazioni e quindi dei proventi delle stesse, in violazione del dovere di "bilanciamento tra la tutela della sicurezza stradale e quella delle situazioni soggettive dei sottoposti alle verifiche", rilevato dalla Corte Costituzionale nella nota Sentenza 113/2015. 6 - Come anticipato, a giudizio del Collegio tute le puntuali e minuziose censure sopraindicate, che possono essere esaminate congiuntamente in ragione della loro sostanziale connessione ed unicità di argomentazione, si rivelano infondate e devono essere pertanto respinte. 6.1 - L'esame deve necessariamente prendere avvio dalla disciplina del codice della strada (D. Lgs n. 285/1992 e ss.mm.ii.) e dei relativi plurimi provvedimenti attuativi e di indirizzo, che ai fini della installazione di sistemi elettronici di rilevazione automatica della velocità con contestazione differita dell'infrazione impongono la previa verifica della ragionevolezza della misura, sotto i consueti parametri -di matrice euro-unitaria ma rispondenti anche ai principi della nostra Carta costituzionale- di sussidiarietà dell'intervento pubblico rispetto alla sfera di libertà individuale e di adeguatezza e proporzionalità della misura, rispetto alle esigenze d'interesse pubblico generale che giustificano una tale limitazione sia del principio di libertà, sia delle garanzie di trasparenza e partecipazione in contraddittorio die cittadini interessati (evidentemente meglio valorizzate da un contestazione immediata dell'infrazione). In tal senso, dunque, la sopra citata vigente normativa prescrive, per i casi come quello in esame, un previo accertamento circa la presenza di condizioni di pericolosità del tratto stradale (rilevate anche mediate il dato statistico dei sinistri), nonché circa la ragionevole impossibilità di adottare sistemi alternativi che consentano la immediata contestazione delle infrazioni, demandato al Prefetto quale Autorità preposta al coordinamento delle misure di tutela della pubblica incolumità, dell'ordine pubblico e della legalità : 6.2 - L'esercizio della predetta potestà trova una adeguata base giuridica direttamente nell'articolo 2 della Costituzione, alla cui stregua "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo" a far capo dal diritto" fondamentale" dell'individuo alla salute, e prima ancora alla vita. Viene quindi necessariamente in rilievo la intrinseca pericolosità del traffico su gomma, che, indipendentemente dai pur suggestivi richiami giornalieri di cronaca, vede un preoccupante e persistente dato statistico annuo di morti e invalidità . 6.3 - Risulta pertanto evidente la necessità, in ragione di una espressa previsione costituzionale (ma analoghe considerazioni valgono per il Trattato e per la Carta dei diritti dell'uomo), di conformare l'esercizio del diritto di movimento sul territorio nazionale alle predette esigenze di incolumità e sicurezza delle persone, ponendo una adeguata disciplina del traffico veicolare ma anche sanzionando le sue violazioni, anche con immediata la privazione, temporanea o meno, del titolo di guida nel caso in cui singoli comportamenti del conducente possano generare una ragionevole presunzione di pericolosità per gli altri utenti della strada. Infatti, al contrario di quanto ritenuto dagli appellanti, la titolarità del permesso di guida, in quanto titolo abilitativo sottoposto a verifica della sussistenza e permanenza delle previste condizioni, non costituisce, pur ove ritenuto necessario in ragione di esigenze famigliari o lavorative, un diritto, e tantomeno un diritto assoluto o inviolabile in presenza di un sistema multimodale di trasporto che consente, in ogni caso, di spostarsi anche in presenza di persone inidonee alla guida. 6.4 - Le pregresse considerazioni pongono la necessaria premessa giuridica circa la necessità che le pubbliche Autorità preposte alla circolazione lungo le strade possano in primo luogo contestare, fra le infrazioni al codice, quelle di maggiore pericolosità per la sua sicurezza statale a far luogo dalla violazione dei limiti di velocità, posto che, per comune esperienza per ogni aumento di velocità causa un aumento esponenziale dello spazio di frenata e di arresto, adeguando i sistemi e le procedure di rilevamento all'evoluzione di un sistema di viabilità sempre più trafficato e congestionato e sempre più caratterizzato da veicoli e tracciati stradali tali da consentire velocità anche molto elevate e-quindi -come detto- molto pericolose per gli automobilisti, i pedoni e gli altri utenti della strada. 6.5 - In tal senso, dunque, risulta che nella fattispecie in esame: a) la pericolosità della strada in esame è stata accerta fin dal decreto del Prefetto di Milano n. 111/MC/2002 del 4/4/2003, emanato, tenendo conto degli indici relativi "al tasso di incidentalità, alle condizioni strutturali e plano- altimetriche nonché del traffico", ancora conforme alla vigente normativa e quindi ancora pienamente valido ed operativo mentre alcun rilievo posso comunque rivestire, al riguardo, le circolari interpretative ministeriali richiamate da parte appellante, in quanto desinate a rilevare solo nei rapporti interni fra gli uffici; b) dal predetto decreto emerge la natura della via in esame quale asse di collegamento fra il centro cittadino, la periferia e altre aree urbane e il più vasto hinterland, laddove la velocità massima sale a 70km/h, caratterizzata da numerosi incroci a raso e passaggi pedonali e interessata da una rilevante incidentalità (una delle tre vie milanesi più pericolose) in particolare con riferimento agli incidenti con lesioni gravi o gravissime; c) quindi del tutto ragionevolmente il predetto decreto ha decretato la pericolosità dell'intero tratto stradale, di modo che il Comune altrettanto ragionevolmente ha deciso di installare il primo (e fino ad oggi unico) sistema di rilevazione in corrispondenza dell'abitato, con il conseguente passaggio del limite di velocità da 70 a 50 km/h e in prossimità di un attraversamento pedonale, né gli appellanti dimostrano la sussistenza di sopravvenienze dal 2003 ad oggi tali da ridurre -anziché - implementare- i rischi indicati, confermati da ulteriori studi che avevano anche indotto gli uffici tecnici a suggerire l'introduzione anche di più incisivi sistemi tutor; d) la tipologia dell'infrastruttura viaria di collegamento veloce in esame, ad alto scorrimento di traffico e divisa fra corsie veloci prive di area di sosta, corsie riservate al tram e corsie laterali di manovra, indipendentemente dalla eccezione comunale circa l'argomentazione concernente la presenza di banchine laterali -ritenuta inammissibile poiché proposta per la prima volta in appello, ai sensi dell'art. 2 del codice della strada costituisce una "strada urbana di scorrimento: strada a carreggiate indipendenti o separata da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali estranee alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate..." di modo che, così come esattamente rilevato dal predetto decreto prefettizio, "non è possibile il fermo del veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico o all'incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati". Si tratta, infatti, di un tratto di strada (lungo di circa 3,5 Km, tra piazzale (omissis) e il confine con il Comune di (omissis)), che si trova nel centro abitato (delibera della Giunta Comunale n. 405/1993) ove, ai sensi dell'art. 142, comma 1, CdS, vige il divieto per legge di superare il limite di velocità massimo di 50 Km/h, prescritto dall'inizio del Centro abitato, posto circa 3 km prima degli autovelox in contestazione. e) la pregressa considerazione è confortata dagli stessi dati forniti dagli appellanti, che riferiscono di numerosissime sanzioni accertate e contestate, nonché delle sanzioni accessorie normativamente previste (decurtazione dei punti e sospensione della patente), per un numero minore ma non irrilevante di casi di passaggio ad alte velocità (fino a 175 km/h) difficili da intercettare in condizioni di sicurezza in altro modo e suscettibili di mettere immediatamente in pericolo la vita umana. 6.6 - Così come esattamente evidenziato dagli appellanti, la vigente normativa impone, inoltre, che sia assicurata una adeguata segnalazione che consenta agli automobilisti sopraggiungenti di percepire per tempo la presenza del sistema di rilevamento automatico della velocità, demandata al medesimo ente gestore della strada che decide l'installazione del sistema di rilevamento automatico ma non rispettata, deducono gli appellanti con le proprie censure, nel caso di specie. 6.7 - Ancora in ragione delle evidenziate superiori esigenze pubbliche di tutela della sicurezza ed incolumità degli utenti della strada, peraltro, la ragione di un tale prescrizione deve essere necessariamente rinvenuta nella duplice necessità di evitare pericolosi comportamenti elusivi dell'ultimo istante dei trasgressori, nonché di privilegiare la funzione deflattiva della rilevazione, volta a scoraggiare velocità eccessive di tutti gli utenti inducendo a comportamenti "virtuosi" secondo una logica per così dire di prevenzione generale, rispetto ad una logica di prevenzione speciale volta a sanzionare solo gli utenti trasgressori, ma non può giammai tramutarsi, secondo un mal riposto legalitarismo, in una sorta di impropria regola di "parità delle armi" che consenta al trasgressore attento a tale segnaletica di "vincere la sfida" con il velox e quindi di violare -impunemente- le disposizioni poste a tutela della sicurezza propria e di tutti gli altri utenti della strada, che la Repubblica è viceversa tenuta a garantire. 6.8 - Pertanto respinta l'eccezione, eccepita dal Comune, di inammissibilità della censura (in quanto la stessa, ancorché attinente alla fase esecutiva, attiene direttamente alla contestata iniziativa) considera il Collegio che non emerge alcun profilo di manifesta irragionevolezza o di grave vessatorietà nella installazione di un rilevatore di velocità segnalato mediante una adeguata segnaletica posta ad una distanza di codice adeguata ai fini della sua percezione da parte di un conducente che si avvicini nel rispetto del vigente limite di 50 km/h. Tale limite, preme sottolineare, non è comunque mai messo in discussione dagli appellanti circa la sua ragionevolezza nelle condizioni di viabilità considerate, di modo che la censura appare anche inammissibile in quanto rivolta non al divieto, ma piuttosto alla possibilità di renderlo effettivo sanzionandolo. 6.9 - A maggior ragione, così come evidenziato dal TAR, la "preventiva ed adeguata" segnalazione non implica certamente l'obbligo per l'Amministrazione di preavvertire i cittadini secondo termini temporali dilatori prefissati, ontologicamente incompatibili con le ragioni d'urgenza che connotano l'esigenza di tutela della pubblica incolumità e concettualmente legati ad una sorta di ragione "proprietaria" degli utenti abituali di quella strada, che in tale ambito risulterebbero maggiormente tutelati rispetto alla percorrenza di qualunque altra strada interessata da controlli, e rispetto a ogni altro utente che si trovasse a passare per la prima volta per quella strada, secondo una logica non ragionevole rispetto all'obbligo, imposto a tutti i conducenti dal Codice della strada- di adeguare continuamente e tempestivamente la condotta di guida alle condizioni della viabilità, ma neppure rispondente alla libertà di circolazione sull'intero territorio nazionale garantita dalla Costituzione. 6.10 - Ancora in tema di oneri di gestione dei sistemi velox, del tutto irrilevanti appaiono le censure riferite alla rilevazione di un numero elevatissimo di infrazioni risultate non confermate, posto che i certificati di taratura iniziale dei sistemi elettronici in esame a far data dal 12.12.2017 prodotti dall'Amministrazione sono stati emessi dalla ditta TE. s.r.1., accreditata presso ACCREDIA, i cui riferimenti risultano ben visibili su tali documenti, che l'episodio denunciato non appare particolarmente significativo in sede di prima applicazione del dispositivo nella indicata condizione di alta densità di traffico e di conseguente gestione amministrativa di plurimi procedimenti amministrativi e che, in tutti i casi rilevati, i verbali di accertamento sono stati comunque annullati, non allegando gli appellanti ulteriori casistiche "di massa" non già risolte, neppure in sede di impugnazione dei singoli verbali davanti al giudice ordinario. 7 - Viene, infine, in rilievo il motivo di base che collega tutti gli altri motivi d'appello sopra esaminati, ovverosia il vizio di eccesso di potere che avrebbe connotato le ragioni, i tempi e le modalità di installazione ed attivazione dei rilevatori in esame, in quanto univocamente volti non a garantire la sicurezza stradale bensì l'aumento delle entrate del bilancio comunale, così come autorevolmente ma confessoriamente ammesso dal medesimo assessore al Bilancio del Comune di Milano. 7.1 - Al riguardo, deve rilevarsi che gli appellanti utilizzano i predetti elementi sintomatici per affermare l'esistenza di un vero e proprio sviamento di potere dell'amministrazione comunale, che sarebbe stata più attenta alle proprie esigenze di cassa anziché a quelle di pubblica sicurezza. Un tale vizio, osserva però il Collegio, indipendentemente dalle intenzioni, dalle aspettative (e dalle dichiarazioni) dei singoli soggetti investiti di pubblici uffici, ha riguardo alla effettiva ed oggettiva discrasia funzionale dell'attività amministrativa concretamente posta in essere, rispetto alla potestà (ovvero al potere-dovere) della pubblica amministrazione considerata di perseguire, nel quadro dell'interesse pubblico generale, l'interesse pubblico ad essa specificamente affidato dal vigente ordinamento. 7.2 - In un tale quadro, non può essere revocata in dubbio la competenza generale del Comune, quale Ente esponenziale della comunità locale secondo un principio di rappresentanza democratica, ad attivare ogni utile misura amministrativa volta alla tutela della sicurezza e della pubblica incolumità degli utenti della rete stradale di competenza, anche attivando, nelle forme di legge, sistemi di rilevazione automatica del rispetto dei limiti di velocità . 7.3 - Quanto sopra considerato circa le accertate condizioni di pericolosità della strada in esame e circa la legittimità e non irragionevolezza, nelle condizioni date, della collocazione, segnalazione ed attivazione dei contestati sistemi di rilevazione a fini di pubblica incolumità e sicurezza, vale pertanto a far escludere la sussistenza del dedotto vizio di sviamento di potere, indipendentemente dall'entità e dall'impego del conseguente afflusso finanziario alle casse comunali e da ogni ulteriore considerazione de jure condendo circa l'opportunità di disciplinare una più rapida contestazione delle violazioni, nonché di munire gli enti pubblici gestori della viabilità e gli organi di Polizia di risorse e poteri più adeguati, prevedendo se del caso sanzioni a contestazione immediata più incisive ai fini di un più efficace controllo dei comportamenti di guida pericolosi, nonché una eventuale più incisiva finalizzazione normativa a fini preventivi degli introiti delle sanzioni pecuniarie irrogate in materia, tutte circostanze, peraltro, estranee all'odierno contenzioso. 8 - In conclusione l'appello deve essere respinto. 9 - La complessità e peculiarità della fattispecie controversa giustifica, tuttavia, la compensazione fra le parti delle spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2024, tenuta da remoto ai sensi dell'art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati: Fabio Franconiero - Presidente FF Giordano Lamberti - Consigliere Raffaello Sestini - Consigliere, Estensore Giovanni Sabbato - Consigliere Davide Ponte - Consigliere
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna sezione staccata di Parma (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 332 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da Se. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG (…), rappresentata e difesa dall'Avvocato Al. Ca. Li. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Unione dei Comuni (Omissis), in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Si. De. Ca. e Al. Pr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Corpo Unico di Polizia Locale dell’Unione dei Comuni (Omissis), Comune di (Omissis), Comune di (Omissis), Comune di (Omissis), Comune di (Omissis), Comune di (Omissis), Comune di (Omissis), Comune di (Omissis), Comune di (Omissis), non costituiti in giudizio; nei confronti Ve. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocato Gu. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - della determinazione n. 523 del 23 ottobre 2023, a firma del Responsabile del Servizio Unico Appalti dell'Unione dei Comuni (Omissis), comunicata alla ricorrente in data 24 ottobre 2023, di revoca dell'aggiudicazione disposta in favore della Se. S.r.l. con precedente determinazione n. 357/2023 e di contestuale riassegnazione e aggiudicazione in favore della Ve. S.r.l. della procedura aperta per l'affidamento del “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n° 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rileva-mento automatico di infrazioni al codice della strada (art. 142 c.d.s.) dell'Unione dei Comuni (Omissis) – per un periodo di 4 anni decorrenti dalla data di collaudo” (CIG (…)), per asserita non conformità delle apparecchiature offerte dalla Se. S.r.l. alle specifiche tecniche poste a base di gara, e segnatamente alla prescrizione di cui all'art. 2, lett. a, c. 11 del Capitolato Speciale d'appalto; - della comunicazione in data 24 ottobre 2023, trasmessa ai sensi dell'art. 76, c. 5, D. Lgs. 50/2016, con cui è stata resa nota alla ricorrente la revoca dell'aggiudicazione in suo favore e l'aggiudicazione dell'appalto alla Ve. S.r.l.; - della nuova aggiudicazione, della proposta di aggiudicazione della gara de qua e dello scorrimento della graduatoria in favore della Ve. S.r.l.; - della mancata esclusione della Ve. S.r.l. dalla procedura in oggetto; - del provvedimento di ammissione e di esclusione dei concorrenti in data 13 giugno 2023, nelle parti lesive per la ricorrente; - della comunicazione prot. (…) del 20 ottobre 2023, con cui il RUP ha chiesto al Responsabile del Servizio Unico Appalti dell'Unione dei Comuni (Omissis) la revoca dell'aggiudicazione alla ricorrente, allo stato non nota; - della richiesta di parere presentata in data 9 agosto 2023 dal RUP dell'Unione dei Comuni (Omissis) alla Prefettura territorialmente competente, in merito alla conformità della fornitura offerta dalla Se., allo stato non nota; - della nota del 7 luglio 2023, con cui l'Unione anzidetta ha richiesto alla ricorrente copia della documentazione attestante il possesso dei requisiti delle apparecchiature previsti dall'art. 2, lett. a, c. 11 del Capitolato Speciale d'appalto; - della nota del 18 luglio 2023, con cui l'Unione medesima ha richiesto alla ricorrente di assumere l'impegno all'installazione di diverse apparecchiature; - della nota 2 agosto 2023, con cui la Stazione appaltante ha disposto la sospensione dell'efficacia dell'aggiudicazione fino a successiva comunicazione; - dei verbali della commissione giudicatrice, e segnatamente del verbale del 16 giugno 2023, solo e limitatamente alle parti lesive per la ricorrente; - dei verbali di gara, solo e limitatamente alle parti lesive per la ricorrente; - della graduatoria finale e degli esiti finali della procedura pubblicati sulla piattaforma Sater – Intercent-ER, e dei relativi atti di approvazione, nelle parti lesive per la ricorrente; - dei prospetti riepilogativi dell'esito della gara pubblicati sulla piattaforma Sater, nelle parti lesive per la ricorrente; - di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, anche non noto; - del bando, del disciplinare, del Capitolato speciale d'appalto e relativi allegati della gara de qua, e segnatamente dell'art. 2, lett. a, n. 11 del Capitolato medesimo, ove e nell'ipotesi in cui siano interpretati in senso difforme da quanto in questa sede argomentato e censurato; nonché per la condanna della Stazione appaltante al risarcimento in forma specifica mediante l'adozione del provvedimento di aggiudicazione in favore della Se. S.r.l., trattandosi della migliore offerente, e, in subordine, per la condanna della Stazione appaltante al risarcimento per equivalente dei danni subiti e subendi dalla ricorrente a causa della revoca dell'aggiudicazione già disposta in suo favore, con espressa riserva di quantificarli in corso di causa; e per la dichiarazione dell'inefficacia del contratto d'appalto eventualmente stipulato medio tempore dall'Unione dei Comuni (Omissis) con la Ve. S.r.l., per il quale la ricorrente formula espressa domanda di subentro, e per la condanna, anche in detta eventualità, della Stazione appaltante alla tutela in forma specifica, mediante l'adozione del provvedimento d'aggiudicazione e dei consequenziali atti, incluso il subentro nel contratto, in favore della Se. S.r.l., nonché, in subordine, per la condanna dell'Unione dei Comuni (Omissis) al risarcimento per equivalente dei danni subiti e subendi, con espressa riserva di quantificarli in corso di causa; Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 17/1/2024: per l’annullamento: - della nota prot. (…) del 27 novembre 2023, a firma del Dirigente dell'Area Appalti dell'Unione dei Comuni (Omissis), indirizzata al Corpo Unico di Polizia Locale dell'Unione dei Comuni (Omissis), prodotta in giudizio dall'Amministrazione resistente in data 12 dicembre 2023, recante “Comunicazione di efficacia dell'aggiudicazione e trasmissione documenti per contratto”, relativa all'appalto per il “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n° 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rilevamento automatico di infrazioni al codice della strada (art. 142 C.d.S.) dell'Unione dei Comuni (Omissis) – per un periodo di 4 anni decorrenti dalla data di collaudo” (CIG (…)); - dell'atto di aggiudicazione efficace dell'appalto in oggetto, disposta dall'Unione dei Comuni (Omissis) in favore della Ve. S.r.l.; - di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, anche non noto; Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 12/3/2024: per l'annullamento: - della determinazione n. 523 del 23 ottobre 2023, a firma del Responsabile del Servizio Unico Appalti dell'Unione dei Comuni (Omissis), comunicata alla ricorrente in data 24 ottobre 2023, di revoca dell'aggiudicazione disposta in favore della Se. S.r.l. con precedente determinazione n. 357/2023, e di contestuale riassegnazione e aggiudicazione in favore della Ve. S.r.l. della procedura aperta per l'affidamento del “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n° 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rilevamento automatico di infrazioni al codice della strada (art. 142 C.d.S.) dell'Unione dei Comuni (Omissis) – per un periodo di 4 anni decorrenti dalla data di collaudo” (CIG (…)), per asserita non conformità delle apparecchiature offerte dalla Se. S.r.l. alle specifiche tecniche poste a base di gara, e segnatamente alla prescrizione di cui all'art. 2, lett. a, c. 11 del Capitolato Speciale d'appalto; - della comunicazione in data 24 ottobre 2023, trasmessa ai sensi dell'art. 76, c. 5, D. Lgs. 50/2016, con cui è stata resa nota alla ricorrente la revoca dell'aggiudicazione in suo favore e l'aggiudicazione dell'appalto alla Ve. S.r.l.; - della nuova aggiudicazione, della proposta di aggiudicazione della gara de qua e dello scorrimento della graduatoria in favore della Ve. S.r.l.; - della mancata esclusione della Ve. S.r.l. dalla procedura in oggetto; - del provvedimento di ammissione e di esclusione dei concorrenti in data 13 giugno 2023, nelle parti lesive per la ricorrente; - della nota del 7 luglio 2023, con cui l'Unione anzidetta ha richiesto alla ricorrente copia della documentazione attestante il possesso dei requisiti delle apparecchiature previsti dall'art. 2, lett. a, n. 11 del Capitolato Speciale d'appalto; - della nota del 18 luglio 2023, con cui l'Unione medesima ha richiesto alla ricorrente di assumere l'impegno all'installazione di diverse apparecchiature; - della nota 2 agosto 2023, con cui la Stazione appaltante ha disposto la sospensione dell'efficacia dell'aggiudicazione fino a successiva comunicazione; - dei verbali della commissione giudicatrice, e segnatamente del verbale del 16 giugno 2023, solo e limitatamente alle parti lesive per la ricorrente; - dei verbali di gara, solo e limitatamente alle parti lesive per la ricorrente; - della graduatoria finale e degli esiti finali della procedura pubblicati sulla piattaforma Sater – Intercent-ER, e dei relativi atti di approvazione, nelle parti lesive per la ricorrente; - dei prospetti riepilogativi dell'esito della gara pubblicati sulla piattaforma Sater, nelle parti lesive per la ricorrente; - di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, anche non noto; - del bando, del disciplinare, del Capitolato speciale d'appalto e relativi allegati della gara de qua, e segnatamente dell'art. 2, lett. a, n. 11 del Capitolato medesimo, ove e nell'ipotesi in cui siano interpretati in senso difforme da quanto in questa sede argomentato e censurato; e per l'annullamento - della nota prot. 32094/2023 del 27 novembre 2023, a firma del Dirigente dell'Area Appalti dell'Unione dei Comuni (Omissis), indirizzata al Corpo Unico di Polizia Locale dell'Unione dei Comuni (Omissis), prodotta in giudizio dall'Amministrazione resistente in data 12 dicembre 2023, recante “Comunicazione di efficacia dell'aggiudicazione e trasmissione documenti per contratto”, relativa all'appalto per il “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n° 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rilevamento automatico di infrazioni al codice della strada (art. 142 c.d.s.) dell'Unione dei Comuni (Omissis) – per un periodo di 4 anni decorrenti dalla data di collaudo” (CIG (…)); - dell'atto di aggiudicazione efficace dell'appalto in oggetto, disposta dall'Unione dei Comuni (Omissis) in favore della Ve. S.r.l.; - di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, anche non noto, nonché per l'annullamento - della comunicazione in data 19 ottobre 2023, prot. (…) del 20 ottobre 2023, prodotta in giudizio dall'Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024, con cui il RUP chiedeva al Responsabile del Servizio Unico Appalti dell'Unione dei Comuni (Omissis) la revoca dell'aggiudicazione alla ricorrente; - della richiesta di parere presentata in data 9 agosto 2023 dal RUP dell'Unione dei Comuni (Omissis) alla Prefettura di Reggio Emilia, in merito alla conformità della fornitura offerta dalla Se., prodotta in giudizio dall'Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024; - della Relazione del RUP del 9 febbraio 2024 avente ad oggetto “Relazione tecnica in merito a approvazione/omologazione e utilizzo dispositivi accertamento e rilevamento automatico infrazioni, limiti velocità (art. 142 del codice della strada)”. prodotta in giudizio dall'Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024; - di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, anche non noto; nonché per la condanna della Stazione appaltante al risarcimento in forma specifica mediante l'adozione del provvedimento di aggiudicazione in favore della Se. S.r.l., trattandosi della migliore offerente, e, in subordine, per la condanna della Stazione appaltante al risarcimento per equivalente dei danni subiti e subendi dalla ricorrente a causa della revoca dell'aggiudicazione già disposta in suo favore; e per la dichiarazione dell'inefficacia del contratto d'appalto eventualmente stipulato medio tempore dall'Unione dei Comuni (Omissis) con la Ve. S.r.l., per il quale la ricorrente formula espressa domanda di subentro, e per la condanna, anche in detta eventualità, della Stazione appaltante alla tutela in forma specifica, mediante l'adozione del provvedimento d'aggiudicazione e dei consequenziali atti, incluso il subentro nel contratto, in favore della Se. S.r.l.; nonché, in subordine, per la condanna dell'Unione dei Comuni (Omissis) al risarcimento per equivalente dei danni subiti e subendi. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Unione dei Comuni (Omissis) e di Ve. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2024 la dott.ssa Caterina Luperto e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 53 del 10 maggio 2023, l’Unione dei Comuni (Omissis) ha indetto la procedura aperta per l’affidamento del “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n. 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rilevamento automatico di infrazioni al codice della strada (art. 142 c.d.s.) dell’Unione dei Comuni (Omissis) – per un periodo di 4 anni decorrenti dalla data di collaudo” (CIG (...)), per un valore complessivo dell’appalto pari a € 787.200,00, oltre IVA. Oggetto dell’affidamento è il servizio di noleggio di quattro apparecchiature elettroniche digitali per rilevare, in entrambi i sensi di marcia, la violazione dei limiti di velocità ai sensi dell’art. 142 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285 «Codice della Strada», mediante postazione fissa non rimovibile e permanente (c.d. dispositivi di rilevamento), senza l'obbligo di contestazione immediata. Il Capitolato Speciale d’appalto ha individuato le caratteristiche tecniche dei citati dispositivi, precisando all’art. 2, lett. a), n. 3 che «ogni dispositivo di rilevamento dovrà essere del tipo fisso, ancorata a terra in posizione protetta per contrastare la manomissione o l’oscuramento anche accidentale nel rispetto della normativa vigente, fermo restando il requisito di essere comunque ben visibile con custodia munita di bande rifrangenti»; al n. 7 che «ciascun dispositivo dovrà essere in grado di rilevare le violazioni su due corsie con opposti sensi di marcia anche al fine di rilevare le violazioni in caso di manovre elusive degli automobilisti: ad esempio veicoli che transitano ad elevata velocità sulla corsia opposta»; al n. 11 che «il sistema dovrà essere dotato di idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe ovvero per il riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa (c.d. O.C.R. cioè un programma per il riconoscimento ottico dei caratteri in inglese “Optical Character Recognition” / A.N.P.R.– Automatic Number Plate Recognition). Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)». La società Se. S.r.l., odierna ricorrente, ha partecipato alla gara, proponendo in sede di offerta tecnica il dispositivo per il rilevamento della velocità media denominato «CELERITAS EVO 1506» unitamente ad un dispositivo di lettura targhe esterno denominato «Vista EnVES08-4KM», certificato in «classe A» secondo la Norma UNI ISO 10772:2016. Alla gara ha partecipato anche la società Ve. S.r.l., odierna controinteressata. Nella seduta del 16 giugno 2023 la Commissione giudicatrice ha proceduto alla valutazione delle offerte tecniche, giudicando la migliore offerta quella proposta dalla società Se. S.r.l., cui sono stati assegnati 70 punti rispetto ai 64 punti conseguiti dalla società Ve. S.r.l. Con determina dirigenziale n. 357 del 26 giugno 2023, l’Unione dei Comuni (Omissis) ha approvato il verbale di valutazione delle offerte tecniche e ha disposto l’aggiudicazione del servizio a Se. S.r.l., la cui offerta economica corrispondente all’importo di € 669.120,00 era stata ritenuta congrua dal R.U.P. Successivamente all’aggiudicazione della gara e prima della stipula del contratto, con nota del 7 luglio 2023, l’Unione dei Comuni (Omissis) ha richiesto alla società Se. S.r.l. «copia della documentazione attestante il possesso dei requisiti richiesti dalle apparecchiature ex art. 2, lett. a, nr. 11 Capitolato, a tal proposito evidenziando che, dagli elementi reperiti dalla scrivente, le apparecchiature CELERITAS EVO 1506 indicate nell’offerta tecnica risultano prive della cd. Classe A», al fine di valutare la sussistenza dei presupposti per la stipula del contratto. Con comunicazione del 14 luglio 2023, la società ricorrente ha replicato evidenziando che «In osservanza di quanto richiesto dal Capitolato di gara la Scrivente azienda ha offerto in sede di gara un sistema complessivo composto da un’apparecchiatura di rilevamento delle infrazioni denominata CELERITAS EVO 1506 (dotata di approvazione ministeriale) oltre che da un idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe denominato Vista EnVES08-4KM (certificato UNI10772:2016), che risponde pienamente alle caratteristiche di cui al punto 11 della lettera A dell’art. 2 del Capitolato», ed allegando «l’approvazione ministeriale del dispositivo CELERITAS EVO 1506 e la certificazione UNI10772:2016 del dispositivo Vista EnVES08-4KM che costituiscono il sistema complessivo offerto». Con comunicazione datata 18 luglio 2023, la Stazione appaltante ha comunicato all’odierna ricorrente che «dalla documentazione prodotta, che specifica la prevista installazione del "dispositivo per la lettura automatica delle targhe Vista EnVES08-4KM", si evince che non può così dirsi soddisfatta la clausola ex art. 2 c. 11 Capitolato, che richiede la fornitura in piena classe A con omologazione ministeriale di tutto il sistema, e non la sola certificazione UNI 10772:2016 del dispositivo per la lettura automatica delle targhe (vd. esempio per analogia omologazione MIMS reg. decr. 349 del 16/08/2021)», invitando la società ricorrente ad assumere l'impegno all'installazione di diverse apparecchiature conformi alle prescrizioni del capitolato, con l’avvertimento che in assenza di positivo riscontro si sarebbe proceduto a revoca dell’aggiudicazione. La società Se. S.r.l., in risposta alla suddetta comunicazione, con nota del 26 luglio 2023, ha replicato di aver fornito alla Stazione appaltante «tutta la documentazione tecnica, nonché i decreti ministeriali, atti a comprovare l’idoneità e l’equivalenza del “sistema complessivo” offerto composto da un’apparecchiatura di rilevamento delle infrazioni denominata CELERITAS EVO 1506 (dotata di approvazione ministeriale) oltre che da un idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe denominato Vista EnVES08-4KM (certificato UNI10772:2016)». Con determina n. 523 del 23 ottobre 2023, l’Unione dei Comuni (Omissis) ha revocato l’aggiudicazione disposta in favore della società ricorrente per non conformità delle apparecchiature a noleggio offerte alle specifiche tecniche poste a base di gara e, in particolare, alla prescrizione di cui all’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto, e ha aggiudicato in via definitiva l’appalto a favore della società Ve. S.r.l. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, Se. S.r.l. ha impugnato, con richiesta di misure cautelari sospensive, la determina di revoca dell’aggiudicazione e gli atti ad essa connessi tra cui, in particolare, la nuova aggiudicazione disposta a favore di Ve. S.r.l., lamentando peraltro la mancata esclusione della predetta società dalla procedura di gara. Ha altresì impugnato il bando di gara, il disciplinare e il Capitolato speciale d’appalto, con particolare riferimento all’art. 2, lett. a), n. 11, limitatamente al caso in cui vi sia data un’interpretazione restrittiva che precluda l’idoneità dell’offerta tecnica di Se. S.r.l. La società ricorrente ha richiesto, poi, la dichiarazione di inefficacia del contratto d’appalto eventualmente stipulato medio tempore dall’Unione dei Comuni (Omissis) con Ve. S.r.l., con espressa domanda di subentro, e la condanna della Stazione appaltante al risarcimento in forma specifica mediante l’adozione del provvedimento di aggiudicazione a proprio favore. Si è costituita in giudizio la controinteressata Ve. S.r.l., instando per la reiezione del ricorso. Si è costituita in giudizio, altresì, l’Unione dei Comuni (Omissis) che, con memoria del 12 dicembre 2023, ha eccepito in via pregiudiziale l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, ai sensi dell’art. 35 comma 1 lett. c) cod. proc. amm., per non avere la ricorrente impugnato il provvedimento del Dirigente dell’Area Appalti dell’Unione dei Comuni (Omissis) del 27 novembre 2023 con cui veniva data «Comunicazione di efficacia dell’aggiudicazione e trasmissione documenti per contratto»; nel merito ha richiesto il rigetto del ricorso per infondatezza. Alla camera di consiglio del 13 dicembre 2023, il difensore della parte ricorrente ha rinunciato all’istanza di sospensiva, a fronte della fissazione dell'udienza pubblica per la trattazione del merito alla data del 6 marzo 2024 e dell’impegno assunto dall’amministrazione, dichiarato per il tramite del difensore, a non sottoscrivere il contratto con l'attuale aggiudicatario sino alla decisione di merito, salva l'ipotesi di rinuncia al giudizio da parte della ricorrente. Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 gennaio 2024, la ricorrente ha impugnato, oltre agli atti già gravati con il ricorso introduttivo, anche la nota del Dirigente dell’Area Appalti dell’Unione dei Comuni (Omissis), del 27 novembre 2023, indirizzata al Corpo Unico di Polizia Locale dell’Unione dei Comuni (Omissis), prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 12 dicembre 2023, recante “Comunicazione di efficacia dell’aggiudicazione e trasmissione documenti per contratto”, relativa all’appalto per il “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n. 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rilevamento automatico di infrazioni al codice della strada (art. 142 c.d.s.) dell’Unione dei Comuni (Omissis) per un periodo di 4 anni decorrenti dalla data di collaudo”; inoltre, ha impugnato l’atto di aggiudicazione efficace dell’appalto a favore della società Ve. S.r.l. Alla pubblica udienza del giorno 6 marzo 2024, ad esito della richiesta di rinvio proposta dalla ricorrente in ragione della necessità di proporre ulteriori motivi aggiunti, la trattazione del merito è stata rinviata alla pubblica udienza del giorno 23 aprile 2024. Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 12 marzo 2024, la ricorrente ha impugnato ulteriori atti della procedura e, segnatamente, la comunicazione prot. 28697 del 20 ottobre 2023 (prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024), con cui il R.U.P. ha proposto al Responsabile del Servizio Unico Appalti dell’Unione dei Comuni (Omissis) la revoca dell’aggiudicazione alla ricorrente; la richiesta di parere presentata in data 9 agosto 2023 dal R.U.P. alla Prefettura di Reggio Emilia, in ordine alla conformità della fornitura offerta da Se. S.r.l. (prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024); la relazione del R.U.P. del 9 febbraio 2024 avente ad oggetto «Relazione tecnica in merito a approvazione/omologazione e utilizzo dispositivi accertamento e rilevamento automatico infrazioni, limiti velocità (art. 142 del codice della strada)» (prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024). Con memoria depositata agli atti del giudizio in data 20 marzo 2024, l’Amministrazione resistente ha proposto in via pregiudiziale plurime eccezioni di inammissibilità ed irricevibilità dell’atto per motivi aggiunti, instando nel merito per la reiezione del ricorso introduttivo e degli atti per motivi aggiunti per infondatezza. Con memoria depositata in giudizio in data 3 aprile 2024 anche la controinteressata Ve. S.r.l. ha eccepito in via pregiudiziale l’inammissibilità dell’atto per motivi aggiunti del 12 marzo 2024 per carenza di legittimazione e per carenza di interesse con specifico riferimento ad un motivo di ricorso. Alla pubblica udienza del giorno 23 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO In via pregiudiziale. In limen litis, deve essere disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi dell’art. 35 comma 1 lett. c) cod. proc. amm., sollevata dall’Unione dei Comuni (Omissis) con la memoria del 12 dicembre 2023, attesa l’impugnazione da parte della ricorrente, con motivi aggiunti del 17 gennaio 2024, del provvedimento del Dirigente dell’Area Appalti dell’Unione dei Comuni (Omissis) del 27 novembre 2023 con cui veniva data «Comunicazione di efficacia dell’aggiudicazione e trasmissione documenti per contratto». Sempre in via pregiudiziale, il Collegio ritiene di prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità ed irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti del 12 marzo 2024, sollevate dall’Amministrazione resistente e dalla controinteressata Ve. S.r.l., attesa l’infondatezza nel merito del ricorso introduttivo e degli atti per motivi aggiunti, per le ragioni che innanzi si illustrano. Sul ricorso introduttivo e sul ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 gennaio 2024. Venendo al merito, il ricorso introduttivo del giudizio e il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 gennaio 2024 possono essere trattati congiuntamente, in quanto affidati alle medesime censure. I. “Violazione dell’art. 97 Cost. - Violazione e falsa applicazione della lex specialis e segnatamente dell’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto - Violazione dei principi del favor partecipationis; di tutela del legittimo affidamento e di buona fede. – Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare. - Violazione dell’art. 1, c. 2 bis, L. 241/1990. - Illegittimità derivata. - Eccesso di potere per carenza e contraddittorietà della motivazione; difetto, erroneità e insufficienza d’istruttoria; difetto ed erroneità dei presupposti in fatto e in diritto; irragionevolezza e illogicità; perplessità dell’azione amministrativa; contraddittorietà. – Sviamento di potere” [motivo sub 1) del ricorso introduttivo e sub 5) dell’atto per motivi aggiunti]. Con il primo motivo del ricorso introduttivo e dell’atto per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024, la deducente lamenta l’illegittimità diretta della revoca dell’aggiudicazione precedentemente disposta a proprio favore e l’illegittimità derivata della comunicazione di efficacia del provvedimento di aggiudicazione in favore di Ve. S.r.l., fondate sulla ritenuta non conformità dell’offerta tecnica al requisito di cui all’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto, in ragione della circostanza che i dispositivi di rilevamento «CELERITAS EVO 1506» risulterebbero privi della c.d. «classe A». Secondo la prospettazione attorea, infatti, a mente del Capitolato Speciale d’appalto doveva essere presentato, in sede di offerta tecnica, un “sistema complessivo”, costituito da un dispositivo per il rilevamento automatico delle infrazioni e da un sistema di lettura delle targhe. Precisa che l’approvazione o omologazione è richiesta per il solo dispositivo di rilevamento automatico delle infrazioni e non per il “sistema complessivo”, né per il sistema di lettura delle targhe. Evidenzia di aver proposto, in sede di offerta tecnica, un “sistema complessivo” pienamente rispondente alle caratteristiche ex art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale, dal momento che l’apparecchiatura di rilevamento delle infrazioni denominata «CELERITAS EVO 1506» è dotata di approvazione ministeriale, mentre il sistema per la lettura automatica delle targhe denominato «Vista EnVES08-4KM» è certificato UNI 10772:2016, in piena «classe A». Precisa ulteriormente che la norma UNI 10772:2016 non riguarda i sistemi di rilevamento delle infrazioni ma solo i “Sistemi di Trasporto Intelligenti - Sistemi per l'elaborazione delle immagini video atti al riconoscimento delle targhe”; e che, invece, non sia configurabile l’omologazione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dei dispositivi per la lettura automatica delle targhe, potendosi l’omologazione ritenere ammissibile, a mente del Codice della Strada e del relativo Regolamento di esecuzione ed attuazione (art. 192, D.P.R. 495/1992), per i soli dispositivi di rilevamento di infrazioni. Soggiunge, in ogni caso, la non essenzialità del dispositivo di lettura delle targhe per la rilevazione in automatico delle infrazioni, in quanto in ultima analisi tale lettura deve essere verificata dall’agente accertatore. La società ricorrente prospetta, ulteriormente, un difetto di istruttoria, verosimilmente riconducibile alla insufficiente conoscenza del settore tecnologico dei sistemi automatici di rilevamento delle infrazioni, testimoniato dal fatto che la Stazione appaltante avrebbe richiesto un parere circa l’omologazione o l’autorizzazione del dispositivo di che trattasi non al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, ma alla Prefettura. I motivi sono infondati. Giova preliminarmente delineare il quadro normativo di riferimento. L’art. 142 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992 n. 285 («Codice della Strada») prevede, al comma 6, che «Per la determinazione dell'osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, anche per il calcolo della velocità media di percorrenza su tratti determinati, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento». L’art. 45, comma 6, del Decreto Legislativo 30 aprile 1992 n. 285 rinvia al Regolamento di esecuzione e di attuazione (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495) per quanto attiene alle procedure di approvazione ed omologazione dei dispositivi di rilevamento automatico delle infrazioni prevedendo che «Nel regolamento sono precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all'accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, ed i materiali che, per la loro fabbricazione e diffusione, sono soggetti all'approvazione ed omologazione da parte del Ministero dei lavori pubblici, previo accertamento delle caratteristiche geometriche, fotometriche, funzionali, di idoneità e di quanto altro necessario. Nello stesso regolamento sono precisate altresì le modalità di omologazione e di approvazione». Il D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 «Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada» prevede all’art. 192 «Omologazione ed approvazione», comma 1, che «Ogni volta che nel codice e nel presente regolamento è prevista la omologazione o la approvazione di segnali, di dispositivi, di apparecchiature, di mezzi tecnici per la disciplina di controllo e la regolazione del traffico, di mezzi tecnici per l'accertamento e il rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, di materiali, attrezzi o quant'altro previsto a tale scopo, di competenza del Ministero dei lavori pubblici, l'interessato deve presentare domanda, in carta legale a tale dicastero, indirizzandola all'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, corredata da una relazione tecnica sull'oggetto della richiesta, da certificazioni di enti riconosciuti o laboratori autorizzati su prove alle quali l'elemento è stato già sottoposto, nonché da ogni altro elemento di prova idoneo a dimostrare l'utilità e l'efficienza dell'oggetto di cui si chiede l'omologazione o l'approvazione e presentando almeno due prototipi dello stesso. Alla domanda deve essere allegata la ricevuta dell'avvenuto versamento dell'importo dovuto per le operazioni tecnico-amministrative ai sensi dell'articolo 405». Al comma 2 è poi previsto che «L'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del Ministero dei lavori pubblici accerta, anche mediante prove, e avvalendosi, quando ritenuto necessario, del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, la rispondenza e la efficacia dell'oggetto di cui si richiede l'omologazione alle prescrizioni stabilite dal presente regolamento, e ne omologa il prototipo quando gli accertamenti abbiano dato esito favorevole. L'interessato è tenuto a fornire le ulteriori notizie e certificazioni che possono essere richieste nel corso dell'istruttoria amministrativa di omologazione e acconsente a che uno dei prototipi resti depositato presso l'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale»; al comma 3 che «Quando trattasi di richiesta relativa ad elementi per i quali il presente regolamento non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni, il Ministero dei lavori pubblici approva il prototipo seguendo, per quanto possibile, la procedura prevista dal comma 2». In considerazione delle suddette previsioni, pertanto, i dispositivi per il rilevamento automatico delle infrazioni ai limiti di velocità, che operano senza l’intervento dell’organo accertatore, necessitano di specifica autorizzazione da parte dell’attuale Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Orbene, sulla differenza tra il procedimento di «omologazione» e quello di «approvazione» dei dispositivi e sistemi di regolazione e controllo della circolazione stradale è intervenuto il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che, con la circolare n. 0008176 del giorno 11 novembre 2020, ha inteso far chiarezza sulla presunta criticità, proposta in diversi quesiti, della mancata omologazione di tutti i sistemi di misurazione della velocità, sia istantanea sia media, che risulterebbero approvati con decreto ministeriale, ma non omologati. La citata circolare precisa, peraltro, che le procedure tipo per l’omologazione/approvazione di dispositivi e dei sistemi di rilevazione d’infrazioni, previste dall’art. 45, comma 6, del Codice della Strada e regolate dall’art. 192 del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, si basano su un’istruttoria tecnico-amministrativa, identica sia per l’omologazione sia per l’approvazione, svolta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, tesa a valutare la validità, l’efficacia e l’efficienza del prodotto e la sua conformità alle norme tecniche nazionali e comunitarie vigenti al momento dell’esame. Soggiunge che la differenza tra il procedimento di omologazione e quello di approvazione è da ricercarsi unicamente nel fatto che per il primo esistono le relative norme tecniche di riferimento, specifiche per la funzione fondamentale svolta dal dispositivo, mentre per il secondo manca tale riferimento, pur dovendosi seguire procedure standardizzate e verifiche di funzionalità dei dispositivi da approvare. Con specifico riferimento ai sistemi di misurazione della velocità, la circolare puntualizza che «in mancanza di una specifica norma tecnica di riferimento che definisca i loro requisiti e le loro caratteristiche, questo Ufficio, dall’inizio della propria attività di settore e ancora attualmente, provvede alla loro approvazione; pertanto, tutti i sistemi di misurazione della velocità installati e utilizzati dagli organi di polizia per l’accertamento delle violazioni, sono soggetti ad “approvazione”». Pertanto, una volta approvati, i dispositivi possono essere utilizzati per l’accertamento delle violazioni, parimenti a quelli omologati. Tali dispositivi costituiscono un sistema complesso, formato dallo specifico dispositivo che rileva in via automatica le infrazioni e da quelli ad esso associati che consentono la lettura da remoto delle targhe. Per i sistemi di lettura delle targhe la norma tecnica di riferimento è la norma UNI ISO 10772 che deve seguire nel tempo l'evoluzione della tecnica, cosicché dopo una prima versione UNI ISO 10772 del 1998, che è stata abrogata e ritirata, essa è stata sostituita dalla norma più evoluta UNI ISO 10772 del 2016, entrata in vigore il 4 aprile 2016 (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 19 agosto 2019, n. 664). La norma UNI ISO 10772 del 2016 «Sistemi di Trasporto Intelligenti - Sistemi per l'elaborazione delle immagini video atti al riconoscimento delle targhe» descrive il funzionamento e le caratteristiche di sistemi telematici che acquisiscono e trasmettono a distanza immagini digitalizzate di veicoli basandosi sul riconoscimento automatico delle targhe dei veicoli, ai fini dell’accertamento delle violazioni al codice della strada. In definitiva, tutti i dispositivi atti all’accertamento ed al rilevamento automatico delle violazioni all’art. 142 del Codice della Strada («Limiti di Velocità») sono soggetti all'approvazione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, diversamente non potrebbero essere commercializzati, installati e non avrebbero la capacità di sanzionare (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 19 agosto 2019, n. 664); in particolare, poi, i dispositivi di rilevamento da remoto delle targhe, associati ai dispositivi di rilevamento della velocità media ed istantanea, devono essere conformi alla norma UNI ISO 10772 del 2016. Il decreto con cui il Ministero delle Infrastrutture e i Trasporti approva il dispositivo esplica la propria efficacia su ogni componente utilizzato, compreso il sistema di lettura targhe o di riconoscimento ottico dei caratteri delle targhe (c.d. O.C.R. “Optical Character Recognition”), precludendo, pertanto, l’utilizzabilità di componenti non espressamente individuate nella procedura di approvazione in assenza di specifiche modifiche del decreto. I decreti di approvazione possono essere aggiornati con specifico provvedimento ministeriale sì da consentire l’estensione dell’approvazione ad ulteriori componenti tecniche del dispositivo. In assenza di un decreto di aggiornamento o di modifica del decreto di approvazione originario, le ulteriori componenti associate al dispositivo per la rilevazione delle infrazioni, ancorché in tesi migliorative dello stesso, non rispondono ai requisiti di utilizzabilità previsti. Orbene, venendo alla fattispecie de qua agitur, il Capitolato speciale di appalto, all’art. 2, lettera a), prevede quali «dispositivi di rilevamento» «N. 4 (quattro) impianti fissi approvati/omologati, a norma delle disposizioni del D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada, di seguito C.d.S.) e relative norme di cui al D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della Strada, di seguito Reg. C.d.S.), da destinare a postazione per il controllo, la documentazione, l’accertamento, la misurazione della velocità ed il rilevamento automatico delle violazioni per il superamento dei limiti massimi di velocità, sia media che puntuale, di cui all’art. 142 del C.d.S., senza la presenza degli organi di polizia stradale, in entrambe le direzioni di marcia dei 4 tratti di strada individuati, secondo quanto in dettaglio stabilito di seguito nel presente capitolato». L’art. 2, lettera a) del Capitolato speciale, poi, al punto n. 11 stabilisce che «il sistema dovrà essere dotato di idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe ovvero per il riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa (c.d. O.C.R. cioè un programma per il riconoscimento ottico dei caratteri in inglese “Optical Character Recognition” / A.N.P.R.– Automatic Number Plate Recognition). Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)». Sostiene la ricorrente che, essendo l’apparecchiatura di rilevamento delle infrazioni «CELERITAS EVO 1506» dotata dell’approvazione ministeriale ed essendo l’annesso dispositivo per la lettura automatica delle targhe «Vista EnVES08-4KM» certificato UNI 10772:2016 in piena «classe A», la fornitura sarebbe conforme alle prescrizioni del richiamato art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato speciale, con conseguente illegittimità della revoca dell’aggiudicazione e della comunicazione di efficacia del provvedimento di aggiudicazione in favore della Velocar. Tali conclusioni non sono suscettibili di favorevole apprezzamento. Il dispositivo per il rilevamento da remoto delle infrazioni al Codice della Strada, installabile ed utilizzabile senza l’obbligo di contestazione immediata da parte degli organi accertatori, risulta essere un sistema complesso, formato dal dispositivo di rilevamento da remoto delle infrazioni, cui è collegato un sistema di lettura delle targhe degli autoveicoli o di riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa (c.d. O.C.R. “Optical Character Recognition”). Orbene, se il dispositivo di rilevamento automatico delle targhe o di riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa deve essere conforme ai requisiti dettati dalla norma UNI ISO 10772 del 2016, invero oggetto di approvazione è l’intera apparecchiatura finalizzata al controllo, alla documentazione, all’accertamento, alla misurazione della velocità ed al rilevamento automatico delle violazioni per il superamento dei limiti massimi di velocità di cui all’art. 142 del Codice della Strada. Pertanto oggetto di specifica approvazione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti deve necessariamente essere il sistema complessivo formato dal dispositivo denominato «CELERITAS EVO 1506» e dal dispositivo di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM». Orbene, dalla documentazione versata in atti, la ricorrente risulta aver prodotto unicamente il decreto dirigenziale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 4671 del 28 luglio 2016, con cui è stato originariamente approvato il sistema «CELERITAS EVO 1506» e alcuni rapporti di prova relativi alla conformità alla norma UNI ISO 10772 2016 del dispositivo «Vista EnVES08-4KM», senza quindi attestare l’avvenuta approvazione del dispositivo di rilevamento delle infrazioni unitamente a quello di lettura delle targhe, invero mai rilasciata. Ed infatti, dal parere reso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in data 12 ottobre 2023, in risposta ad un quesito sollevato dalla Prefettura di Reggio Emilia in data 2 ottobre 2023, risulta che «Il dispositivo "CELERITAS EVO 1506" è stato approvato con D.D. n. 4671 del 28 luglio 2016 e successivamente l'approvazione è stata estesa con il D.D. n. 4018 del 21 giugno 2017 e con il D.D. n. 552 del 23 dicembre 2021; tale dispositivo è costituito da uno o più sensori laser per il rilevamento della velocità, un'unità di elaborazione e da uno o più sistemi di ripresa "Vista EnVES06plus", "Vista EnVES06" o "Vista EnVES04R", ma non anche "Vista EnVES08-4KM"». In particolare, con decreto dirigenziale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 4671 del 28 luglio 2016 è approvato il sistema per il controllo della velocità media e puntuale denominato «CELERITAS EVO 1506», finalizzato all’ accertamento delle infrazioni ai limiti massimi di velocità, prodotto dalla società En. S.r.l. Con successivo decreto dirigenziale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 4018 del 21 giugno 2017 l’approvazione del sistema per il controllo della velocità media e puntuale denominato «CELERITAS EVO 1506» è stata estesa alla versione con telecamera modello «AXIS P1365MKII». Con decreto dirigenziale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 552 del 23 dicembre 2021, poi, «L’approvazione del dispositivo denominato “CELERITAS EVO 1506” per il rilevamento delle infrazioni ai limiti massimi di velocità istantanea e media (…) è estesa ad una versione con un nuovo sistema di ripresa denominato “Vista EnVES06plus” equipaggiato con il nuovo illuminatore IR denominato “EnHPIRLS-8234” in luogo del precedente denominato “EnHPIRLS-8233”, e con l’aggiornamento del “Manuale di installazione apparati CELERITAS EVO 1506”, versione 1.2.0 luglio 2021». Come già evidenziato, quindi, il decreto con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti approva il dispositivo esplica la propria efficacia su ogni componente utilizzato, compreso il sistema di ripresa (di lettura targhe o di riconoscimento ottico delle targhe O.C.R.), precludendo, pertanto, l’utilizzabilità di componenti non espressamente individuate nella procedura di approvazione in assenza di specifiche modifiche del decreto. Ebbene, come osservato nel citato parere, la configurazione costituita dal dispositivo «CELERITAS EVO 1506» in combinazione con un gruppo di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM» non è mai stata approvata ai sensi dell'art. 45 del Codice della Strada e dell'art. 192 del relativo Regolamento di Esecuzione e di Attuazione per il rilevamento automatico delle infrazioni ai limiti di velocità, ragion per cui l’utilizzabilità di un sistema di lettura delle targhe diverso da quelli specificamente approvati con decreto ministeriale per il dispositivo «CELERITAS EVO 1506» non risulta rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 2, lett. a) del Capitolato speciale d’appalto. Pertanto il sistema complessivo offerto dalla ricorrente non risulta conforme alle previsioni del Capitolato speciale d’appalto che, all’art. 2, lettera a), punto 11, prevede che «il sistema dovrà essere dotato di idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe ovvero per il riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa (c.d. O.C.R. cioè un programma per il riconoscimento ottico dei caratteri in inglese “Optical Character Recognition” / A.N.P.R.– Automatic Number Plate Recognition). Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)», con ciò dovendosi ritenere necessaria l’approvazione dell’intero sistema. In altri termini, non è sufficiente la sola approvazione del dispositivo «CELERITAS EVO 1506», né il fatto che il sistema di lettura delle targhe sia conforme alla norma UNI ISO 10772 del 2016, dovendo essere l’approvazione ministeriale comprensiva non solo del dispositivo di rilevamento automatico della velocità, ma anche di ogni componente utilizzato, compreso il sistema di lettura targhe o riconoscimento ottico dei caratteri delle targhe, non sussistente nel caso di specie. Se, infatti, l’approvazione del sistema di rilevamento delle infrazioni «CELERITAS EVO 1506» è stata estesa ai sistemi di ripresa «Vista EnVES06plus», «Vista EnVES06» o «Vista EnVES04R», l’estensione non ha riguardato il sistema di ripresa «Vista EnVES08-4KM"», di talchè il sistema complessivo «CELERITAS EVO 1506» e «Vista EnVES08-4KM"» non risulta dotato di «omologazione (rectius approvazione) del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture» come richiesto dall’art. 2, lettera a), n. 11 del Capitolato speciale d’appalto. Pertanto correttamente la Stazione appaltante, con comunicazione del 18 luglio 2023, ha reso edotta la società ricorrente della circostanza che «dalla documentazione prodotta, che specifica la prevista installazione del "dispositivo per la lettura automatica delle targhe Vista EnVES08-4KM", si evince che non può così dirsi soddisfatta la clausola ex art. 2 c. 11 Capitolato, che richiede la fornitura in piena classe A con omologazione ministeriale di tutto il sistema, e non la sola certificazione UNI 10772:2016 del dispositivo per la lettura automatica delle targhe (vd. esempio per analogia omologazione MIMS reg. decr. 349 del 16/08/2021)», invitandola ad assumere l’impegno all’installazione «di diverse apparecchiature per le quali sia contestualmente documentata la conformità alle prescrizioni del capitolato». Tale comunicazione evidenzia l’insufficienza della sola certificazione UNI 10772 2016, richiedendo l’«omologazione (rectius approvazione) ministeriale di tutto il sistema». E parimenti correttamente, in ragione del riscontro alla nota con cui l’impresa aggiudicataria sosteneva la conformità al Capitolato speciale di quanto offerto in gara, senza allegare valida documentazione e invocando il principio dell’equivalenza, la Stazione Appaltante, ritenendo che «tale equivalenza non possa applicarsi al caso specifico perché l’omologazione da parte del Ministero competente, classe A inclusa, comportano il rispetto di specifiche tecniche che si ritiene non siano state altrimenti comprovate dall’aggiudicatario», con la determina n. 523 del 23 ottobre 2023 ha revocato l’aggiudicazione «per non conformità delle apparecchiature a noleggio offerte alle specifiche tecniche poste a base di gara e in particolare alla prescrizione ex art. 2 c. 11 del Capitolato Speciale d’Appalto che richiede “Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)”» e ha aggiudicato in via definitiva l’appalto alla società Ve. S.r.l. Ed infatti, la controinteressata Ve. S.r.l. aveva prodotto, in sede di offerta tecnica, il decreto del 16 agosto 2021 con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva esteso l’approvazione del dispositivo per il rilevamento automatico delle infrazioni ai limiti di velocità massima puntuale e media, denominato «Velocar Red & Speed EVO M», ad una nuova versione denominata «VRS EVO-M» nelle configurazioni «VRS-EVO-T12-5-R» con ottica da 35 mm e «VRS-EVO-T12-5-R» con ottica da 50 mm, risultando pertanto la prescritta approvazione estesa a tutte le componenti del dispositivo. Non persuade la tesi sostenuta dalla ricorrente in relazione alla non essenzialità del dispositivo di lettura delle targhe per la rilevazione in automatico delle infrazioni, in quanto in ultima analisi tale lettura dovrebbe essere verificata dall’agente accertatore. In disparte le già evidenziate precisazioni relative al fatto che il decreto ministeriale di approvazione è omnicomprensivo, avendo lo stesso riguardo non solo al dispositivo di rilevamento delle infrazioni, ma anche ai relativi sistemi di lettura delle targhe, osserva il Collegio che la scelta di prevedere un sistema di rilevamento delle infrazioni dotato di idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe ovvero per il riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa certificato, conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena «classe A» e con omologazione (rectius approvazione) ministeriale, rientra nella piena e legittima discrezionalità della Stazione appaltante in ordine alle specifiche tecniche dei prodotti in termini di prestazioni e requisiti funzionali al perseguimento dell’interesse pubblico. Tale scelta discrezionale è, peraltro, pienamente rispondente all’interesse pubblico che viene in rilievo nel caso di specie, ovvero quello di procedere ad una regolare attività di rilevamento delle infrazioni ai sensi dell’art. 142 del Codice della Strada che sia esente, peraltro, dal proliferare di contenzioso che sarebbe evidentemente innescato dall’utilizzo di strumentazione non conforme ai decreti ministeriali di approvazione. Come osservato dalla giurisprudenza amministrativa, infatti, «Le pubbliche amministrazioni sono dotate di un’ampia discrezionalità nell'individuare i prodotti e i servizi che decidono di acquisire con il ricorso alle procedure di evidenza pubblica (…). Le caratteristiche essenziali e indefettibili delle prestazioni o del bene previste dalla lex specialis costituiscono una condizione di partecipazione alla procedura selettiva, perché non è ammissibile che il contratto venga aggiudicato ad una concorrente che non garantisca il minimo prestabilito, minimo che vale ad individuare l’essenza della stessa res richiesta» (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 24 ottobre 2023, n. 9210). Parimenti prive di pregio sono le deduzioni della ricorrente in ordine all’asserito difetto di istruttoria, per avere la Stazione appaltante richiesto il parere sull’avvenuta o meno approvazione ministeriale del «sistema costituito dal dispositivo denominato "CELERITAS EVO 1506" equipaggiato con un gruppo di ripresa denominato "VISTA ENVES08-4KM"» alla Prefettura e non al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Premessa la competenza della Prefettura, quale Ufficio Territoriale del Governo, in generale in tema di sicurezza stradale e, in particolare, con riferimento alle procedure di autorizzazione alla localizzazione sul territorio dei dispositivi di rilevamento da remoto delle infrazioni al Codice della Strada, in ragione della impossibilità di procedere al «fermo di un veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione», ai sensi dell’art. 4 del Decreto Legge 20 giugno 2002, n. 121 (convertito nella Legge 1 agosto 2002, n. 168), come modificato dall’art. 49, comma 5 undecies, del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76 (convertito con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120), nel caso di specie correttamente la Prefettura ha richiesto il parere al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, competente, invece, all’approvazione dei dispositivi in questione ai sensi dell’art. 45 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Quanto, infine, all’ulteriore profilo di censura, con cui si evidenzia che la mancata indicazione della certificazione UNI 10772:2016 all’interno del testo del decreto di approvazione del dispositivo «CELERITAS EVO 1506» sarebbe stata segnalata in sede di gara dalla controinteressata Ve. S.r.l. e ritenuta non rilevante dalla Commissione, e che, pertanto, la successiva revoca dell’aggiudicazione disposta dal R.U.P. sarebbe illegittima, il Collegio osserva che, come correttamente evidenziato nella determina di revoca, «trattandosi di conformità richiesta ai fini dell’esecuzione del contratto e quindi non oggetto di valutazione qualitativa in sede di gara, la Commissione ha correttamente ritenuto di non valutare in quella sede gli elementi che potessero riscontrare tale requisito in considerazione del fatto che la suddetta documentazione a comprova non era richiesta in gara (vd. verbale di gara approvato con determinazione 357/2023)». Pertanto, dopo l’aggiudicazione, dovendo valutare la sussistenza delle condizioni per la stipula del contratto, la Stazione appaltante ha richiesto all’impresa aggiudicataria di produrre copia della documentazione attestante il possesso dei requisiti ex art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato speciale d’appalto, per come dichiarata in sede di offerta tecnica. La documentazione fornita dall’aggiudicatario è stata, quindi, valutata dalla Stazione appaltante e dal R.U.P. e ritenuta non conforme alle prescrizioni del Capitolato speciale. Orbene, pur potendo procedere ad immediata revoca dell’aggiudicazione, la Stazione appaltante ha proposto all’impresa aggiudicataria la sostituzione dei dispositivi con altri che risultassero conformi al Capitolato speciale e, nel contempo, ha formulato specifico quesito alla Prefettura. L’impresa aggiudicataria, quindi, non solo non ha fornito idonea documentazione attestante la conformità dei dispositivi alle prescrizioni del Capitolato speciale, ma ne ha ribadito la conformità invocando il principio di equivalenza. Per tali ragioni, ad esito dell’istruttoria svolta prima della stipula del contratto, la revoca dell’aggiudicazione deve qualificarsi come atto dovuto, in ragione del fatto che era stata oggettivamente riscontrata la carenza di un requisito ritenuto essenziale per l’ammissibilità dell’offerta. Alla luce delle suesposte considerazioni, le censure articolare con il primo motivo del ricorso introduttivo e del ricorso per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024 devono ritenersi infondate. II. “Violazione dell’art. 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione della lex specialis e segnatamente dell’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale, sotto altro profilo. - Violazione dell’art. 68, D. Lgs. 50/2016 e del principio d’equivalenza. - Violazione dei principi del favor partecipationis; di tutela del legittimo affidamento e di buona fede. – Violazione del principio del risultato – Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare. - Violazione dell’art. 1, c. 2 bis, L. 241/1990. - Illegittimità derivata. - Eccesso di potere per carenza e contraddittorietà della motivazione; difetto, erroneità e insufficienza d’istruttoria; difetto ed erroneità dei presupposti in fatto e in diritto; irragionevolezza e illogicità; contraddittorietà manifesta – Sviamento di potere, sotto altro profilo” [motivo sub 2) del ricorso introduttivo e sub 6) dell’atto per motivi aggiunti]. La ricorrente lamenta che la determina di revoca sarebbe stata adottata in violazione del principio dell’equivalenza e di quello del favor partecipationis. Preliminarmente ribadisce la corrispondenza dei prodotti offerti con quanto richiesto dal Capitolato speciale, avendo la stessa proposto un dispositivo per il rilevamento della velocità con omologazione (rectius approvazione) ministeriale e un dispositivo di riconoscimento targhe che ha superato la prova UNI 10772:2016, in «classe A». Prospetta, in ogni caso, l’equivalenza dei prodotti offerti, segnalando che il sistema «CELERITAS EVO 1506» annovera tra le sue componenti il sistema di ripresa «Vista EnVES06 Plus» in «classe A» e precisando che la propria offerta prevede addirittura un componente migliorativo, vale a dire la telecamera «Vista EnVES08-4KM» con caratteristiche tecniche più avanzate rispetto alla telecamera «Vista EnVES06 Plus». Rivendica, pertanto, l’operatività del principio dell’equivalenza in ragione del fatto che le prestazioni del prodotto offerto sarebbero caratterizzate da conformità sostanziale con le specifiche tecniche richieste dal Capitolato speciale d’appalto. Equivalenza che sarebbe confermata dalla circostanza che i dispositivi di rilevamento automatico della velocità attualmente in uso da parte dell’Unione dei Comuni (Omissis) sono gli stessi proposti nella gara per cui vi è controversia. Lamenta, altresì, la violazione del principio del favor partecipationis, evidenziando che la lettura data dalla Stazione appaltante alle previsioni della lex specialis avrebbe inevitabilmente consentito la partecipazione alla gara del solo operatore economico Ve. S.r.l., in quanto unico operatore economico titolare di un decreto di approvazione (Decreto del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili n. 350 del 16 agosto 2021) in cui sia presente un riferimento alle funzionalità del dispositivo ai sensi della norma UNI 10772:2016. Deduce, inoltre, la violazione del principio del risultato, di cui all’art. 1 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, secondo cui l'Amministrazione deve tendere al miglior risultato possibile, a tutela dell'interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento. Tale principio sarebbe stato violato dalla revoca illegittima dell’aggiudicazione in danno dell’operatore economico che aveva offerto la migliore proposta tecnico-economica, avvenuta peraltro a distanza di tempo dall’aggiudicazione medesima. Le censure articolate con il secondo motivo del ricorso introduttivo e dell’atto per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024 sono prive di fondamento. Quanto alla conformità della proposta dalla ricorrente con le specifiche tecniche contenute nel Capitolato speciale d’appalto, come diffusamente rilevato nello scrutinio del primo motivo di ricorso, l’invocata corrispondenza non è apprezzabile positivamente, in ragione della mancanza di un decreto ministeriale di approvazione del sistema complesso formato dal dispositivo denominato «CELERITAS EVO 1506» e dal sistema di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM». Le circostanze evocate dalla ricorrente con riferimento al fatto che il dispositivo «CELERITAS EVO 1506» annovera tra le sue componenti il sistema di ripresa «Vista EnVES06 Plus» che ha la piena «classe A» e che, addirittura, la propria proposta prevede la telecamera «Vista EnVES08-4KM» quale componente migliorativa sono prive di pregio, in quanto l’offerta tecnica della ricorrente non è conforme ai decreti ministeriali di approvazione. È infatti irrilevante che con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 552 del 23 dicembre 2021 sia stato approvato il sistema «CELERITAS EVO 1506» unitamente al sistema di ripresa «Vista EnVES06 Plus», posto che nella procedura di che trattasi è stato offerto il sistema di ripresa con telecamera «Vista EnVES08-4KM» che, quantunque asseritamente migliorativo, invero non risulta oggetto di specifico decreto ministeriale di approvazione. A ciò aggiungasi che lo stesso decreto ministeriale n. 552 del 23 dicembre 2021 espressamente prevede che «Non è consentito apportare alcuna modifica al dispositivo “CELERITAS EVO 1506” in assenza di eventuali specifiche modifiche del presente decreto», con ciò confermando la non estensibilità del decreto a componenti aggiuntive diverse da quelle oggetto di specifica approvazione. Contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente, poi, non può essere invocato nel caso di specie il principio dell’equivalenza delle specifiche tecniche. Detto principio, infatti, è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche possano essere artatamente utilizzate per operare indebite espulsioni di concorrenti, con il pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche richieste, ed è pertanto diretto ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica non si risolva in una verifica formalistica, ma nella conformità sostanziale dell’offerta alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 19 marzo 2019, n. 3646) Tale principio non può assolutamente essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate, come nel caso in cui l'offerta comprenda una soluzione la quale, sul piano oggettivo, funzionale e strutturale, non rispetta affatto le caratteristiche tecniche obbligatorie, previste nel capitolato di appalto (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 29 settembre 2018 n. 5568). Precisa la giurisprudenza amministrativa che «La stazione appaltante infatti non può aggiudicare il contratto ad un concorrente che abbia prodotto un’offerta che viola manifestamente le condizioni tassativamente poste dal bando a pena di esclusione. In tal caso la difformità si risolve infatti in un inammissibile aliud pro alio che, di per sé, comporta necessariamente l'esclusione dalla gara. L’indiscriminata ammissione da parte della stazione appaltante di offerte che non rispondono alle specifiche produttive, funzionali e prestazionali richiesta per la partecipazione, finirebbe non solo per vulnerare ineluttabilmente la par condicio, ma vanificherebbero le finalità pratiche e le esigenze concrete perseguite dalla stazione appaltante al momento della indicazione di un determinato standard tecnico-produttivo» (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 29 settembre 2018 n. 5568). In tale prospettiva, il principio dell’equivalenza non può trovare applicazione nel caso di specie, ove a fronte di un sistema complessivo con omologazione (rectius approvazione) ministeriale e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena «classe A» richiesto dal Capitolato speciale, è stata offerta dalla ricorrente una configurazione costituita dal dispositivo «CELERITAS EVO 1506» in combinazione con un gruppo di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM» mai stata approvata con decreto ministeriale, ai sensi dell'art. 45 del Codice della Strada e dell'art. 192 del relativo Regolamento di Esecuzione e di Attuazione. La mancata approvazione ministeriale del sistema complessivo offerto dalla ricorrente e, in particolare, l’assenza dell’estensione dell’autorizzazione del dispositivo «CELERITAS EVO 1506» al gruppo di ripresa «VISTA ENVES08-4KM» consente di ritenere che il prodotto offerto dalla ricorrente non sia rispondente alle specifiche produttive, funzionali e prestazionali richieste dalla lex specialis venendo in rilievo non già una «conformità sostanziale» idonea a fondare il principio dell’equivalenza, ma una difformità integrante un inammissibile aliud pro alio. Né può assumere rilievo dirimente la circostanza che i sistemi proposti in gara dalla ricorrente siano quelli attualmente in uso da parte dell’Unione, posto che la Stazione appaltante, nell’esercizio della propria discrezionalità, ha richiesto nel Capitolato speciale dispositivi dotati di specifiche tecniche differenti da quelli acquisiti in passato, valutando l’interesse pubblico al miglioramento del servizio non solo in termini di standard qualitativi, ma anche sotto il profilo della necessità di ridurre il potenziale contenzioso che inevitabilmente deriverebbe dall’utilizzo di strumentazione tecnica priva di approvazione ministeriale. È altresì inconferente il riferimento alla violazione del principio del favor partecipationis, in ragione del fatto che – si sostiene –la lettura data dalla Stazione appaltante alle previsioni della lex specialis avrebbe inevitabilmente consentito la partecipazione alla gara esclusivamente di Ve. S.r.l., in quanto unico operatore economico titolare di un decreto di approvazione (decreto del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili n. 350 del 16 agosto 2021) in cui sia presente un riferimento alla funzionalità del dispositivo ai sensi della norma UNI ISO 10772:2016. In disparte il rilievo di profili di inammissibilità della doglianza, atteso che le censure volte a sindacare un indebito restringimento delle regole pro-concorrenziali devono essere tempestivamente proposte avverso le clausole del bando che illegittimamente precludono la partecipazione alla gara di alcuni operatori economici, la stessa è comunque infondata non ravvisandosi nella fattispecie de qua agitur alcuna lesione del principio del favor partecipationis. Preliminarmente non corrisponde al vero quanto dedotto dalla ricorrente, circa il fatto che Ve. S.r.l. sarebbe l’unico operatore economico titolare di un decreto di approvazione ministeriale in cui sia presente un riferimento alla funzionalità del dispositivo ai sensi della norma UNI ISO 10772:2016. Se, infatti, con decreto del Direttore della II^ Divisione della Direzione Generale per la Sicurezza stradale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 350 del 16 agosto 2021 è stato approvato il «dispositivo per il rilevamento automatico delle infrazioni ai limiti di velocità massima puntuale e media, denominato “Velocar Red & Speed EVO M”, prodotto dalla società Ve. S.r.l.», con l’espressa indicazione delle funzioni che detto dispositivo è in grado di svolgere ai sensi della norma UNI 10772:2016, con il precedente decreto del Direttore della II^ Divisione della Direzione Generale per la Sicurezza stradale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 349 del 16 agosto 2021 è stato approvato, ai sensi dell’art. 45 del Codice della Strada, il dispositivo per l’accertamento delle infrazioni ai limiti massimi di velocità istantanea denominato «CELERITAS MVD 2020», prodotto dalla società En. S.r.l., con l’espressa previsione che «il dispositivo, limitatamente alla versione equipaggiata con il sistema Vista EnVES08-4KM descritto nell’articolo seguente, è anche in grado di riconoscere le targhe dei veicoli in infrazione, ai sensi della norma UNI 10772:2016 “Sistemi di Trasporto Intelligenti - Sistemi per l'elaborazione delle immagini video atti al riconoscimento delle targhe", alle condizioni e nei limiti di cui all’articolo 3». Non risulta quindi che la controinteressata Ve. S.r.l. è l’unico operatore economico sul mercato titolare di un decreto di approvazione ministeriale in cui sia presente un riferimento alle funzionalità ai sensi della norma UNI ISO 10772 2016. In ogni caso la censura è infondata, posto che la lex specialis di gara non restringe la partecipazione ai soli concorrenti in grado di allegare il decreto di approvazione ministeriale del sistema complessivo offerto con specifico riferimento alle prove di funzionalità ai sensi della norma UNI ISO 10772:2016, ma richiede ai sensi dell’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato speciale d’appalto che «il sistema dovrà essere dotato di idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe ovvero per il riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa (c.d. O.C.R. cioè un programma per il riconoscimento ottico dei caratteri in inglese “Optical Character Recognition” / A.N.P.R.– Automatic Number Plate Recognition). Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)», con ciò richiedendosi un «sistema complessivo» costituito dal dispositivo di rilevamento della velocità e dal sistema di lettura delle targhe dotato di «omologazione (rectius approvazione) del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture». Tant’è che la revoca dell’aggiudicazione disposta in danno della ricorrente è motivata non già in ragione del fatto che il decreto ministeriale di approvazione non contiene il riferimento alla norma UNI ISO 10772:2016 – riferimento presente nel decreto di approvazione del dispositivo proposto dalla controinteressata –, ma in ragione della «non conformità delle apparecchiature a noleggio offerte alle specifiche tecniche poste a base di gara e in particolare alla prescrizione ex art. 2 c. 11 del Capitolato Speciale d’Appalto che richiede “Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)”». Orbene, osserva il Collegio che, quantunque la formulazione della motivazione posta a sostegno della revoca dell’aggiudicazione possa risultare tecnicamente imprecisa, fornendo una interpretazione sostanziale della stessa, conforme peraltro a quanto indicato nel parere del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, si deduce ragionevolmente che l’opposta revoca è fondata sulla mancanza del decreto ministeriale di approvazione del sistema complesso formato dal dispositivo denominato «CELERITAS EVO 1506» e dal dispositivo di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM» e non sulla circostanza che il decreto ministeriale di approvazione non contenga il riferimento alla norma UNI ISO 10772:2016. Non persuade la tesi sostenuta dalla ricorrente con riferimento all’asserita violazione del principio del risultato. Osserva il Collegio che la procedura di gara si è svolta sotto la vigenza del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50, mentre il «principio del risultato» è stato espressamente normato solo dal successivo Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36 (art. 1). Orbene, anche a voler ritenere applicabile al caso di specie l’invocato principio del risultato, sono prive di pregio le deduzioni di parte ricorrente volte ad assumerne la violazione. L’art. 1 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36 rubricato «Principio del risultato» prevede, al comma 1, che «Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell'affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza». Il principio del risultato, introdotto con il nuovo Codice dei contratti pubblici, detta un’enunciazione di principio invero già implicita nella logica del sistema delle procedure ad evidenza pubblica, vale a dire che il primo obiettivo assegnato dal legislatore alle stazioni appaltanti è quello dell’affidamento dei contratti di appalto e di concessione in modo tempestivo, efficiente ed economico, dovendo tali risultati pur sempre coniugarsi con i principi di legalità, trasparenza e concorrenza. Il principio del risultato, per come declinato dall’art. 1 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, consente di orientare l’operato delle Stazioni appaltanti attraverso due criteri di indirizzo: a) il “criterio temporale” della tempestività dell’affidamento ed esecuzione del contratto, che impone alle Stazioni appaltanti il superamento delle situazioni di inerzia o di impasse per difficoltà connesse, tra l’altro, alla difficoltà di interpretazione delle disposizioni unionali e nazionali, oltre che da quelle fornite in sede pretoria, guardando al risultato attraverso l’applicazione di una regola per il caso concreto, pur sempre nel dovuto rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza; b) il “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto, la cui applicazione deve guidare la Stazione appaltante nella scelta della soluzione che consenta di addivenire all’ottimizzazione del rapporto tra il profilo tecnico-qualitativo dell’offerta e quello economico del prezzo da corrispondere. Viene in rilievo, nel caso di specie, la dedotta violazione del “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto previsto dal principio del risultato, per aver l’Amministrazione provveduto alla revoca dell’aggiudicazione disposta a favore dell’operatore economico che aveva «offerto la migliore proposta tecnico economica». Il principio del risultato in generale, e il “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto contenuto in particolare, trovano quale limite esterno il rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza. Se la Stazione appaltante si è autovincolata con l’indicazione nella lex specialis di specifici requisiti tecnici dell’offerta, non è invocabile il principio del risultato per giustificare la scelta di un’offerta economica che, quantunque vantaggiosa sotto il profilo del rapporto qualità-prezzo, non corrisponda a siffatti requisiti, posto che ciò contrasterebbe non solo con il principio di legalità, ma anche con quello pro-concorrenziale della par condicio competitorum. Orbene, nel caso di specie, l’offerta tecnica della ricorrente, anche ove in tesi vantaggiosa sotto il profilo qualitativo dell’efficienza ed economicità, risulta non conforme alla lex specialis del Capitolato speciale d’appalto, di talchè ove la Stazione appaltante avesse ritenuto, in applicazione del principio del risultato, di mantenere l’aggiudicazione a favore della Se. S.r.l. sarebbe incorsa in una inammissibile violazione del principio di legalità e di quello della par condicio competitorum. In conclusione, nel caso di specie, la revoca dell’aggiudicazione non risulta in alcun modo porsi in contrasto con il principio del risultato, risultando la stessa la necessaria e doverosa applicazione di quanto espressamente previsto dalla lex specialis e, pertanto, coerentemente adottata in conformità al principio di legalità e al principio della par condicio competitorum. Ed infatti, l’offerta della ricorrente, mancando dei requisiti essenziali, non poteva in alcun modo soddisfare l’interesse dalla Stazione appaltante, in ragione della non utilizzabilità dei dispositivi privi del necessario decreto di approvazione. Per tutto quanto esposto, devono ritenersi infondati il secondo motivo del ricorso introduttivo e il secondo motivo dell’atto per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024. III. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 21-quinquies, 21octies e 21 nonies, L. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 e ss., L. 241/1990. - Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 33, D. Lgs. 50/2016 - Violazione dei principi di trasparenza, imparzialità, lealtà e correttezza dell’azione amministrativa; di tutela del legittimo affidamento; del contraddittorio amministrativo. Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria; difetto di istruttoria; manifesta illogicità ed irragionevolezza; difetto ed erroneità dei presupposti; travisamento; sviamento” [motivo sub 3) del ricorso introduttivo e sub 7) dell’atto per motivi aggiunti]. Con il terzo motivo del ricorso introduttivo e dell’atto per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024, la ricorrente lamenta il difetto di motivazione della revoca dell’aggiudicazione, alla luce di quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa in ordine alla necessità che sia dato atto della consistenza e dell’intensità dell’interesse pubblico che si intende perseguire con il ritiro dell'atto originario, con indicazione profonda e convincente delle ragioni sottese alla revoca. Sostiene che, nel caso di specie, la Stazione appaltante si sarebbe limitata «a motivare la revoca sulla base della mera ragione per cui “le apparecchiature CELERITAS EVO 1506 indicate nell'offerta tecnica risultano prive della cd. classe A”» (v. pag. 20 del ricorso), con una evidente «obliterazione del principio di equivalenza». Difetto di motivazione ulteriormente aggravato dallo stato di avanzamento della procedura selettiva, già conclusa con l’aggiudicazione «in via definitiva» a proprio favore. Deduce, inoltre, come la Stazione appaltante non abbia effettuato alcuna comparazione fra l’interesse pubblico alla revoca dell’assegnazione del servizio e l’interesse privato al suo mantenimento, non essendo stato valutato l’affidamento ingenerato nell’aggiudicataria. Con un ulteriore profilo di censura la ricorrente deduce, altresì, la violazione dell’art. 21 quinquies della Legge 7 agosto 1990 n. 241, non ricorrendo nel caso di specie i presupposti per poter adottare il provvedimento di revoca. Lamenta, infine, la violazione dell’art. 7 della Legge 7 agosto 1990 n. 241, in quanto la revoca dell’aggiudicazione non sarebbe stata preceduta da alcuna comunicazione d’avvio del procedimento, con ciò frustrandosi le garanzie partecipative e il contraddittorio procedimentale. I motivi sono infondati sotto ogni profilo di censura. Non coglie nel segno la doglianza relativa al difetto di motivazione, atteso che il provvedimento di revoca è chiaramente motivato sulla circostanza che i dispositivi offerti dalla ricorrente sono risultati non conformi a quanto previsto dal Capitolato speciale. Precisa il gravato provvedimento, dopo aver diffusamente descritto il contraddittorio instaurato con la ricorrente e teso, in ultima analisi, a richiedere l’utilizzo di dispositivi conformi alla disciplina della lex specialis, di revocare l’aggiudicazione «per non conformità delle apparecchiature a noleggio offerte alle specifiche tecniche poste a base di gara e in particolare alla prescrizione ex art. 2 c. 11 del Capitolato Speciale d’Appalto che richiede “Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)”», in ragione dunque della difformità tra quanto proposto dalla ricorrente e quanto richiesto dalla Stazione appaltante nel Capitolato speciale d’appalto. Difformità che, per quanto già ampiamente argomentato in precedenza, non consente di invocare il principio dell’equivalenza. Né può ritenersi che l’Amministrazione procedente potesse essere tenuta ad una ponderazione tra l’interesse pubblico al ritiro dell’aggiudicazione e quello della società ricorrente alla prosecuzione dell’affidamento e alla stipula del contratto, in ragione della non corrispondenza tra i prodotti offerti dalla ricorrente e quanto previsto dalla lex specialis. Ed infatti, l’interesse pubblico sotteso alla procedura di che trattasi era già stato ampiamente cristallizzato nel Bando di gara e nel Capitolato speciale, con riferimento alle specifiche tecniche dei dispositivi per la rilevazione automatica della velocità dei veicoli. Ragion per cui la non corrispondenza tra quanto richiesto dalla lex specialis e quanto offerto dalla ricorrente legittima il provvedimento di autotutela, che si profila quale atto vincolato a fronte della non conformità delle specifiche tecniche dei dispositivi offerti dalla ricorrente. In definitiva, chiarite le ineludibili ragioni ostative all’affidamento dell’appalto alla ricorrente, non si imponeva alla Stazione appaltante una specifica motivazione circa l’interesse pubblico al ritiro dell’aggiudicazione definitiva, stante il ridotto arco temporale intercorso e la mancata stipula del contratto. Privo di pregio è il profilo della censura relativo alla violazione dell’art. 21 quinquies della Legge 7 agosto 1990 n. 241. Viene in rilievo, nel caso di specie, non l’esercizio di un potere di revoca espressione di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (c.d. revoca per ius poenitendi), né la distinta ipotesi di revoca per sopravvenienze, quale provvedimento connotato dal vaglio di ragioni di opportunità che consentono all’Amministrazione di incidere con effetto caducatorio ex nunc su un precedente provvedimento. Nel caso di specie la revoca dell’aggiudicazione esula dall’ambito di applicazione dell’art. 21 quinquies citato, trattandosi di provvedimento espressione di attività vincolata per l’Amministrazione procedente – da ricondursi al genus dell’annullamento d’ufficio –, proprio in ragione dell’autovincolo impostosi con la lex specialis e con il Capitolato speciale di appalto. Detto altrimenti, con le previsioni di cui all’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato speciale, l’Amministrazione aveva stabilito anche le specifiche tecniche dei dispositivi di rilevamento automatico delle infrazioni, con la specifica previsione che «Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)». Orbene, dopo l’aggiudicazione e prima della stipula del contratto, rilevata la mancanza di un decreto ministeriale di approvazione del sistema complesso formato dal dispositivo denominato «CELERITAS EVO 1506» e dal dispositivo di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM», la Stazione appaltante aveva il “potere-dovere” di disporre il ritiro dell’aggiudicazione; diversamente opinando, infatti, sarebbe incorsa nella palese ed illegittima violazione della lex specialis. Quanto alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, in disparte quanto già osservato in tema di potere vincolato all’emanazione dell’atto di che trattasi (per il quale non risulta necessaria l’attivazione delle garanzie di cui all’art. 7 della Legge n. 241/1990, in ragione dell’inconsistenza dell’apporto partecipativo del privato), non risulta che nel caso di specie siano state frustrate le garanzie partecipative e negato il contraddittorio procedimentale. Ed infatti, prima della revoca dell’aggiudicazione, in data 7 luglio 2023, la Stazione appaltante ha richiesto all’aggiudicataria di produrre copia della documentazione attestante il possesso dei requisiti richiesti per le apparecchiature ex art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato speciale. Tale richiesta è stata riscontrata da Se. S.r.l. con documentazione non risultata conforme alle prescrizioni del Capitolato speciale, motivo per il quale, con nota del 18 luglio 2023, la Stazione appaltante ha comunicato alla medesima che «Dalla documentazione prodotta, che specifica la prevista installazione del "dispositivo per la lettura automatica delle targhe Vista EnVES08-4KM", si evince che non può così dirsi soddisfatta la clausola ex art. 2 c. 11 Capitolato, che richiede la fornitura in piena classe A con omologazione ministeriale di tutto il sistema, e non la sola certificazione UNI 10772:2016 del dispositivo per la lettura automatica delle targhe (vd. esempio per analogia omologazione MIMS reg. decr. 349 del 16/08/2021)», peraltro invitando l’operatore economico «ad assumere l'impegno all'installazione di diverse apparecchiature per le quali sia contestualmente documentata la conformità alle prescrizioni del capitolato». In riscontro a tale comunicazione, con nota del 27 luglio 2023 l’operatore economico ha ribadito la conformità al Capitolato speciale di quanto offerto in gara invocando il principio dell’equivalenza, ma correttamente ritenuto dalla Stazione appaltante non pertinente al caso di specie, trattandosi di difformità sostanziale idonea ad incidere sul servizio oggetto della procedura di gara. Orbene, dalla breve disamina dell’interlocuzione tra la Stazione appaltante e la ricorrente emerge chiaramente come non sia stata violata alcuna garanzia di partecipazione procedimentale, atteso che l’operatore economico è stato messo in condizione di conoscere gli elementi ritenuti ostativi dall’Amministrazione alla stipula del contratto. Di talchè non può essere valorizzata la censura relativa alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento preordinato al ritiro dell’aggiudicazione definitiva. IV. “Violazione dell’art. 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione del Disciplinare di gara e dell’Allegato n. 8 al Disciplinare - Violazione e falsa applicazione degli artt. 30, 94 e 95 del D. Lgs. n. 50 del 2016 – Violazione dei principi di trasparenza, di parità di trattamento e di concorrenza, di non discriminazione. Eccesso di potere per difetto di motivazione; per illogicità e contraddittorietà; ingiustizia manifesta; travisamento dei fatti” [motivo sub 4) del ricorso introduttivo e sub 8) dell’atto per motivi aggiunti]. Con l’ultima doglianza, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’aggiudicazione a favore della società Ve. S.r.l., ritenendo che il medesimo operatore economico avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura di gara. La ricorrente prospetta che la controinteressata avrebbe superato, nella relazione tecnica, il numero di pagine ammesse e che illegittimamente la Commissione avrebbe espunto le “premesse” e il “progetto di assistenza” e non, come dovuto, le ultime pagine eccedenti, in siffatto modo privilegiando indebitamente la società Ve. S.r.l. Lamenta, pertanto, la violazione del principio di par condicio e di non discriminazione fra i partecipanti alla gara, atteso che dall’operato della Stazione appaltante sarebbe conseguito un indebito vantaggio per la società Ve. S.r.l. Deduce, infine, l’erroneità ed illogicità del giudizio della Commissione giudicatrice, con riferimento all’attribuzione a Ve. S.r.l. del punteggio per il criterio di valutazione sub 5) dell’offerta tecnica «Migliorie aggiuntive», segnalando che per tale criterio la proposta dell’operatore economico era stata valutata dalla Commissione come “gravemente insufficiente” e, ciononostante, le è stato attribuito il coefficiente di 0,3 con un punteggio di 4,5; prospetta che la grave insufficienza avrebbe dovuto determinare l’attribuzione di 0 punti o, comunque, di un punteggio inferiore. I motivi sono infondati sotto tutti i profili di censura. Per giurisprudenza ormai prevalente, il superamento dei limiti dimensionali dell'offerta tecnica, in qualsiasi modo si realizzi, non implica l'esclusione del concorrente e nemmeno la sua automatica penalizzazione in sede valutativa (cfr. T.A.R. Marche, sez. I, 18 gennaio 2022, n. 46), tanto più che nella fattispecie la violazione dei limiti dimensionali della documentazione di gara non è sanzionata in modo alcuno, limitandosi l’Allegato «criteri offerta economicamente più vantaggiosa» al Disciplinare di gara a prevedere che «Il mancato rispetto dei limiti redazionali massimi consentiti determinerà l’esclusione dalla valutazione dei contenuti eccedenti» (v. documento n. 23 deposito del 12 febbraio 2024). La predetta regola, infatti, è posta a tutela delle esigenze di celerità e speditezza della procedura, onde agevolare la Stazione appaltante nell'esame della documentazione presentata dai candidati concorrenti, al punto che l'Amministrazione procedente, qualora avesse reputato intollerabile la violazione del limite dimensionale previsto, avrebbe dovuto invitare l'offerente interessato a sintetizzare il contenuto dell'offerta già presentata, senza alternarne la sostanza, al fine di consentirne una più agevole consultazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. VII, 31 agosto 2023, n. 8101). Ed invece l’Amministrazione ha ritenuto di stralciare d’iniziativa le parti ritenute non rilevanti, quali le “premesse” e il “progetto di assistenza”, giungendo così all’esame dell’offerta tecnica presentata dalla controinteressata. Né è possibile sostenere che tale modus procedendi abbia compromesso la regola della par condicio e avvantaggiato l’operatore economico Ve. S.r.l. in danno della ricorrente, tenuto conto dell’esito della procedura concorsuale che ha visto la ricorrente come aggiudicataria; aggiudicazione poi revocata per mancanza delle specifiche tecniche essenziali dei dispositivi oggetto dell’appalto. Quanto all’ulteriore profilo della doglianza, volto a censurare l’errata attribuzione del punteggio alla controinteressata per il criterio di valutazione sub) 5 dell’offerta tecnica «Migliorie aggiuntive», lo stesso risulta inammissibile per carenza di interesse, atteso che anche laddove la Stazione appaltante avesse attribuito a Ve. S.r.l. il punteggio di “0” (come evocato dalla ricorrente) e non di “4,5”, ciò non avrebbe impedito l’aggiudicazione della gara a favore dell’operatore economico atteso che, trattandosi di gara con due concorrenti, la revoca dell’aggiudicazione a favore della ricorrente ha determinato per scorrimento di graduatoria l’aggiudicazione all’unica concorrente rimasta in gara. Tale profilo di censura sarebbe stato sostenibile laddove, ad esito della gara, la ricorrente si fosse collocata in posizione subordinata rispetto a Ve. S.r.l., nel qual caso avrebbe avuto un interesse concreto a sindacare il punteggio attribuito alla controinteressata per il criterio di valutazione sub) 5 dell’offerta tecnica «Migliorie aggiuntive». Ma poiché l’aggiudicazione a favore della società Ve. S.r.l. è stata disposta proprio in ragione della revoca dell’aggiudicazione in danno della ricorrente, l’attribuzione di un punteggio inferiore al citato operatore economico non sarebbe stata idonea a determinare una diversa conclusione della procedura di gara. Per quanto sopra esposto e rappresentato, il ricorso introduttivo e il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 gennaio 2024 sono infondati e devono essere rigettati. Sul ricorso per motivi aggiunti depositato in data 12 marzo 2024. Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 12 marzo 2024, la ricorrente ha impugnato la comunicazione prot. 28697 del 20 ottobre 2023 (prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024) con cui il R.U.P. ha proposto al Responsabile del Servizio Unico Appalti dell’Unione dei Comuni (Omissis) la revoca dell’aggiudicazione, la richiesta di parere presentata in data 9 agosto 2023 dal R.U.P. dell’Unione dei Comuni (Omissis) alla Prefettura di Reggio Emilia in merito alla conformità della fornitura offerta dalla Se. (prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024), la Relazione del R.U.P. del 9 febbraio 2024 avente ad oggetto “Relazione tecnica in merito a approvazione/omologazione e utilizzo dispositivi accertamento e rilevamento automatico infrazioni, limiti velocità (art. 142 del codice della strada” (prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024). Come anticipato in premessa, il Collegio ritiene di poter prescindere dalle eccezioni di inammissibilità ed irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti del 12 marzo 2024, sollevate dall’Amministrazione resistente e della controinteressata Ve. S.r.l., attesa l’infondatezza nel merito del gravame. I. “Violazione dell’art. 97, Cost.; Violazione e falsa applicazione della lex specialis e segnatamente dell’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto; Violazione e falsa applicazione degli artt. 45 e 142 D. Lgs. 285/1992; Violazione e falsa applicazione dell’art. 192 e dell’art. 345, D.P.R. 495/1992; Violazione dei principi del favor partecipationis; di tutela del legittimo affidamento e di buona fede; Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare; Violazione del principio del risultato; Eccesso di potere per carenza di istruttoria; contraddittorietà manifesta; difetto ed erroneità della motivazione; difetto ed erroneità dei presupposti in fatto e in diritto; irragionevolezza e illogicità; perplessità dell’azione amministrativa. - Sviamento di potere.” [motivo sub 9) del ricorso per motivi aggiunti]. La ricorrente contesta la nota del 20 ottobre 2023 con cui il R.U.P. ha proposto al Responsabile del Servizio Unico Appalti dell’Unione dei Comuni (Omissis) la revoca dell’aggiudicazione. Con un primo ordine di censure, lamenta il difetto di istruttoria, dal momento che il R.U.P. avrebbe proposto la revoca dell’aggiudicazione senza attendere le risultanze del quesito formulato alla Prefettura, evidenziando nella citata nota «con la presente sono a riferire che ad oggi non risulta pervenuto a questo Comando alcun riscontro al quesito proposto». Precisa che lo stesso R.U.P., nel formulare la richiesta di parere alla Prefettura, in ordine al quesito «Può dirsi omologato/autorizzato dal MIMS un sistema costituito dal dispositivo "CELERITAS EVO 1506" equipaggiato con lettore "VISTA ENVES08-4KM"?», aveva sottolineato la necessità di compiere approfondimenti sul sistema offerto dalla ricorrente, «dovendo il Comando scrivente assicurare la regolarità del sistema di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rilevamento automatico di infrazioni al Codice della Strada (art. 142 C.d.S.), da installare sul territorio dell’Unione dei Comuni (Omissis)». Ne inferisce il difetto di istruttoria che determinerebbe l’illegittimità della revoca dell’aggiudicazione e della nuova aggiudicazione alla controinteressata Ve. S.r.l. Con un secondo ordine di censure, la ricorrente lamenta il difetto di motivazione, l’irragionevolezza e l’erroneità della proposta del R.U.P. di definire la procedura d’appalto con la revoca dell’aggiudicazione in quanto fondata sull’errato assunto che «la soluzione proposta dalla società Se. S.r.l. di fornitura del sistema CELERITAS EVO 1560 con dispositivo di lettura targhe denominato Vista EnVES08-4KM, comprometta la validità dei decreti di approvazione rilasciati dal MIMS per detto sistema». Precisa di aver proposto, in sede di offerta tecnica, un dispositivo di lettura targhe ulteriore, senza che ciò abbia comportato «alcuna alterazione o modifica del prototipo assentito dal Ministero». Con un terzo ordine di censure, la ricorrente lamenta l’irragionevolezza della richiesta di revoca proposta dal R.U.P. nella parte in cui segnala di «non potersi procedere ad ulteriore proroga» ed evidenzia la necessità di «doversi garantire la continuità del servizio in essere», così richiedendo al Responsabile del Servizio Appalti «di valutare ogni possibile azione per garantire la continuità del servizio in essere, compresa l’eventuale revoca della determina di aggiudicazione n. 357 del 26/06/2023». La ricorrente prospetta che l’asserita non prorogabilità del servizio sarebbe stata smentita dai successivi provvedimenti di proroga del servizio svolto da Se. S.r.l., dapprima fino al 31 gennaio 2024 e, infine, fino al 30 aprile 2024. Sarebbe altresì contraddittoria la motivazione nel segmento in cui ritiene di dover garantire la continuità del servizio proponendo in maniera incongruente la revoca dell’aggiudicazione del servizio a Se. S.r.l., anziché disporne la consolidazione degli effetti. Tali vizi della proposta di revoca del R.U.P. disvelerebbero un difetto di istruttoria da cui discenderebbe l’illegittimità del provvedimento di revoca. Il motivo è infondato. Quanto al primo profilo di censura, la circostanza che la proposta di revoca dell’aggiudicazione sia stata formulata senza attendere le risultanze del quesito formulato alla Prefettura non inficia la legittimità della gravata revoca. Trattasi evidentemente di quesito formulato per avere la conferma della non corrispondenza dell’offerta tecnica della ricorrente a quanto richiesto dalla lex specialis, circostanza invero già accertata dal R.U.P. che nella proposta di revoca evidenzia la non conformità del sistema complessivo offerto da Se. S.r.l. con quanto previsto dal decreto ministeriale di approvazione del dispositivo «CELERITAS EVO 1506». Né il richiesto parere ha natura di atto obbligatorio per la Stazione appaltante, che invero ha autonomamente e correttamente accertato, ad esito dell’istruttoria, la non conformità al Capitolato speciale d’appalto del sistema proposto dall’aggiudicataria. La ragionevolezza di tali conclusioni trovano, poi, conferma nel parere reso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in data 12 ottobre 2023, in risposta al quesito sollevato dalla Prefettura di Reggio Emilia in data 2 ottobre 2023, dal quale risulta che «Il dispositivo "CELERITAS EVO 1506" è stato approvato con D.D. n. 4671 del 28 luglio 2016 e successivamente l'approvazione è stata estesa con il D.D. n. 4018 del 21 giugno 2017 e con il D.D. n. 552 del 23 dicembre 2021; tale dispositivo è costituito da uno o più sensori laser per il rilevamento della velocità, un'unità di elaborazione e da uno o più sistemi di ripresa "Vista EnVES06plus", "Vista EnVES06" o "Vista EnVES04R", ma non anche "Vista EnVES08-4KM"». Quanto al secondo profilo di doglianza, osserva il Collegio che la formulazione della proposta di revoca da parte del R.U.P., nella parte in cui precisa che «la soluzione proposta dalla società Service-Net21 s.r.l. di fornitura del sistema CELERITAS EVO 1560 con dispositivo di lettura targhe denominato Vista EnVES08-4KM, comprometta la validità dei decreti di approvazione rilasciati dal MIMS per detto sistema», risulta invero tecnicamente corretta in ragione di quanto già in precedenza evidenziato in ordine al fatto che l’approvazione del sistema di rilevamento delle infrazioni «CELERITAS EVO 1506» (con decreto dirigenziale n. 4671 del 28 luglio 2016) è stata estesa, con successivi decreti ministeriali, ai sistemi di ripresa «Vista EnVES06plus», «Vista EnVES06» o «Vista EnVES04R», ma non ha riguardato il sistema di ripresa «Vista EnVES08-4KM», di talchè il sistema complessivo «CELERITAS EVO 1506» e «Vista EnVES08-4KM» non risulta conforme ai decreti ministeriali di approvazione ed estensione dell’approvazione. Non persuade neppure l’ultimo profilo della censura, con cui la ricorrente si duole dell’irragionevolezza della proposta del R.U.P. nella parte in cui segnala la non prorogabilità del servizio, di fatto poi prorogato, e nella parte in cui per garantire la continuità del servizio propone la revoca dell’aggiudicazione in danno di Se. S.r.l. Quanto al primo aspetto, osserva il Collegio che la decisione relativa alla prorogabilità o meno di un servizio rientra nella valutazione ampiamente discrezionale e insindacabile della Stazione Appaltante; né la considerazione espressa dal R.U.P. di «non potersi procedere ad ulteriore proroga in vista della scadenza del 30/11/2023» può ritenersi contraddetta dalla successiva scelta della Stazione appaltante di prorogare il servizio, nelle more della definizione del giudizio amministrativo instaurato da Se. S.r.l., che evidentemente sottende esigenze di continuità dell’attività di rilevamento delle infrazioni al Codice della Strada. In ogni caso, le valutazioni effettuate dal R.U.P. e dalla Stazione appaltante circa l’opportunità o meno di prorogare il servizio in essere non assumono alcuna efficacia causale sugli esiti dell’istruttoria che ha condotto alla revoca dell’aggiudicazione, non sussistendo alcun rapporto inferenziale tra le valutazioni (di mera convenienza ed opportunità) di prorogare il servizio di rilevamento delle infrazioni e le valutazioni di legittimità di un’aggiudicazione disposta in difetto dei requisiti essenziali dell’offerta tecnica. Né può ritenersi irragionevole la proposta del R.U.P. di revoca dell’aggiudicazione preceduta dalla evidenziata necessità di garantire la continuità del servizio. In detto passaggio motivazionale, il R.U.P. sottintende evidentemente quella che è la naturale e logica conseguenza della revoca dell’aggiudicazione, id est l’aggiudicazione del servizio alla controinteressata Ve. S.r.l., la cui offerta conforme alle previsioni del Capitolato speciale d’appalto avrebbe indubbiamente garantito il regolare avvio del servizio di che trattasi, all’esito della gara d’appalto a ciò preordinata. II. “Violazione dell’art. 97, Cost.; Violazione e falsa applicazione della lex specialis e segnatamente dell’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto; Violazione e falsa applicazione degli artt. 45 e 142 D. Lgs. 285/1992; Violazione e falsa applicazione dell’art. 192 e dell’art. 345, D.P.R. 495/1992, sotto altro profilo; Violazione dei principi del favor partecipationis; di tutela del legittimo affidamento e di buona fede, sotto altro profilo; Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare; Eccesso di potere per carenza di motivazione; difetto ed erroneità d’istruttoria; difetto ed erroneità dei presupposti; irragionevolezza e illogicità; contraddittorietà e perplessità dell’azione amministrativa; Sviamento di potere, sotto altro profilo” [motivo sub 10) dell’atto per motivi aggiunti]. Con il secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 12 marzo 2024, la ricorrente censura la richiesta di parere formulata dal R.U.P. alla Prefettura di Reggio Emilia, dalla quale discenderebbero ulteriori profili di illegittimità degli atti impugnati. Proponendo una doglianza invero già articolata nel ricorso introduttivo e nell’atto per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024, la ricorrente evidenzia che la scelta di proporre alla Prefettura il quesito circa la conformità del sistema offerto da Se. S.r.l. disvelerebbe la «scarsa cognizione del settore tecnologico in oggetto da parte del RUP», tenuto conto che l’organo competente è il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e non la Prefettura. Con un ulteriore profilo di censura, la ricorrente contesta la contraddittorietà nella formulazione del quesito, nel quale si dà atto dell’avvenuta approvazione ministeriale con decreto n. 4671 del 28 luglio 2016 del sistema per il controllo della velocità media e puntuale denominato «CELERITAS EVO 1506», per poi richiedere se possa ritenersi omologato (rectius approvato) «un sistema costituito dal dispositivo "CELERITAS EVO 1506" equipaggiato con lettore "VISTA ENVES08-4KM"», senza considerare che l’approvazione ministeriale riguarda solo i dispositivi di rilevamento della velocità e non i sistemi di lettura delle targhe. Ripropone, poi, la censura già articolata nel primo motivo con riferimento alla proposta di revoca, relativamente alla circostanza che il R.U.P. avrebbe erroneamente profilato l’eventualità che la soluzione proposta da Se. S.r.l. «possa compromettere la validità dei decreti di approvazione rilasciati dal MIMS per detto sistema», evidenziando in primis l’impossibilità che un’offerta tecnica proposta in sede di gara sia in grado di compromettere la validità dei decreti ministeriali e ribadendo, inoltre, la conformità della soluzione offerta ai citati decreti. Prospetta che nel citato quesito il R.U.P. sarebbe incorso nell’equivoco di ritenere che l’approvazione ministeriale debba riguardare anche il sistema di lettura delle targhe «Vista ENVES08-4KM»; e nell’ulteriore equivoco di richiedere alla Prefettura l’ulteriore parere se «un sistema siffatto può dirsi in “classe A” ai sensi della Norma UNI ISO 10772:2016», ritenendo la «classe A» riferibile al sistema complessivo, quando riguarderebbe il solo sistema di lettura delle targhe. Precisa poi che il R.U.P. e la Stazione appaltante avrebbero omesso di considerare che «non vi è alcun divieto di utilizzare più dispositivi o apparecchiature insieme» e che «i dispositivi di rilevamento della velocità sono sottoposti ad approvazione ministeriale, mentre i sistemi di lettura targhe non sono soggetti a tale approvazione». Il motivo è palesemente infondato. Quanto al primo profilo di censura, come già in precedenza argomentato, in disparte la competenza della Prefettura in tema di sicurezza stradale e per quanto di specifica attinenza alle procedure di autorizzazione alla localizzazione sul territorio dei dispositivi di rilevamento da remoto delle infrazioni al Codice della Strada, giova precisare che nel caso di specie il R.U.P. è il Comandante del Corpo Unico di Polizia Locale dell’Unione dei Comuni (Omissis) che ha, evidentemente, quale diretto interlocutore sul territorio la Prefettura quale Ufficio Territoriale del Governo. La Prefettura, poi, correttamente ha interessato il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in quanto organo di governo competente all’approvazione dei dispositivi in questione, ai sensi dell’art. 45 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Quanto al secondo profilo di censura, che ripropone invero doglianze già articolate nel ricorso introduttivo e nell’atto per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024, il Collegio ribadisce che il decreto con cui il Ministero delle Infrastrutture e i Trasporti approva il dispositivo esplica la propria efficacia su ogni componente utilizzato, compreso il sistema di lettura targhe o di riconoscimento ottico dei caratteri delle targhe (c.d. O.C.R. “Optical Character Recognition”), precludendo, pertanto, l’utilizzabilità di componenti non espressamente individuati nella procedura di approvazione in assenza di specifiche modifiche del decreto. Pertanto correttamente il R.U.P. ha formulato il quesito se possa ritenersi omologato (rectius approvato) «un sistema costituito dal dispositivo "CELERITAS EVO 1506" equipaggiato con lettore "VISTA ENVES08-4KM"», dovendo l’approvazione ministeriale e i successivi decreti di aggiornamento riguardare non solo i dispositivi di rilevamento delle infrazioni, ma tutte le ulteriori componenti tecniche associate, ivi compresi i sistemi di lettura delle targhe. Quanto al terzo profilo di censura, il Collegio osserva, in via preliminare, che la formulazione utilizzata dal R.U.P., seppur semanticamente inappropriata, deve essere intesa nel senso che il sistema offerto dalla ricorrente «possa essere non conforme» ai decreti ministeriali di approvazione (in tal senso deve essere interpretato il predicato verbale e il complemento «possa compromettere la validità»). Orbene, nel merito, come già in precedenza rilevato con riferimento alla proposta di revoca da parte del R.U.P., anche la richiesta di parere, nella parte in cui precisa che «la soluzione proposta dalla società Se. S.r.l., di fornitura del sistema CELERITAS EVO 1506 con dispositivo di lettura targhe denominato Vista EnVES08-4KM, possa compromettere la validità dei decreti di approvazione rilasciati dal MIMS per detto sistema», risulta invero tecnicamente corretta in ragione del fatto che l’approvazione del sistema di rilevamento delle infrazioni «CELERITAS EVO 1506» (con decreto dirigenziale n. 4671 del 28 luglio 2016) è stata estesa, con successivi decreti ministeriali, ai sistemi di ripresa «Vista EnVES06plus», «Vista EnVES06» o «Vista EnVES04R», ma non ha riguardato il sistema di ripresa «Vista EnVES08-4KM», di talchè il sistema complessivo «CELERITAS EVO 1506» e «Vista EnVES08-4KM» non risulta conforme ai decreti ministeriali di approvazione ed estensione dell’approvazione. Quanto agli ultimi due profili di censura, il Collegio ribadisce che il decreto con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti approva il dispositivo esplica la propria efficacia su ogni componente utilizzato, compreso il sistema di ripresa (di lettura targhe o di riconoscimento ottico delle targhe O.C.R.), precludendo, pertanto, l’utilizzabilità di componenti non espressamente individuate nella procedura di approvazione in assenza di specifiche modifiche del decreto. Ebbene, nel caso di specie, la configurazione costituita dal dispositivo «CELERITAS EVO 1506» in combinazione con un gruppo di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM» non è mai stata approvata ai sensi dell'art. 45 del Codice della Strada e dell'art. 192 del relativo Regolamento di Esecuzione e di Attuazione per il rilevamento automatico delle infrazioni ai limiti di velocità, ragion per cui l’utilizzabilità di un sistema di lettura delle targhe diverso da quelli specificamente approvati con decreto ministeriale per il dispositivo «CELERITAS EVO 1506» non risulta rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto. Per quanto attiene al riferimento alla norma UNI ISO 10772 e alla «classe A» contenuto nella citata richiesta di parere, osserva il Collegio che la norma UNI ISO 10772 è la norma tecnica di riferimento per le apparecchiature che consentono la lettura da remoto delle targhe, che, se associate al dispositivo di rilevamento delle infrazioni, devono essere oggetto di specifico decreto di approvazione ministeriale; analoghe considerazioni riguardano la «classe A», evidentemente riferibile al solo sistema di lettura delle targhe che deve comunque essere oggetto di decreto di approvazione o estensione dell’approvazione unitamente al dispositivo di rilevamento della velocità cui è associato. Di talchè correttamente il R.U.P. ha articolato due quesiti formulati in subordine, ovvero se «può dirsi omologato/autorizzato dal MIMS un sistema costituito dal dispositivo "CELERITAS EVO 1506" equipaggiato con lettore "VISTA ENVES08-4KM"» e se «nel caso la risposta al primo quesito fosse affermativa, un sistema siffatto può dirsi in "classe A" ai sensi della Norma UNI ISO 10772:2016», cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha risposto precisando che «la configurazione costituita dal dispositivo "CELERITAS EVO 1506" in combinazione con un gruppo di ripresa denominato "VISTA ENVES08-4KM" non è stata approvata ai sensi dell'art. 45 del Codice della Strada e dell'art. 192 del relativo Regolamento di Esecuzione e di Attuazione per il rilevamento automatico delle infrazioni ai limiti di velocità. Conseguentemente, non trova possibile riscontro il quesito circa l'appartenenza di detto sistema alla classe A secondo la norma UNI 10772:2016». III. “Violazione dell’art. 97, Cost.; Violazione e falsa applicazione della lex specialis e segnatamente dell’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto, sotto altro profilo; Violazione e falsa applicazione degli artt. 45 e 142 D. Lgs. 285/1992; Violazione e falsa applicazione dell’art. 192 e dell’art. 345, D.P.R. 495/1992, sotto altro profilo; Violazione dei principi del favor partecipationis; Violazione del divieto di motivazione postuma del provvedimento; Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta; erroneità della motiva-zione; difetto ed erroneità d’istruttoria; difetto ed erroneità dei presupposti” [motivo sub 11) dell’atto per motivi aggiunti]. Con il terzo motivo del ricorso per motivi aggiunti del 12 marzo 2024, la ricorrente censura la relazione del R.U.P. del 9 febbraio 2024 che confermerebbe l’erroneità del percorso logico-motivazionale seguito dalla Stazione appaltante per addivenire alla revoca dell’aggiudicazione. Prospetta che tale relazione costituisca una inammissibile integrazione postuma della motivazione, nella misura in cui pone a raffronto i decreti di approvazione dei dispositivi prodotti da Se. S.r.l. con quelli presentati dalla controinteressata Ve. S.r.l. Contesta la relazione nella parte in cui precisa che «la norma citata (UNI ISO 10772:2016, n.d.r) garantisce una migliore qualità dei sistemi per l’elaborazione delle immagini video atti al riconoscimento delle targhe, rendendoli più precisi e pertanto riducendo la possibilità di errore di lettura targhe, a vantaggio e tutela del cittadino, nei termini in cui si riducono le errate contestazioni che portano normalmente a disagi per l’utente ed a maggiori costi per l’ente accertatore (p. es. per rinotifica al reale trasgressore)», tralasciando di considerare che l’accertamento delle infrazioni ai limiti di velocità richiede pur sempre il preventivo controllo dell’operatore di Polizia locale; pertanto, assume ingiustificata la conclusione cui giunge il R.U.P. nell’affermare che la certificazione di conformità alla Norma UNI ISO 10772 2016 consentirebbe di ridurre «le errate contestazioni», sussistendo sempre la necessità del controllo dell’operatore di polizia. Contesta, poi, la ritenuta enfatizzazione della rilevanza della certificazione UNI ISO 10772 2016, che non garantirebbe un perfetto riconoscimento delle targhe dei veicoli, attestandosi sulla soglia del 90% dei riconoscimenti corretti. Lamenta che il R.U.P., nella citata relazione, avrebbe erroneamente affermato che «l’approvazione del dispositivo esplica la propria efficacia su ogni componente utilizzato (...) escludendone quindi l’utilizzo legittimo, qualora una qualsiasi parte del dispositivo citata nel decreto di approvazione, venisse sostituita da altra non esplicitamente contemplata (come nella proposta avanzata dalla ditta Se.)», mentre invece la soluzione offerta da Se. non avrebbe sostituito o modificato alcuna parte del dispositivo, limitandosi ad aggiungere una ulteriore componente. Soggiunge che la conformità al prototipo del sistema offerto sarebbe confermata dalle certificazioni rilasciate dalla società En. S.r.l. ove si attesta che «gli apparati sono conformi al prototipo depositato presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti». Ne inferisce l’illegittimità degli atti impugnati. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato. Osserva il Collegio che la «Relazione Tecnica in merito a approvazione/omologazione e utilizzo dispositivi accertamento e rilevamento automatico infrazioni, limiti velocità (art.142 del codice della strada)» datata 9 febbraio 2024 non costituisce una integrazione postuma della motivazione, dovendosi ritenere il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione adeguatamente motivato. Ed infatti il gravato provvedimento di revoca, dopo aver dato atto del fatto che «al fine di riscontrare la conformità del sistema complessivamente oggetto di noleggio alle prescrizioni del Capitolato Speciale d’Appalto, in data 07/07/2023 si è richiesto all’aggiudicatario di produrre copia della documentazione attestante il possesso dei requisiti richiesti per le apparecchiature ex art. art. 2 lett. a nr. 11) Capitolato, a tal proposito evidenziando che, dalla documentazione autonomamente reperiti in autonomia dalla scrivente presso il sito internet del Ministero Competente, le apparecchiature CELERITA EVO 1506 indicate nell'offerta tecnica risultano privi della cd. classe A»; che «l’aggiudicatario in data 14/07/2023 ha fornito documentazione che, a seguito di istruttoria condotta dallo scrivente in collaborazione con il RUP, non è risultata conforme alle prescrizioni del capitolato per le ragioni di cui al seguente estratto della nota inviata all’aggiudicatario in data 18/07/2023: “Dalla documentazione prodotta, che specifica la prevista installazione del "dispositivo per la lettura automatica delle targhe Vista EnVES08-4KM", si evince che non può così dirsi soddisfatta la clausola ex art. 2 c. 11 Capitolato, che richiede la fornitura in piena classe A con omologazione ministeriale di tutto il sistema, e non la sola certificazione UNI 10772:2016 del dispositivo per la lettura automatica delle targhe (vd. esempio per analogia omologazione MIMS reg. decr. 349 del 16/08/2021)”»; che «nel comunicare la valutata non conformità del sistema si è proposto all’aggiudicatario di sostituirlo con altro conforme»; che «PRESO ATTO del riscontro dell’aggiudicatario acquisito agli atti il 27/07/2023, con il quale il medesimo ha sostenuto la conformità di quanto offerto in gara senza però allegare documentazione a comprova al fine di rispettare le prescrizioni del capitolato, argomentando invece con un generale principio di equivalenza delle certificazioni rispetto al sostanziale rispetto delle specifiche tecniche richieste dalla Stazione Appaltante; RITENUTO che tale equivalenza non possa applicarsi al caso specifico perché l’omologazione da parte del Ministero competente, classe A inclusa, comportano il rispetto di specifiche tecniche che si ritiene non siano state altrimenti comprovate dall’aggiudicatario», ha concluso per la revoca dell’«aggiudicazione disposta con determinazione 357/2023 in favore della ditta SE. S.R.L - P.IVA (…) per non conformità delle apparecchiature a noleggio offerte alle specifiche tecniche poste a base di gara e in particolare alla prescrizione ex art. 2 c. 11 del Capitolato Speciale d’Appalto che richiede “Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)». Orbene, chiarito che il provvedimento di revoca risulta adeguatamente motivato, la relazione del R.U.P. avversata dalla ricorrente non è apprezzabile quale integrazione postuma della motivazione, ma piuttosto quale documentazione prodotta agli atti del giudizio a sostegno della difesa articolata dall’Amministrazione resistente. Trattandosi, pertanto, di atto postumo alla gravata revoca, detta relazione non è idonea a dispiegare alcun effetto di illegittimità derivata sui provvedimenti in questa sede impugnati, ragion per cui il motivo di ricorso è inammissibile. Per ragioni di completezza espositiva, il Collegio osserva che il motivo è altresì infondato. È inconferente, infatti, il riferimento alla norma UNI ISO 10772 2016, alla circostanza che in ogni caso l’accertamento delle infrazioni debba essere sottoposto al controllo dell’operatore di Polizia e al fatto che, in ogni caso, le certificazioni UNI non garantiscano un perfetto riconoscimento delle targhe dei veicoli. Il provvedimento di revoca impugnato, infatti, è motivato in ragione della circostanza che il sistema offerto dalla ricorrente non risulta rispondente a quanto richiesto dal Capitolato speciale di appalto, in assenza del decreto di approvazione ministeriale non solo del sistema «CELERITAS EVO 1506» ma anche del dispositivo ad esso associato «Vista EnVES08-4KM». Trattandosi, pertanto, di un sistema di lettura targhe per il quale non risulta essere stato adottato alcun decreto di estensione dell’approvazione del sistema «CELERITAS EVO 1506» è ininfluente la circostanza che il sistema «Vista EnVES08-4KM» sia conforme o meno alla Norma UNI ISO 10772 2016, attesa la preclusione a monte derivante dalla mancanza del decreto ministeriale di approvazione del sistema complessivo. Pertanto, il fatto che nella relazione il R.U.P. fornisca specifiche delucidazioni sulla scelta della Stazione appaltante di richiedere nelle caratteristiche tecniche del dispositivo di rilevamento la certificazione di conformità alla Norma UNI ISO 10772 2016 è ininfluente ai fini della legittimità del supporto motivazionale della gravata revoca. In ogni caso, la norma UNI ISO 10772 2016 definisce i requisiti minimi prestazionali e funzionali dei sistemi di identificazione automatica dei veicoli basati sull’acquisizione e il riconoscimento delle immagini della targa dei veicoli in transito, ragion per cui la conformità del sistema di lettura delle targhe a tale norma è garanzia della funzionalità ed attendibilità del sistema. Per tali ragioni ragionevolmente la lex specialis di gara ha espressamente richiesto che «il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)», dovendosi intendere la conformità alla citata norma UNI ISO 10772 2016 limitata al sistema di lettura delle targhe, ma l’approvazione ministeriale estesa a tutto il dispositivo. Orbene, la circostanza che il rilevamento delle infrazioni da remoto debba comunque essere supervisionato ex post da un operatore di polizia non elide la valenza della conformità alla norma UNI ISO 10772 2016, evidentemente richiesta al fine di garantire la funzionalità e la precisione dei sistemi di lettura da remoto delle targhe e di marginalizzare i casi di errore. È infondato l’ulteriore profilo della censura, con cui la ricorrente prospetta di non aver modificato o sostituito il sistema «CELERITAS EVO 1506», ma di essersi semplicemente limitata «ad aggiungere una componente in più». Come più volte ribadito, i decreti ministeriali di approvazione devono essere estesi a tutte le componenti aggiuntive del dispositivo di rilevamento da remoto delle infrazioni, non potendosi ritenere conforme al modello ministeriale un sistema che, per quanto oggetto di decreto di approvazione («CELERITAS EVO 1506»), utilizzi una componente aggiuntiva associata («Vista EnVES08-4KM») non oggetto di approvazione ministeriale. Né possono assumere rilevanza le certificazioni rilasciate dalla società En. S.r.l., prodotte agli atti del giudizio dalla ricorrente con deposito del 12 marzo 2024. Ed infatti, con la certificazione Rif. (...) del 7 febbraio 2024, la società En. S.r.l., produttrice dei sistemi di rilevamento della velocità media «CELERITAS EVO 1506» e titolare per gli stessi dei decreti di approvazione rilasciati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha certificato che «il sistema denominato CELERITAS EVO 1506 risulta approvato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con decreto numero 4018 del 21/06/2017», che «il sistema specificato in oggetto è composto dai seguenti apparati: Stazione di rilevamento iniziale con matricola AK0747H Stazione di rilevamento finale con matricola AK0746H», che «gli apparati sono conformi al prototipo depositato presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti», che «detti apparati risultano installati nel rispetto di tutte le geometrie, prescrizioni ed indicazioni previste nell’apposito manuale» e che «la modalità di sincronizzazione impostata è quella con “Server remoto”; sulla base delle risultanze del certificato di taratura numero LAT255 CT-VM-24-0005 emesso in data 07/02/2024 il massimo tempo ammissibile senza sincronizzazione è stato impostato a 12 ore; gli apparati sono conformi: ai requisiti essenziali specificati dalla Direttiva 2014/30/UE; alla Norma Tecnica Armonizzata EN 50293 Ed. 2013 risultando dunque conformi per la marcatura CE». Rileva, dunque, il Collegio che nulla risulta invero attestato circa la conformità ai decreti ministeriali del sistema complessivo costituito dal dispositivo «CELERITAS EVO 1506» e dal sistema di lettura delle targhe «Vista EnVES08-4KM». Con la certificazione Rif. (...) del 7 febbraio 2024 la società En. S.r.l. ha ulteriormente attestato che «il sistema denominato CELERITAS EVO 1506 risulta approvato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con decreto numero 4018 del 21/06/2017»; che «il sistema specificato in oggetto è composto dai seguenti apparati: Stazione di rilevamento iniziale con matricola AK0746H Stazione di rilevamento finale con matricola AK0747H»; che «gli apparati sono conformi al prototipo depositato presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti»; che «detti apparati risultano installati nel rispetto di tutte le geometrie, prescrizioni ed indicazioni previste nell’apposito manuale» e che «la modalità di sincronizzazione impostata è quella con “Server remoto”; sulla base delle risultanze del certificato di taratura numero LAT255 CT-VM-24-0006 emesso in data 07/02/2024 il massimo tempo ammissibile senza sincronizzazione è stato impostato a 12 ore; gli apparati sono conformi: ai requisiti essenziali specificati dalla Direttiva 2014/30/UE; alla Norma Tecnica Armonizzata EN 50293 Ed. 2013 risultando dunque conformi per la marcatura CE». Ancora una volta, quindi, senza alcun riferimento al sistema complessivo costituito dal dispositivo «CELERITAS EVO 1506» e dal sistema di lettura delle targhe «Vista EnVES08-4KM». IV. “Violazione dell’art. 97, Cost.; Violazione e falsa applicazione della lex specialis e segnatamente dell’art. 2, lett. a), n. 8 del Capitolato Speciale d’appalto; Violazione del D.M. Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017, n. 282; Violazione e falsa applicazione dell’art. 68, D. Lgs. 50/2016; Violazione e falsa applicazione dell’art. 142, D. Lgs. 285/1992; Violazione del principio della par condicio; Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta; carenza di motivazione; difetto ed erroneità d’istruttoria; difetto ed erroneità dei presupposti in fatto e in diritto; irragionevolezza e illogicità; contraddittorietà; ingiustizia manifesta” [motivo sub 12) dell’atto per motivi aggiunti]. Con l’ultimo motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 12 marzo 2024, la ricorrente contesta l’offerta tecnica proposta dalla controinteressata Ve. S.r.l., lamentandone la mancata esclusione dalla procedura di gara. Precisa che l’art. 2 del Capitolato Speciale d’appalto, alla lett. a), punto 8 stabilisce che «le apparecchiature dovranno necessariamente essere nuove e non derivanti da precedenti installazioni e corredate di taratura iniziale, in ottemperanza alle prescrizioni del DM 282/2017. Le tarature periodiche successive alla prima dovranno essere anch'esse, necessariamente, effettuate in ottemperanza alle prescrizioni del DM 282/2017». Prospetta che la proposta tecnica della controinteressata Ve. S.r.l., al paragrafo 5.3, indica tra le migliorie offerte inerenti alle tempistiche, confrontate con le richieste minime di capitolato, il tempo massimo di fermo per la taratura periodica delle apparecchiature elettroniche di rilevamento della velocità con durata pari a «0 ore» rispetto al massimo di «24 ore» richieste dalla lex specialis di gara. Soggiunge che le ragioni che consentono a Ve. S.r.l. di proporre tali «inverosimili» tempistiche sarebbero rinvenibili nel paragrafo 7.7 dell’offerta tecnica, ove si specifica che «le operazioni di taratura saranno eseguite prima della scadenza della precedente taratura, è quindi garantita la continuità del servizio per la stazione appaltante» e che «la taratura e misura della tratta sarà eseguita da un laboratorio accreditato sfruttando anche il traffico veicolare stradale». Ne inferisce la violazione del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 13 giugno 2017, n. 282 per due ordini di ragioni: in primis perché tale decreto prevede che le rilevazioni effettuate durante la taratura non possono in ogni caso essere utilizzate per l’accertamento delle infrazioni, ragion per cui il riferimento a «0 ore» non sarebbe corretto, perché non è possibile contemporaneamente garantire il servizio ed effettuare la taratura; in secondo luogo perché il citato decreto prevede che le tarature debbano avvenire per velocità fino a 230 km/h, circostanza questa non verificabile limitandosi a sfruttare il traffico veicolare. Conclude, quindi, per l’illegittimità dell’aggiudicazione del servizio disposta in favore della controinteressata. Il motivo è infondato. L’allegato al decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282, al capo 3 «Taratura dei dispositivi operanti in modalità istantanea (puntuale o su piccola base)», articolo 3.1 prevede che «Per i dispositivi che rilevano la velocità istantanea le verifiche di taratura devono essere eseguite su un campione di rilevamenti di velocità uniformemente distribuiti da 30 km/ora a 230 km/ora (oppure nel campo di misura o di utilizzo del dispositivo in verifica), utilizzando sistemi di misura di riferimento in grado di tarare con incertezza estesa (con probabilità di copertura al 95%) non superiore allo 0,5% per velocità superiori a 100 km/h, e a 0,5 km/h per velocità fino a 100 km/h I sistemi di misura di riferimento devono garantire la riferibilità metrologica al Sistema SI delle unità di misura». L’art. 3.2 prevede che «Le verifiche di taratura in fase di approvazione del prototipo e quelle iniziali devono essere effettuate su pista o su strada non aperta al pubblico passaggio; le velocità del veicolo in transito (oggetto di misura da parte del prototipo) devono essere distribuite uniformemente fra i 30 km/h e i 230 km/ora, con incrementi tra un valore e l'altro preferibilmente non superiori a 20 km/h; il numero totale dei rilevamenti deve essere compreso fra un minimo di 100 ed un massimo di 200. Per le verifiche di taratura periodiche successive a quella iniziale, il numero totale dei rilevamenti può essere compreso tra un minimo di 50 ed un massimo di 100 (…)»; mentre l’art. 3.3 dispone che «Le verifiche di taratura periodiche successive a quella iniziale: - devono essere effettuate nel luogo di installazione nel caso di dispositivi inamovibili; - possono essere effettuate nel luogo di installazione nel caso di installazioni fisse. Le velocità dei veicoli in transito devono essere distribuite pressoché uniformemente tra quelle permesse nella tratta lungo la quale è installato il dispositivo: il numero totale dei rilevamenti deve essere compreso fra un minimo di 100 ed un massimo di 200.». Il capo 5 dell’allegato al decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282 disciplina, invece, le verifiche di «funzionalità dei dispositivi e dei sistemi» prevedendo, all’art. 5.3, che «Le verifiche di funzionalità, sia in sede di approvazione del prototipo, che per le verifiche iniziali e periodiche, potranno essere eseguite nelle condizioni di normale impiego, su strada aperta al pubblico passaggio; dovrà essere garantito il transito casuale di veicoli sufficientemente differenziati sia per la categoria che per la velocità; è ammesso che le condizioni sopra descritte si realizzino in tempi successivi o in strade diverse secondo i casi; le prove potranno essere eseguite anche senza l'ausilio di uno strumento campione. È in ogni caso esclusa la possibilità di utilizzare le risultanze delle verifiche di funzionalità per l'applicazione delle sanzioni per violazione di norme di comportamento». A seguito della declaratoria di parziale illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del Decreto Legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (Corte costituzionale 18 giugno 2015 n. 113), tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere sottoposte a verifiche periodiche di «funzionalità» e di «taratura» (cfr. Cassazione civile sez. VI, 17 gennaio 2022, n. 1283). Le verifiche di «funzionalità» e di «taratura» sul prototipo devono essere eseguite al fine di determinare l'idoneità del dispositivo o del sistema a svolgere il servizio richiesto, prima della sua approvazione (art. 2.2 dell’Allegato al Decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282). Le verifiche iniziali e periodiche di «funzionalità» e di «taratura» sui dispositivi in uso devono essere eseguite per accertare che le relative prestazioni corrispondano a quelle del prototipo approvato (art. 2.2 dell’Allegato al Decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282). Osserva il Collegio che le verifiche di «taratura» devono essere distinte da quelle di «funzionalità» tanto in relazione all’oggetto e alla finalità della verifica, quanto al soggetto deputato allo svolgimento di detta attività. Quanto al primo aspetto, la «taratura» dell’apparecchio ha la precisa funzione di stabilire che lo stesso non abbia subito un invecchiamento delle proprie componenti, dovuto a possibili urti, vibrazioni, shock meccanici e termici oppure a variazioni della tensione di alimentazione. Secondo le indicazioni della Corte costituzionale (Corte costituzionale 18 giugno 2015 n. 113), la taratura dell'autovelox deve avvenire almeno una volta all'anno e va documentata con apposito certificato rilasciato dalla ditta privata autorizzata a fare tale check-up (cfr. Cassazione civile, sez. II, 03 ottobre 2022, n. 28587). Inoltre, dall'attestazione di taratura periodica deve essere distinta la certificazione di omologazione (recte di prima omologazione) e conformità, che si riferiscono, appunto, alla fase precedente all'avvio dell'utilizzazione (o alla messa in opera) dell'impianto, attestando rispettivamente la convalida della sua funzionalità e l'uniformazione ad un modello, e non già alla verifica nel corso degli anni del suo uso, ai fini di ritenerlo affidabile e attendibile (cfr. Cassazione civile, sez. II, 03 ottobre 2022, n. 28587). Osserva la giurisprudenza civile che le operazioni di taratura o revisione o calibratura collaudo non coincidono con le operazioni successive di controllo della «funzionalità» in concreto: tale doppio rilievo delle operazioni da effettuare si fonda sulla discriminazione tra verifica sul dispositivo - taratura e sperimentazione pratica del dispositivo verificato - controllo della funzionalità (cfr. Cassazione Civile, sez. II, 03 ottobre 2022, n. 28587). Questa ricostruzione è avallata dalla circolare n. 300/A/6045/17/144/520/3, emanata il 7 agosto 2017 dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno, secondo cui, diversamente dalle verifiche di «taratura», le verifiche di «funzionalità», sia iniziali che periodiche, sono finalizzate a valutare la capacità dell'autovelox di fornire indicazioni attendibili e devono essere effettuate dall’organo di polizia stradale utilizzatore, successivamente alla verifica di taratura (cfr. Cassazione civile, sez. II, 03 ottobre 2022, n. 28587). Orbene quanto al profilo della competenza ad effettuare siffatte operazioni, le verifiche di iniziali e periodiche di «taratura» devono essere eseguite da soggetti che operano in conformità ai requisiti della norma UNI CEI EN ISOIEC 17025:2005 (come laboratori di taratura, accreditati da ACCREDIA o da altri organismi di Accreditamento firmatari a livello internazionale degli accordi di mutuo riconoscimento) o anche dal produttore o dall’utilizzatore purché accreditato, con emissione all’esito della verifica di un certificato di taratura (art. 2.2 e art. 2.3 dell’allegato al decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282). Mentre le verifiche di «funzionalità» in fase di approvazione del prototipo sono eseguite secondo le indicazioni del competente ufficio del Ministero delle Infrastrutture; e le verifiche iniziali e periodiche di «funzionalità» sono eseguite e verbalizzate dall’organo di polizia stradale utilizzatore, successivamente alla verifica iniziale e periodica di taratura, nel corso della prima utilizzazione del dispositivo o del sistema dopo la taratura dello stesso (art. 2.2 e art. 2.3 dell’allegato al decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282). Nel caso di specie viene in rilievo non già una verifica di «funzionalità», ma una verifica di «taratura» oggetto di offerta tecnica da parte di Ve. S.r.l. con durata pari a «0 ore» rispetto al massimo di «24 ore» richieste dalla lex specialis di gara e con la previsione di operazioni di taratura periodiche eseguite in loco prima della scadenza della precedente taratura. Orbene, la previsione della taratura periodica eseguita in loco è conforme all’allegato al decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282 che, se all’art. 3.2 prevede che le verifiche iniziali di taratura devono essere effettuate «su pista o su strada non aperta al pubblico passaggio», all’art. 3.3 dispone che «Le verifiche di taratura periodiche successive a quella iniziale: - devono essere effettuate nel luogo di installazione nel caso di dispositivi inamovibili; - possono essere effettuate nel luogo di installazione nel caso di installazioni fisse». Né il fatto che la taratura sia effettuata a traffico veicolare aperto elide la continuità del servizio di rilevamento delle infrazioni, posto che immediatamente dopo la taratura il dispositivo riprende la propria operatività. La circostanza che la taratura sia effettuata prima della scadenza del precedente certificato di taratura è logicamente connessa alla necessità che sia garantito il servizio senza soluzione di continuità, posto che diversamente il dispositivo con certificato di taratura scaduto non potrebbe essere utilizzato. Quanto alla circostanza che gli esiti delle operazioni di taratura e di funzionalità non possano essere utilizzati per l’applicazione di sanzioni del Codice della Strada, l’art. 5.3 ne preclude la possibilità solo con riferimento alle verifiche di «funzionalità», atteso che le stesse sono effettuate direttamente dagli organi di polizia stradale utilizzatori del dispositivo. Analoga previsione non è dettata per le verifiche di «taratura» per l’evidente ragione che tali operazioni sono svolte da soggetti cui non compete l’espletamento dei servizi di polizia stradale a mente dell’art. 12 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ragion per cui si sarebbe trattato di una precisazione normativa superflua, fermo restando che tanto le verifiche di «funzionalità» quanto le verifiche di «taratura», in quanto prove volte a testare la conformità dei dispositivi al prototipo, non possono essere utilizzate ai fini sanzionatori. Quanto al fatto che la controinteressata indichi la durata pari a «0 ore» della verifica di «taratura», la stessa non risulta irragionevole, in considerazione del fatto che detta verifica viene effettuata in loco con strada aperta al traffico veicolare, con conseguente riduzione delle tempistiche rispetto ad eventuali verifiche eseguite con simulazioni su piste o strade non aperte al traffico veicolare, che evidentemente comporterebbero una seppur temporanea non utilizzabilità in loco del dispositivo. Non è valorizzabile l’ulteriore profilo di censura con cui la ricorrente deduce la non conformità al decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282 dell’offerta tecnica della controinteressata in ragione del fatto che la verifica di taratura su strada aperta al traffico non consentirebbe di rilevare transiti a 230 km/h. Ed infatti, l’allegato al citato decreto prevede all’art. 3.1 che «per i dispositivi che rilevano la velocità istantanea le verifiche di taratura devono essere eseguite su un campione di rilevamenti di velocità uniformemente distribuiti da 30 km/ora a 230 km/ora», per poi richiedere, all’art. 3.2, le velocità del veicolo in transito tra i 30 km/h e i 230 km/h solo per le verifiche di taratura in fase di approvazione del prototipo e per le verifiche di taratura iniziali (per le quali pertanto impone l’effettuazione su pista o su strada non aperta al pubblico passaggio). Mentre per le verifiche di taratura periodiche successive a quella iniziale, l’art. 3.3, disponendo che debbano essere effettuate nel luogo di installazione nel caso di dispositivi inamovibili e che possano essere effettuate nel luogo di installazione nel caso di installazioni fisse, stabilisce che «le velocità dei veicoli in transito devono essere distribuite pressoché uniformemente tra quelle permesse nella tratta lungo la quale è installato il dispositivo (…)». Per quanto esposto e argomentato, il ricorso introduttivo e gli atti per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024 e del 12 marzo 2024 sono infondati e devono essere rigettati. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione staccata di Parma (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo, sul ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 gennaio 2024 e sul ricorso per motivi aggiunti depositato in data 12 marzo 2024, come in epigrafe proposti, li rigetta. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge, da corrispondere all’Unione dei Comuni (Omissis) e in € 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge, da corrispondere alla controinteressata Ve. S.r.l. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Italo Caso, Presidente Caterina Luperto, Referendario, Estensore Paola Pozzani, Referendario
REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente Dott. PEZZELLA Vincenzo - Relatore Dott. MICCICHE' Loredana - Consigliere Dott. MARI Attilio - Consigliere Dott. CIRESE Marina - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: Sk.Pi. nato il (Omissis) avverso la sentenza del 19 maggio 2023 della Corte Appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Pezzella Vincenzo; Lette le conclusioni scritte per l'udienza senza discussione orale (art. 23 co. 8 D.L. 137/2020 conv. dalla L. n. 176/2020, come prorogato ex art. 16 D.L. 228/21 conv. con modif. dalla L. 15/22 e successivamente ex art. 94, co. 2, del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come sostituito prima dall'art. 5-duodecies della L. 30.12.2022, n. 199, di conversione in legge del D.L. n. 162/2022) e poi dall'art. 17 del D.L. 22 giugno 2023, conv. con modif. dalla L. 10.8.2023 n, 112, del P.G., in persona del Sost. Proc. Gen. Tassone Kate, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e dell'Avv. Ap. Ga. per l'imputato che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Sk.Pi., propone ricorso, a mezzo del proprio difensore di fiducia, avverso la sentenza con cui il 19 maggio 2023 la Corte di Appello di Salerno ha confermato la sentenza con cui il 27 aprile 2022 il Tribunale di vallo della Lucania, in composizione monocratica, all'esito di giudizio ordinario, lo ha condannato alla pena di 6 mesi di arresto e Euro 3.000 di ammenda, oltre che al pagamento delle spese processuali, con sospensione della patente per un anno. in quanto riconosciutolo colpevole del reato p. e p. dall'art. 186 co. 2 lett. c) cod. strada perché si poneva alla guida dell'autovettura Opel Corsa targata (Omissis) in stato di ebbrezza in conseguenza dell'assunzione di bevande alcoliche, essendo stato accertato che aveva assunto bevande alcoliche e sotto l'influenza di queste, per un valore corrispondente ad un tasso alcolemico pari a 2,64 g/l alle ore 20:43 e pari a 2,87 g/l alle ore 20:53 in A, in data 12 novembre 2019. 2. Il ricorrente lamenta con un primo motivo violazione dell'art. 186, co. 2 lett. c) cod. strada, 379 co. 8 D.P.R. 495/2002, 192 e 533 cod. proc. pen. e 27 co. 2 Cost. laddove la Corte territoriale non avrebbe operato un buon governo del dictum di Sez. 4 n. 38618/2019 in quanto, con l'atto di appello la difesa aveva eccepito che: " manca del tutto la prova e la dimostrazione della omologazione, della taratura e della verifica annuale della macchina usata dal verbalizzante per rilevare il presunto superamento dei limiti di alcol nel sangue. Non è stata allegata dal Pm neanche la semplice documentazione di cui l'etilometro dovrebbe essere corredato". Ebbene, la tesi che ribadisce in questa sede il difensore dell'imputato è che non è stato prodotto nel giudizio il libretto dell'etilometro utilizzato per l'accertamento. L'unico riferimento alle verifiche di legge discenderebbe dalla dizione di stile apposta sul verbale di accertamenti urgenti redatto dai carabinieri in data 12 novembre 2019: "apparecchiatura omologata sottoposta a visita primitiva con attestazione sul corretto funzionamento e verifica periodica annuale". Tuttavia, per il ricorrente tale affermazione, priva di riscontri documentali, non è idonea a consentire il necessario vaglio di attendibilità e legittimità delle operazioni compiute e della regolarità e veridicità dei risultati. Ed in effetti, nulla si sa circa questa omologazione, apoditticamente enunciata nel verbale ma, a maggior ragione, nulla sappiamo della data e del risultato dell'ultima supposta verifica periodica annuale, con conseguente incertezza assoluta dei risultati della istruzione dibattimentale. La Corte territoriale - ci si duole - si è limitata ad osservare che "il difensore di fiducia nulla ha chiesto al riguardo al teste di polizia giudiziaria che aveva condotto l'accertamento", laddove sia l'omologa, sia la data e i risultati dell'ultima verifica, necessariamente dovrebbero risultare documentalmente agli atti del procedimento (in cui non sono presenti) e, come tali avrebbero dovuto essere prodotti dall'accusa per raggiungere la dovuta certezza circa un presupposto necessario della correttezza e legittimità dell'accertamento. Compito, si sostiene, che grava come onere nella sfera di competenza della pubblica accusa, non dell'imputato. Con un secondo motivo si lamenta mancanza di motivazione in relazione alla richiesta ex art. 545-bis cod. proc. pen. di sostituzione della pena detentiva con una delle pene sostitutive ex art. 53 L. 24 novembre 1981, n. 689. Il difensore ricorrente ricorda che, in vista della udienza non partecipata del 19 maggio 2023, la difesa dell'imputato depositava telematica mente in data 13 maggio 2023, alle ore 22:32, ai sensi dell'art. 23-bis, co.2, del decreto L. 28 ottobre 2020, n. 137 e succo modifiche, atto firmato digitalmente contenente le proprie conclusioni scritte e allegata procura speciale sottoscritta dall'imputato appellante. Si trascrive di seguito il punto 3 delle predette conclusioni: "3) Nel caso di condanna, l'imputato, alla stregua della procura speciale in calce al presente atto chiede che la pena venga sostituita, ai sensi dell'art. 545-bis c.p.p. e art. 53 L. 24 novembre 1981, n. 689 con il lavoro di pubblica utilità ovvero, in subordine, della pena pecuniaria ovvero, in via ancor più gradata, della semilibertà. A tal fine, indica sin d'ora, il Piano Sociale di (...) (S), in coordinamento con il Comune di A, per l'espletamento del lavoro di pubblica utilità, da svolgersi anche nel settore della manutenzione degli immobili e dei beni pubblici grazie alla qualifica ed esperienza professionale de/l'istante nel campo dell'edilizia". In pendenza del giudizio di impugnazione - si ricorda - è intervenuto il D.Lgs. 10/10/2022 n. 150 che, nel riformare la materia delle pene sostitutive, ha eliminato la libertà controllata ed ha inserito la nuova misura del lavoro di pubblica utilità. E, secondo le disposizioni transitorie contenute nell'art. 95, "le norme previste dal Capo III della L. 24.11.1981, n. 689, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell'entrata in vigore del presente decreto" (comma 1). La sentenza resa dalla Corte di appello non contiene alcuna valutazione e motivazione circa la richiesta avanzata dall'imputato ex art. 545-bis cod. proc. pen. Il rigetto della richiesta difensiva, espresso o implicito, avrebbe dovuto essere sorretto da congrua e adeguata motivazione dell'esercizio negativo del potere discrezionale del giudice di sostituire le pene detentive brevi richieste dall'imputato. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata. 3. Le parti hanno reso le conclusioni scritte riportate in epigrafe. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Quanto al primo motivo, la censura è inammissibile in quanto manifestamente infondata. Fondato, invece, è il secondo profilo di doglianza, per cui la sentenza impugnata va annullata limitatamente al punto relativo alla concedibilità delle pene sostitutive ex art. 545-bis cod. proc. pen. con rinvio alla Corte di Appello di Napoli, avendo la Corte salernitana unica sezione, mentre il ricorso va dichiarato inammissibile nel resto. 2. In premessa, in relazione al primo motivo, va ricordato che, laddove con lo stesso si lamenta la violazione dell'art. 27 Co. 2 Cost. la denuncia di violazione di norme costituzionali o di norme CEDU non integra un caso di ricorso per cassazione a norma dell'art. 606 lett. b) cod. proc. pen., ma legittima la proposizione della questione di legittimità costituzionale (Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014 dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261551). Il che non è avvenuto nel caso in esame. Il principio che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduce la violazione di norme della Costituzione o della CEDU, poiché la loro inosservanza non è prevista tra i casi di ricorso dall'art. 606 cod. proc. pen. e può soltanto costituire fondamento di una questione di legittimità costituzionale è stato anche ribadito di recente (Sez. 2, n. 12623 del 13/12/2019 dep. 2020, Leone, Rv. 279059 che ha sottolineato, quanto alla censura riguardante la presunta violazione della CEDU, che le sue norme, per come interpretate dalla Corte EDU, rivestono il rango di fonti interposte integratrici del precetto di cui all'art. 117, comma l, Cost. sempre che siano conformi alla Costituzione e compatibili con la tutela degli interessi costituzionalmente protetti). 3. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto ormai da tempo, e ben prima del proposto ricorso, questa Corte di legittimità (cfr. ex multis, Sez. 4 n. 3201 del 12/12/2019 dep. 2020, Santini, Rv. 278032, Sez. 4 n. 6580 del 28/1/2020, Zannoni, non mass.; Sez. 4, n. 7285 del 9/12/2020, dep. 2021, Demma, Rv. 280937; Sez. 4 n. 517 deIl'11/2/2021, Guiducci, non mass.; oltre che la recentissime Sez. 4 Sez. 4 n. 33371 del 8/6/2023, Kanaychev non mass.) che hanno fugato ogni dubbio sul fatto che, per quanto riguarda l'etilometro, l'omologazione e le verifiche periodiche dello stesso sono espressamente previste dall'art. 379, commi 6, 7 e 8 del Regolamento esecutivo al Codice della Strada, approvato con D.P.R. 16 novembre 1992, n. 495 e ciò differenzia la disciplina in tema di etilometro rispetto a quella avente ad oggetto l'autovelox, colpita dalla declaratoria di incostituzionalità operata con la sentenza della Corte Costituzionale n. 113/2015. Pertanto, dovendo ritenersi che, anche nel caso del giudizio penale per guida in stato d'ebbrezza ex art. 186, co. 2, cod. strada, nell'ambito del quale assuma rilievo la misurazione del livello di alcool nel sangue mediante etilometro, all'attribuzione dell'onere della prova in capo all'accusa circa l'omologazione e l'esecuzione delle verifiche periodiche sull'apparecchio utilizzato per l'alcoltest (così Sez. 4, n. 38618 del 6/6/2019, Bertossi, Rv. 277189), fa riscontro un onere di allegazione da parte del soggetto accusato, avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell'apparecchio (in tal senso la necessaria precisazione di cui alla richiamata Sez. 4 n. 3201 del 12/12/2019 dep. 2020, Santini, Rv. 278032), che nel caso che ci occupa non è stato adempiuto. Come rileva la Corte salernitana nel caso in esame il difensore di fiducia nulla ha dedotto di specifico e niente ha chiesto al riguardo al teste di polizia giudiziaria che aveva condotto l'accertamento. Al contrario, nel verbale sottoscritto dall'imputato è indicato che era stata usata "apparecchiatura omologata sottoposta a visita primitiva con attestazione sul corretto funzionamento e verifica periodica annuale". Il fatto che siano prescritte, dall'art. 379 del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada, l'omologazione e la periodica verifica dell'etilometro non significa, dunque, che, a sostegno dell'imputazione, l'accusa debba immediatamente corredare i risultati della rilevazione etilometrica con i dati relativi all'esecuzione di tali operazioni: tali dati (in quanto riferiti ad attività necessariamente prodromiche al momento della misurazione del tasso alcolemico sull'imputato) non hanno di per sé rilievo probatorio ai fini dell'accertamento dello stato di ebbrezza dell'imputato. Perciò è del tutto fisiologico che la verifica processuale del rispetto delle prescrizioni dell'art. 379 Reg. Esec. Cod. Strada sia sollecitata dall'imputato, ma quest'ultimo ha, all'uopo, un onere di allegazione volto a contestare la validità dell'accertamento eseguito nei suoi confronti, che non può risolversi - come nel caso che ci occupa - nella mera richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all'omologazione ed alla revisione periodica dello strumento, ma deve concretizzarsi nell'allegazione di un qualche dato che possa far ritenere che tale omologazione e/o revisione possa essere avvenuta. Condivisibili sono anche gli arresti giurisprudenziali (Sez. 4 n. 35951 del 25/11/2020, non mass.; Sez. 4 n. 3920 del 17/12/2020, Aliberti, non mass) che hanno ha affermato - e va qui ribadito - che, ancorché l'art. 379 D.P.R. n. 495 del 1992 (regolamento di esecuzione del codice della strada) riporti le verifiche alle quali gli etilometri devono essere sottoposti per poter essere adoperati, non risulta, tuttavia, previsto alcuno specifico adempimento la cui violazione determini l'inutilizzabilità. In particolare, dai commi 5, 6, 7 e 8, del citato art. 379, si desume che: a) gli etilometri devono rispondere ai requisiti stabiliti con disciplinare tecnico approvato con decreto del Ministro dei Trasporti e della Navigazione di concerto con il Ministro della Sanità (comma 5); b) essi sono soggetti alla preventiva omologazione da parte della Direzione generale della M.T.C. che vi provvede sulla base delle verifiche e prove effettuate dal Centro Superiore Ricerche e Prove Autoveicolo (c.d. CSRPAD) in modo tale da verificarne la rispondenza ai requisiti prescritti (comma 6); c) i medesimi apparecchi, prima della loro concreta utilizzazione, devono essere sottoposti a verifiche e prove presso il citato CSRPAD, da cui deriva la necessità della loro sottoposizione ad una visita preventiva (comma 7) secondo le procedure stabilite dallo stesso Ministero dei Trasporti, che si risolve, in effetti, nella C.d. taratura obbligatoria annuale, il cui esito positivo deve essere annotato sul libretto dell'etilometro, con la precisazione che, in caso di esito negativo delle verifiche e prove, l'etilometro è ritirato dall'uso (comma 8). Questo complesso normativo deve essere, poi, raccordato con le prescrizioni relative al disciplinare tecnico richiamato dal comma 5 dell'esaminato art. 379 D.P.R. n. 495 del 1992, che venne precedentemente approvato con decreto del Ministero dei Trasporti n. 196 del 22 maggio 1990. Esso sancisce - all'art. 4 - che ogni etilometro deve essere accompagnato dal libretto metrologico che contiene dati identificativi dell'apparecchio misuratore (costruttore, matricola, conformità, omologazione) e la registrazione delle operazioni di controllo subite dall'apparecchio presso il Centro prove del Ministero dei trasporti. Al riguardo va aggiunto che l'allegato al citato D.M., art. 2, comma 10, dispone che l'apparecchio deve essere dotato di dispositivo che permette di verificare se lo strumento resti calibrato. È, poi, importante mettere in risalto come lo stesso allegato, art. 3, comma 8, (intitolato "verifica di buon funzionamento") stabilisca che: la verifica del buon funzionamento dello strumento comprende, in particolare: - la verifica di un numero soddisfacente di elementi interni dello strumento; - la verifica del giusto svolgimento del ciclo di misura; - la verifica della giusta calibratura. Gli strumenti devono procedere automaticamente alla verifica del buon funzionamento prima di ogni misura visualizzandone il risultato e dopo ogni misura che abbia portato ad un risultato superiore al valore massimo consentito. Tornando al caso in esame, non c'era alcun obbligo da parte del titolare della pubblica accusa, come pretenderebbe il ricorrente, di versare in atti il libretto metrologico (Sez. 4 n. 15187/2015; Sez. 4 n. 40722/2015; Sez. 4 n. 42084/2011 e Sez. 4 n. 17463/2011). Se l'imputato avesse validamente dubitato del corretto funzionamento dello strumento e il giudice del merito avesse anch'egli ritenuto per quel motivo - incerto l'esito dell'alcoltest, avrebbe dovuto trovare applicazione o la produzione (da parte dell'imputato) di copia del libretto metrologico dell'etilometro (acquisibile mediante una semplice istanza trasmessa al C.S.R.P.A.D. di Roma: csrpad - (Omissis); lo stesso Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha pubblicato sul. proprio sito istituzionale tutte le informazioni necessarie per l'accesso agli atti di cui alla L. 241/90 e dal detto sito è possibile scaricare il "modello richiesta accesso a documenti amministrativi", ovvero dell'art. 507 cod. proc. pen. (da parte del giudice di merito), in quanto il potere di disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova rientra nel compito del giudice di accertare la verità e ha la funzione di supplire all'inerzia delle parti o a carenze probatorie, quando le stesse incidono in maniera determinante sulla formazione del convincimento e sul risultato del giudizio (cfr. Sez. 3, n. 50761 del 13/10/2016 Ud. - dep. 2016-Rv. 268606); il giudice, infatti, ha il dovere di acquisire, anche d'ufficio, i mezzi di prova indispensabili per la decisione, dovendosi escludere che sia rimessa alla sua discrezionalità la scelta tra di-sporre i necessari accertamenti ed il proscioglimento dell'imputato (cfr. Sez. 3, n. 10488 del 17/2/2016, Rv. 266492). Nel caso in esame, la difesa si è limitata ad affermazioni di principio prive di ogni allegazione a supporto e, perciò, non idonee a scalfire la legittimità delle decisioni di merito mentre il giudice non ha affatto dubitato del corretto funzionamento dell'etilometro. Gli strumenti appena citati (diritto di accesso agli atti amministrativi e dovere di allegazione da parte dell'interessato e le disposizioni di cui all'art. 507 cod. proc. pen.) marcano la differenza tra i procedimenti amministrativi e civili (da un lato) e il processo penale. Da tutte le considerazioni che precedono discende l'eccentricità di ogni richiamo ai principi fissati, in riferimento all'attività di accertamento mediante lo strumento di rilevamento elettronico della velocità, dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 113 del 2015, con cui è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 45, comma 6, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285. In tale dictum - pur citato a sostegno nella sentenza n. 38618 del 06/06/2019 - il giudice delle leggi si è limitato a rilevare l'illegittimità della disposizione censurata nella parte in cui non prevedeva che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocità fossero sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura. In vero, prima della pronuncia in parola, vigeva l'esonero delle apparecchiature di rilevamento elettronico della velocità (c.d. autovelox) da verifiche periodiche. Come si vede, il principio in questione non è ragionevolmente mutuabile per ciò che attiene gli etilometri posto che il coacervo normativo - sopra riportato regola, dettagliatamente, le caratteristiche e i controlli periodici di tali apparecchi. Di qui l'infondatezza manifesta delle doglianze in scrutinio. 4. Come si anticipava in premessa, invece, fondato è il motivo con cui il ricorrente lamenta la mancata risposta alla richiesta avanzata con le conclusioni depositate ritualmente per l'udienza cartolare di appello del 13/5/2023 (in atti) di sostituzione della pena ai sensi degli artt. 545-bis cod. proc. pen. e 53 L. 24 novembre 1981, n. 689 con il lavoro di pubblica utilità ovvero, in subordine, della pena pecuniaria ovvero, in via ancora più gradata, della semilibertà, allegando specifica procura speciale rilasciatagli in tal senso dall'imputato. Sul punto la Corte salernitana, come si evince dalla sentenza impugnata, ha omesso del tutto la motivazione e finanche la menzione di tale richiesta difensiva. Quanto alla questione della ammissibilità della istanza dell'imputato al giudice di appello di sostituzione della pena irroganda, proposta solo nelle sue conclusioni il Collegio non condivide la prospettiva ermeneutica espressa da Sez. 6 n. 41313 del 27/9/2023, Amato, n.m., pronuncia ormai rimasta isolata, che ha escluso poter applicarsi in appello una pena sostitutiva all'imputato quando questa non sia stata oggetto di appello o motivi nuovi, in ragione del principio devolutivo fissato dall'art. 597, comma l, cod. proc. pen. Il Collegio condivide, invece, il principio affermato da Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, Agostino, Rv. 285090, da Sez. 6, n. 46782 del 29/09/2023, Borazio, Rv. 285564 - 01 e da Sez. 6, n. 47674 del 24/10/2023, Cocchi, non mass.), alle cui motivazioni ci si riporta, secondo cui, in tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell'art. 95 D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. Riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all'applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all'art. 20-bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell'imputato, da formulare non necessariamente con l'atto di gravame, ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell'udienza di discussione in appello. Si è condivisibilmente chiarito da parte di Sez.6, n. 33027 del 10/05/2023, Agostino, Rv. 285090 che non "può ritenersi che la richiesta di sostituzione, ove non formulata in sede di appello, o di motivi nuovi, sarebbe preclusa ai sensi dell'art. 597 cod. proc. pen. in quanto il principio affermato dalle Sezioni unite, secondo cui il giudice di appello non ha il potere di applicare d'ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell'atto di appello non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto della decisione, dal momento che l'ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall'art. 597, comma quinto, cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell'appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva previsto dall'art. 58 della L. n. 689 del 1981 (S.U. n. 12872 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125), deve essere coordinato con la suindicata disciplina transitoria. Questa, infatti, stabilisce espressamente l'applicabilità delle nuove pene sostitutive - in quanto più favorevoli - ai giudizi di appello in corso all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022, senza introdurre limitazioni attinenti alla fase - introduttiva o decisoria - del giudizio medesimo e, quindi, senza imporre che la richiesta sia contenuta nei motivi - originari o aggiunti - del gravame. Tale interpretazione, oltre che risultare conforme al contenuto letterale della disposizione, si pone nella linea di favorire, in conformità con l'intentio legislatoris, la più ampia applicazione delle nuove pene sostitutive, ove il giudice di appello ritenga ne ricorrano i presupposti suindicati". P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto relativo alla concedibilità delle pene sostitutive ex art. 545-bis cod. proc. pen. e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, altra Sezione. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2024. Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI BENEVENTO Prima Sezione CIVILE Il Tribunale di Benevento - I sezione civile - in composizione monocratica ed in persona del Giudice dott.ssa Enrica Nasti - ha pronunziato, all'udienza di discussione del 29 gennaio 2024, la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 514 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi Civili dell'anno 2021, aventi ad oggetto: appello vertente, TRA Si. S.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa dall'avv. Se.Si., giusta mandato a margine dell'atto di appello, elettivamente domiciliato presso studio Legale Pa.Si. e Associati Via (...) - 81016 Piedimonte Matese APPELLANTE E Comune di Amorosi, in persona del legale rapp.te p.t., APPELLATO-CONTUMACE MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 12.4.2019 l'odierna appellata proponeva opposizione innanzi al GdP di Guardia Sanframondi avverso il verbale n. 626/19 con cui veniva contestata la violazione dell'art. 142, commi 8 e 11, CDS. Con Provv. del 13 ottobre 2020 il Giudice di Pace convalidava il verbale impugnato, spese compensate. Avverso tale pronuncia proponeva gravame la Si. spa deducendo l'omissione da parte del giudice di prime cure dei motivi e dei documenti da cui rilevare l'infondatezza del ricorso e riproponeva i motivi di opposizione. Chiedeva pertanto, in accoglimento dell'appello, la riforma del provvedimento, vinte le spese. L'appellato non si costituiva in giudizio e pertanto con Provv. del 15 settembre 1921 ne veniva dichiarata la contumacia. Ciò premesso, l'appello è infondato e va rigettato, non potendo trovare accoglimento i motivi di opposizione, a prescindere dalla fondatezza o meno del provvedimento appellato. Ed invero, vanno disattesi i motivi concernenti la segnaletica irregolare, la visibilità dell'apparecchiatura e gli obblighi informativi. È noto invero che "in tema di opposizione a sanzione amministrativa in materia di circolazione stradale, per violazione di limite di velocità, qualora l'opponente deduca non già la mancanza della segnalazione stradale relativa a tale limite, ma soltanto la sua inadeguatezza, incombe a lui di dare prova, attraverso la dimostrazione di circostanze concrete, della sussistenza dell'allegata inadeguatezza, per inidoneità od insufficienza della segnaletica, e non invece alla P.A. di provare l'adeguatezza della segnaletica stessa" (Cass. n. 6242/1999) In particolare, "grava su colui che propone l'opposizione all'ordinanza ingiunzione, e non sull'amministrazione, l'onere di provare l'inidoneità in concreto della segnaletica di cui al citato D.M. 15 agosto 2007 ad assolvere la funzione di avviso della presenza delle postazioni di controllo della velocità, in modo da garantire il rispetto del limite dì velocità, in una logica ispirata non dalla volontà di cogliere di sorpresa l'automobilista indisciplinato, ma dalla tutela della sicurezza stradale, di riduzione dei costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare, nonché di fluidità della circolazione" (Cass. n. 23566/2017). Egualmente è a dirsi per il requisito della buona visibilità, di cui sempre all'art. 142, co. 6 bis, C.d.S., che la Suprema Corte ha ritenuto condizione di legittimità dell'accertamento, in difetto della quale la sanzione è nulla (Cass. nn. 6407/2019 e 25392/2017). In ordine, poi, alla proponibilità della querela di falso contro il verbale di accertamento, ne è stata affermata (Cass. n. 11792/2020) la necessità solamente per contestare la presenza (e non l'adeguatezza) della presegnalazione del dispositivo di rilevazione dell'infrazione, ove menzionata nel verbale, in quanto circostanza oggettiva, che ricade sotto la diretta percezione dei verbalizzanti, come tale costituente attestazione di un dato direttamente rilevato dagli accertatori senza margine di apprezzamento (in altri termini, il cartello che presegnala o c'è o non c'è). Ciò posto in punto di diritto, nella specie, a fronte delle indicazioni contenute nel verbale in ordine alla segnaletica posta (cfr. verbale ove si legge che la violazione è stata determinata a mezzo apparecchiatura collocata in postazione fissa regolarmente segnalata e ben visibile), alcuna prova contraria, in ordine alla inadeguatezza della segnaletica, ha fornito l'opponente, essendosi lo stesso limitato a mere enunciazioni di principio, senza nulla provare e allegare a riguardo. Né rilava quanto dedotto in ordine alla irregolarità, atteso che in tema di segnaletica stradale, la mancata indicazione, sul retro del segnale verticale di prescrizione, degli estremi della ordinanza di apposizione - come invece imposto dall'art. 77, comma 7, del regolamento di esecuzione del codice della strada (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 e successive modificazioni) - non determina la illegittimità del segnale e, quindi, non esime l'utente della strada dall'obbligo di rispettarne la prescrizione, con l'ulteriore conseguenza che detta omissione non comporta l'illegittimità del verbale di contestazione dell'infrazione alla condotta da osservare (Cass. Cassazione civile sez. VI, 27/05/2022, n.17303). Parimenti va disattesa la doglianza concernente la violazione della normativa sulla gestione delle apparecchiature. E' appena il caso di rilevare che, come precisato dalla giurisprudenza sul punto, nel caso di rilevamento di velocità di veicoli a mezzo di apparecchiature noleggiate, il contratto intercorso tra il Comune e la società di noleggio non si inserisce nella sequenza procedimentale che sfocia nella rilevazione dell'infrazione rilevata e non condiziona la sussistenza della violazione accertata tramite tali apparecchi di rilevazione. La rimuneratività del servizio in relazione ai proventi delle sanzioni amministrative non è rilevante dal momento che le violazioni devono essere accertate dalla Polizia Municipale, né sussiste alcun profilo di invalidità del verbale connesso al vincolo di destinazione dei proventi, per almeno la metà, a particolari finalità pubbliche, di cui all'art. 208 c.strad. (Cassazione civile sez. II, 04/10/2022, n.28719). Va rigettato il motivo concernente la funzionalità dell'apparecchio. E' noto invero che, con riguardo alle violazioni del codice della strada a seguito di rilevazione della velocità - in relazione alla quale il verbale di accertamento non riveste fede privilegiata e, quindi, non fa fede fino a querela di falso in ordine all'attestazione, frutto di mera percezione sensoriale, degli agenti circa il corretto funzionamento dell'apparecchiatura (Cass. n. 32369/2018) - la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che "Per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 45, comma 6, del D.Lgs. n. 285 del 1992 (Corte cost. n. 113 del 2015), tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro corretto funzionamento, non essendone consentita la dimostrazione od attestazione con altri mezzi quali le certificazioni di omologazione e conformità" (Cass. nn. 9645/2016, 533/2018, 10463/2020, 14597/2021). Tuttavia, una volta che la p.a. abbia fornito tale prova, l'efficacia probatoria dello strumento rivelatore del superamento di tali limiti ("autovelox"), che sia omologato e sottoposto a verifiche periodiche, opera fino a quando sia accertato, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall'opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo elettronico (Cass. n. 18354/2018). Nel caso di specie, come si evince agevolmente dalla documentazione in atti, l'apparecchiatura di controllo della velocità è stata sottoposta ad idonea procedura di verifica del funzionamento. Ed invero il verbale impugnato reca la dicitura per cui l'apparecchiatura, oltre ad essere stata omologata, risulta anche verificata ("verb. di verifica di funzionalità del 24.4.2018"). Del tutto generico risulta infine il motivo attinente alla mancata autorizzazione ed alla legittimazione degli agenti accertatori. Va sul punto tuttavia evidenziato che gli agenti e gli ufficiali di polizia municipale, in quanto organi di polizia giudiziaria, sono abilitati, in conformità della regola generale stabilita dall'art. 13 della L. n. 689 del 1981, a compiere legittimamente, nell'intero territorio di competenza, la loro attività di accertamento istituzionale nell'ambito dell'espletamento dei servizi di polizia stradale, restando l'organizzazione, la direzione ed il coordinamento di tali servizi elementi esterni all'accertamento e, pertanto, ininfluenti su detta competenza, né su quest'ultima indice la tipologia di strada che attraversa tale territorio. Pertanto, possono effettuare accertamenti e contestazioni di violazioni di norme del codice della strada anche quando il tracciato su cui si verifica l'infrazione sia una strada statale al di fuori del centro abitato (Cassazione civile sez. II, 08/02/2019, n.3839). Conclusivamente, il verbale in contestazione è pienamente legittimo e, di conseguenza, l'appello va rigettato. Nulla sulle spese stante la contumacia dell'appellato. Stante il rigetto dell'impugnazione, sussistono infine i presupposti per l'applicazione dell'art. 13, co. 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002 nel testo introdotto dalla legge cd. di stabilità, trattandosi di impugnazione successiva alla data del 31/01/2013. P.Q.M. Il Tribunale di Benevento, prima sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sull'appello promosso come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: a) rigetta l'appello; b) nulla sulle spese; c) dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, in osservanza dell'art. 13, co. 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002 nel testo inserito dall'art. 1, co. 17 L. n. 228 del 2012, mandando alla Cancelleria per gli adempimenti relativi all'esazione. Così deciso in Benevento il 29 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 29 gennaio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 8628 del 2023, proposto da Pa. Li., da sé stesso rappresentato e difeso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di Bologna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Tr., Na. Za., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Ufficio Territoriale del Governo di Bologna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...); per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna Sezione Seconda n. 00263/2023, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Bologna e Ufficio Territoriale del Governo di Bologna; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2024 il Cons. Massimo Santini e uditi per le parti gli avvocati Li. e Za.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. L'odierno appellante riceveva, nel 2017, una multa per eccesso di velocità all'interno del centro cittadino di Bologna (infrazione rilevata tramite autovelox). 2. Oltre al ricorso dinanzi al giudice ordinario (che poi si chiudeva favorevolmente) l'interessato chiedeva altresì all'amministrazione comunale, con due istanze del 2022 (23 e 24 febbraio), l'accesso ai verbali di installazione del relativo autovelox. L'amministrazione restava inerte. Il privato non impugnava il silenzio rifiuto della PA. 3. Successivamente, ossia a quasi un anno di distanza (18 gennaio 2023), l'odierno appellante reiterava l'istanza di accesso dinanzi alla quale si registrava ancora una vola il silenzio rigetto della PA. Tale rigetto veniva in tale evenienza gravato dinanzi al TAR Bologna. In occasione dell'udienza camerale il ricorrente, una volta preso atto della documentazione versata in atti dall'amministrazione comunale (in particolare il documento n. 7, in cui si specificavano le concrete modalità di funzionamento del suddetto autovelox, il quale veniva in particolare "ruotato" periodicamente su entrambe le direzioni di marcia), dichiarava di non avere più interesse alla prosecuzione della causa. Il TAR Bologna dichiarava la cessazione della materia del contendere e compensava le spese di lite. 4. L'originario ricorrente impugna tale sentenza di primo grado sotto il profilo delle spese poiché la documentazione richiesta sarebbe stata versata soltanto all'indomani della instaurazione del giudizio per l'accesso agli atti. Di qui la ritenuta soccombenza virtuale del Comune di Bologna. 5. Il Comune di Bologna si costituiva in giudizio per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione. La stessa difesa comunale formulava peraltro appello incidentale in quanto il TAR non si sarebbe espresso su una serie di eccezioni preliminari di irricevibilità e di inammissibilità del gravame stesso. Anche l'UTG di Bologna si costituiva nel presente giudizio, con memoria di stile, per resistere al gravame. 5. Alla camera di consiglio del 18 gennaio 2024 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso in appello veniva infine trattenuto in decisione. 6. Tutto ciò premesso va preliminarmente affrontato l'appello incidentale del Comune di Bologna. Tale appello è fondato. 6.1. Nelle date 23 e 24 febbraio 2022 la parte odierna appellante (Li.) chiedeva l'accesso al verbale di installazione. Questo il tenore delle due richieste (dal contenuto sostanzialmente identico): "necessiterei dei numeri di matricola e cpu alla data del 4/7$2017 e copia verbale di installazione, degli autovelox fissi di viale (omissis) direz. via (omissis) e di viale (omissis) direzione via savenella"; 6.2. Dinanzi alla inerzia dell'amministrazione comunale, in data 18 gennaio 2023 la stessa appellante reiterava semplicemente tale richiesta attraverso la seguente formulazione" INTIMAZIONE... Ai sensi della Legge 7 agosto 1990 n. 241... volta ad ottenere copia verbale di installazione, taratura e verifica della postazione autovelox di viale (omissis), sia con direzione via savenella, che con direzione via (omissis). Non avendo avuto alcun esito precedenti istanze inviate oltre un anno fa e non essendo sul sito del comune reperibili detti documenti"; 6.3. Alcun nuovo elemento veniva dunque evidenziato rispetto alle due richieste del 2022: oggetto della richiesta era il medesimo (verbale installazione autovelox su via (omissis)) ma nulla si aggiungeva sulle ragioni per cui tale richiesta non avrebbe costituito una mera reiterazione delle precedenti richieste di accesso del 2022 (in questo modo dovendosi infatti sostanzialmente qualificare le medesime istanze); 6.4. La circostanza di quanto emergeva dal verbale del Tribunale civile di Bologna in data 18 gennaio 2023, in disparte ogni considerazione circa la sicura inammissibilità della memoria prodotta in data 16 gennaio 2024 e dunque in aperta violazione dei termini dimidiati di cui all'art. 73, comma 1, c.p.a., ed all'art. 87, comma 3, c.p.a., è stata in ogni caso rappresentata per la prima volta soltanto in occasione della odierna camera di consiglio, laddove dal testo della terza istanza in data 18 gennaio 2023 nulla è ricavabile in tal senso, ossia circa il fatto che l'autovelox veniva ruotato nelle due direzioni e dunque sulla necessità di acquisire notizie sulle relative modalità di impiego del suddetto autovelox. Di qui l'ulteriore inammissibilità della deduzione anche sotto tale profilo; 6.5. Pertanto, il ricorso di primo grado avverso il silenzio rifiuto era senz'altro irricevibile in quanto si trattava di mera reiterazione (a distanza di un anno) della stessa domanda di accesso senza allegazione, ossia, di nuovi elementi sopravvenuti (cfr., ex multis: Cons. Stato, sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4789). Al riguardo, la richiamata giurisprudenza ha infatti ritenuto di dare seguito alle "decisioni dell'Adunanza plenaria... le quali hanno ritenuto che la mancata impugnazione nei termini del diniego di accesso non consente di impugnare il nuovo atto di diniego, laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo, potendo l'interessato reiterare l'istanza di accesso e pretendere riscontro alla stessa solo in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell'originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell'interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all'accesso (sentenze 20 aprile 2006, n. 6 e n. 7)". 7. In conclusione l'appello incidentale deve essere accolto, sotto il profilo sopra evidenziato, e per l'effetto la sentenza qui impugnata va riformata per non avere dichiarato irricevibile il ricorso di primo grado a cagione della sopra rilevata tardività . L'appello principale deve dunque essere rigettato per ragioni del tutto simmetriche a quelle appena evidenziate, atteso che non potevano di certo sussistere i presupposti onde ottenere la anelata condanna alle spese in primo grado (a causa della conclamata tardività del relativo ricorso). 8. Le spese del doppio grado di giudizio sono da porre a carico della parte appellante principale (Li.) e da corrispondere in favore del solo Comune di Bologna, dato il ruolo del tutto marginale rivestito dall'UTG nella vicenda in contestazione. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto: a) accoglie l'appello incidentale; b) per l'effetto riforma la sentenza impugnata e dichiara la irricevibilità del ricorso di primo grado; c) respinge l'appello principale; d) condanna la parte appellante principale (Li. Pa.) alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio, da liquidare nella complessiva somma di euro 4.000 (quattromila/00), oltre IVA e CPA ove dovuti, in favore del solo Comune di Bologna; e) spese del doppio grado compensate nei confronti dell'UTG di Bologna. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati: Rosanna De Nictolis - Presidente Stefano Fantini - Consigliere Alberto Urso - Consigliere Sara Raffaella Molinaro - Consigliere Massimo Santini - Consigliere, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BENEVENTO II SEZIONE CIVILE Il Giudice del Tribunale di Benevento, dott.ssa Ida Moretti, in funzione di giudice monocratico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di secondo grado iscritta al numero 200 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2020, avente ad oggetto appello avverso sentenza del Giudice di Pace, discussa e decisa all'udienza del 16/01/2024 e vertente TRA COMUNE DI PUGLIANELLO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. SP.MA. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in virtù di mandato a margine del ricorso in appello; Appellante E Pe.Al., nato a B. il (...), elettivamente domiciliato nel primo grado di giudizio presso lo studio dell'avv. An.Ab.; Appellato FATTO Con ricorso in appello, il COMUNE DI PUGLIANELLO impugnava la sentenza n. 708/2019 del Giudice di Pace di Guardia Sanframondi (con la quale era stato accolto il ricorso proposto per l'annullamento del verbale di accertamento di violazione del Codice della Strada n. 17368/V/2015) per violazione di legge ed errore di fatto e di diritto nella valutazione delle risultanze istruttorie, giacché il Giudice di Pace aveva accolto il ricorso ritenendo che il Comune non avesse compiutamente provato la presenza di una adeguata segnalazione dell'autovelox che aveva accertato la violazione oggetto di causa. Pe.Al. non si costituiva in giudizio, nonostante la regolarità della notifica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza, ragion per cui ne veniva dichiarata la contumacia. Acquisito il fascicolo relativo al giudizio di primo grado, la causa veniva rinviata direttamente per la discussione e la lettura del dispositivo all'odierna udienza. DIRITTO L'appello è fondato e, per l'effetto, merita accoglimento. Nel verbale impugnato, infatti, era dato leggere che "La postazione di controllo è stata preventivamente segnalata mediante collocazione di segnaletica stradale conforme alle disposizioni del Regolamento di esecuzione, posta a distanza "adeguata" secondo le indicazioni dell'art. 79 del Reg. Esec. CDS, ai sensi dell'art. 3 del D.L. n. 117 del 2007 convertito in L. n. 160 del 2 ottobre 2007 e della circolare del Ministero dell'Interno n. 300/A/1/26352/101/3/3/9 del 20.8.2007 e resa ben visibile grazie alla collocazione di un segnale raffigurante l'organo di polizia operante conforme a quello previsto dall'art. 125 c. 2 Figura II - 111 del Reg. Esec C.d.S., come prescritto dall'art. 142 comma 6 bis del C.d.S.. L'installazione del dispositivo e della segnaletica di preavviso è avvenuta a seguito di Nulla Osta rilasciato dall'An. SPA con Provv. n. 0048075 - P del 22 novembre 2012". A fronte di tale specifica indicazione e nonostante il noto valore probatorio del verbale di accertamento in ordine ai fatti constatati dagli organi verbalizzanti (cfr., in modo specifico, Ordinanza della Cassazione n. 11792 del 18/06/2020, nonchè ex multis Cass. Sez. II n. 25842 del 27.10.2008, cfr. in senso conforme Cass. 15073 del 6.6.2008 e Cass. Sez. L. n. 3525 del 22 febbraio 2005), nella sentenza impugnata l'opposizione veniva accolta perché il Giudice di Pace riteneva che fosse onere del Comune opposto/attore in senso sostanziale provare compiutamente l'esatto posizionamento della segnaletica preventiva, citando all'uopo la L. n. 168 del 2002 ed il D.L. n. 117 del 2007. Orbene, sul punto occorre in primo luogo chiarire che l'art. 2 del D.M. 15 agosto 2007 prevede semplicemente che i segnali stradali ed i dispositivi di segnalazione luminosi debbano essere installati con adeguato anticipo rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità , il Decreto del Ministero dell'Interno del 20.8.2007 n. 300 - poi - chiarisce l'inesistenza di una distanza minima specifica tra il segnale di preavviso e la postazione di controllo, richiamando - però - l'applicazione delle distanze di cui all'art. 79 Reg. Es. C.d.S., nonchè l'esistenza di una distanza massima, indicata in 4 km. Sul punto ha avuto modo di esprimersi anche la Cassazione che nella sentenza n. 26959/2022 ha chiarito "in materia di accertamento di violazioni delle norme sui limiti di velocità, compiuta a mezzo di apparecchiatura di controllo, comunemente denominata autovelox, l'art. 2 del D.M. 15 agosto 2007 (secondo cui dell'installazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo deve essere data preventiva informazione agli automobilisti) non stabilisce, infatti, una distanza minima per la collocazione dei segnali stradali o dei dispositivi di segnalazione luminosi ma, com'è accaduto nel caso in esame, solo l'obbligo della loro istallazione con adeguato anticipo rispetto al luogo del rilevamento della velocità, in modo da garantirne il tempestivo avvistamento (cfr. Cass. n. 25769 del 2013)". Alla luce di tale normativa, quindi, la specifica indicazione nel verbale impugnato di segnaletica adeguata, con espresso richiamo anche del citato art. 79 Reg. Es. C.d.S. deve ritenersi sufficiente per considerare assolto da parte del Comune (odierno appellante) l'onere probatorio posto a suo carico; del resto, alla luce del valore probatorio privilegiato già evidenziato in epigrafe, la Cassazione con l'ordinanza n. 23566 del 9.10.2017 ha chiarito che: "In tema di opposizione a verbale di contravvenzione per superamento del limite di velocità, grava sull'opponente, e non sulla Pe.Al., l'onere di provare l'inidoneità in concreto, sul piano della percepibilità e della leggibilità, della segnaletica di cui al D.M. 15 agosto 2007 ad assolvere la funzione di avviso della presenza di postazioni di controllo della velocità, non assumendo, di per sé, alcuna rilevanza il dato della velocità predominante sul tratto di strada interessato dalla presenza della segnaletica" (cfr. sul punto anche Cass. sez. 1, Sentenza n. 6242 del 21/06/1999 e Cass. n. 2041 del 24.1.2019 che - a contrario - fa ricadere l'onere probatorio sull'amministrazione, allorquando nulla risulti dal verbale di infrazione). Spettava, quindi, all'opponente fornire prova compiuta in ordine alla inidoneità in concreto della segnaletica alla data del 23.7.2015 in contrasto con quanto verbalizzato. Orbene, dall'esame del ricorso in opposizione si evince che in quella sede l'odierna parte appellata aveva formulato istanza ex art. 210 c.p.c. richiedendo all'organo accertatore di esibire - tra l'altro - "la certificazione circa l'esistenza e regolarità dei segnali che indicano preventivamente che il tratto di strada è soggetto a rilevamento elettronico", ma alla prima udienza il Giudice di Pace decideva la causa direttamente allo stato degli atti. In questa sede, come già evidenziato, parte appellata non si costituiva, di talchè alla luce di quanto precisato nel verbale impugnato ed in mancanza di ulteriori prove sul punto, deve ritenersi adeguata la segnaletica presente sui luoghi, con riforma integrale della sentenza impugnata. L'opposizione, inoltre, veniva accolta anche per la conoscenza che il Giudice di Pace aveva in ordine ad archiviazioni che sarebbero state disposte dalla Prefettura a seguito di ricorsi ex art. 203 C.d.S., dalle quali il Giudice di Pace evinceva la non visibilità della citata segnaletica e/o della postazione di autovelox a causa della folta vegetazione presente sui luoghi. Non si rinvengono in atti dette note, ma appare superfluo avvalersi dei poteri di ufficio per acquisirle giacchè - come già evidenziato - alla luce di quanto attestato nel verbale impugnato, sarebbe stato onere dell'opponente provare la non visibilità della segnaletica alla data del 23.7.2015. L'appello, quindi, merita pieno accoglimento con condanna della parte soccombente al rimborso delle spese di lite relative al doppio grado di giudizio, come liquidate in dispositivo tenendo conto dell'attività effettivamente espletata (una sola udienza dinanzi al Giudice di Pace e due udienze in appello, senza deposito di memorie istruttorie, né di note conclusionali) con applicazione del D.M. n. 55 del 2014 per le spese relative al primo grado di giudizio e del D.M. n. 147 del 2022, per le spese relative al presente grado di giudizio, per il quale l'attività difensiva si concludeva dopo il 23.10.2022. P.Q.M. Il Tribunale di Benevento, ogni altra domanda o eccezione disattesa, così decide: 1. In accoglimento dell'appello, riforma la sentenza n. 708/2019 del Giudice di Pace di Guardia Sanframondi e, per l'effetto, rigetta il ricorso originario spiegato da Pe.Al. avverso il verbale di accertamento di violazione del Codice della Strada n. 17368/V/2015; 2. Condanna Pe.Al. al rimborso in favore del Comune di Puglianello delle spese di lite relative al doppio grado di giudizio, che si liquidano in Euro 91,50 per C.U. e diritti dell'appello ed in complessivi Euro 592,00 per onorario (di cui Euro 65,00 per la fase di studio nel primo grado di giudizio, Euro 65,00 per la fase introduttiva nel primo grado di giudizio ed Euro 100,00 per la fase decisoria nel primo grado di giudizio, Euro 131,00 per la fase di studio nel presente grado, Euro 131,00 per la fase introduttiva nel presente grado ed Euro 100,00 per la fase decisoria), oltre IVA, CPA e rimborso spese forfettario come per legge. Così deciso in Benevento il 16 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO PRIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Roberta Mandelli ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 48767/2022 promossa da: - (...), C.F. (...), con il patrocinio dell'avv. Ma.Ga., elettivamente domiciliata in Lissone, alla via (...), presso il difensore attore contro - CITTÀ METROPOLITANA DI MILANO, C.F. (...), convenuto contumace CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione notificato in data 10-12-2022 la sig.ra (...) proponeva opposizione avverso l'atto di ingiunzione di pagamento n. (...) emesso dalla Città Metropolitana di Milano in data 26-10-2022 e notificato in data 10-11-2022, a mezzo del quale si ingiungeva all'attrice il versamento della somma di Euro 20.609,58 per l'omesso pagamento di sanzioni amministrative relative a plurime violazioni del codice della strada. L'attrice chiedeva, in via preliminare, la sospensione dell'efficacia esecutiva dell'atto impugnato e, nel merito, l'annullamento del provvedimento avversato, deducendo, in particolare quanto segue: - in data 10-11-2022 la Città Metropolitana di Milano intimava alla sig.ra (...) il pagamento della somma di Euro 20.609,58, asseritamente dovuta per le violazioni al Codice della Strada portate dai verbali n. (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...) (tutti aventi codice iniziale (...)) e dai verbali n. (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...) (tutti aventi codice iniziale XX); - in particolare, i verbali avente codice iniziale (...) riguardano tutte asserite violazioni del limite di velocità rilevate dall'autovelox posto sulla S.P. ex SS 412 della Val Tidone direzione Landriano, mentre i verbali avente codice iniziale XX si riferiscono alla sanzione ai sensi dell'art. 126 bis, comma 2, C.d.S. per la mancata comunicazione del nominativo del conducente alla guida al momento dell'infrazione; - i verbali aventi codice iniziale (...) indicati nell'atto di ingiunzione di pagamento avversato sono stati oggetto di impugnazione al Prefetto di Milano con ricorsi depositati a mezzo pec in data 28-01-2021 e rimasti privi di riscontro, così da determinarne, per via del decorso del termine del c.d. silenzio assenso, il loro accoglimento; - per effetto dell'accoglimento dei ricorsi presentati in via amministrativa da parte della sig.ra (...), nulla è dovuto per le sanzioni portate dai verbali aventi codice iniziale (...); - successivamente la sig.ra (...) riceveva i verbali n. (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...) per sanzioni elevate ai sensi dell'art. 126 bis, comma 2, C.d.S. per non avere il proprietario del veicolo comunicato i dati del conducente all'epoca dell'asserita infrazione del codice della strada; - tali sanzioni sono dipendenti, conseguenti e correlate alle sanzioni principali elevate con i verbali aventi codice iniziale (...); - essendo i verbali aventi codice iniziale (...) atti amministrativi presupposti rispetto ai verbali aventi codice iniziale XX ed essendo i verbali aventi codice iniziale (...) stati annullati dal Prefetto di Milano, nulla è dovuto alla Città Metropolitana di Milano e, pertanto, l'ingiunzione dovrà essere revocata e/o annullata e/o dichiarata illegittima. Con decreto pronunciato in data 20-01-2023 il Giudice rinviava la prima udienza ex art. 183 c.p.c. alla data del 31-03-2023, disponendone la trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c. e rigettava l'istanza di sospensione dell'ordinanza impugnata formulata dall'attore. All'udienza del 31-03-2023 il Giudice dichiarava la contumacia della Città Metropolitana di Milano e, ritenuta la causa matura per la decisione, rinviava il procedimento all'udienza del 05-10-2023 per la precisazione delle conclusioni. In tale udienza svoltasi con le modalità di cui all'art. 127 ter c.p.c., il Giudice assegnava alla parte attrice termine sino al 17-10-2023 per il deposito della comparsa conclusionale, trattenendo la causa in decisione alla scadenza di detto termine. 2. La domanda proposta dalla sig.ra (...) è parzialmente fondata e deve essere accolta nei limiti e per le ragioni che seguono. 2.1. Oggetto del presente giudizio è l'ingiunzione di pagamento n. (...) emessa in data 26-10-2022 dalla Città Metropolitana di Milano e notificata all'opponente in data 10-11-2022, a mezzo della quale l'ente convenuto ingiungeva alla sig.ra (...) il pagamento della complessiva somma di Euro 20.609,58, dovuto a titolo di violazioni del codice della strada elevate negli anni 2020 e 2021. Parte opponente contesta la debenza della somma perché parte dei verbali (quelli avente codice iniziale (...)) sono già stati oggetto di ricorso al Prefetto, che, essendo rimasto privo di riscontro, è da ritenersi accolto, con conseguente annullamento degli stessi, mentre i restanti verbali (quelli avente codice iniziale XX) si riferiscono a sanzioni per la mancata comunicazione dei dati del conducente con riferimento agli stessi verbali annullati e, quindi, a loro volta inesigibili. La censura è fondata con riferimento alle doglianze relative ai verbali avente codice iniziale (...). Con riferimento alla normativa applicabile al caso di specie, si osserva quanto segue. L'art. 203 C.d.S., per la parte che qui rileva, stabilisce che "Il trasgressore o gli altri soggetti indicati nell'art. 196, nel termine di giorni sessanta dalla contestazione o dalla notificazione, qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui è consentito, possono proporre ricorso al prefetto del luogo della commessa violazione, da presentarsi all'ufficio o comando cui appartiene l'organo accertatore ovvero da inviarsi agli stessi con raccomandata con ricevuta di ritorno o per via telematica, a mezzo di posta elettronica certificata o di altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato, secondo le modalità previste dall'articolo 65 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82. Con il ricorso possono essere presentati i documenti ritenuti idonei e può essere richiesta l'audizione personale. 1-bis. Il ricorso di cui al comma 1 può essere presentato direttamente al prefetto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o trasmesso per via telematica, a mezzo di posta elettronica certificata o di altro servizio elettronico direcapito certificato qualificato, secondo le modalità previste dall'articolo 65 del codice di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82. In tale caso, per la necessaria istruttoria, il prefetto trasmette all'ufficio o comando cui appartiene l'organo accertatore il ricorso, corredato dei documenti allegati dal ricorrente, nel termine di trenta giorni dalla sua ricezione." Il successivo art. 204 C.d.S. prevede che "Il prefetto, esaminati il verbale e gli atti prodotti dall'ufficio o comando accertatore, nonché il ricorso e i documenti allegati, sentiti gli interessati che ne abbiano fatta richiesta, se ritiene fondato l'accertamento adotta, entro centoventi giorni decorrenti dalla data di ricezione degli atti da parte dell'ufficio accertatore, secondo quanto stabilito al comma 2 dell'articolo 203, ordinanza motivata con la quale ingiunge il pagamento di una somma determinata, nel limite non inferiore al doppio del minimo edittale per ogni singola violazione, secondo i criteri dell'articolo 195, comma 2. 2. L'ingiunzione comprende anche le spese ed è notificata all'autore della violazione ed alle altre persone che sono tenute al pagamento ai sensi del presente titolo. Ove, invece, non ritenga fondato l'accertamento, il prefetto, nello stesso termine, emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti, comunicandola integralmente all'ufficio o comando cui appartiene l'organo accertatore, il quale ne dà notizia ai ricorrenti. 1-bis. I termini di cui ai commi 1-bis e 2 dell'articolo 203 e al comma 1 del presente articolo sono perentori e si cumulano tra loro ai fini della considerazione di tempestività dell'adozione dell'ordinanza-ingiunzione. Decorsi detti termini senza che sia stata adottata l'ordinanza del prefetto, il ricorso si intende accolto. (...). 2. L'ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria deve essere notificata, nel termine di centocinquanta giorni dalla sua adozione, nelle forme previste dall'articolo 201." Dall'esame della documentazione allegata dall'opponente, si evince che in data 28-01-2021 la sig.ra (...), a mezzo del proprio difensore, proponeva ricorso al Prefetto di Milano avverso i seguenti 31 verbali di contestazione: (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), descritti nell'ingiunzione di pagamento n. (...) in opposizione. La Prefettura di Milano, ricevuti i ricorsi, aveva termine sino al 28-05-2021 per l'adozione dell'ordinanza-ingiunzione o per disporre l'archiviazione del procedimento amministrativo. L'opponente ha dedotto di non aver ricevuto risposta dalla Prefettura di Milano circa l'esito del ricorso amministrativo e la condizione contumaciale dell'opposta, unico soggetto interessato a dimostrare il contrario ovvero ad offrire una diversa lettura dei fatti, ne rafforza l'assunto. Ciò posto, si rileva in diritto che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il verbale di contestazione della contravvenzione è titolo esecutivo e, quindi, può giustificare il recupero coattivo solo laddove non sia stato impugnato con il ricorso amministrativo innanzi al prefetto. In particolare, si è precisato che: "in tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, ove sia presentato ricorso amministrativo contro il verbale di contestazione, il prefetto, nel caso in cui confermi l'accertamento, ha il dovere di emanare l'ordinanza-ingiunzione, sia che ritenga il ricorso infondato nel merito sia che lo consideri inammissibile, irricevibile o improcedibile, non essendo consentita, in tale ipotesi, l'emissione della cartella esattoriale in base al verbale di contestazione dell'infrazione" (Cass. n. 24702/2020); nonché che: "è illegittima - e va, pertanto, annullata - la cartella esattoriale emessa per riscossione di sanzione amministrativa relativa a violazione al codice della strada, che si fondi su un verbale di accertamento impugnato davanti al prefetto, poiché, una volta opposto - anche se con esito negativo - in sede amministrativa, esso deve ritenersi privo dell'efficacia di titolo esecutivo, risultando necessaria la successiva emanazione della correlata ordinanza-ingiunzione, la quale soltanto, se non annullata a seguito di ricorso giurisdizionale o revocata dalla stessa autorità amministrativa, può legittimare la conseguente notificazione della cartella esattoriale nei confronti del trasgressore" (Cass. n. 17278/2005). I precedenti sopra richiamati - anche se riferiti alla cartella di pagamento - appaiono perfettamente applicabili al caso di specie. La sig.ra (...) ha, infatti, provato di aver depositato il ricorso amministrativo ai sensi dell'art. 203 C.d.S. avverso i verbali con codice iniziale (...); ciò ha determinato il venir meno dell'idoneità di quei verbali a fondare la procedura ingiuntiva e la necessità per l'amministrazione di adottare - a seguito dei sopra citati ricorsi - le eventuali ordinanze di ingiunzione di pagamento. Devono, pertanto, ritenersi accolti i ricorsi al Prefetto di Milano per silenzio-assenso della Pubblica Amministrazione con conseguente annullamento dei suddetti verbali. 2.2. Con riferimento ai verbali relativi alla violazione dell'art. 126 bis C.d.S., questo Tribunale richiama quanto già argomentato nel decreto del 20-01-2023, ritenendo la censura dell'opponente infondata. Infatti, come statuito dalla Suprema Corte, le due sanzioni - quella per violazione del limite di velocità e quella per omessa comunicazione dei dati del conducente -appaiono dotate di una intrinseca autonomia, atteso che quella comminata per eccesso di velocità deve ritenersi finalizzata a sanzionare la violazione di una norma cautelare contenuta nel Codice della Strada, mentre la seconda sanzione attiene ad un obbligo di collaborazione nell'accertamento degli illeciti stradali e dei loro autori, che rileva in sé stesso e non in quanto collegato alla effettiva commissione di un precedente illecito (Cass. n. 13488/2005, n. 3123/2002, n. 9924/2001). L'ingiunzione impugnata deve, quindi, essere confermata con riferimento alle sanzioni di cui ai verbali n. (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...) e (...) (tutti aventi codice iniziale XX) per un totale di Euro 10.703,55. 3. Quanto alle spese di lite, vista la parziale soccombenza dell'opponente, vanno compensate integralmente. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone: 1. in parziale accoglimento dell'opposizione proposta dalla sig.ra (...), annulla l'ingiunzione di pagamento n. (...) emessa dalla Città Metropolitana di Milano in data 26-10-2022 e notificata in data 10-11-2022 e ridetermina la sanzione amministrativa dovuta dalla sig.ra (...) all'Ente resistente nella somma di Euro 10.703,55. 2. spese compensate. Così deciso in Milano il 15 novembre 2023. Depositata in Cancelleria il 16 novembre 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 98 del 2023, proposto da So. Sc. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ne. Ba. e Cl. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Provincia di Pisa, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. An. An. e Si. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Ma. in Roma, piazza (...); nei confronti En. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. Ca., Ar. Po., Ma. Oc. e Fa. Fr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ar. Po. in Roma, viale (...); per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Prima n. 01374/2022, resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Pisa e della En. s.r.l.; Viste le memorie delle pari; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 marzo 2023 il Cons. Annamaria Fasano e, uditi per le parti, gli avvocati Ba., Ba. e Ma., in delega dell'avvocato Sa. e dell'avvocato Po.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1.Con determina a contrarre n. 1224 del 15 ottobre 2020, la Provincia di Pisa - Istituzione dei Comuni per il governo dell'area vasta Scuole, Strade e Sistemi di trasporto, Territorio e Ambiente Gestione associata di servizi e assistenza ai Comuni indiceva una procedura aperta telematica, ai sensi dell'art. 60 del d.lgs. n. 50 del 2016, finalizzata all'affidamento per tre anni (con facoltà di rinnovo di ulteriori tre anni) del'Servizio di noleggio di n. 6 autovelox di tipo fisso con ripresa fotografica digitale, comprensivo del servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria e assistenza tecnica e lavori necessari ad installazione delle apparecchiature' da posizionarsi nel tratto della S.G.C. FI-PI-LI di competenza della Provincia di Pisa. Il 6 novembre 2020 veniva pubblicato il bando di gara, con scadenza per la presentazione delle offerte il 2 dicembre 2020. Il disciplinare di gara prevedeva l'affidamento con procedura aperta e applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità prezzo, ai sensi degli artt. 60 e 95 comma 2 del d.lgs. n. 50 del 2016, partendo da una base d'asta di euro 370.000.00, IVA esclusa per il triennio. Pubblicato il bando di gara, presentavano domanda di partecipazione la En. s.r.l. e la So. Sc. s.r.l.. Espletate la procedura di gara e le relative valutazioni da parte della Commissione esaminatrice come da rispettivi verbali, nella seduta di gara del giorno 10.3.2021, considerato l'esito positivo della verifica dell'anomalia dell'offerta della società En. s.r.l., con determinazione del 22.4.2021 n. 543, la Provincia di Pisa procedeva ad aggiudicare, ai sensi dell'art. 32, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016, alla En. s.r.l. il servizio. Ai sensi dell'art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50/2016, l'efficacia dell'aggiudicazione rimaneva sospesa fino alla verifica, in senso positivo, dei requisiti generali di cui all'art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 e ss.mm.ii., dei requisiti di capacità economica e finanziaria e di capacità tecnica e professionale, di cui all'art. 83, comma 1, del medesimo Decreto Legislativo, previsti dal paragrafo 6.1 e 6.2 del Disciplinare di Gara, dichiarati in sede di gara dall'impresa. Considerato l'esito positivo delle verifiche dei requisiti dichiarati da En. s.r.l., con determinazione n. 706 del 2021, la Provincia di Pisa dichiarava, ai sensi dell'art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii., l'efficacia dell'aggiudicazione del servizio in oggetto ad En. s.r.l. 2. La So. Sc. s.r.l. proponeva ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, integrato da motivi aggiunti, impugnando l'esito della gara e denunciando che il dispositivo offerto dall'aggiudicataria non era conforme alle caratteristiche di omologazione in modalità automatica richieste dai documenti di gara, potendo essere montato esclusivamente su palo (come prescritto dal manuale d'uso) e non all'interno di box a margine della carreggiata, come, invece, richiesto dal Capitolato speciale. 3. Il Tribunale amministrativo regionale, con sentenza n. 1374 del 2022, respingeva il ricorso considerando la censura infondata. In particolare, il Collegio di prima istanza riteneva che la possibilità di installare il misuratore su palo nella offerta della società En. s.r.l. era stata prospettata come soluzione migliorativa e non rappresentava una variante rispetto alle disposizioni inderogabili del capitolato. Nel caso di specie, il Collegio, nello stabilire i criteri per la valutazione delle offerte, aveva ammesso la formulazione di 'opzioni migliorative del servizio e delle caratteristiche tecnichè, inoltre, la installazione su palo, anziché in box ancorati al suolo, non incideva sulle prestazioni del misuratore. Anzi, dalla verificazione disposta nel corso del giudizio, emergeva che tale soluzione consentiva agli autovelox di espletare una delle funzioni espressamente richieste dal bando che gli strumenti ancorati a terra non potevano svolgere, vale a dire la lettura di più targhe di autoveicoli che transitavano in parallelo. Il T.A.R. respingeva anche la seconda censura, con la quale la ricorrente aveva denunciato che l'aggiudicataria non aveva dato dimostrazione dei requisiti esperienziali previsti dal bando, in particolare con riferimento allo svolgimento di servizi comprensivi di manutenzione ed assistenza tecnica. Ciò in quanto, nel corso dell'istruttoria procedimentale, la Stazione appaltante aveva interpellato in via officiosa gli enti pubblici preso i quali En. s.r.l. aveva dichiarato di avere svolto i propri precedenti servizi, appurando che gli stessi erano comprensivi anche dei servizi complementari di assistenza e manutenzione. Inoltre, il Collegio di prime cure rigettava anche le critiche con cui si lamentava la mancata motivazione da parte della Commissione dei punteggi attribuiti sulla scorta dei criteri dalla stessa prestabiliti. In ragione del rigetto del ricorso principale e di quello per motivi aggiunti, il T.A.R. dichiarava improcedibile il ricorso incidentale proposto da En. s.r.l. con cui si erano censurati tutti gli atti della gara indetta dalla Provincia di Pisa limitatamente alla parte in cui il Segretario Generale, approvando i verbali della gara per l'affidamento del servizio, aveva incluso nella graduatoria conclusiva della selezione anche la So. Sc. s.r.l., dovendo la stessa essere esclusa dalla procedura, in quanto non aveva provato di possedere i requisiti tecnici e professionali richiesti dal Disciplinare di gara, e avendo indicato nella propria offerta un sistema di rilevamento della velocità che non era conforme alle specifiche tecniche stabilite dal Capitolato speciale d'appalto. 4. Con atto di appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, la So. Sc. s.r.l. (in seguito anche solo So.) ha appellato la suddetta pronuncia, chiedendone l'integrale riforma, e denunciando: "1. Carenza assoluta di giurisdizione. Eccesso di potere giudiziario per sconfinamento nella sfera riservata alla amministrazione; 2. Violazione e falsa applicazione dell'art. 111 Cost. Eccesso di potere giudiziario per assenza, insufficienza o comunque incongruenza della motivazione. Violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c.. Omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia. 3. Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del Capitolato Speciale d'Appalto. Violazione e falsa applicazione degli artt. 59, comma 3, lett. a) e 83, comma 8, del d.lgs. 50/2016. Violazione e falsa applicazione degli artt. 45, comma 6, del Codice della strada e degli artt. 192 e 345 del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495. Violazione dell'art. 80, comma 5, lett. f-bis del d.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per violazione dei principi di trasparenza e parità di trattamento. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di adeguata motivazione; 4. Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del Disciplinare di gara. Ulteriore violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del Capitolato Speciale d'Appalto. Ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 59, comma 3, lett. a), e 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016. Violazione e falsa applicazione degli artt. 45, comma 6, del Codice della strada e degli artt. 192 e 345 del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495. Violazione dei principi di trasparenza e parità di trattamento. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione; 5. Erroneità della sentenza per ulteriore violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del Capitolato Speciale d'Appalto. Ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 59, comma 3, lett. a) e 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016. Violazione e falsa applicazione degli artt. 45, comma 6, del Codice della strada e degli artt. 192 e 345 del d.P.R. 16 dicembre 1992 n. 405. Violazione dei principi di trasparenza e parità di trattamento. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione; 6. Erroneità della sentenza per ulteriore violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del Disciplinare di Gara. Violazione e falsa applicazione dell'art. 83 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione dei principi in tema di trasparenza e parità di trattamento. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione; 7. Erroneità della sentenza per ulteriore violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del Disciplinare di Gara. Violazione e falsa applicazione dell'art. 83 d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione dei principi di trasparenza e parità di trattamento. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione". 5. La società En. s.r.l. (in seguito anche solo En.) si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto dell'appello e proponendo, ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi di ricorso incidentale e i motivi aggiunti al ricorso incidentale non esaminati dal giudice di prima istanza. 6. La Provincia di Pisa si è costituita in resistenza, concludendo per il rigetto del gravame. 7. Le parti con successive memorie hanno ribadito le proprie difese. 8. All'udienza del 30 marzo 2023, la causa è stata assunta in decisione. DIRITTO 9. Con il primo motivo, l'appellante denuncia carenza assoluta di giurisdizione, affermando che l'Autorità giudiziaria non può sostituirsi all'Amministrazione, esprimendo giudizi di valore sulle scelte compiute e sovrapponendo la propria volontà a quella contenuta nelle decisioni sottoposte a verifica giurisdizionale, determinandosi, in tal modo, uno sconfinamento nella sfera riservata. Nel caso di specie, secondo la società, l'affermazione sostenuta dal T.A.R. in ordine al fatto che il posizionamento dello strumento su palo sia migliore di quello in box implica un giudizio di valore che esula dalle prerogative del giudice amministrativo, il quale, al contrario, è chiamato a pronunciarsi, non sul merito della scelta concreta compiuta dall'Amministrazione, ma sulla rispondenza di quanto offerto in gara rispetto a quello che era stato richiesto dalla Stazione appaltante nel bando e nel capitolato speciale. L'art. 2, lett. e) del CSA prescriveva tra le caratteristiche essenziali dei rilevatori da offrire in gara che gli stessi 'dovranno essere installati all'interno di box a margine della carreggiata', mentre lo strumento scelto dalla Provincia non poteva essere collocato in box a bordo strada. 10. Con il secondo mezzo, si denuncia omessa pronuncia con riferimento alle deduzioni difensive illustrate nel ricorso introduttivo relative alla prescrizione del bando con riferimento alla collocazione in box del misuratore di velocità, e con riferimento al fatto che lo strumento offerto da En. era autorizzato per la sola collocazione su palo. Secondo l'esponente, nel caso di specie, la collocazione su palo avrebbe potuto costituire una miglioria solo laddove lo strumento fosse stato legittimamente utilizzabile anche in box, circostanza decisamente esclusa dal manuale di installazione. Il T.A.R. non si sarebbe pronunciato neppure sulla censura contenuta nella prima parte del primo motivo aggiunto, laddove si contestava la violazione dell'art. 80, comma 5, lett. f-bis del Codice degli appalti, tenuto conto che nell'allegato 2 all'offerta tecnica presentata da En., la controinteressata aveva dichiarato che 'nel rispetto delle prescrizioni del capitolato, i sistemi verranno forniti installati all'interno di box a margine della carreggiata', pur sapendo che il proprio apparecchio non aveva l'autorizzazione ministeriale per l'installazione in box. 11. Con il terzo mezzo, la ricorrente riferisce che nell'allegato 2 all'offerta tecnica presentata da En., la società aveva dichiarato che 'nel rispetto delle prescrizioni del capitolato, i sistemi verranno forniti installati all'interno di box a margine della carreggiata. Ciononostante, poiché la scrivente ritiene dal punto di vista dell'immunità agli atti vandalici sia più consona una installazione dei sensori su palo, come proposta migliorativa, in qualunque momento successivo all'attivazione la Provincia di Pisa intendesse optare per questa ulteriore modalità di collocazione, senza alcun potere aggiuntivo si provvederà all'installazione di un palo accanto all'armadio su cui collocare ad un'altezza di circa 5 metri o superiore i sensori e i sistemi di ripresa'. Secondo l'appellante, la controinteressata era perfettamente consapevole che l'unica tipologia di installazione ammessa dal CSA era quella all'interno di box a margine della carreggiata, come prescritto all'art. 2, lett. e) del CSA, e non quella su palo, pertanto la En. avrebbe dovuto essere esclusa anche per violazione dell'art. 80, comma 5, lett. f-bis) del Codice degli appalti. 12. Con la quarta censura, la società So. Sc. s.r.l. ha denunciato che mancherebbe la prova che l'apparecchio offerto dalla società controinteressata sia dotato della approvazione ministeriale, prevista dagli artt. 45, comma 6, e 142, comma 6, del Codice della strada e dagli artt. 192 e 345 del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, e specifica secondo le modalità di installazione e utilizzo previste nel Capitolato speciale d'appalto. L'appellante riferisce che la Determina n. 706 del 26 magio 2021, con la quale è stata disposta l'integrazione dell'efficacia dell'aggiudicazione, sarebbe completamente priva di motivazione riguardo alle verifiche effettuate per la presunta comprova dei requisiti di partecipazione e dell'assenza di cause di esclusione. Se la Stazione appaltante avesse verificato con attenzione, avrebbe accertato che il dispositivo offerto dalla controinteressata 'En. EV. MV. 16.' non corrisponderebbe ai requisiti tecnici richiesti all'art. 2 del Capitolato Speciale d'appalto. Secondo l'esponente il manuale d'uso del predetto dispositivo, al paragrafo 3.2.1, descrive quale modalità di installazione per il rilevamento in modalità automatica solo quella 'su palo posto a bordo carreggiata sulla quale sono montati sia il radar UMRR-OA Type 30 che il sistema o i sistemi di ripresa' e non all'interno di box a bordo strada. Il CSA, invece, all'art. 2 'Caratteristiche delle Apparecchiature' stabilisce che i rilevatori di infrazioni oggetto di fornitura 'dovranno essere installati all'interno di box a margine della carreggiata, ancorati stabilmente al suolo nel rispetto della normativa vigente', pertanto il dispositivo offerto dalla controinteressata non sarebbe conforme alle caratteristiche di omologazione in modalità automatica richieste dai documenti di gara, dovendo essere montato esclusivamente su palo e non potendo essere installato 'all'interno di box a margine della carreggiata', come espressamente richiesto dal CSA. A tale riguardo, nulla preciserebbe la sentenza impugnata, con la conseguenza che deve essere confermato il vizio di motivazione dedotto con il secondo motivo. 13. Con la quinta doglianza, si ribadisce che il prodotto offerto da En. non sarebbe conforme ai requisiti richiesti, potendo essere montato solo su palo come prescritto dal manuale d'uso costituente parte integrante dell'autorizzazione ministeriale, in violazione a quanto previsto dall'art. 2, lett. e) del CSA. Ciò premesso, l'appellante contesta quanto sostenuto nella sentenza impugnata, atteso che quanto offerto da En. non potrebbe neppure essere qualificato come offerta migliorativa, ma si tratterebbe di un prodotto diverso rispetto a quello messo a gara. Secondo l'appellante, nessun rilievo potrebbe assumere la circostanza che la controparte abbia cercato di camuffare la mancanza del prodotto offerto dei requisiti richiesti dal CSA attraverso la disponibilità a installare sensori su palo 'in qualunque momento successivo all'attivazione', ciò in quanto l'installazione su palo non poteva essere considerata una miglioria dell'offerta, ma l'unica modalità di installazione possibile per il prodotto offerto dalla controinteressata. La collocazione su palo avrebbe potuto essere considerata una miglioria solo laddove non fosse stata espressamente richiesta nel CSA l'installazione in box. L'esponente contesta che la Stazione appaltante avrebbe illegittimamente consentito la partecipazione ad un operatore che ha offerto un prodotto diverso da quello messo a gara e, una volta svolto la selezione, ha accettato l'installazione per apparecchiature diverse da quelle oggetto della procedura di gara. 14. Con il sesto mezzo, l'appellante contesta la decisione del giudice di prima istanza con riferimento al secondo motivo di ricorso introduttivo, con cui era stato evidenziato che l'aggiudicataria non aveva dato dimostrazione del possesso dei requisiti esperenziali previsti dal bando con riferimento allo svolgimento di servizi comprensivi di manutenzione ed assistenza tecnica, ma, a tale riguardo, la decisione del giudice di prima istanza non convincerebbe. Secondo il Disciplinare erano da considerarsi servizi analogha precedenti contratti inerenti l'attività di noleggio, installazione, manutenzione e assistenza tecnica. La controinteressata si limitava a trasmettere con propria nota del 14 aprile 2021, prot. 14335, copia di due lettere di due soggetti privati, ma nessuno dei servizi dichiarati nel DGUE prevedeva la fornitura della manutenzione e dell'assistenza tecnica richieste espressamente dagli atti di gara per poter qualificare i servizi precedentemente prestati come analogha . L'appellante deduce che nessun contratto veniva allegato dalla controinteressata, nonostante la copia conforme del contratto d'appalto fosse richiesta quale prova necessaria del possesso del requisito dichiarato, con la conseguenza che era priva dell'ulteriore requisito di capacità tecnica richiesto dal Disciplinare. Sulla base della documentazione acquisita, secondo l'esponente, l'unico servizio analogo posseduto da En. sarebbe quello prestato per il Comune di (omissis), mentre il Disciplinare ne richiedeva almeno due, sicchè la controinteressata meritava di essere esclusa. 15. Con il settimo mezzo, si denuncia che, con il terzo motivo di ricorso, integrato con il secondo motivo aggiunto, la ricorrente aveva censurato l'illegittima aggiudicazione della gara alla controinteressata, avendo la Commissione attribuito all'offerta tecnica di controparte un punteggio illogico e irrazionale, rilevando che i verbali della Commissione nn. 1, 2, 3, e 4 erano completamente privi di motivazione, mancando anche le valutazioni specifiche dei singoli commissari sulle ragioni che avevano portato all'attribuzione dei punteggi e non riscontrando alcuna motivazione sull'attribuzione dei singoli punteggi stessi, nonostante la genericità dei criteri di valutazione indicati nel Disciplinare. La sentenza sarebbe errata in quanto i verbali nn. 1, 2 (anche nella sua versione integrale, doc. 64 di controparte), 3 e 4 sarebbero totalmente privi di motivazione e non vi sarebbero elementi per verificare l'iter logico seguito dai commissari nelle rispettive valutazioni. Secondo l'appellante, il verbale n. 3 evidenzierebbe la totale carenza di istruttoria e di motivazione, considerato che i 70 punti dell'offerta tecnica vengono attribuiti ai concorrenti senza alcuna motivazione, con il mero richiamo a valutazioni numeriche dei commissari, nonostante il Disciplinare di gara prevedesse solo 4 macrocriteri, e si disponesse espressamente, quanto al criterio n. 4, che 'Si applica quindi un coefficiente al punteggio massimo previsto per le opzioni migliorative nel loro complesso, variabili da zero e uno, da parte di ciascun commissario di gara, adeguatamente motivato per arrivare alla media dei coefficienti variabili tra zero a uno, attribuiti discrezionalmente da parte dei singoli commissari e successiva trasformazione di detta media in coefficienti definitivi'. Considerato il peso attribuito all'offerta tecnica e l'indicazione di soli 4 macrocriteri, era onere dei Commissari esaminare con attenzione le due offerte e motivare puntualmente in modo da consentire di comprendere l'iter logico seguito nella valutazione. 16. En. s.r.l. si è costituita in resistenza, riproponendo i motivi di ricorso incidentale e i motivi aggiunti non esaminati nel giudizio di primo grado. La società appellata ha chiesto l'annullamento in parte qua, in via incidentale, di tutti gli atti con cui la Stazione appaltante ha ammesso alla gara o, comunque, non ha disposto l'esclusione della società So. Sc. s.r.l. dalla procedura competitiva, non avendo provato di possedere i requisiti tecnici e professionali richiesti dal Disciplinare, ed avendo indicato un sistema di rilevamento della velocità non conforme alle specifiche tecniche stabilite dal Capitolato speciale d'appalto. Secondo la ricorrente incidentale, la società So. Sc. s.r.l., inoltre, avrebbe dovuto essere esclusa dall'appalto per quanto dalla stessa sostenuto in merito alla asserita sostenibilità dell'offerta economica con preciso riguardo ai costi di manodopera. Contesta, inoltre, che la presenza di strati di policarbonato davanti ai sensori che emettono e ricevono i raggi laser proposti dalla società appellante non ha garantito tecnicamente il corretto rilevamento della velocità dei veicoli. Quanto ai motivi aggiunti al ricorso incidentale, En. denuncia che il dispositivo Au. 10. Pr., indicato da So. Scientifica al punto 3 dell'offerta tecnica, non coinciderebbe con il dispositivo prodotto, né vi sarebbe la prova del possesso della omologazione ministeriale. In sostanza, la Stazione appaltante avrebbe valutato in sede tecnica un sistema di rilevamento della velocità diverso da quello offerto dalla ricorrente principale e in nessun modo riconducibile a quello approvato dal decreto MIT dell'agosto 2014. La ricorrente incidentale lamenta, inoltre, che con riferimento al criterio di valutazione n. 3, la Stazione appaltante avrebbe dovuto prendere atto dell'assenza della specificazione del numero e delle tipologie di interrogazioni statistiche consentite dalla strumentazione offerta da So. Sc. s.r.l. assegnando zero punti. Invece, il Seggio di gara avrebbe chiesto l'integrazione del contenuto dell'offerta, violando il chiaro dettato letterale della lex specialis sul punto e il generale divieto di modificazione postuma dell'offerta. 17. Le critiche prospettate dall'appellante con il secondo, terzo, quarto e quinto mezzo, pur essendo sviluppate sotto diversi profili, attengono alla medesima questione, ossia che il prodotto offerto, e poi installato a seguito della sottoscrizione del contratto dalla società aggiudicataria, sarebbe difforme da quello richiesto in sede di gara e sul quale si è sviluppata la selezione pubblica. La società aggiudicataria avrebbe formulato una offerta tecnica differente dalle indicazioni fornite dalla lex specialis, proponendo un'apparecchiatura da installarsi su palo, pur non essendo consentito dagli atti di gara. Ne consegue che le predette censure vanno esaminate congiuntamente, dopo lo scrutinio del primo motivo, in quanto inerenti a profili connessi. 18. Il primo mezzo è infondato. La decisione impugnata ha correttamente individuato le ragioni di doglianza, motivando dettagliatamente in ordine ai relativi profili denunciati, senza che l'esercizio di tale potere sia stato espresso dal giudice di prima istanza in violazione della propria funzione giurisdizionale, in relazione alla 'causa petendi', ossia all'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, riguardante la denunciata illegittima aggiudicazione di una procedura di gara. La pronuncia, pertanto, non è viziata da eccesso di potere giurisdizionale, non eccedendo i limiti del riscontro di legittimità dei provvedimenti impugnati, o addirittura sconfinando nella sfera del merito riservato alla P.A. 18.1. Passando all'esame del secondo, terzo, quarto e quinto mezzo, va preliminarmente precisato il contenuto della lex specialis. Per quanto di interesse, l'art. 3 del Disciplinare di gara ha previsto tra i requisiti di capacità tecnica e professionale: a) 'Esecuzione negli ultimi tre anni dei seguenti servizi analoghi. Il concorrente deve aver eseguito nell'ultimo triennio: 1) due servizi analoghi al presente (contratti di noleggio che prevedano almeno 3 apparecchiature per la rilevazione di infrazioni stradali, comprensivi della installazione, manutenzione e dell'assistenza tecnica), per singolo contratto'; b) 'omologazione da parte del competente Ministero delle apparecchiature fornite a noleggio. La comprova del requisito è fornita mediante copia del provvedimento di omologazione'...'il mancato possesso dei prescritti requisiti di partecipazione non è sanabile mediante soccorso istruttorio e determina l'esclusione dalla procedura di garà . Con riferimento alle caratteristiche delle apparecchiature, il Capitolato Speciale d'appalto ha stabilito che i rilevatori di infrazioni: 'b) dovranno risultare omologati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per il funzionamento in modalità automatica (senza la presenza di agenti di polizia stradale contestuale alla commissione dell'infrazione, nel rispetto della normativa vigente in materia)...; e) dovranno essere installati all'interno di box a margine della carreggiata ancorati stabilmente al suolo nel rispetto della normativa vigente ...". Ciò premesso, va subito chiarito che, come correttamente precisato dal T.A.R., la possibilità di installare il misuratore su palo è stata prospettata da En. come soluzione migliorativa. Infatti, nella documentazione di gara, En. s.r.l. afferma, diversamente da quanto sostenuto dall'appellante, che l'apparecchiatura En. EV. MD. 16. sarà installata all'interno di box metallici ancorati a terra, proponendo, quale opzione, la possibilità di montare, in una fase successiva alla definizione della gara nonché all'occorrenza e su decisione della stazione appaltante, le apparecchiature su palo senza alcun costo aggiuntivo per l'ente. Quanto alle contestazioni sulle caratteristiche tecniche del dispositivo En. EV. MV. 16. e sulla non conformità alle caratteristiche di omologazione in modalità automatica richieste dai documenti di gara, si precisa quanto segue. Il Manuale d'uso del dispositivo al documento n. 30 precisa che "...3.2.1 Installazione per rilevamento in modalità automatica. Tipicamente l'installazione avviene su un palo posto a bordo carreggiata sulla quale sono montati sia il radar UM. Ty. 30 che il sistema o i sistemi di ripresa. L'apparato di elaborazione solitamente prende posto in un piccolo armadio alla base del palo dove è reperibile l'alimentazione elettrica e una eventuale connessione dati (...)2.2.4 Geometrie di installazione - Il sistema di ripresa Vi. En. è progettato in modo tale da adattarsi a ogni esigenza installativa (palo laterale, palo a sbraccio, portale, cavalcavia, ecc....) e per operare correttamente sia se il sistema En. EV. MV. 16. è utilizzato per la rilevazione dei passaggi con il rosso che per il rilevamento della velocità (...) Per installazioni di misura di velocità in modalità bordo strada questo apparato di ripresa può essere montato in alto nel rispetto delle stesse geometrie appena descritte oppure in basso (con altezza compresa fra 1 e 2 metri) accanto ai sensori per la misura della velocità .....E' possibile utilizzare il sensore anche dal basso.." Dalla piana lettura del predetto Manuale emerge che l'installazione su palo è una delle modalità di installazione dell'autovelox, ma non è l'unica possibile, atteso che il dispositivo può essere installato anche a margine della carreggiata, essendo possibile l'installazione 'a bordo stradà utilizzando il'sensore anche dal bassò . Ne consegue che il dispositivo offerto da En. s.r.l. ha rispettato le caratteristiche richieste dal Capitolato speciale di appalto, consentendo alla Stazione appaltante un plurimo utilizzo. Infatti, la Stazione appaltante ha stipulato il contratto con l'aggiudicataria prevendo che il dispositivo sia installato su palo e non all'interno di box a margine della carreggiata, atteso che tale modalità di installazione avrebbe consentito un uso più adeguato della strumentazione. Tale circostanza è stata evidenziata, anche, in sede di verificazione, posto che si è accertato, come viene puntualizzato nella sentenza impugnata, che "l'installazione su palo anziché in box ancorati al suolo non incide sulle prestazioni del misuratore". Le caratteristiche migliorative dell'offerta è stata prospettata dal verificatore, così come precisa il Collegio di prima istanza, essendo "emerso che tale soluzione consente agli autovelox di espletare una delle funzioni espressamente richiesta dal bando che gli strumenti ancorati a terra non potrebbero svolgere, vale a dire la lettura di più targhe di autoveicoli che transitino in parallelo'. Il T.A.R. ha adeguatamente motivato in ordine alle censure prospettate dalla ricorrente con riferimento a tale specifico aspetto, evidenziando non solo che il dispositivo offerto da En. s.r.l. ha rispettato le caratteristiche richieste dal Capitolato Speciale d'appalto, ma anche che ha rappresentato una miglioria, sicchè nessun vizio di omessa pronuncia può essere ravvisato. Ciò in quanto, le argomentazioni illustrate nella motivazione della sentenza impugnata, per quanto sintetiche, hanno assorbito implicitamente le diffuse critiche dell'appellante, sostanzialmente tutte concentrate ad evidenziare che il dispositivo offerto dall'aggiudicataria non era conforme alle caratteristiche di omologazione in modalità automatica richieste dai documenti di gara. Invero, la possibilità di installazione su palo è stata intesa, correttamente, come una miglioria dalla Commissione giudicatrice, in linea con principi espressi dalla giurisprudenza, secondo cui: "in termini generali e per diffuso intendimento (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 1 febbraio 2022, n. 696) - nell'assenza di specifiche prescrizioni e/o di variante progettuale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 269) - la distinzione tra queste ultime (ammesse solo se autorizzate, quanto non addirittura imposte, dalla lex specialis di gara: cfr. art. 95, comma 14, in relazione all'art. 94, comma 1 lett.a) D.Lgs. n. 50/2016) e le semplici 'soluzioni tecniche migliorativè fonda sul rilievo che solo le migliorie possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo per contro preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali che sono rigidamente stabilite dalla stazione appaltante" (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 ottobre 2019 n. 6793 e id., sez. V, 20 luglio 2021, n. 5447). La possibilità di installare il dispositivo autovelox su palo ha rappresentato senz'altro una miglioria e non certo una variante, non essendo stata modificata la finalità della strumentazione, né le caratteristiche progettuali stabilite dalla lex specialis. Nel caso di specie, il disciplinare di gara, nello stabilire i criteri per la valutazione delle offerte, ammetteva la formulazione di 'opzioni migliorative del servizio e delle caratteristiche tecniche'. Quanto alle contestazioni espresse dall'appellante sulla natura di miglioria del dispositivo offerto da En. s.r.l., va rammentato che 'nell'attività di valutazione e qualificazione delle proposte progettuali, ai fini della loro riconduzione nell'ambito delle varianti o delle semplici migliorie, vi è un ampio margine di discrezionalità tecnica della Commissione giudicatrice, con conseguente insindacabilità nel merito delle valutazioni e dei punteggi attribuiti, ove non infirmate da macroscopici errori o travisamenti di fatto, da illogicità di inquadramento o qualificazione o da irragionevolezza manifesta"(Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2019, n. 2873 e id. 1 febbraio 2022, n. 696 cit.). La Stazione appaltante, infatti, in sede esecutiva, ha riconosciuto che l'installazione su palo avrebbe consentito agli autovelox di espletare meglio le funzioni espressamente richieste dal bando come miglioria, tanto che con il contratto n. 1026 del 16.6.2021 tra la Provincia di Pisa ed En. s.r.l. è stato stabilito che "il servizio comprenderà anche la fornitura delle migliorie previste in gara di installazione di telecamere e sensori su palò . 18.2. Da rilievi espressi, si desume l'insussistenza di una causa di esclusione di En. s.r.l. per dichiarazioni non veritiere ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. f- bis del d.lgs. n. 50 del 2016, tenuto conto che il dispositivo autovelox proposto poteva essere, alternativamente, installato a bordo strada, oppure su palo, atteso che, come risulta dal Manuale d'uso, "il sistema di ripresa è progettato in modo tale da adattarsi a ogni esigenza installativa". 18.3. L'appellante sostiene che il decreto ministeriale n. 183 del 1.06.2020 depositato da En. s.r.l. non è l'autorizzazione ministeriale richiesta dalla legge di gara. La critica non è fondata. L'obiezione è stata contestata dalla società appellata, la quale ha chiarito che con il decreto n. 183/2020 del 1.6.2020 si è provveduto all'approvazione del dispositivo 'En. EV. MV. 16.' ad una versione con nuova telecamera mod. AX. P1. in sostituzione della versione mod. AX. P1. uscita di produzione. Il Decreto n. 183 del 2020 ha tenuto conto delle previsioni tecnico funzionali riconducibili ai Decreti n. 1550 del 17.3.2021 e n. 4020 del 21.6.2017, che sono stati richiamati in motivazione. Con il provvedimento, pertanto, si è provveduto ad approvare la versione aggiornata del dispositivo dotato di una nuova telecamera, che ovviamente fa parte del dispositivo stesso, perché la precedente era uscita di produzione. In definitiva, le emergenze processuali inducono a ritenere che, diversamente da quanto opinato dalla società appellante, l'apparecchiatura En. EV. MD. 16. offerta da En. s.r.l. è conforme alle prescrizioni indicate dall'art. 2, lett. e) del CSA, tenuto conto che, come risulta dal Disciplinare di gara, con riferimento ai criteri di valutazione dell'offerta tecnica è consentito offrire agli operatori economici "Eventuali opzioni migliorative del servizio e delle caratteristiche tecniche". 18.4. Vanno respinte anche le doglianze prospettate con il sesto motivo riferite alla omessa dimostrazione da parte dell'aggiudicataria dei requisiti esperenziali previsti dal bando, con particolare riferimento allo svolgimento di servizi comprensivi di manutenzione ed assistenza tecnica. Il giudice di prima istanza ha respinto la censura atteso che la Stazione appaltante, nel corso dell'istruttoria procedimentale, aveva interpellato in via officiosa gli enti pubblici presso i quali En. ha dichiarato di aver svolto i propri precedenti servizi, appurando che gli stessi erano comprensivi anche dei servizi complementari di assistenza e manutenzione. L'assunto non risulta essere stato specificamente contestato dalla società appellante. Le censure illustrate anche in appello, invece, hanno riguardato soprattutto la qualificazione di servizi analogha che l'aggiudicataria avrebbe svolto negli ultimi tre anni. Il Collegio rileva che la documentazione esibita comprova il possesso del requisito di capacità tecnica di cui al punto 3 lett. a) del Disciplinare di gara, avendo En. svolto due servizi analogha di noleggio di apparecchiature per le rilevazioni di infrazioni stradali, comprensivi della installazione, manutenzione e dell'assistenza tecnica, quale l'appalto per due anni, dal 2019 al 2021, presso il Comune di (omissis) e il contratto con il Comune di (omissis) dal 2019 al 2022. Nè può essere condivisa la tesi sostenuta dalla società appellante, secondo cui il servizio prestato da En. a favore del Comune di (omissis) non può essere considerato un servizio analogo . Secondo l'indirizzo consolidato della giurisprudenza amministrativa, per servizi analogha non si intende servizi identica, essendo necessario ricercare elementi di similitudine tra i servizi presi in considerazione, che possono scaturire solo dal confronto tra le prestazioni oggetto dell'appalto da affidare e le prestazioni oggetto dei servizi indicati dai concorrenti (Cons. Stato, sez. IV, 11 maggio 2020, n. 2953). Tale interpretazione contempera l'esigenza di selezionare un imprenditore qualificato con il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche, sicchè, al fine di verificare la sussistenza del requisito di capacità tecnico-professionale, la verifica delle attività pregresse va fatta in concreto tenendo conto del contenuto intrinseco delle prestazioni nonché della tipologia e dell'entità delle attività eventualmente coincidenti (Cons. Stato, sez. V, 6 aprile 2017, n. 1608; id. 28 luglio 2015, n. 3717). Nella specie, il Disciplinare di gara fa riferimento alle 'apparecchiature per la rilevazione di infrazioni stradali', e quindi non esclusivamente ad apparecchiature per la rilevazione di infrazioni stradali di superamento del limite di velocità, sicchè i servizi prestati da En. a favore del Comune di (omissis) possono essere ritenuti servizi analogha, pur riguardando rilevatori ottici di infrazioni semaforiche. Ciò in quanto, come si è detto, i concetti di servizio analogo e di fornitura analoga vanno intesi non come identità, ma come mera similitudine tra le prestazioni richieste, tenendo conto che l'interesse pubblico sottostante non è certamente la creazione di una riserva a favore degli imprenditori già presenti sul mercato ma, al contrario, l'apertura del mercato attraverso l'ammissione alle gare di tutti i concorrenti tra i quali si possa raggiungere un giudizio complessivo di fattibilità . 18.5. Va respinto anche il settimo motivo di appello, con il quale si è denunciato l'illegittimità dell'attribuzione del punteggio da parte della Commissione giudicatrice, lamentando altresì che il giudice di prima istanza nulla avrebbe dedotto riguardo alle contestazioni espresse in primo grado con riferimento alla valutazione del terzo criterio, posto che i verbali nn. 1 e 2, 3 e 4 sarebbero privi di motivazione e non vi sarebbero neppure elementi per verificare l'iter logico seguito dai commissari nelle valutazioni. Va premesso che il Disciplinare di gara prevedeva l'aggiudicazione secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, e l'attribuzione di 70 punti per l'offerta tecnica e di 30 punti per l'offerta economica per un totale di 100 punti. In particolare, per i criteri n. 1 e n. 3 era prevista l'attribuzione dei punteggi secondo i rispettivi coefficienti da applicare al punteggio massimo stabilito tramite l'uso di specifiche formule matematiche, per il criterio n. 2 era stabilito "... Per l'elemento di valutazione qualitativi n. 2 verrà attribuito il punteggio assoluto sulla base della presenza o assenza della caratteristica richiesta". Per il criterio n. 4 era consentita la valutazione discrezionale delle eventuali opzioni migliorative del servizio e delle caratteristiche tecniche, con l'attribuzione di un coefficiente di valutazione di valore compreso tra 0,00 e 1,00, come indicato in tabella. Dalla piana lettura delle disposizioni si evince che i criteri di valutazione dell'offerta tecnica hanno un contenuto specifico, tanto che per l'attribuzione del punteggio basta una risposta affermativa o negativa o un dato numerico. Ne consegue che, stante la chiarezza dei criteri di valutazione, non vi era necessità di alcuna ulteriore motivazione da parte della Commissione giudicatrice, oltre al fatto che va condivisa la conclusione rassegnata dal Collegio di prima istanza, secondo cui: "la residua censura sul difetto di motivazione relativo al quarto criterio di valutazione (di indubbia natura discrezionale), afferente la valutazione delle migliorie proposte, non è da sola sufficiente a reggere il motivo sotto il profilo dell'interesse, atteso che la forbice fra il punteggio assegnato alla offerta tecnica delle due società è talmente ampio che anche a voler ipotizzare il conseguimento da parte del Soldi del punteggio massimo per le migliorie proposte e il conseguimento da parte di En. di un punteggio pari a 0 il risultato sarebbe il seguente: offerta tecnica So. punti 48, offerta tecnica En. punti 65. Il gap sarebbe pari a 17 punti che farebbero comunque la differenza considerando che il vantaggio di So. nella parte economica dell'offerta è pari 2 punti (arrotondati per eccesso)". L'attribuzione del punteggio per il criterio di valutazione dell'offerta tecnica n. 1 e n. 3 è stato effettuata sulla base di una mera formula matematica, pertanto la Commissione si è limitata a dare applicazione al costante indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale l'idoneità del voto numerico a rappresentare in modo adeguato l'iter logico seguito dalla Commissione nella sua espressione è direttamente proporzionale al grado di specificazione dei criteri allo stesso sottesi. La Sezione, condividendo l'orientamento di questo Consiglio, ritiene che il punteggio numerico, assegnato ai singoli elementi di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, è idoneo ad integrare una motivazione sufficiente, purchè siano prefissati con chiarezza i criteri di valutazione (Cons. Stato n. 279 del 2022). Tanto più è dettagliata l'articolazione dei criteri e sub-criteri di valutazione, tanto più risulta esaustiva l'espressione del punteggio in forma numerica (Cons. Stato, sez. V, 20 settembre 2016, n. 3911). Con riferimento al criterio di valutazione n. 2, riferito al possesso del requisito richiesto, entrambe le società hanno riportato il medesimo punteggio, trattandosi di una valutazione oggettiva: presenza o meno del requisito 'Apparecchiature autovelox che utilizzino strumentazioni con flash a raggi infrarossi'. Mentre con riferimento al criterio di valutazione dell'offerta tecnica n. 4, la Commissione, nell'ambito della propria discrezionalità tecnica, ha applicato correttamente il disciplinare di gara, avendo attribuito un coefficiente numerico alla quantificazione stabilita dalla lex specialis, esprimendo un giudizio complessivo sulle eventuali opzioni migliorative del servizio e sulle caratteristiche tecniche proposte dagli offerenti. Va rammentato che la giurisprudenza amministrativa ha, in più occasioni, chiarito che nell'ambito di una procedura ad evidenza pubblica la valutazione delle offerte tecniche, come anche delle ragioni che giustificano una soluzione migliorativa, costituisce espressione di un'ampia discrezionalità tecnica della stazione appaltante con conseguente insindacabilità nel merito delle valutazioni e dei punteggi attribuiti dalla commissione, laddove le stesse non siano inficiate da macroscopici errori di fatto, da illogicità o da irragionevolezza manifesta (Cons. Stato, n. 4754 del 2021; Cons. Stato n. 3908 del 2029; Cons. Stato, n. 48 del 2022). Vizi nella specie non ravvisabili. 19. In definitiva, l'appello va respinto ed ogni altra censura deve ritenersi assorbita, tenuto conto che le doglianze prospettate con ricorso incidentale e i motivi aggiunti introdotti dalla società appellata anche nel presente grado di giudizio, stante il rigetto dell'appello, vanno dichiarati inammissibili per difetto di interesse. 20. Le spese di lite del grado seguono il criterio della soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la parte soccombente alla rifusione delle spese di lite del grado che liquida in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00) a favore delle parti costituite, oltre accessori di legge se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati: Diego Sabatino - Presidente Giovanni Grasso - Consigliere Alberto Urso - Consigliere Giuseppina Luciana Barreca - Consigliere Annamaria Fasano - Consigliere, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 7601 del 2020, proposto da Provincia della Spezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Lu. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ro. Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 263 del 2020, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Viste le memorie delle parti; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2023 il Cons. Elena Quadri; Viste le conclusioni delle parti come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Il comune di (omissis) ha impugnato l'ordinanza del Dirigente del Settore Tecnico della provincia della Spezia n. 89 del 6 giugno 2019, avente ad oggetto la revisione dei limiti di velocità da 50 Km/h a 70 Km/h salvo in caso di gelo, pioggia e condizioni di scarsa visibilità, in un solo senso di marcia di una tratta della S.P. 566 della Val di Vara, strada provinciale extraurbana secondaria ricompresa nel territorio del comune di (omissis) ma non interessante il centro abitato, e precisamente nel senso di marcia verso (omissis) fra la progressiva km (omissis) e quella (omissis). Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, dopo aver riconosciuto la legittimazione all'impugnazione del comune di (omissis), ha accolto il ricorso con sentenza n. 263 del 2020, appellata dalla provincia della Spezia per i seguenti motivi di diritto: I) error in iudicando; violazione dell'art. 142 C.d.S.; difetto di legittimazione all'impugnazione da parte del comune di (omissis); II) violazione dell'art. 142, comma 1, C.d.S.; error in procedendo et in iudicando; III) altre violazioni dell'art. 142, comma 1, C.d.S.; errores in iudicando. Si è costituito per resistere al gravame il comune di (omissis). Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni. All'udienza pubblica del 18 maggio 2023 l'appello è stato trattenuto in decisione. DIRITTO Giunge in decisione l'appello proposto dalla provincia della Spezia per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 263 del 2020 che ha accolto il ricorso del comune di (omissis) per l'annullamento dell'ordinanza del Dirigente del Settore Tecnico della provincia della Spezia n. 89 del 6 giugno 2019, avente ad oggetto "revisione dei limiti di velocità nella tratta extraurbana della S.P. 566 della Val di Vara". In particolare, l'ordinanza aveva ad oggetto la revisione del limite di velocità da 50 Km/h a 70 Km/h in un solo senso di marcia di una tratta della S.P. 566 della Val di Vara, strada provinciale extraurbana secondaria ricompresa nel territorio del comune di (omissis) ma non interessante l'abitato di (omissis). La sentenza appellata, dopo aver riconosciuto la legittimazione all'impugnazione del comune di (omissis), ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento impugnato: - per difetto di istruttoria, per il mancato interpello della Prefettura, che aveva dato parere favorevole al posizionamento dell'autovelox; - per contraddittorietà delle ragioni richiamate dall'istruttoria comunale; - per carenza di motivazione e di istruttoria sulle criticità che avrebbero suggerito il mantenimento del limite dei 50 km/h. Con il primo motivo di gravame la provincia della Spezia ha dedotto l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto in capo al Comune la legittimazione all'impugnazione, asserendo che l'amministrazione comunale in relazione al tratto viario di specie non avrebbe alcuna potestà di regolazione, non essendo né proprietaria della strada né destinataria degli effetti del provvedimento impugnato in primo grado. In proposito, la sentenza gravata ha, invece, affermato che "nessun dubbio può sussistere sulla legittimazione attiva del comune ad impugnare l'ordinanza in questione posto che la strada oggetto di contenzioso attraversa l'ambito comunale e la disciplina della circolazione è affidata quindi anche agli agenti della polizia locale. Inoltre, il Ministero dei Trasporti, con parere n. 243/2015, ha precisato che i vigili, la polizia ed i carabinieri esercitano gli stessi poteri e prerogative sulle strade". Per il Comune appellato, gli organi di polizia municipale, nell'ambito del territorio comunale, sono abilitati a compiere legittimamente la loro attività di accertamento istituzionale nell'ambito dell'espletamento dei servizi di polizia stradale, senza che rilevi la circostanza relativa alla tipologia della strada che attraversa il Comune. L'unico limite che incontra la polizia municipale sarebbe quello territoriale rappresentato dal confine geografico comunale; per il resto, la stessa potrebbe intervenire, (anche con il posizionamento di un autovelox) su ogni tipo di strada che attraversa il Comune, quindi anche su una strada statale, regionale o provinciale (escluse le tratte autostradali). La stessa amministrazione provinciale avrebbe confermato l'attribuzione di tale potere di gestione e di controllo in capo al Comune, considerato che a luglio del 2018 - ossia l'anno prima dell'adozione dell'ordinanza impugnata in primo grado - aveva rilasciato parere favorevole al Comune per l'installazione di un autovelox sulla tratta in questione. Senza considerare che l'interesse all'impugnativa si radicherebbe in capo al Comune in quanto Ente istituzionalmente deputato a provvedere alle necessità dei propri cittadini garantendo, per quanto di propria competenza (come in questo caso) la sicurezza della circolazione carrabile e pedonale di un tratto di strada di primario collegamento del centro abitato di (omissis). Con il secondo motivo di appello la Provincia di La Spezia ha dedotto l'erroneità della sentenza poiché avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilità del ricorso per la insindacabilità nel merito della scelta assunta dall'amministrazione provinciale nell'esercizio del suo ampio potere discrezionale. Per il Comune appellato, l'amministrazione appellante, sebbene goda di amplissima discrezionalità, non potrebbe, comunque, assumere decisioni che siano manifestatamente irragionevoli, contraddittorie ed illogiche. Con il terzo motivo di gravame la Provincia ha dedotto l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha accolto tutti i vizi dedotti in primo grado dal Comune appellato. Innanzitutto, la Provincia asserisce l'erroneità dell'intero impianto della sentenza, atteso che la stessa richiamerebbe l'applicazione di una norma errata rispetto alla tipologia di strada interessata, per la quale il limite di velocità massimo non sarebbe 70 km/h, bensì 90; la sentenza sarebbe erronea anche in relazione al riscontrato difetto di istruttoria. L'appello è fondato per il primo motivo di gravame. Ed invero, l'art. 142, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, così recita: "1. Ai fini della sicurezza della circolazione e della tutela della vita umana la velocità massima non può superare i 130 km/h per le autostrade, i 110 km/h per le strade extraurbane principali, i 90 km/h per le strade extraurbane secondarie e per le strade extraurbane locali, ed i 50 km/h per le strade nei centri abitati, con la possibilità di elevare tale limite fino ad un massimo di 70 km/h per le strade urbane le cui caratteristiche costruttive e funzionali lo consentano, previa installazione degli appositi segnali.... 2. Entro i limiti massimi suddetti, gli enti proprietari della strada possono fissare, provvedendo anche alla relativa segnalazione, limiti di velocità minimi e limiti di velocità massimi, diversi da quelli fissati al comma 1, in determinate strade e tratti di strada quando l'applicazione al caso concreto dei criteri indicati nel comma 1 renda opportuna la determinazione di limiti diversi, seguendo le direttive che saranno impartite dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Gli enti proprietari della strada hanno l'obbligo di adeguare tempestivamente i limiti di velocità al venir meno delle cause che hanno indotto a disporre limiti particolari. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può modificare i provvedimenti presi dagli enti proprietari della strada, quando siano contrari alle proprie direttive e comunque contrastanti con i criteri di cui al comma 1. Lo stesso Ministro può anche disporre l'imposizione di limiti, ove non vi abbia provveduto l'ente proprietario; in caso di mancato adempimento, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può procedere direttamente alla esecuzione delle opere necessarie, con diritto di rivalsa nei confronti dell'ente proprietario". Ai sensi della norma succitata, quindi, la potestà regolatoria in ambito stradale è attribuita al solo ente proprietario della strada. Nel caso di specie, trattandosi di tratto di strada provinciale extraurbana secondaria ricompresa nel territorio del comune di (omissis) ma non interessante il centro abitato, la potestà di regolazione è di certo attribuita alla sola Provincia. Più specificamente, l'art. 142 del Codice della strada fissa il limite massimo di 90 km/h per circolare sulle strade extraurbane secondarie, attribuendo all'ente proprietario della strada, dunque alla Provincia, in caso di specifiche e speciali esigenze di circolazione, il potere di stabilire limiti massimi inferiori per singole tratte. La disposizione normativa succitata attribuisce, inoltre, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il potere di controllo e anche sostitutivo di quello attributo all'ente proprietario per rilevanti esigenze di circolazione. Ne consegue che il Comune nel cui territorio è posta la tratta di viabilità extraurbana non possiede alcuna potestà di regolazione della stessa. Inoltre, il provvedimento mediante il quale l'ente proprietario della strada fissa il limite massimo di velocità dei veicoli sulle tratte in questione ha come destinatari esclusivamente i conducenti dei veicoli che circolano sulle stesse, imponendo loro l'obbligo di osservanza del limite fissato. Ne consegue che il Comune nell'ambito del quale è localizzato il tratto di strada non possiede alcuna legittimazione ad impugnare il provvedimento succitato, atteso che non è titolare di alcun potere di regolazione del tratto di viabilità, né è destinatario degli effetti dell'atto. Né, ai fini dell'attribuzione della suddetta legittimazione all'impugnazione, può rilevare la competenza della polizia municipale all'accertamento dell'eventuale violazione dei limiti di velocità, anche, eventualmente, mediante l'apposizione di apparecchi di rilevamento della velocità, competenza del tutto estranea e diversa rispetto al potere di regolazione dei limiti di velocità poiché concernente le attività di accertamento svolte nell'ambito dell'espletamento dei servizi di polizia stradale. Nel caso di specie, invece, si discute della legittimazione al sindacato sulla scelta che il Codice della strada imputa direttamente e solo all'ente proprietario della strada, e, cioè, alla provincia della Spezia. Inoltre, per un consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, nell'ambito del limite massimo normativamente fissato - nella specie per le strade extraurbane 90 km/h - l'ente proprietario dispone di una amplissima discrezionalità di modulazione di limiti inferiori e diversi, sulla base di valutazioni di merito insindacabili in sede di legittimità . Ne consegue che, quale ente titolare della potestà di regolazione sulla strada, la Provincia è anche il soggetto a cui è imputabile la responsabilità della regolazione stessa. Alla luce delle suesposte considerazioni, assorbendosi ogni ulteriore censura, l'appello va accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado va dichiarato inammissibile. Sussistono, tuttavia, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado. Spese del doppio grado compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati: Diego Sabatino - Presidente Valerio Perotti - Consigliere Stefano Fantini - Consigliere Alberto Urso - Consigliere Elena Quadri - Consigliere, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FERRANTI Donatella - Presidente Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere Dott. BELLINI Ugo - Consigliere Dott. BRUNO Mariarosar - rel. Consigliere Dott. RICCI Anna Luisa Ange - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 01/02/2022 della CORTE APPELLO di TORINO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa BRUNO MARIAROSARIA. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Torino ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Asti a carico di (OMISSIS) per il reato di guida in stato di ebbrezza, con l'aggravante dell'orario notturno (articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera B) e comma 2-sexies). L'imputato e' stato condannato alla pena di mesi tre di arresto ed Euro 2000,00 di ammenda; e' stata altresi' disposta la sospensione della patente di guida per la durata di anni uno. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo del difensore, articolando i seguenti motivi di ricorso. 1) Violazione dell'articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera b), articolo 379 c.p.p., comma 8, articolo 192 e 533 c.p.p. e articolo 27 Cost.. Nei motivi di appello si era dedotta l'inaffidabilita' dell'apparecchiatura utilizzata per il test alcolemico e la mancata corretta esecuzione degli accertamenti, atteso che gli agenti operanti non avevano chiesto all'imputato quale fosse stato l'orario dell'ultima ingestione di alcol e se avesse fumato prima di sottoporsi al test. Gli operanti, inoltre, non avevano rilevato la temperatura atmosferica ed il tasso di umidita' presente nell'aria prima dell'esecuzione dell'accertamento e non avevano seguito alcun corso specifico inerente al corretto utilizzo dell'apparecchiatura. In ordine ai profili riguardanti il corretto funzionamento dell'apparecchiatura per la somministrazione del test alcolemico, la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 38618/19 ha avuto modo di precisare come costituisca onere della pubblica accusa fornire la prova del regolare funzionamento dell'etilometro. In dibattimento, attraverso l'escussione del teste qualificato (OMISSIS), si e' accertato che l'apparecchio era stato revisionato in data 13/9/2017. Nulla e' stato tuttavia accertato in ordine alla sua omologazione. Nella giurisprudenza di legittimita' si sono profilati due orientamenti contrapposti in ordine alla spettanza dell'onere di dimostrare il corretto funzionamento dell'apparecchiatura impiegata per l'effettuazione dell'alcoltest. Tale stato di cose giustificherebbe la rimessione della questione controversa innanzi alle Sezioni Unite. Ad ogni modo l'orientamento espresso nella pronuncia sopra citata sarebbe maggiormente conforme ai principi costituzionali. 2) mancata applicazione dell'articolo 131-bis c.p.. Le argomentazioni a sostegno del rigetto della richiesta di applicazione della causa di non punibilita' non sarebbero condivisibili. Il grado del tasso alcolemico e' dato non sufficiente ad escludere l'applicazione dell'istituto per particolare tenuita' del fatto. Il comportamento oppositivo tenuto dall'imputato nell'occasione dell'episodio contestatogli e' del tutto irrilevante: tale comportamento e' dipeso dal contegno tenuto dagli agenti operanti che non hanno consentito al ricorrente di telefonare al proprio difensore, come confermato dal teste (OMISSIS). L'unico precedente annoverato dal ricorrente, diversamente da quanto sostenuto in motivazione, non e' idoneo a configurare il requisito dell'abitualita'. 3) Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. 4) Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I motivi di ricorso risultano manifestamente infondati, pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. La motivazione offerta dalla Corte territoriale, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, non risulta meritevole di essere censurata. La sentenza, invero, offre adeguata risposta a tutte le deduzioni difensive e risulta immune dai vizi prospettati dal ricorrente. Quanto alla doglianza di cui al primo motivo, numerose, recenti pronunce di questa Corte in tema di guida in stato di ebbrezza, hanno ribadito come sia onere della difesa dimostrare l'inefficienza o il malfunzionamento dell'apparecchiatura (Sez. 4, n. 46841 del 17/12/2021, Patrono, Rv. 282659 01: "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilita' di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura - con la conseguenza che e' onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualita' dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro"; Sez. 4, n. 7285 del 9.12.2020, Demma Pietro Giuseppe, Rv. 280937: "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza, con la conseguenza che e' onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento dimostrando la sussistenza di vizi o error: di strumentazione o di metodo nell'esecuzione dell'aspirazione ovvero vizi correlati all'omologazione dell'apparecchio, non essendo sufficiente la mera allegazione della difettosita' dell'apparecchio"; Sez.4, n. 11679 del 15.12.2020, Ibnezzayer, Rv. 280958: "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilita' di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura - con la conseguenza che e' onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualita' dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro"; Sez. 4; n. 33978 del 17/03/2021, Garbin, Rv. 281828: "In tema di guida in stato d; ebbrezza, l'onere a carico del pubblico ministero di fornire la prova dell'omologazione dell'etilometro e della sua sottoposizione alle verifiche periodiche previste dalla legge e' configurabile nel solo caso in cui l'imputato abbia assolto all'onere di allegazione avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell'apparecchio, e che non puo' risolversi nella richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all'omologazione e alle revisioni, non avendo tali dati di per se' rilievo probatorio ai fini dell'accertamento dello stato di ebbrezza"). Nel caso in esame non vi e' stato alcun messaggio di errore nello scontrino rilasciato dall'apparecchio, regolarmente revisionato, e non e' stata fornito alcun concreto elemento atto a dimostrare il cattivo funzionamento dell'apparecchiatura. Alla luce dei precedenti richiamati puo' ritenersi consolidato l'orientamento interpretativo della Corte di legittimita' in base al quale la contestazione in ordine al cattivo o difettoso funzionamento dell'etilometro deve essere accompagnata dalla dimostrazione da parte della difesa di vizi o errori della strumentazione impiegata. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 113 del 29 aprile 2015, che ha dichiarato la parziale illegittimita' del Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 45, comma 6, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocita' (c.d. autovelox) fossero sottoposte a verifiche periodiche di funzionalita' e di taratura, e dell'ordinanza della Sez. 6 civile, n. 1921 del 24/01/2019, Rv. 652384, che ha esteso all'etilometro il medesimo principio (sostenendo che, in tema di violazione al codice della strada, il verbale dell'accertamento effettuato mediante etilometro deve contenere, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata, l'attestazione della verifica che l'apparecchiatura sia stata preventivamente sottoposta alla prescritta ed aggiornata omologazione ed alla indispensabile corretta calibratura, gravando tale onere, nel giudizio di opposizione, sulla P.A.), si sono registrate talune pronunce di questa Corte in contrasto con il tradizionale orientamento. Si tratta tuttavia di pronunce isolate, ampiamente superate dall'indirizzo sopra richiamato di segno contrario, di talche' non si individuano ragioni per investire le Sezioni Unite. I Giudici di appello hanno anche evidenziato come la difesa abbia omesso di sollevare una specifica eccezione relativa alla omologazione ed ai controlli periodici della strumentazione adoperata per la verifica effettuata sulla persona del ricorrente, avendo richiesto l'espletamento di una perizia volta ad accertare l'inaffidabilita' della metodologia prevista nel nostro ordinamento per verificare lo stato di ebbrezza mediante la strumentazione dell'alcoltest. cio' sulla base di alcuni estratti di articoli scientifici di studiosi americani che dubitano della validita' di tale procedura. Quanto alla possibilita' che gli operanti non abbiano seguito una corretta procedura nell'espletamento della prova, i rilievi difensivi si appalesano del tutto generici. La difesa prospetta che l'accertamento puo' essere falsato dal fatto che il ricorrente abbia assunto sostanze alcoliche 15-20 minuti prima della prova o che abbia fumato nell'imminenza dell'accertamento senza tuttavia documentare che tali circostanze si siano realmente verificate. Allo stesso modo, pur avendo illustrato nel ricorso che talune condizioni metereologiche influiscono sulla funzionalita' dell'apparecchio, non ha in alcun modo documentato che nella specie tali condizioni ricorressero. Si tratta, dunque, di argomentazioni tendenti a proporre un'alternativa ricostruzione della vicenda. La validita' del risultato dell'alcoltest e la sintomatologia apprezzata dal personale di polizia, compatibile con la condizione di ebbrezza, sono state validamente poste a fondamento del decisum. Le considerazioni svolte sui punto dalla difesa hanno carattere ipotetico e congetturale. 2. Per quanto concerne l'omessa applicazione dell'articolo 131-bis c.p., si ritiene che le argomentazioni poste a fondamento del decisum siano immuni da censure. E' noto il principio in base al quale "La causa di non punibilita' della particolare tenuita' del fatto di cui all'articolo 131-bis c.p., in quanto configurabile - in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma - ad ogni fattispecie criminosa, e' configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile, con il giudizio di particolare tenuita', la presenza di soglie di punibilita' all'interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati, anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi e' una fattispecie che integra un illecito amministrativo" (cosi', in motivazione, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj). La Corte di appello ha reso una motivazione congrua in ordine al mancato riconoscimento dell'istituto, valutando il grado di ebbrezza, prossimo al limite massimo della soglia contestata ed il comportamento oppositivo serbato dal ricorrente al momento dell'accertamento. Trattasi di elementi correttamente valutati ai fini del diniego del beneficio, in quanto indicativi di una maggiore gravita' dell'illecito. La valutazione espressa, attinente a merito, sfugge allo scrutinio di legittimita', non essendo manifestamente arbitraria o illogica. La difesa contrappone argomentazioni fondate su dati meramente fattuali, come tali insuscettibili d'essere valutati nel giudizio di legittimita' (cosi' in relazione al comportamento serbato dal ricorrente all'atto del controllo). Quanto al precedente specifico annoverato, e' pur vero che la presenza di un unico precedente specifico non consente di r tenere l'abitualita' del reato. Tuttavia, la Corte territoriale da' atto nel provvedimento oggi impugnato di avere valutato il fatto in se', ed in particolare l'elevato tasso alcolemico riscontrato nell'ambito della soglia contestata ed il negativo comportamento serbato dal ricorrente all'atto del controllo. La sentenza, dunque, si colloca nell'alveo del dictum delle Sezioni Unite sopra richiamata, secondo cui il giudizio sulla tenuita' richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarita' della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'articolo 133 c.p., comma 1, delle modalita' della condotta. 3. In relazione all'omessa applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena ed alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la Corte di merito ha valorizzato il recente precedente specifico annoverato dall'imputato, sottolineando che (OMISSIS) ha commesso il fatto per cui si procede appena un anno dopo la pronuncia di estinzione, ex articolo 189 C.d.S., comma 9-bis, di altro identico reato. Ha in tal modo espresso una prognosi negativa in ordine alla futura astensione dalla commissione di reati. Non e' erroneo il ricorso ad una motivazione unica per esplicitare le ragioni del mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena e delle circostanze attenuanti generiche. Per costante orientamento di questa Corte, "le ragioni del diniego dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato de casellario giudiziale possono ritenersi implicite nella motivazione con cui giudice neghi le circostanze attenuanti generiche richiamando i profili di pericolosita' del comportamento dell'imputato, dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione dei predetti benefici dalla valutazione degli elementi indicati dall'articolo 133 c.p." (ex multis, Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Abbate, Rv. 280244 - 05). Sempre ai fini del diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena non rileva che la precedente contravvenzione al codice della strada sia stata dichiarata estinta (in argomento si veda Sez. 4, n. 41291 del 11/09/2019, Pagani, Rv. 277355: "Ai fini del giudizio circa la concedibilita' o meno della sospensione condizionale della pena, la presenza di precedenti condanne per reati poi estinti ai sensi dell'articolo 460 c.p.p., comma 5, puo' legittimamente essere valutata dal giudice come elemento ostativo alla presunzione che il colpevole si asterra', per il futuro, dal commettere ulteriori reati"). In ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la Corte di merito ha posto in evidenza le modalita' del fatto e l'esistenza del precedente specifico annoverato dal ricorrente. Trattasi di motivazione rispondente ai principi stabiliti in questa sede (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 - 02: "Al fine di ritenere o escludere e circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente"). 4. Consegue alla declaratoria d'inammissibilita' del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche', a norma dell'articolo 616 c.p.p., al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende; non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilita' (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI E. - Presidente Dott. MESSINI D'AGOSTINI Piero - Consigliere Dott. AIELLI Lucia - Consigliere Dott. PERROTTI Massim - Consigliere Dott. LEOPIZZI A - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 22/02/2022 della CORTE ASSISE APPELLO di ROMA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALESSANDRO LEOPIZZI; sentite le richieste del PG Dr. BALDI FULVIO, che ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili; udito l'avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che si e' riportato ai motivi di ricorso; udito l'avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che si e' riportato ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento; udito l'avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che si e' riportato ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento; udito l'avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che si e' riportato ai motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di assise di appello di Roma, con sentenza del 22 febbraio 2022, depositata l'11 marzo 2022, in parziale riforma della sentenza pronunciata il 4 dicembre 2020 dalla Corte di assise di Roma, nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in relazione ai reati di cui agli articoli 81-110-112630 e 81-110-582-583 c.p. (tutti) e 81-628 c.p. (il solo (OMISSIS)), ha riqualificato ai sensi degli articoli 110 e 605 c.p. il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione in concorso inizialmente contestato e ritenuto in primo grado, e - ritenuta la continuazione tra tutti i reati, concesse le attenuanti generiche prevalenti e l'attenuante della provocazione, esclusa per (OMISSIS) e (OMISSIS) l'ipotesi di cui all'articolo 116 c.p. - ha condannato (OMISSIS) alla pena di cinque anni di reclusione ed (OMISSIS) e (OMISSIS) a quella di tre anni e dieci mesi ciascuno, confermando nel resto la decisione impugnata. La vicenda oggetto del procedimento, secondo l'ipotesi accusatoria, prende le mosse dalla truffaldina attivita' di (OMISSIS), sedicente avvocato, che si proponeva falsamente in giro come persona in grado di agevolare la definizione di pratiche amministrative. (OMISSIS) e (OMISSIS), impossibilitati ad ottenere i documenti per vie legali, chiesero pertanto la collaborazione di (OMISSIS) per il rilascio di una patente di guida ciascuno, versandogli, a titolo di acconto, 600 Euro il primo e 4.500 Euro il secondo. Poco prima delle ore 18:00 del (OMISSIS), accortosi, infine, di essere stato raggirato, nel momento in cui gli fu consegnata una patente di guida palesemente contraffatta, (OMISSIS) percosse e minaccio' (OMISSIS), costringendolo a sedersi sui sedili posteriori della vettura con cui questi si era presentato all'appuntamento e si mise egli stesso alla guida del mezzo, dopo avergli sottratto portafoglio e cellulare. (OMISSIS) mise anche (OMISSIS), incontrato per caso per le vie del paese, a conoscenza della truffa ed entrambi minacciarono e colpirono ripetutamente (OMISSIS). (OMISSIS) poi si allontano', mentre (OMISSIS), ancora alla guida, contatto' telefonicamente diverse persone, tra cui (OMISSIS), a cui chiese aiuto per mettere paura a (OMISSIS). (OMISSIS), raggiunto nei pressi della sua abitazione, sali' dunque anch'egli in auto, munito di un martello e di un falcetto, e colpi' agli arti (OMISSIS) con il martello. L'auto con i tre a bordo fece una lunga sosta presso una zona boscosa, dove intervennero altri soggetti incappucciati, malmenando ancora (OMISSIS) e minacciandolo di amputargli un arto e di strozzarlo. Intorno alle 20:30, (OMISSIS) e (OMISSIS) si fermarono presso l'abitazione di (OMISSIS) e (OMISSIS) fu costretto ad entrare da solo nell'appartamento, dove fu colpito ancora dal padrone di casa. Ridisceso in auto, (OMISSIS) fu condotto da (OMISSIS) e (OMISSIS) in Piazza delle mimose, dove i tre, a cui si unirono altri soggetti non identificati, sostarono per circa due ore (sempre connotate dal prosieguo di botte e minacce, anche con una scacciacani). Poi, (OMISSIS) se ne ando' e (OMISSIS) condusse (OMISSIS) presso la propria abitazione, dove lo trattenne fino alle 6:00 del mattino seguente, quando gli fu consentito di allontanarsi dietro la promessa del pagamento di Euro 20.000. La Corte di assise di appello ha ritenuto non provata quest'ultima promessa di denaro e ha quindi ricondotto la contestata privazione della liberta' personale alla fattispecie incriminatrice prevista dall'articolo 605 c.p.. 2. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo dei propri difensori, formulando due motivi di ricorso. 2.1. Con il primo, articolato motivo, si lamenta l'erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla ritenuta sussistenza dei reati di sequestro di persona e di rapina, e la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione, in relazione ai criteri di valutazione della prova ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., comma 1, ed alla valutazione di irrilevanza delle doglianze sollevate con l'atto di appello, nonche' l'omessa motivazione in merito alla richiesta di confronto tra l'imputato e l'odierno ricorrente. Portata decisiva, nell'ambito della piattaforma probatoria, avrebbero ricoperto le dichiarazioni della persona offesa, (OMISSIS), la cui narrazione e' stata ritenuta attendibile dai giudici di merito, nonostante dalla stessa emergessero importanti lacune logiche e contraddizioni con altre risultanze processuali. La Corte di assise di appello, senza soffermarsi sugli articolati motivi di gravame sul punto, ha ritenuto, in primo luogo, che il corredo probatorio raccolto confermasse la verosimiglianza e la veridicita' di quanto esposto dalla suddetta persona offesa (incurante dei plurimi mendaci affiorati durante la sua deposizione, tali da menomarne la credibilita' soggettiva). Del pari, la motivazione di secondo grado risulterebbe carente anche nello scrutinio dell'attendibilita' oggettiva del racconto, viceversa non conciliabile con altri elementi indiziari emersi nel corso del dibattimento (in particolare, i tabulati telefonici confermerebbero che (OMISSIS) non avrebbe mai perso la disponibilita' del proprio cellulare; la cartella clinica non avrebbe traccia delle percosse asseritamente inflittegli sulle gambe con un grosso martello; il presunto orario in cui sarebbe stata riacquistata la liberta' personale, intorno alle sei del mattino, confliggerebbe logicamente con l'orario molto successivo di ingresso al (OMISSIS), peraltro assai piu' lontano di altri ospedali; il ritrovamento dell'autovettura di (OMISSIS) nei pressi dell'abitazione di (OMISSIS), ben cinque giorni dopo i fatti, darebbe adito a perplessita'). Inoltre, sarebbe stata completamente trascurata la prova d'alibi offerta dai testi a discarico (OMISSIS) e Gieras (che hanno riferito in merito alla partecipazione di (OMISSIS) a una festa tra le 20:00 e le 23:00 del giorno dei fatti, senza che la Corte prendesse minimamente in considerazione il contenuto di queste deposizioni e persino negando che il compendio istruttorio offrisse alcun utile spunto al riguardo). Analogamente, difetterebbe una adeguata motivazione anche in relazione alla richiesta di confronto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), invocata dalla difesa in ragione delle significative divergenze emerse tra le rispettive versioni dei fatti. In estrema sintesi, la ricostruzione del fatto operata dai giudici di secondo grado risulterebbe intrinsecamente incoerente e comunque connotata da un alto coefficiente di opinabilita', derivando da un'indebita selezione delle censure difensive. 2.2. Con il secondo motivo, si censura l'inosservanza di norme processuali, in relazione al divieto di reformatio in peius sancito dall'articolo 597 c.p.p., comma 3, e l'omessa motivazione in merito alla diversa riduzione operata per effetto delle gia' riconosciute circostanze attenuanti generiche in misura inferiore a un terzo. La Corte territoriale, infatti, ha riqualificato il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione in quello di sequestro ai sensi dell'articolo 605 c.p., mantenendo il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti di cui all'articolo 62 c.p., n. 2 e articolo 62-bis c.p., ma - contrariamente a quanto fatto in primo grado hanno operato una diminuzione in misura inferiore ad un terzo, in questo modo indicando in maniera deteriore un elemento concorrente al calcolo complessivo, senza peraltro una specifica motivazione sul punto. 3. Ricorre per cassazione altresi' il difensore di (OMISSIS), articolando due motivi. 3.1. Con il primo motivo (rubricato come "motivo unico"), si duole della violazione della legge penale, in riferimento agli articoli 110 e 605 c.p., e della contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. Ferma restando la sussistenza delle lesioni, ammesse da (OMISSIS) in aula, apparirebbe criticabile, secondo il ricorrente, la valutazione dei giudici di merito in tema di concorso nel sequestro, laddove, essendo (OMISSIS) sempre presente, gli altri due imputati sarebbero fisicamente collocabili sulla scena del delitto solo per un limitatissimo arco temporale. La Corte di assise di appello sarebbe pervenuta a questa conclusione sulla scorta di un'analisi solo parziale del materiale probatorio, trascurando elementi a discarico non irrilevanti (quali, nello specifico, la presenza di un autovelox all'ingresso di (OMISSIS) la sera dei fatti; l'assenza di pregressi rapporti di conoscenza tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e la totale estraneita' del primo rispetto alla richiesta di riottenere la patente di guida di (OMISSIS) e in genere la mancanza di motivi di rancore o di vendetta; la mancata presenza di (OMISSIS) allorquando (OMISSIS) viene fatto salire in auto; la mancanza di elementi tali da rendere consapevole (OMISSIS) - che, come richiestogli, aveva con se' un falcetto e un martello per intimorire (OMISSIS) - che era in atto un sequestro di persona, dal momento che la persona offesa a bordo del veicolo non era ferita, ne' legata; la mancata conferma da parte di (OMISSIS) della presenza di (OMISSIS) al momento del suo ingresso, dopo qualche peregrinazione per il paese, in casa di (OMISSIS) - fatto viceversa affermato in motivazione come vero e fondante la responsabilita' concorsuale nel sequestro; la mancanza di costrizione fisica o psicologica di (OMISSIS) nel periodo - protrattosi per circa due ore - in cui si trova, insieme agli odierni imputati, in (OMISSIS), dove e' stato libero di andarsi a sciacquare a una fontanella e gli sono stati offerti cibi e bevande; la liberta' ugualmente goduta da (OMISSIS) presso l'abitazione di (OMISSIS); l'accertata presenza di (OMISSIS) in casa propria a partire dalle 22:30; l'impossibilita' di effettivo apporto causale in relazione a un sequestro protrattosi per diciassette ore da parte di (OMISSIS), presente ai fatti per circa due ore e quaranta minuti al piu', al solo fine di mettere paura e malmenare la persona offesa; la totale assenza di elementi a carico di (OMISSIS) negli esiti delle intercettazioni telefoniche, sia pure protrattesi per tre mesi). Risulterebbe dunque non corretta l'esclusione da parte della Corte territoriale del concorso anomalo originariamente ritenuto in primo grado, quale adeguata individuazione del concreto coefficiente di imputazione soggettiva dell'evento. Conforterebbero questa ipotesi l'assoluta mancanza di volonta' del fatto diverso o piu' grave, la negligenza o l'inosservanza di regole di prudenza e la prevedibilita' ed evitabilita' dell'evento (laddove pure non si acceda alla tesi della eccezionalita' della non preventivabile reazione di (OMISSIS)). 3.2. Con il secondo motivo, la difesa deduce la mancanza di motivazione in riferimento all'aumento di pena per la continuazione. La Corte di assise di appello dedica infatti poche righe alla dosimetria della pena in conseguenza della derubricazione del sequestro e, laddove riconosce la sussistenza del medesimo disegno criminoso per gli effetti di cui all'articolo 81 c.p., comma 2, si limita a indicare il mero computo aritmetico, senza accennare alle ragioni per le quali e' stato ritenuto congruo un aumento di dieci mesi. 4. Ricorre per cassazione, per il tramite del difensore, anche (OMISSIS), che deduce quattro motivi. 4.1. Con il primo motivo, si lamenta l'omissione ovvero comunque la manifesta contraddittorieta' della motivazione, laddove si afferma che la versione di (OMISSIS) non e' contestata da (OMISSIS) (e da (OMISSIS)), quando invece l'atto di appello espressamente aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto attendibile e credibile la persona offesa. A fronte di questa radicale diversita' di lettura dei motivi di gravame, non potrebbe che reputarsi integrata un'omessa valutazione di allegazioni difensive, in astratto idonee a minare la fiducia accordata al racconto del testimone chiave (con particolare riguardo a quel che concerne la sua permanenza nell'abitazione di (OMISSIS), in cui sono indicati come presenti soggetti non riconducibili ai possibili occupanti, mentre al contrario sfugge al ricordo qualsiasi particolare dell'immobile, a dimostrazione, secondo la difesa, che la circostanza sarebbe inventata di sana pianta dalla persona offesa, al fine di coinvolgere nel processo un proprio creditore, cosi' tacitato indirettamente nelle sue pretese di restituzione del prestito). 4.2 Con il secondo motivo, si eccepisce la violazione di norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale e in particolare degli articoli 192 e 511 c.p.p.. Le dichiarazioni della persona offesa, infatti, soprattutto quando quest'ultima ha un proprio tangibile interesse alla definizione del procedimento, dovrebbero essere valutate non solo sotto il profilo della loro attendibilita' intrinseca (a nulla rilevando la mancata costituzione di parte civile), ma anche confrontandole con l'intera piattaforma probatoria. La Corte di assise di appello non avrebbe valutato la personalita' di (OMISSIS) ("un truffatore professionale, che non si (e') fatto scrupoli di approfittare di una persona con problemi di obesita' che le impedivano di ottenere la patente, per assicurarle con l'imbroglio l'ottenimento del permesso di guidare", secondo modalita' fraudolente ripetute per decine di volte). I giudici di secondo grado, con argomenti stereotipati, eluderebbero la circostanza, ventilata dal difensore di (OMISSIS), che le pendenze debitorie tra i due costituissero un idoneo motivo per muovere contro il ricorrente accuse calunniose. In ogni caso, l'attendibilita' del testimone sarebbe minata dal contrasto tra il contenuto della sua deposizione e le dichiarazioni rese durante la fase delle indagini (restando in ogni caso la querela inidonea a fornire specifici elementi di convincimento). 4.3 Con il terzo motivo, la difesa deduce violazione della legge penale in relazione agli articoli 110 e 605 c.p., sul presupposto che difetterebbero elementi tali da giustificare, quantomeno soggettivamente, la partecipazione di (OMISSIS), a titolo di concorso, al delitto di sequestro. Per quanto riguarda il dolo di legge in capo al concorrente, non e' sufficiente la consapevolezza della esecuzione di un reato permanente, anche in presenza di un potenziale rapporto di causalita' materiale con condotta atipica, ma occorre avere riguardo alla direzione e al contenuto della volonta' dell'agente principale. Nel caso di specie, (OMISSIS) si sarebbe mosso nell'esclusivo intento di punire (OMISSIS) per il torto subito, senza alcuna intenzione di contribuire alla privazione della sua liberta' (come puo' evincersi dalla mancanza di contatti con i presunti rapitori, l'indifferenza con cui (OMISSIS) lascia che (OMISSIS) si allontani dalla sua abitazione, senza consegnarlo a (OMISSIS) e (OMISSIS)). In definitiva, se pure il ricorrente si fosse rappresentato la privazione della liberta' della persona offesa, il suo comportamento non sarebbe comunque stato sorretto dalla volonta' di contribuirvi con il proprio operato. 4.4. Con il quarto motivo, si lamenta l'erronea applicazione dell'articolo 110 c.p. in relazione al delitto di lesioni, in difetto di alcun effettivo contributo causale da parte del ricorrente, non fisicamente presente al momento del pestaggio, ne' altrimenti implicatovi, neppure quale mero concorrente morale. Al piu', accettando come vera, in denegata ipotesi, la circostanza che (OMISSIS) all'interno della propria abitazione avrebbe colpito (OMISSIS), provocandogli il sanguinamento del naso, e' solo di questa azione lesiva che il ricorrente potrebbe essere chiamato a rispondere e non della frattura delle costole, come specificata in imputazione, causata da condotte del tutto autonome e poste in essere altrove da terzi soggetti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Tutti i tre ricorsi sono inammissibili, perche' proposti con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti. 2. Possono essere esaminate congiuntamente, pur senza sacrificio di un esame specifico delle peculiarita' di ciascuna, le doglianze relative a lacune motivazionali ed erronea applicazione delle norme sulla valutazione delle prove avanzate dai tre ricorrenti (in particolare, da (OMISSIS) con il primo motivo di ricorso, da (OMISSIS) con il primo e il secondo motivo, da (OMISSIS) con il primo motivo). Tutte le suddette censure - non senza evocare in larga misura doglianze in fatto non proponibili in questa sede, riproducendo analoghe questioni gia' devolute in appello e ivi puntualmente esaminate e disattese - sono in sostanza connotate dalla richiesta di un nuovo apprezzamento del materiale probatorio, suggerendo alternative ricostruzioni della vicenda, senza confrontarsi con il congruo e tutt'altro che illogico apparato argomentativo offerto dalla Corte di assise di appello (nonche', salvo per quanto attiene alla qualificazione in iure del sequestro, dal giudice di primo grado, trattandosi di una cosiddetta "doppia conforme" di condanna). Si chiede, in buona sostanza, di sovrapporre la valutazione della Corte di legittimita' a quella dei Giudici di merito, cio' che e' impossibile, poiche' esula dai poteri della Suprema Corte ogni possibilita' di "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074. Piu' di recente, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747, ha precisato che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' - intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante -, su aspetti essenziali a imporre diversa conclusione del processo, cosicche' sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento). Molte delle doglianze, in particolare, si sono addensate sulle dichiarazioni di (OMISSIS) di cui si contesta con forza la attendibilita'. E' opportuno osservare immediatamente, in proposito, come l'attendibilita' della persona offesa sia questione di fatto, non censurabile in sede di legittimita', salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sull'id quod plerumque accidit, e insuscettibili di verifica empirica, o anche a una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilita' (Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575). 2.1. La Corte di assise di appello ha rigettato i motivi di gravame proposti da (OMISSIS) dopo una attenta disamina degli stessi. Per quel che riguarda la narrazione offerta da (OMISSIS), i giudici di secondo grado richiamano innanzitutto, condividendole, le approfondite riflessioni gia' spese sul punto nella decisione della Corte di assise (pp. 35-43) e oppongono alle ipotetiche contraddizioni evidenziate dall'appellante alcune circostanze emerse in maniera inequivoca dall'istruttoria dibattimentale, tali da inficiare alla radice le osservazioni di segno contrario della difesa: la posizione in cui e' stata rinvenuta la vettura di (OMISSIS), incompatibile con una sua possibilita' di autonomo movimento; le ammissioni di natura confessoria fatte da (OMISSIS) durante comunicazioni intercettate dagli inquirenti (individuazione del bosco quale luogo in cui poter agire; racconto di sottrazione di documenti dopo avere rotto il vetro dell'altrui vettura); conversazioni telefoniche, parimenti oggetto di captazione, di (OMISSIS), che racconta di essere stato sequestrato, restando segregato una notte intera in un'abitazione, di essere stato derubato del cellulare e dell'auto, di essere stato malmenato sino ad avere le costole fratturate; la perfetta descrizione dei luoghi effettuata in aula dalla medesima persona offesa, in particolare per quanto attiene l'abitazione di (OMISSIS); alcune ammissioni, quantomeno in merito alle sole lesioni, date dagli altri coimputati. A fronte di questo lineare chiarimento - che si salda con quanto esposto nella sentenza di primo grado (dove si accenna anche alla rilevanza dell'esame della madre di (OMISSIS), di quanto rinvenuto nella sua autovettura o sequestrato a casa di (OMISSIS), negli spostamenti e nelle comunicazioni registrati dai tabulati telefonici, nella mancanza di astio e ostilita' manifesta ben percepita nell'oralita' del dibattimento) - non assume rilievo decisivo l'omesso esame di un motivo di appello da parte del giudice dell'impugnazione. Non sussiste, infatti, secondo costante giurisprudenza, un vizio di motivazione rilevante a norma dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), qualora, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente assorbito e disatteso dalle spiegazioni svolte nella motivazione in quanto incompatibile con la struttura e con l'impianto della stessa, nonche' con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, Cammi, Rv. 277593; Sez. 5, n. 24437 del 17/01/2019, Armeli, Rv. 276511; Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227, secondo cui l'emersione di una criticita' su una delle molteplici valutazioni contenute nella sentenza impugnata, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non puo' comportare l'annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all'esito di una verifica sulla completezza e sulla globalita' del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l'impianto della decisione). In particolare, e' opportuno osservare come, nonostante le doglianze della difesa, non sempre manchi una risposta ai motivi di gravame, ma questa e' talora fornita in maniera sintetica, come quando si esclude la fondatezza dell'alibi che tentano di fornire i testi (OMISSIS) e Gieras (p. 29). Costoro, evidentemente ritenuti non credibili sul punto o quantomeno sugli orari riferiti da entrambi i giudici di merito, non offrono in primo luogo una vera e propria prova d'alibi, dal momento che - pure ammessa, in ipotesi e per mera comodita' di ragionamento, una presenza di qualche minuto o per un tempo piu' consistente di (OMISSIS) alla festa di compleanno - la circostanza non sarebbe comunque in grado di disarticolare la solida ricostruzione operata all'esito dell'istruttoria dibattimentale; peraltro, a che perdura la privazione della liberta', mantenuta dal continuo susseguirsi di una pletora di concorrenti, alcuni dei quali neppure compiutamente identificati, dolersi della mancata considerazione riservata all'ipotetico ed eventuale allontanamento temporaneo di (OMISSIS) da parte dei giudici di appello, senza specifici chiarimenti ulteriori connota di insuperabile aspecificita' il motivo di ricorso. Non sussiste poi uno specifico obbligo motivazionale relativamente a(mancato accoglimento della richiesta di confronto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), a fortiori come rinnovazione dell'istruttoria in appello, dal momento che questo mezzo di prova non costituisce adempimento di cui sia imposta obbligatoriamente l'effettuazione; a fronte di contrastanti versioni fornite dai dichiaranti, spetta infatti al giudice apprezzare, secondo il proprio libero convincimento, il grado di attendibilita' dell'una piuttosto che dell'altra dichiarazione (Sez. 6, n. 37691 del 16/09/2022, B., Rv. 283935-02). 2.2. Per quanto riguarda il primo motivo del ricorso presentato da (OMISSIS), in merito alla asser(ta mancanza di attendibilita' e di credibilita' della persona offesa e alla mancata motivazione su un punto lamentato dalla difesa, oltre che in genere alla natura fattuale delle doglianze, si rimanda a quanto sopra esposto in merito alle analoghe doglianze contenute nel ricorso di (OMISSIS). E' opportuno precisare ulteriormente soltanto come la sentenza di secondo grado non fraintenda affatto il contenuto dello specifico gravame difensivo inerente la mancata contestazione da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) della versione di (OMISSIS), ma semplicemente lo contestualizzi in relazione alle specifiche circostanze poste in evidenza dall'imputato. La posizione di (OMISSIS) in relazione al delitto di sequestro, ad ogni buon conto, e' stata oggetto di attenta disamina, nell'ambito della quale sono state messe a confronto le varie risultanze probatorie (sempre muovendo dalla complessiva solidita' della versione fornita dalla persona offesa). Segnatamente, quale implicita risposta ai motivi di gravame, e' stato sottolineato come, pur se il primo incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in auto con (OMISSIS) potrebbe essere stato fortuito (anche se, in quel frangente, egli si accorse comunque che quest'ultimo e' costretto contro la sua volonta' all'interno dell'abitacolo), la acc(arata presenza in casa di (OMISSIS) della persona offesa e' un fatto voluto e accettato dal ricorrente, che lo trattiene per un tempo significativo contro la sua volonta' (e lo picchia brutalmente), consapevole che "la vittima e' scortata dagli imputati, o quantomeno dall' (OMISSIS)". La sentenza di primo grado offre ulteriori e definitivi contributi esplicativi sul fatto che (OMISSIS), sottoposto alla sorveglianza speciale, non poteva rendersi protagonista di condotte delittuose sulla pubblica via, sui fotogrammi che inquadrano la vettura con a bordo (OMISSIS) e (OMISSIS) a breve distanza dall'abitazione di (OMISSIS), in orario compatibile con le dichiarazioni della persona offesa. 2.3. Per quanto riguarda il secondo motivo del ricorso presentato da (OMISSIS), sempre in merito alla valutazione dell'apporto probatorio offerto della persona offesa, si rimanda ancora a quanto gia' detto in via generale (in particolare in merito alla impermeabilita' delle valutazioni dei giudici di merito sul punto in questa sede di legittimita'). Gli asseriti pregressi rapporti di credito-debito non sono stati ritenuti sussistenti e comunque rilevanti, ma, in ogni caso, il carattere calunnioso delle propalazioni accusatorie e' escluso dal complessivo esame del dichiarante; nell'ambito di questo esame, la mancata costituzione di parte civile, quale indice di disinteresse rispetto agli esiti processuali, viene citato soltanto come mero elemento di contorno, laddove per i giudici di merito e' la presenza, gia' sottolineata, di molteplici riscontri oggettivi a conferire al testimone attendibilita' e credibilita' oggettiva e soggettiva. Valore fondamentale - e pressoche' esclusivo - e' stato dato in primo e secondo grado alla prova testimoniale formatasi in giudizio con la deposizione della persona offesa nel contraddittorio delle parti, restando ininfluente ai fini del decidere la denuncia-querela da lui presentata (a cui fa solo un cenno la sentenza di primo grado). 2.4. Il primo motivo di gravame dedotto da (OMISSIS) presenta molteplici tratti comuni a quelli presenti nei ricorsi dei due coimputati, in particolare in merito alla mancata considerazione in cui sarebbero stati tenuti dalla Corte di assise di appello alcuni elementi istruttori e allegazioni difensive pro reo. Si rimanda pertanto, anche in questo caso, a quanto sopra esposto in tema di impossibile rivalutazione del materiale probatorio in questa sede, in presenza di una motivazione adeguata. In particolare, la sentenza di secondo grado valorizza, inserendole nel piu' ampio contesto istruttorio, alcune determinanti ammissioni dell'imputato (che conferma di essere stato chiamato "per mettere paura" al gia' terrorizzato (OMISSIS), di essersi portato all'uopo un falcetto e un martello ostentandoli alla vittima, di avere malmenato quest'ultima, di essere rimasto per quasi tre ore insieme a (OMISSIS), insultato, minacciato, percosso e soprattutto impossibilitato ad allontanarsi dai suoi guardiani se non per pochi passi). A fronte di cio', e' congruamente illustrata in motivazione la ricostruzione dei fatti, per quanto riguarda la condotta posta in essere da (OMISSIS) e la consapevolezza in capo a quest'ultimo che (OMISSIS) era stato privato della liberta' personale per un periodo piu' che significativo. 3. Anche i motivi di ricorso inerenti l'erronea valutazione della responsabilita' a titolo concorsuale (nella specie, il terzo e il quarto motivo del ricorso (OMISSIS) e alcune specifiche censure sviluppate nel primo motivo di (OMISSIS)) sono caratterizzati da non corretti presupposti giuridici comuni, che ne consigliano una disamina omogenea. In tema di concorso di persone, il contributo rilevante ai sensi dell'articolo 110 c.p., in caso di azione collettiva, deve essere espressivo di condivisione dell'evento - anche in forma solo verbale ovvero accompagnata da manifestazioni esteriori diverse dalla condotta tipica - e idoneo a semplificare o agevolare l'ideazione o l'esecuzione dell'azione, anche se solo nei confronti di una parte consistente di compartecipi (Sez. 1, n. 6237 del 15/09/2021, dep. 2022, Dell'Aquila, Rv. 282620). Appare indubitabile la rilevanza causale - ai sensi sia dell'articolo 605, sia degli articoli 582 e 583 c.p. - vuoi delle condotte direttamente rilevanti per la tipicita' del fatto di reato, vuoi dei comportamenti meramente rafforzativi o agevolatori delle stesse, anche solo in ragione della fisica presenza in appoggio all'azione di (OMISSIS), pressoche' sempre presente. 3.1. La difesa di (OMISSIS), relativamente al delitto di sequestro, dubita della corretta applicazione della disciplina del concorso di persone, quantomeno per carenza dell'elemento soggettivo. Anche in questo caso, i giudici di appello hanno offerto una motivazione adeguata, tutt'altro che contraddittoria o manifestamente illogica, laddove premesso che, immediatamente dopo l'iniziale diverbio con (OMISSIS) che lo costringe a salire in auto, inizia lo stato di privazione della liberta' personale, penalmente rilevante, di (OMISSIS) - rilevano come (OMISSIS) sia stato informato dallo stesso (OMISSIS), alla guida della vettura di (OMISSIS), obbligato sui sedili posteriori, della falsita' dei documenti richiesti previo versamento di un congruo anticipo; la consapevolezza di essere stato truffato spinse pertanto (OMISSIS) a colpire violentemente (OMISSIS) in una prima occasione quando era ancora accovacciato nell'auto. Se, per questo primo contatto, i giudici di appello concedono il beneficio del dubbio sulla coscienza di (OMISSIS) della restrizione della liberta' in danno di (OMISSIS), quando, diverse ore dopo, la medesima persona offesa, ininterrottamente da allora nelle mani di (OMISSIS) e dei suoi complici, e' condotto con la forza presso l'abitazione del ricorrente, deve darsi per certa la sua consapevolezza che (OMISSIS) si trovasse ancora e da lungo tempo in stato di sequestro. Il doppio intervento di (OMISSIS), per la strada e in casa, costituisce un suo indubbio e consapevole contributo causale alla perpetrazione del delitto, a prescindere dal movente che puo' averlo spinto. 3.2. La motivazione della sentenza impugnata delinea chiaramente i motivi fondanti la valutazione di responsabilita' di (OMISSIS) in relazione al delitto di lesioni aggravate continuate in concorso; e' opportuno precisare che l'aggravante dell'uso di strumenti atti a offendere contestata solo ad (OMISSIS) e (OMISSIS). In primo luogo, la motivazione descrive nel dettaglio le lesioni inferte personalmente da (OMISSIS) a (OMISSIS) all'interno della propria abitazione, ma aveva puntualizzato precedentemente come "stante la concatenazione degli eventi, da cui non si puo' prescindere, e' necessaria la trattazione unitaria dell'intera azione delittuosa, da intendersi quale intreccio di piu' condotte, facenti capo a piu' soggetti, che dovranno si' valutarsi isolatamente ma sempre quali parti integranti di un medesimo disegno criminoso, rappresentato e voluto, con intensita' differenti, da tutti i correi". Come accennato, la sentenza ritiene, su solide basi, acclarata la consapevolezza in capo ad (OMISSIS), che (OMISSIS) fosse sequestrato da (OMISSIS) e dagli altri complici e che in tale veste fosse sottoposto a violenze fisiche. Nel ricorso, foss'anche a livello ipotetico, si ammette peraltro che " (OMISSIS) percuote da solo (OMISSIS) e con l'uso delle mani lo fa sanguinare in volto ma non vi e' alcun concorso nella frattura delle costole". La concessione dell'imputato all'ipotesi accusatoria non tiene pero' in adeguata considerazione la natura non episodica del pestaggio, al contrario parte di un'aggressione fisica posta in essere - talvolta simultaneamente e talaltra alternativamente - da piu' persone (gli odierni imputati, altri soggetti giudicati separatamente ed altri ancora non identificati), in un arco di tempo pari quasi a un'intera giornata. Nota in proposito la sentenza di secondo grado, dopo avere rilevato come "parte integrante dell'azione complessiva e' la condotta di lesioni, posta in essere a piu' riprese e confermata da tutti gli imputati": "infondata, a tal proposito, l'eccezione sollevata dalla difesa (OMISSIS) e relativa all'impossibilita' di ricondurre le lesioni riscontrate alla sua azione, in quanto l'offesa in danno di (OMISSIS), in base a quanto ricostruito, ha invero raggiunto il suo culmine in termini di violenza proprio nell'appartamento dell' (OMISSIS), poiche' questo ha dato avvio all'aggressione fisica nel momento in cui la vittima era ancora sulla soglia della porta di ingresso e le ha cagionato diverse ferite, provocandole anche perdite di sangue". La conclusione dei giudici di merito e' coerente con il consolidato orientamento di legittimita', a mente del quale l'aggressione fisica collettiva, caratterizzata dalla reciproca consapevolezza della convergente, ancorche' non simultanea, condotta dei correi, comporta che ciascuno di essi risponde del complesso delle lesioni riportate dalla vittima e, dunque, anche di quelle non causate in via diretta dall'azione materialmente posta in essere dal singolo (Sez. 5, n. 35274 del 14/07/2022, Taietti, Rv. 283648; cfr. anche Sez. 2, n. 51174 del 01/10/2019, Luca', Rv. 278012, secondo cui, dovendosi valorizzare la struttura unitaria del reato concorsuale, allorche' si realizza la combinazione di diverse volonta' finalizzate alla produzione dello stesso evento, ciascun compartecipe e' chiamato a rispondere sia degli atti compiuti personalmente, sia di quelli compiuti dai correi nei limiti della concordata impresa criminosa per cui, quando l'attivita' del compartecipe si sia estrinsecata e inserita con efficienza causale nel determinismo produttivo dell'evento, fondendosi indissolubilmente con quella degli altri, l'evento verificatosi e' da considerare come l'effetto dell'azione combinata di tutti i concorrenti, anche di quelli che non hanno posto in essere l'azione tipica del reato). 3.3. Per quanto attiene alle doglianze sul punto avanzate dal difensore di (OMISSIS), limitatamente al solo delitto di sequestro, possono ulteriormente evidenziarsi i passaggi motivazionali della sentenza impugnata che condivisibilmente affermano che, pur se inizialmente chiamato da (OMISSIS) solo per terrorizzare (OMISSIS), l'imputato prese subito contezza della restrizione in atto della liberta' della persona offesa e non esito' a infondere prima sicurezza ad (OMISSIS) e terrore a (OMISSIS), entrando anch'egli nell'abitacolo della vettura con vistose armi improprie, prestandosi poi a malmenare con brutalita' il sequestrato, e trattenendosi in seguito, dopo questo chiarissimo biglietto da visita, per diverse ore in (OMISSIS) in compagnia di (OMISSIS), (OMISSIS) e degli altri co'rrei intervenuti sul posto, pur avendo la costante possibilita' di allontanarsi dopo avere compiuto il pestaggio per cui era stato chiamato. E' appena il caso di notare - seguendo le argomentazioni sul punto della sentenza impugnata - come una presenza prolungata, con partecipazione attiva alle intimidazioni che impediscono alla persona offesa anche solo di pensare di darsi alla fuga senza piu' gravi conseguenze, costituisca un rilevante e consapevole contributo causale alla commissione del delitto in questione e non un'evoluzione, prevedibile ma non voluta, dell'iniziale aggressione fisica. La responsabilita' del compartecipe per concorso anomalo postula che il fatto piu' grave rispetto a quello concordato sia materialmente commesso da un altro concorrente. Nel caso di specie, in cui il sequestro era gia' in essere, e in maniera facilmente percepibile per il ricorrente, al momento del suo primo contatto con (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) ha previsto e accettato (non gia' i'l solo rischio, ma esattamente) la commissione del delitto in fase di esecuzione, a titolo di dolo diretto e non eventuale. Risulta dunque corretta anche la riqualificazione della fattispecie concorsuale ai sensi dell'articolo 110 c.p. piuttosto che del successivo articolo 116. 4. Il ricorrente (OMISSIS) si duole che - a fronte di una diminuzione per le due attenuanti ai sensi dell'articolo 62 c.p., n. 2, e articolo 62-bis c.p., riconosciute prevalenti, operata dal primo Giudice (pena base per il piu' grave reato di sequestro di persona a scopo di estorsione: venticinque anni di reclusione; diminuita a sedici anni per le circostanze attenuanti generiche; ulteriormente diminuita a dodici anni per la provocazione) - il computo operato in secondo grado, all'esito della riqualificazione del reato (pena base per il piu' grave reato di sequestro di persona: cinque anni di reclusione; diminuita a quattro anni per le circostanze attenuanti generiche; ulteriormente diminuita a tre anni per la provocazione), sarebbe stato illegittimamente deteriore per l'imputato, non essendo mantenuta la medesima percentuale di un terzo della pena da ridurre. Si lamenta pertanto violazione dell'articolo 597 c.p.p., comma 3, nonche' l'omessa motivazione sul punto. Il motivo e' manifestamente infondato. E' infatti pacifico che, nel giudizio di appello senza impugnazione del Pubblico ministero, il divieto di "irrogare una pena piu' grave per specie o quantita'" non riguarda soltanto l'esito finale del meccanismo normativo di quantificazione, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione, di modo che occorre procedere ad un raffronto tra tutte le diverse componenti sanzionatorie. Al contrario di quanto suggerito implicitamente nel motivo di ricorso, pero', la preclusione per il giudice di appello a non rivedere in termini peggiorativi il trattamento sanzionatorio non riguarda il rapporto proporzionale con la pena base (purche' si rispetti il limite di legge; non oltre un terzo, nel caso di specie), ma l'entita' concreta di ciascun aumento o diminuzione determinato per ciascun singolo segmento che incide sulla dosimetria della pena. In presenza di una riconsiderazione complessivamente (assai) favorevole del trattamento sanzionatorio in ogni sua singola componente, non si riscontra alcuna violazione del divieto di reformatio in peius. In ipotesi di riqualificazione del fatto in un'altra meno grave fattispecie, il giudice di secondo grado non sarebbe comunque tenuto ad individuare neppure una pena base di misura inferiore a quella del primo giudice, purche' venga irrogata in concreto una sanzione finale non superiore a quella inflitta in precedenza (Sez. 5, n. 15130 del 03/03/2020, Diop, Rv. 279086-02, secondo cui non integra una violazione del divieto di trattamento deteriore, la riqualificazione del fatto accompagnata dall'applicazione delle circostanze attenuanti generiche in misura inferiore a quanto statuito in primo grado, fermo restando l'obbligo di irrogare in concreto una sanzione finale non superiore a quella in precedenza inflitta). 5. Il ricorrente (OMISSIS) censura l'omessa motivazione in relazione ai dieci mesi di reclusione computati a titolo di aumento, ai sensi dell'articolo 81 c.p., comma 2, per il delitto di lesioni aggravate. Non e' in dubbio l'obbligo per il giudice di argomentare, quanto alle modalita' di determinazione della pena complessiva, anche in merito all'aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269, che sottolinea come il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena sia correlato all'entita' degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall'articolo 81 c.p. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene; cfr. anche Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, Spampinato, Rv. 284005, secondo cui il giudice di merito, nel calcolare l'incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non e' tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entita', essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall'articolo 132 c.p.). Nondimeno un simile percorso motivazionale non puo' affatto dirsi mancante nella decisione impugnata. Anche tenendo conto della pena edittale prevista dall'articolo 583 c.p., comma 1, (da tre a sette anni di reclusione), l'aumento apportato per la continuazione risulta in primo luogo sostanzialmente contenuto e comunque non particolarmente rilevante, con quanto ne consegue in termini di adeguata ampiezza della giustificazione in parte motiva. Soprattutto, la sentenza della Corte di assise di appello da' preliminarmente conto "della sussistenza del vincolo della continuazione tra i reati, vista l'eterogeneita', delle violazioni, la contiguita' spazio-temporale e le modalita' delle singole condotte, (nonche') in una prospettiva di proporzionalita' del trattamento sanzionatorio, delle aggravanti contestate e delle attenuanti riconosciute in primo grado" (p. 43), oltre a descrivere in un passaggio precedente la brutalita' del pestaggio prolungato, richiamando i certificati medici che dissipano ogni dubbio sulla violenza delle aggressioni, la deposizione dell'operante che attesta la presenza di traumi inferti a colpi di martello, la ripetuta perdita di sangue in conseguenza dei colpi (p. 32). In conclusione, l'illustrazione offerta dalla Corte di merito quanto al calcolo dell'aumento, calata nel caso concreto, appare assolutamente congrua e funzionale ad esplicitare il rispetto del rapporto di proporzione tra le sanzioni irrogate per i vari illeciti accertati, anche con riferimento ai limiti previsti dalla legge al fine di evitare un surrettizio cumulo materiale di pene. 6. Tutti e tre i ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili. In considerazione di tale declaratoria, ciascun ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., deve essere condannato al pagamento delle spese processuali, nonche', di una somma in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, da liquidarsi - valutati i profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilita' emergenti dal ricorso (Corte Cost., sent. 13 giugno 2000, n. 186) - nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Vallo della Lucania, Sezione Civile, in persona della dott.ssa Elvira Bellantoni e in funzione di giudice monocratico, dà lettura alla pubblica udienza del 27.4.2023 della seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n.805 del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell'anno 2016, avente ad oggetto: Appello al giudice di pace, vertente TRA (...) (C.F. (...) ) elettivamente domiciliata in Agropoli via (...), presso il suo studio dell'Avv. Gi.Gu. dal quale è rappresentata e difesa giusta procura in atti; APPELLANTE E COMUNE DI AGROPOLI con Sede Legale in Agropoli (SA), alla Piazza (...), in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. Gi.La., presso il cui studio elettivamente domiciliato in Vallo della Lucania alla Via (...); APPELLATO FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato il 9.5.2016, ritualmente notificato, (...) proponeva appello avverso la sentenza n. 861/2015, con cui il Giudice di Pace di Agropoli rigettava l'opposizione da lei promossa avverso i seguenti verbali di accertamento: 1) n. (...) del 8.9.2014 notificato in data 23.11.2014; 2) n.(...) del 9.10.2014 e notificato il 15.12.2014; 3) n. (...) del 10.9.2014 e notificato il 25.11.2014; 4) n. (...) del 15.9.2014 e notificato il 25.11.2014, tutti elevati dal Comando di Polizia Municipale del Comune di Agropoli. In primo grado la signora (...) deduceva l'illegittimità dell'accertamento per i seguenti motivi: 1) irregolarità del contratto stipulato con la ditta appaltatrice dell'apparecchio, nel quale era previsto un canone variabile ed inversamente proporzionale all'effettivo pagamento delle multe elevate; 2) assenza di taratura dell'apparecchio; 3) mancato corretto funzionamento dell'apparecchio; 4) assenza di idonea segnaletica al fine di consentire la corretta visibilità dell'apparecchio, in ottemperanza all'art. 4, co. I, L. n. 168 del 2002; 5) difetto di motivazione in ordine alle ragioni che avevano reso impossibile la contestazione immediata dell'illecito, in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 201 C.d.S. Parte opposta rimaneva contumace, nonostante la regolare notificazione del ricorso. Il giudizio si concludeva con sentenza n. 861/2015 con la quale il Giudice di Pace di Agropoli rigettava integralmente l'opposizione. Avverso suddetto provvedimento (...) proponeva appello per i seguenti motivi: 1) difetto di prova in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dell'illecito contestato, stante la contumacia del Comune di Agropoli; 2) omessa pronuncia del giudice di prime cure circa l'illegittimità dell'attività di accertamento compiuta grazie alla strumentazione elettronica noleggiata dall'Ente presso privati con la previsione di un canone variabile e 3) mancanza di visibilità dell'apparecchio, del rispetto delle prescrizione dettate dall'autorizzazione provinciale e della taratura periodica. Il Comune di Agropoli si costituiva in giudizio e concludeva per il rigetto della domanda con vittoria di spese. Il Tribunale fissava per la discussione orale della causa l'udienza del 27/4/2023. La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che "nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, grava sull'amministrazione opponente l'onere di provare gli elementi costitutivi dell'illecito, ma la sua inerzia processuale non determina l'automatico accertamento dell'infondatezza della trasgressione, in quanto il giudice, chiamato alla ricostruzione dell'intero rapporto sanzionatorio e non soltanto alla valutazione di legittimità del provvedimento irrogativo della sanzione, può sopperirvi sia valutando i documenti già acquisiti sia disponendo d'ufficio, ai sensi dell'art. 23, sesto comma, della L. 24 novembre 1981, n. 689, "ratione temporis" applicabile, i mezzi di prova ritenuti necessari" (cfr. Cass. civ. n.n. 4898/2015 e 24691/2018). Ne consegue che la contumacia in primo grado del Comune di Agropoli, contrariamente a quanto assunto dalla difesa dell'appellante, non poteva condurre all'automatico accoglimento della domanda e che occorre indagare se il giudice ha correttamente operato nel valutare gli elementi probatori acquisiti. L'appellante lamentava, innanzitutto, la mancata pronuncia del giudice in ordine alla violazione dell'art. 61 della L. n. 120 del 29 luglio 2010 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), secondo cui: "Agli enti locali è consentita l'attività di accertamento strumentale delle violazioni al D.Lgs. n. 285 del 1992 soltanto mediante strumenti di loro proprietà o da essi acquisiti con contratto di locazione finanziaria o di noleggio a canone fisso da utilizzare ai fini dell'accertamento delle violazioni" ed evidenziava che il Comune di Agropoli, in dispregio del suddetto assunto normativo, aveva provveduto all'accertamento strumentale delle violazioni al D.Lgs. n. 285 del 1992 con l'ausilio di apparecchiature elettroniche noleggiate previo riconoscimento di un canone variabile ed inversamente proporzionale all'effettivo pagamento delle multe elevate. Aggiungeva che l'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), con il Provv. n. 12 del 4354 prot. n. (...) del 5.10.2015aveva ritenuto illegittima la procedura di affidamento adottata dal Comune di Agropoli. Coglie nel segno la difesa dell'appellante quando lamenta la nullità sul punto della sentenza per assoluta insufficienza e/o inesistenza di motivazione. La motivazione è meramente apparente quando contiene un rinvio agli atti del giudizio senza riproduzione delle parti idonee a giustificare la valutazione espressa e la sentenza è nulla - sotto il profilo sia formale che sostanziale - per mancanza del requisito di cui all'art. 132, comma 1, n. 4), c.p.c., quando la motivazione consista nel dichiarare sufficienti tanto i motivi esposti nell'atto che ha veicolato la domanda accolta, quanto non meglio individuati documenti ed atti ad essa allegati senza riprodurne le parti idonee a giustificare la valutazione espressa, né indicare la ragione giuridica o fattuale che, come emergente dall'oggetto del rinvio, il giudice abbia ritenuto di condividere ( cfr. ex multis Cass. civ. nn. 27112/2018, 7402/2017, 14762/2019). La parziale nullità della sentenza impugnata non comporta la regressione del giudizio: il vizio di nullità della sentenza di primo grado per mancanza di motivazione non rientra fra quelli, tassativamente indicati, che ai sensi dell'art. 354 cod. proc. civ., comportano la rimessione della causa al primo giudice, cosicchè il giudice del gravame, ove lo ritenga sussistente, deve porvi rimedio pronunciando nel merito della domanda, senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione, che è privo di rilevanza costituzionale( cfr. Cass. civ. n. 13733/2014). Ciò posto, la doglianza appare infondata. La circostanza che l'Anac abbia contestato per la violazione delle regole sulla concorrenza, le modalità di affidamento del servizio non può riverberare alcuna conseguenza sulla legittimità degli accertamenti effettuati e parte appellante non provvedeva neanche al deposito del contratto del cui contenuto si discute. Quanto agli ulteriori motivi di appello giova ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che "nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa, il verbale di accertamento dell'infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante né ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche" ( cfr. Cass. civ. n. 23800/2014 e Cass. civ. n. 29850/2021). Il contenuto del verbale è contestabile, tanto ove ne sia dedotta l'alterazione, pur involontaria o dovuta a cause accidentali, quanto nel caso in cui si lamentino errori od omissioni di natura percettiva da parte del medesimo pubblico ufficiale, con la proposizione, nel giudizio di opposizione, della querela di falso. Tanto premesso, corretta appare la decisione assunta dal primo giudice sulla base del valore probatorio privilegiato proprio del verbale di accertamento impugnato col quale gli agenti intervenuti rilevavano la violazione del limite di velocità, la corretta installazione dell'apparecchio e il funzionamento dello stesso. La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato con argomentazioni pienamente condivisibili che in tema di sanzioni amministrative conseguenti alla violazione dei limiti di velocità previsti dall'art. 142 del codice della strada, il legislatore non ha previsto alcuna decadenza dell'omologazione rilasciata per l'apparecchiatura di controllo automatico in dotazione alle Forze di polizia (cosiddetto "autovelox"), sicché, nel giudizio di opposizione la P.A. non ha alcun onere probatorio relativo alla perdurante funzionalità della menzionata apparecchiatura ( cfr. ex multis Cass. civ. n. 21267/2014), che l'efficacia probatoria dello strumento rivelatore del superamento di tali limiti ("autovelox"), che sia omologato e sottoposto a verifiche periodiche, opera fino a quando sia accertato, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall'opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo elettronico e che, peraltro, in presenza del certificato di taratura rilasciato da soggetto abilitato, non è consentito al giudice di merito sindacare le modalità con le quali tale taratura è stata effettuata ( cfr. Cass. civ. n. 18354/2018). Il verbale non ha fede privilegiata unicamente quanto all'esistenza dell'autorizzazione dell'Ente proprietario della strada. Osserva il Tribunale che "gli organi di polizia municipale, nel territorio di competenza, sono abilitati a compiere legittimamente la loro attività di accertamento istituzionale nell'ambito dell'espletamento dei servizi di polizia stradale, senza che abbia rilievo la circostanza relativa alla tipologia della strada che attraversa lo stesso, e quindi ben possono effettuare accertamenti e contestazioni di violazioni di norme del codice della strada anche quando il tracciato su cui si verifica l'infrazione sia una strada statale al di fuori del centro abitato" (cfr. Cass. civ. n. 19755/2011). Le spese seguiranno la soccombenza e saranno liquidate come da dispositivo, con distrazione al procuratore dichiaratosi antistatario. Parte appellante è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall'art. 1 comma 17 della L. n. 228 del 24 dicembre 2012, e destinato a trovare applicazione ai procedimenti introdotti in data successiva al 28 dicembre 2012, secondo cui quando l'impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, è dovuto un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. P.Q.M. Il Tribunale di Vallo della Lucania, Sezione Civile, in persona del Presidente dott.ssa Elvira Bellantoni, definitivamente pronunciando in ordine alla domanda proposta con atto del 9.5.2016 da (...) nei confronti di Comune di Agropoli, ogni avversa istanza, deduzione ed eccezione reietta, così provvede: 1)rigetta l'appello e per l'effetto conferma la sentenza n.861/2015 del giudice di pace di Agropoli; 2) condanna (...) Comune di Agropoli alla rifusione delle spese processuali in favore dell'appellante, che si liquidano in complessivi Euro 600,00, oltre rimborso forfetario, IVA e quanto altro dovuto per legge, con attribuzione al procuratore dichiaratosi antistatario; 3) dichiara che ricorrono i presupposti per l'applicazione dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002. Così deciso in Vallo Della Lucania il 27 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere Dott. CENCI Daniele - Consigliere Dott. D'ANDREA Alessandro - Consigliere Dott. PAVICH Giuseppe - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 12/04/2022 della CORTE APPELLO di ANCONA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PAVICH GIUSEPPE; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa ODELLO LUCIA, che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. (OMISSIS), per il tramite del suo difensore di fiducia, ricorre avverso la sentenza con la quale, in data 12 aprile 2022, la Corte d'appello di Ancona ha confermato la condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Macerata per il reato p. e p. dall'articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera B, commi 2-bis e 2-sexies (guida in stato d'ebbrezza aggravata dall'aver provocato un incidente e dall'orario notturno), contestato come commesso il (OMISSIS). Due i motivi di doglianza. 1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di norme processuali perche', sebbene fossero emersi in sede istruttoria elementi in base ai quali risultava che l'avviso della facolta' di farsi assistere da un difensore di fiducia fosse stato dato dagli agenti operanti tra la prima e la seconda prova effettuata a mezzo alcoltest, la Corte di merito ha invece ritenuto attendibile quanto riferito dagli agenti accertatori sentiti in qualita' di testimoni, i quali hanno sostenuto che l'avviso fosse stato dato in via preliminare, spiegando la loro asserzione - fra l'altro - con il convincimento che derivava loro dal fatto che si trattava di una prassi costantemente seguita, fatto certamente inidoneo sul piano probatorio e peraltro contraddetto dalle imprecisioni narrative di uno dei due testi operanti; per converso la Corte di merito non ha ritenuto attendibili le dichiarazioni della teste (OMISSIS), madre dell'imputato e presente in loco al momento dell'accertamento, che ha riferito che l'avviso fu dato solo all'esito della prima prova: dichiarazioni peraltro riscontrate dalla C.N.R. secondo cui il (OMISSIS) era stato informato della facolta' di farsi assistere da un difensore di fiducia durante le due prove con l'alcoltest. Ne deriva che l'avviso deve ritenersi dato in un momento successivo all'accertamento, con conseguente nullita' del risultato di quest'ultimo, come stabilito dalle Sezioni Unite della Corte. 1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato raggiungimento della prova circa il buon funzionamento dell'alcoltest, prova che incombeva all'accusa fornire (come stabilito dalla sentenza n. 113/2015 della Corte Costituzionale in materia di autovelox e come ribadito dalla successiva giurisprudenza di legittimita' in materia di etilometro) e che nella specie non e' stata fornita, non essendovi i necessari elementi nel verbale di accertamento e non essendo state rese dichiarazioni utili dai testi operanti. 2. Il primo motivo di ricorso e' infondato. Il motivo in esame risulta invero proposto per violazione di legge processuale, ma in realta' esso aggredisce il percorso argomentativo della sentenza impugnata, laddove la prova che l'avviso di cui all'articolo 114 disp. att. c.p.p. era stato dato al (OMISSIS) prima di procedere alla misurazione, sebbene contestata dal ricorrente, era stata comunque fornita dai due operanti nelle loro dichiarazioni testimoniali; ed e' noto che, secondo l'ormai pacifico indirizzo adottato dalla giurisprudenza di legittimita', in tema di guida in stato di ebbrezza, la prova dell'avvenuto adempimento dell'obbligo di dare avviso alla persona sottoposta ad esame alcolimetrico della facolta' di farsi assistere da difensore di fiducia, ove non risultante dal verbale, puo' essere data mediante la deposizione dell'agente operante, spettando al giudice valutare, fornendone rigorosa motivazione, la precisione e completezza della testimonianza, le ragioni della mancata verbalizzazione dell'avviso e la tempestivita' dell'avvertimento (Sez. 4, Sentenza n. 35844 del 18/06/2021, Tommasini, Rv. 281976; Sez. 4, Sentenza n. 18349 del 29/04/2021, Piva, Rv. 281169). In proposito, dunque, non puo' parlarsi di violazione di legge processuale (come ha fatto il ricorrente), mentre doveva piu' specificamente formare oggetto di censure, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la motivazione resa dalla Corte di merito: motivazione che la Corte di merito ha comunque fornito in termini non manifestamente illogici o contraddittori, esaminando i contenuti delle dichiarazioni dei due testi operanti, nonche' enunciando le ragioni per le quali essi sono stati ritenuti attendibili e quelle in base alle quali si e' ritenuta non altrettanto attendibile la deposizione della teste (OMISSIS). 3. Il secondo motivo e' a sua volta infondato: l'orientamento piu' recente e ormai prevalente della giurisprudenza di legittimita', che recupera quello adottato in epoca piu' risalente, e' nel senso di ritenere che l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilita' di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura - con la conseguenza che e' onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualita' dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro (vds. Sez. 4, Sentenza n. 11679 del 15/12/2020 - dep. 2021, Ibnezzayer, Rv. 280958; Sez. 4, Sentenza n. 7285 del 09/12/2020 - dep. 202, Demma, Rv. 280937; Sez. 4, Sentenza n. 28887 del 11/06/2019, Cardinali, Rv. 276570). Ma anche in altro e diverso orientamento (Sez. 4, 12 dicembre 2019, Santini), pur riaffermandosi che l'onere della prova del buon funzionamento dell'apparecchio incombe sull'accusa, tale onere e' stato tuttavia subordinato all'assolvimento, da parte della difesa, di un onere di allegazione, costituito dalla contestazione del buon funzionamento; nella sentenza di che trattasi, si e' fra l'altro cercato di approfondire quanto effettivamente affermato dalla sentenza C. Cost. n. 113/2015 (con riferimento all'autovelox) e si e' chiarito che la Corte Costituzionale, in detta pronunzia, ha unicamente considerato distonico rispetto al principio di ragionevolezza non gia' il criterio dell'inversione dell'onus probandi, ma il principio dell'affidamento del cittadino nel regolare funzionamento degli strumenti di controllo: infatti, contrariamente a quanto stabilito dall'articolo 379 reg. C.d.S., per l'autovelox l'articolo 142 C.d.S. non prevede la sottoposizione a verifiche periodiche di funzionalita' e di taratura. 4. Poiche', pero', il reato risulta accertato il 13 marzo 2017 e il ricorso, sebbene infondato, non puo' tuttavia dirsi inammissibile, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perche' il reato e' estinto per prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche' il reato e' estinto per prescrizione. Sentenza a motivazione semplificata.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FERRANTI Donatella - Presidente Dott. BELLINI Ugo - Consigliere Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere Dott. BRUNO Mariarosari - rel. Consigliere Dott. RICCI Anna Luisa Angel - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 20/09/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa BRUNO MARIAROSARIA. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 20/9/2021, la Corte di appello di Napoli, nel confermare la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di S.M. Capua Vetere a carico di (OMISSIS) per il reato di cui all'articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera b) e comma 2-sexies, ha rideterminato la pena inflitta all'imputato in quella di mesi due di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda, sostituita con il lavoro di pubblica utilita'. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, articolando i seguenti motivi di ricorso. 1) Omessa ovvero apparente motivazione. La disomogeneita' e la peculiarita' dei risultati di prova dell'alcoltest, riconosciuti dagli stessi giudici di merito, avrebbero dovuto indurre ad un diverso esito del giudizio. Vertendosi in una vicenda in cui la prova e' fondata sull'analisi degli accertamenti di tipo tecnico, la difesa aveva richiamato l'attenzione del decidente sulle gravi discrasie ricavabili dalle due misurazioni (1,56 g/l al primo accertamento delle ore 2,34 e 1,72 al secondo accertamento delle ore 2,46). La critica non era limitata solo a questo profilo, ma era supportata dalla documentazione scientifica prodotta e dai risultati delle analisi a cui l'imputato si era sottoposto a brevissima distanza dal fatto, che avevano dato esito negativo. L'irragionevolezza delle argomentazioni addotte in primo grado dal Tribunale per addivenire alla pronuncia di condanna erano evidenti. Il Tribunale, pur avendo condiviso le argomentazioni difensive circa l'errore materiale compiuto dagli agenti accertatori, consistito nell'aver proceduto al secondo controllo in un tempo inferiore ad almeno 20 minuti e, pur avendo preso atto della incongruenza del risultato dell'alcoltest, affermando che l'accertamento tecnico palesava "ragionevoli dubbi", ha poi ritenuto la penale responsabilita' dell'imputato, basando il suo convincimento sugli esiti dell'alcoltest, sebbene questi fossero inattendibili. Ha inoltre preso atto dell'esito negativo degli esami effettuati dall'imputato a distanza di poche ore dal fatto e dell'assenza di qualsivoglia sintomo o comportamento rivelatore di uno stato di ubriachezza. La Corte di merito nella prima parte della motivazione elude completamente le censure difensive incentrate su tali aspetti, ignorando il rilievo sull'inattendibilita' dell'etilometro utilizzato e limitandosi a ribadire il fatto che il tasso alcolemico fosse risultato superiore alla soglia di 0,8 g/l in entrambi le misurazioni. Il motivo di appello, lungi dal criticare sic et simpliciter la generica inaffidabilita' dell'etilometro impiegato dagli agenti, aveva sottolineato come tale come tale affermazione provenisse dallo stesso Tribunale e, pertanto, aveva focalizzato la propria doglianza sull'illogicita' e contraddittorieta' del percorso motivazionale seguito dal primo giudice. 2) Omessa applicazione della causa di non punibilita' ex articolo 131 c.p.. Plurime pronunce della Corte di cassazione hanno riconosciuto la possibilita' che sia applicata la speciale causa di non punibilita' anche in sede di legittimita' nonostante l'assenza di una specifica deduzione nei precedenti gradi di merito ove le condizioni previste dalla norma siano rilevabili senza necessita' di ulteriori accertamenti. Alla stregua della ricostruzione fattuale operata dai giudici del gravame, l'imputato e' stato sottoposto a controllo da una pattuglia di polizia che stava effettuando un normale servizio ispettivo in prossimita' del luogo in cui e' stato fermato il ricorrente. Come detto nel motivo che precede, il tasso alcolemico rilevato dalla strumentazione, con le modalita' operative impiegate, era tale da dover essere ancorato al di sotto del limite di 1,5 g/l e gli operanti non rilevavano comportamenti o sintomi rivelatori di uno stato di alterazione, eccezion fatta per il generico riferimento all'alito vinoso. Infine, come riconosciuto dalla pronuncia di appello, la Corte ribadiva come l'imputato fosse soggetto totalmente incensurato. Tali elementi descrittivi inducono a ritenere che la condotta fosse connotata da un esiguo disvalore. 3) Erronea applicazione dell'articolo 442 c.p.p., comma 2; illogicita' della motivazione in ordine alla concreta determinazione della pena finale. La sentenza impugnata mostra il fianco ad una ulteriore censura in tema di concreta determinazione della pena finale. La Corte di merito, infatti, dopo aver riconosciuto gli errori in cui era incorso il Tribunale, sia con riguardo all'erroneo aumento della pena detentiva in seguito all'applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 186 C.d.S., comma 2-sexies (il cui riconoscimento implica l'aumento della sola pena pecuniaria), sia in ordine alla mancata applicazione del disposto di cui all'articolo 442 c.p.p., comma 2, (che prevede, nell'ipotesi di celebrazione del rito abbreviato avente ad oggetto un reato contravvenzionale, di operare la riduzione della meta' della pena concretamente irrogata), riconosciute le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata aggravante, ha individuato la pena base in mesi 4 di arresto ed Euro 3.000,00 di ammenda, ridotti per il rito a mesi 2 di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda. Tuttavia il giudice di prime cure aveva individuato la pena base in mesi 4 di arresto ed Euro 2000,00 di ammenda. Tale circostanza rivelerebbe l'indebito aumento della pena base dell'ammenda, elevata da Euro 2.000,00 ad Euro 3.000,00. 3. Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso; la difesa ha depositato memoria difensiva nella quale, replicando alle conclusioni del Procuratore e richiamando i motivi di ricorso, ha insistito nel richiedere il loro accoglimento. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato limitatamente alla determinazione della pena, su cui questa Corte puo' intervenire direttamente, non essendo necessari ulteriori accertamenti (articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l)). 2. Quanto al primo motivo di ricorso si osserva quanto segue. La motivazione offerta dalla Corte territoriale, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, non risulta meritevole di essere censurata. La sentenza, invero, offre adeguata risposta a tutte le deduzioni difensive e risulta immune dai vizi logici prospettati dal ricorrente. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di guida in stato di ebbrezza, e' valida la rilevazione del tasso alcolemico effettuata mediante l'alcoltest anche nel caso in cui la prima prova spirometrica abbia dato un risultato inferiore alla seconda, dovendosi escludere che la curva di assorbimento dell'alcol nell'organismo abbia uno sviluppo decrescente (cosi' Sez. 4, n. 20545 del 19/02/2016, Rv. 266842, dove in motivazione si precisa che la percentuale di alcol nell'organismo, nel tempo successivo all'assunzione, varia, secondo una curva di assorbimento, che non ha affatto sviluppo decrescente). Infatti, si e' piu' volte affermato come le tempistiche di assorbimento e di smaltimento delle sostanze alcoliche ingerite non costituiscano dati determinabili in astratto e validi per la generalita' dei casi, ma, posto un andamento generale basato sulla "curva di Widmark" - secondo cui la concentrazione di alcol, in andamento crescente tra i 20 ed i 60 minuti dall'assunzione, assume un andamento decrescente dopo aver raggiunto il picco massimo di assorbimento in detto intervallo di tempo - variano da soggetto a soggetto, dipendendo da numerosi fattori che sfuggono alla possibilita' di astratta previsione (cfr. le motivazioni delle seguenti decisioni, non massimate: Sez. 4, n. 3862 del 10/11/2017, dep. 2018, Cavallini; Sez. 4, n. 45211 del 13/09/2018, Tomadini; Sez. 4, n. 38382 del 21/05/2019; Sez. 4, n. 39725 del 06/06/2019). Quindi, il fatto che le due prove abbiano avuto l'andamento rilevato non rappresenta un'anomalia sintomatica del malfunzionamento del test. La Corte ha poi correttamente evidenziato che il personale di polizia, all'atto del controllo, avvertiva l'alito vinoso del ricorrente. Il fatto che il Tribunale abbia ritenuto di applicare una riduzione dell'8% rispetto al valore risultante dalla misurazione dell'alcoltest non significa che abbia dubitato del corretto funzionamento dell'apparecchiatura; ne' la difesa adduce concreti elementi dai quali possa desumersi tale circostanza. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato in plurime pronunce che solo la dicitura dell'errore nello scontrino della rilevazione e' indicativa del funzionamento difettoso. In proposito, si veda la recente sentenza di questa sezione (Sez. 4, n. 6636 del 19/01/2017 Rv. 269061) in cui si e' affermato che e' configurabile il reato di guida in stato di ebbrezza anche quando lo scontrino dell'alcoltest, oltre a riportare l'indicazione del tasso alcolemico in misura superiore alle previste soglie di punibilita', contenga la dicitura "volume insufficiente", qualora l'apparecchio non segnali espressamente l'avvenuto errore (In motivazione, la Corte ha precisato che tale principio e' evincibile dall'esame della disciplina relativa al funzionamento degli strumenti di misura della concentrazione di alcool nel sangue, inserita nell'allegato al Decreto Ministeriale 22 maggio 1990, n. 196, laddove e' precisato che, qualora l'apparato non dia un inequivocabile messaggio di errore, la misurazione deve ritenersi correttamente effettuata, anche nell'ipotesi in cui compaia un "messaggio di servizio" teso ad evidenziare che l'espirazione e' stata effettuata con ridotto volume di aria). Nel caso in esame non vi e' stato alcun messaggio di errore e non e' stata fornita alcuna allegazione del cattivo funzionamento dell'apparecchiatura, a fronte del significativo elemento notato dai verbalizzanti riguardante l'alito vinoso. Si aggiunge, per completezza argomentativa, che, secondo orientamento consolidato di questa Corte, in tema di contestazioni aventi ad oggetto il regolare funzionamento dell'etilometro, allorquando (âEuro˜alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento (Sez. 4, n. 28887 del 11/06/2019, Rv. 276570 - 01). Si e' in proposito affermato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 379, commi 6, 7 e 8, si limita ad indicare le verifiche alle quali gli etilometri devono essere sottoposti per poter essere omologati ed adoperati, ma non prevede nessun divieto la cui violazione determini espressamente l'inutilizzabilita' delle prove acquisite (Sez. 4, n. 17463 del 24/03/2011, Rv. 250324-01). In tempi piu' recenti, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 113 del 29 aprile 2015, che ha dichiarato la parziale illegittimita' del Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 45, comma 6, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocita' (c.d. autovelox) fossero sottoposte a verifiche periodiche di funzionalita' e di taratura, e dell'ordinanza della Sesta Sezione civile di questa Corte, n. 1921 del 24/01/2019, Rv. 652384, che ha esteso all'etilometro il medesimo principio (sostenendo che, in tema di violazione al codice della strada, il verbale dell'accertamento effettuato mediante etilometro deve contenere, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata, l'attestazione della verifica che l'apparecchiatura sia stata preventivamente sottoposta alla prescritta ed aggiornata omologazione ed alla indispensabile corretta calibratura, gravando tale onere, nel giudizio di opposizione, sulla P.A.), si e' registrato un superamento del tradizionale orientamento (cfr. Sez. 4, n. 38618 del 06/06/2019, Rv. 277189 - 01, cosi' massimata: "In tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l'alcoltest risulti positivo costituisce onere del pubblico ministero fornire la prova del regolare funzionamento dell'etilometro, della sua omologazione e della sua sottoposizione a revisione"). Tuttavia, come ancora piu' di recente si e' rilevato, occorre coordinare l'onere probatorio con quello di allegazione (si veda in motivazione Sez. 4 n. 3201 del 12/12/2019 ud. - dep. 27/01/2020, Rv. 278032 - 01). Tale coordinamento comporta che, sebbene sia posta a carico del P.M. la dimostrazione degli elementi costitutivi dell'illecito contestato, sull'imputato grava necessariamente un onere di allegazione ai fini della contestazione della sussistenza di tali fatti costitutivi (cfr. Sez. 4 n. 26314/20 del 15/9/2020 n. m.; piu' di recente si veda Sez. 4, n. 46841 del 17/12/2021, Rv. 282659 - 01 cosi' massimata: "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilita' di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura - con la conseguenza che e' onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualita' dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro). Quanto al tempo trascorso tra le due misurazione, e' d'uopo rilevare come la giurisprudenza di questa Core abbia precisato che l'intervallo di cinque minuti tra le due rilevazioni, come previsto dall'articolo 379 reg. C.d.S., deve essere interpretato come intervallo minimo volto a monitorare la curva alcolemica (Sez. 4, n. 24386 del 27/04/2018, Valinotto, Rv. 273729), avente lo scopo di evitare misurazioni troppo ravvicinate. 3. In ordine all'applicazione dell'istituto di cui all'articolo 131-bis c.p., e' d'uopo rilevare come la richiesta non sia stata avanzata nei gradi di merito. L'orientamento consolidatosi in materia prevede il riconoscimento anche in sede di legittimita' purche' la richiesta sia stata dedotta in appello (Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020, Rv. 280118 - 02: "La causa di esclusione della punibilita' per particolare tenuita' del fatto, prevista dall'articolo 131-bis c.p., puo' essere ritenuta nel giudizio di legittimita', senza rinvio del processo alla sede di merito, quando risulti dedotta nei motivi di appello e sempre che i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali"; Sez. 5, Sentenza n. 57491 del 23/11/2017, Rv. 271877 - 01: "La causa di esclusione della punibilita' per la particolare tenuita' del fatto, ex articolo 131-bis c.p., non puo' essere dedotta per la prima volta in cassazione, se tale disposizione era gia' in vigore alla data della deliberazione della sentenza di appello, ostandovi la previsione di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 3"; Sez. 3, Sentenza n. 23174 del 21/03/2018, Rv. 272789 - 01 "La causa di esclusione della punibilita' per la particolare tenuita' del fatto, ex articolo 131-bis c.p., non puo' essere dedotta per la prima volta in cassazione, se tale disposizione era gia' in vigore alla data della deliberazione della sentenza di appello, ostandovi la previsione di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 3"; Sez. 2, n. 21465 del 20/03/2019, Rv. 275782 - 01: "La causa di esclusione della punibilita' per la particolare tenuita' del fatto ex articolo 131-bis c.p. non puo' essere dedotta per la prima volta in cassazione, se tale disposizione era gia' in vigore alla data della deliberazione della sentenza di appello, ostandovi la previsione di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 3"; Sez. 5, n. 4835 del 27/10/2021, dep. il 10/02/2022, Rv. 282773 - 01: "In tema di esclusione della punibilita' per la particolare tenuita' del fatto, la questione dell'applicabilita' dell'articolo 131-bis c.p. non puo' essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 3, se il predetto articolo era gia' in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, ne' sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilita'"). 4. E', invece, fondato il motivo di ricorso che attiene al trattamento sanzionatorio. La Corte di appello ha concesso le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, determinando la pena base in mesi 4 di arresto ed Euro 3000 di ammenda (il primo giudice aveva stabilito la pena base in mesi 4 di arresto ed Euro 2000 di ammenda). In tal caso, come lamentato dalla difesa, i giudici hanno operato una reformatio in peius (cfr. Sez. 2, n. 41933 del 03/04/2017, Rv. 271182 - 01: "Nel giudizio di appello, il divieto di "reformatio in peius" della sentenza impugnata dal solo imputato non riguarda unicamente l'entita' complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione, per cui il giudice di appello, anche quando determina un trattamento sanzionatorio piu' favorevole per effetto dell'estensione del giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche anche alla recidiva, non puo' comunque fissare la pena base in misura superiore rispetto a quella determinata in primo grado"). In ragione di quanto precede occorre rideterminare la pena base in mesi 4 di arresto ed Euro 2000 di ammenda e procedere alla riduzione di detta pena della meta', ai sensi dell'articolo 442 c.p.p., comma 2. La pena risultante dalla riduzione, pari a mesi 2 di arresto ed Euro 1000 di ammenda, deve essere convertita in lavoro di pubblica utilita' per la durata di mesi due e giorni quattro. 5. Decidendo sul ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminato in mesi due di arresto ed Euro mille di ammenda, pena convertita in mesi due e giorni quattro di lavoro di pubblica utilita', in base alle modalita' di esecuzione indicate dal giudice di primo grado. Ogni altro motivo deve essere rigettato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminando la pena in mesi due di arresto e mille Euro di ammenda; conseguentemente ridetermina la durata complessiva del lavoro di pubblica utilita', nelle modalita' di esecuzione indicate dal giudice di primo grado, in mesi due e giorni quattro. Rigetta il ricorso nel resto.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RICCIARELLI Massimo - Presidente Dott. VILLONI Orlando - Consigliere Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere Dott. ROSATI Martino - rel. Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Torino; e dagli imputati: - (OMISSIS), nato a (OMISSIS); - (OMISSIS), nato a (OMISSIS); - (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 27/01/2022 della Corte di appello di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere ROSATI Martino; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale LORI Perla, che ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata in accoglimento del ricorso del Procuratore generale distrettuale ed il rigetto dei ricorsi degli imputati; uditi i difensori degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), ed avv. (OMISSIS), che hanno concluso per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi e per l'inammissibilita' o il rigetto di quello del Procuratore generale distrettuale. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati ritenuti colpevoli del delitto di cui all'articolo 615-ter c.p., comma 2, n. 1), cosi' riqualificati i fatti di cui al capo 1) dell'imputazione, originariamente rubricati come corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio. Per (OMISSIS), inoltre, e' stata confermata la condanna per il delitto di induzione indebita ex articolo 319-quater c.p., nei confronti di tale (OMISSIS) (capo 2 dell'imputazione), tuttavia con il riconoscimento dell'attenuante della particolare tenuita', ai sensi dell'articolo 323-bis c.p.. Egli, ancora, e' stato giudicato colpevole del delitto di corruzione per l'esercizio della funzione (articolo 318, c.p.), per i fatti contestatigli al capo 3) dell'imputazione, originariamente rubricati come corruzione c.d. "propria", ex articolo 319, c.p., e riqualificati dal giudice di primo grado come abuso d'ufficio (articolo 323, c.p.). Per (OMISSIS), infine, e' stata confermata la condanna per due reati di abuso d'ufficio (capi 5 e 6, dell'imputazione), quale privato beneficiario della condotta illegittima del pubblico ufficiale, per aver sollecitato ed ottenuto l'annullamento, in due diverse occasioni, da parte di agenti della polizia municipale del Comune di Galliate (separatamente giudicati), dei preavvisi di accertamento di infrazioni al codice della strada commesse da suoi parenti. La Corte d'appello ha escluso la corruzione, sulla base, in sintesi, dei seguenti argomenti: a) l'imputazione non specifica quale sarebbe stata l'utilita' promessa o data dal (OMISSIS) a (OMISSIS); b) stando a tale contestazione, comunque la violazione dei doveri d'ufficio da parte di quest'ultimo sarebbe stata funzionale ad un vantaggio per se' e non per il privato ipotetico corruttore; c) non risulta dimostrata una societa' di fatto tra costoro, ne' che i trasporti certamente effettuati dal (OMISSIS) per (OMISSIS) siano stati retribuiti; d) i controlli effettuati dal (OMISSIS) ai veicoli delle ditte concorrenti erano legittimi, mancando percio' l'atto contrario ai doveri d'ufficio; inoltre, essendosi trattato di due soli episodi in sei mesi, deve escludersi la messa in atto di un'attivita' discriminatoria ai danni di tali imprese. Quei giudici hanno ritenuto sussistente, invece, l'accesso abusivo ai sistemi informatici, rilevando che le banche dati del P.R.A. e della Motorizzazione civile non sono pubbliche e ad accesso libero, nonche' sostenendo - quanto alle posizioni dei diversi imputati - che i numeri di targa dei veicoli da controllare, materialmente comunicati al (OMISSIS) da (OMISSIS), non potessero essere stati segnalati a quest'ultimo che dal (OMISSIS), effettivo interessato ai rapporti concorrenziali sottostanti. 1.2. Quanto all'induzione indebita di cui al capo 2), essa si sarebbe consumata con la telefonata mediante la quale (OMISSIS), subito dopo aver fermato un autocarro ed aver rilevato gravi infrazioni, tuttavia decidendo di non elevare le relative contestazioni, aveva informato di tanto il (OMISSIS), titolare della ditta cui era intestato il veicolo, rappresentandogli il favore riconosciutogli ("questo il favore lo caga... lo sai come funziona, no-"), ottenendo da questi la promessa di una remunerazione ("stacco un buono, stacco un buono") e presentandosi piu' volte nei giorni seguenti presso la sede della ditta per esigerla, sebbene senza riuscirvi. 1.3. Il capo 3) dell'imputazione riguarda i comportamenti che (OMISSIS) ha tenuto in favore dei fratelli 5Salerno, facoltosi imprenditori della zona, avvisandoli della presenza di autovelox e di posti di blocco e cosi' permettendo agli automezzi della loro ditta di eluderli. Il Tribunale di Novara, in primo grado, ha escluso la corruzione "propria", contestata dall'accusa, ritenendo indimostrato il sinallagma corruttivo, e cioe' che le utilita' corrisposte al (OMISSIS), consistite in cene ed altre regalie (tra cui una prova in circuito di un'auto da corsa), rappresentassero il corrispettivo degli specifici atti contrari ai doveri d'ufficio da lui compiuti; e, per l'effetto, ha riqualificato tali condotte come abuso d'ufficio. La Corte d'appello, dal suo canto, fermi restando i fatti, ha ravvisato in essi il delitto di corruzione per l'esercizio della funzione, argomentando che i 5Salerno, i cui veicoli percorrevano abitualmente il tratto stradale su cui operava (OMISSIS), avevano interesse a precostituirsi un atteggiamento di favore degli operatori di polizia stradale, che avrebbe certamente agevolato lo svolgimento della loro attivita' d'impresa. Inoltre - hanno osservato qui giudici - le regalie elargite al pubblico ufficiale sono state di valore significativo, ben superiore a quello dei donativi d'uso consentiti dalla legge, ne' risulta dimostrata l'addotta causale amicale. 2. Avverso tale decisione ricorre il Procuratore generale territoriale, sulla base di due motivi. 2.1. Con il primo, lamenta la manifesta illogicita' della motivazione in relazione ai fatti di cui al capo 1) dell'imputazione, nella parte in cui e' stata esclusa la contestata corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio. Osserva, in proposito, richiamando specificamente gli elementi di prova utili (costituiti essenzialmente da dialoghi intercettati tra gli imputati), che: a) l'accesso abusivo alle banche dati rappresentava soltanto uno dei servizi elargiti dal (OMISSIS) ai due imprenditori, all'interno di una piu' ampia attivita' di consulenza svolta in loro favore; b) tale sua condotta ha effettivamente raggiunto lo scopo di danneggiare le imprese concorrenti, perche', proprio a seguito di uno dei controlli indicati nel capo d'imputazione, la ditta che l'ha subito s'e' vista risolvere l'appalto per l'attivita' di trasporto dei farmaci; c) il perseguimento di un vantaggio proprio costituisce la comune ragione dei patti corruttivi e, comunque, (OMISSIS) ha ottenuto specifiche utilita' economiche dal (OMISSIS), ovvero lo svolgimento retribuito di trasporti per conto di questi, la partecipazione ad un corso di formazione a spese del medesimo, l'utilizzo gratuito di mezzi della ditta dello stesso per lo svolgimento di attivita' in proprio; d) (OMISSIS), come dimostrano anche le ulteriori vicende oggetto di giudizio, sistematicamente strumentalizzava la sua qualita' istituzionale per trarne benefici economici. 2.2. Il secondo motivo di censura consiste nella violazione di legge in relazione al riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 323-bis c.p., per l'induzione indebita di cui al capo 2) dell'imputazione. La ragione giustificativa addotta dai giudici d'appello ("data la modestia dell'episodio... valutato nella sua globalita'") e' apodittica, poiche' non sorretta dall'indicazione di circostanze specifiche, a fronte del sistematico sfruttamento delle proprie funzioni posto in essere dall'imputato. 3. Ricorre per cassazione, attraverso il proprio difensore, anche l'imputato (OMISSIS), deducendo violazioni di legge e vizi di motivazione in relazione all'affermazione di colpevolezza per tutti i reati addebitatigli. 3.1. Dell'accesso abusivo ai sistemi informatici (capo 1 dell'imputazione), egli contesta la configurabilita', sostenendo che le banche dati da lui consultate sono liberamente accessibili al pubblico e l'ingresso mediante password e' funzionale non alla selezione degli aventi titolo ma soltanto al pagamento dei relativi diritti. 3.2. Non sussisterebbe neppure l'induzione indebita rubricata sub 2), perche': l'attento esame della conversazione da lui intrattenuta con (OMISSIS) esclude qualsiasi sua pressione verso quest'ultimo; essi erano legati da frequentazione di lunga data; il veicolo fermato non apparteneva piu' a (OMISSIS), egli lo sapeva e, dunque, non aveva alcun interesse a fare pressioni su costui, sul quale l'eventuale sanzione non avrebbe avuto alcun effetto; con l'esclamazione "questo il favore lo caga", esso ricorrente non intendeva riferirsi a (OMISSIS) bensi' all'autista del mezzo, peraltro solo come modo colorito per augurargli qualche disavventura. In diritto, inoltre, il ricorrente osserva come elemento essenziale dell'induzione indebita sia l'identita', in questo caso mancante, tra il destinatario dell'indebita richiesta del pubblico ufficiale e colui sul quale ricadrebbero gli effetti negativi della condotta dello stesso, qualora la sua richiesta non fosse assentita. 3.3. Erronea sarebbe, infine, anche l'affermazione di responsabilita' per la corruzione ex articolo 318 c.p., a vantaggio dei fratelli (OMISSIS). A questi, infatti, lo legava una risalente amicizia, estesa anche alle rispettive famiglie; il pagamento da parte dei (OMISSIS) delle cene comuni era circostanza ovvia, considerando l'enorme differenza di disponibilita' economiche rispetto a lui; l'assunto per cui l'evento presso il circuito automobilistico avesse avuto un costo significativo non e' dimostrato e, inoltre, lo stesso non era stato organizzato specificamente per esso ricorrente, ma aveva rappresentato un'occasione di ritrovo tra diversi amici; non e' stato dimostrato, infine, in cosa si sarebbe manifestato il presunto asservimento, ne', peraltro, i (OMISSIS) ne avevano la necessita', non essendo stato accertato che i loro veicoli viaggiassero in modo irregolare. 3.4. La difesa del (OMISSIS) ha altresi' depositato memoria scritta, con la quale chiede che sia dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore generale distrettuale. 3.4.1. Relativamente ai fatti di cui al capo 1), deduce l'inammissibilita' di tale impugnazione, perche' tesa ad una rivalutazione di merito, peraltro attraverso una disamina decontestualizzata di parte delle conversazioni intercettate. Contesta, comunque, la configurabilita' dell'ipotizzata corruzione "propria", in quanto: a) i controlli effettuati dal (OMISSIS) nei confronti dei veicoli delle ditte concorrenti dei suoi coimputati sono stati semplicemente occasionali, come hanno confermato anche i suoi colleghi di pattuglia; b) al pari delle interrogazioni delle banche dati, essi non costituivano atti contrari ai doveri d'ufficio, bensi' rappresentavano espressione della sua legittima attivita' istituzionale di controllo della regolarita' dei veicoli circolanti; c) (OMISSIS) si e' limitato ad una "falsa connivenza" (testuale) verso (OMISSIS), manifestandosi in realta' riottoso ad effettuare i controlli da quest'ultimo richiestigli; d) e' stato (OMISSIS), piuttosto, a millantare con (OMISSIS) la possibilita' di avvalersi dei favori di costui; e) verso (OMISSIS), invece, (OMISSIS) si e' limitato ad un'attivita' di mera consulenza in materia di circolazione dei veicoli da trasporto, a titolo gratuito e di pura cortesia; e) equivoca, infine, e' l'imputazione con riferimento al vantaggio che il ricorrente avrebbe ritratto, che comunque e' inesistente, avendo egli agito esclusivamente per ragioni di amicizia con (OMISSIS). 3.4.2. In punto di riconoscimento dell'attenuante dell'articolo 323-bis c.p., il ricorso del Procuratore generale e' inammissibile per genericita' e manifesta infondatezza del motivo. Non sussiste, infatti, il lamentato difetto di motivazione e, comunque, l'impugnazione non indica le ragioni che dovrebbero giustificare l'esclusione di tale attenuante; la quale, invece, trova il suo fondamento nella modestia della sanzione risparmiata al (OMISSIS), nell'indeterminatezza della presunta controprestazione da questi promessa ("stacco un buono"), nell'assenza di qualsiasi interesse del (OMISSIS) a pretendere qualcosa dal (OMISSIS), a cui, infatti, nulla e' stato successivamente chiesto. 4. Il ricorso di (OMISSIS) consta di tre motivi. 4.1. Con il primo si prospettano violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'accesso abusivo a sistemi informatici. Anch'egli evidenzia il carattere aperto delle banche dati del P.R.A. e della Motorizzazione civile, altresi' rilevando che non v'e' prova che (OMISSIS) ne abbia consultate altre e diverse da quelle e che, comunque, in tal caso, il fatto sarebbe diverso da quello contestato; deduce, inoltre, come l'accesso di costui a quei dati non sia avvenuto per ragioni diverse da quelle specificamente inerenti al suo ruolo istituzionale, per le quali, dunque, cio' gli era consentito; e rappresenta, infine, com'egli fosse ben consapevole di poter liberamente accedere a quelle banche dati, ma di aver chiesto semplicemente una cortesia al proprio amico poliziotto, poiche' viveva in quel momento una delicatissima situazione familiare, avendo perso da poco la propria giovane moglie. 4.2. Con il secondo motivo denuncia il vizio logico della motivazione con riferimento al giudizio di colpevolezza per gli abusi d'ufficio di cui ai capi 5) e 6), facendo rilevare come egli non fosse ne' il trasgressore, ne' il soggetto che avrebbe tratto un qualsiasi beneficio dall'annullamento della sanzione amministrativa. Relativamente, in particolare, al capo 6), mancherebbe altresi' la necessaria violazione di legge, poiche' il preavviso di accertamento e' atto di pura cortesia, e pertanto - parrebbe di capire - non sarebbe stato annullato alcun atto autoritativo dell'amministrazione. 4.3. L'ultima doglianza attiene alle determinazioni in punto di pena, sostenendosi che la Corte non avrebbe spiegato le ragioni per cui si e' discostata dal minimo edittale e quelle sulla base delle quali ha determinato gli aumenti per continuazione. I motivi indicati in sentenza, infatti, non sarebbero concludenti, perche' il disvalore della condotta e' elemento comune ed indefettibile di tutti i reati dei pubblici amministratori e la ritenuta intensita' del dolo non e' in alcun modo motivata. 5. Anche (OMISSIS) affida al proprio difensore l'impugnazione della sentenza della Corte d'appello, sulla base di un unico motivo: l'illogicita' dell'affermazione per cui soltanto egli, quale concessionario dell'attivita' di trasporto dei farmaci e, percio', diretto interessato ad ostacolare le aziende concorrenti, avrebbe potuto segnalare a (OMISSIS) i numeri di targa dei veicoli delle stesse, da far poi controllare a (OMISSIS). Tale assunto - sostiene il ricorrente - non soltanto e' apodittico, ma altresi' e' fondato su premesse errate, in quanto il soggetto effettivamente interessato era, piuttosto, (OMISSIS), che da (OMISSIS) aveva ottenuto in subappalto l'attivita' di trasporto proprio in quello specifico settore e che, di conseguenza, poteva essere il soggetto concretamente danneggiato dall'attivita' dei concorrenti. Peraltro, (OMISSIS) operava da tempo in quell'ambito e, quindi, con ogni verosimiglianza, ben conosceva le targhe dei veicoli utilizzati dalle altre aziende, senza alcuna necessita', percio', che gliele indicasse (OMISSIS); e, comunque, quand'anche fosse stato quest'ultimo a comunicargliele, nulla autorizzerebbe a ritenere che l'abbia fatto per lo scopo illegale ipotizzato in sentenza. Ma, soprattutto, l'affermazione della Corte d'appello sarebbe smentita da una prova documentale, che attesterebbe come (OMISSIS), prim'ancora che (OMISSIS) chiedesse a (OMISSIS) di effettuare quelle verifiche, si fosse gia' rivolto all'agenzia di pratiche automobilistiche di cui abitualmente si serviva, per ottenere le stesse informazioni. Tanto si evincerebbe, infatti, dalla stampa delle relative interrogazioni, che recano la data del 18 novembre 2014 (gli accessi del (OMISSIS), invece, sono del 20 e 21 successivi) e che i giudici del gravame hanno travisato, avendo preso in considerazione la diversa e successiva data (novembre 2015) in cui i titolari dell'agenzia - su richiesta della difesa, ad indagini in corso - hanno comunicato per iscritto di aver effettuato le anzidette visure: non e' logico ipotizzare, infatti, come invece si afferma in sentenza, che, per evadere una richiesta cosi' semplice, un operatore professionale potesse aver impiegato un anno. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso del Procuratore generale presso la Corte d'appello di Torino non puo' essere ammesso. 1.1. Quanto al primo motivo, attraverso di esso si propone una differente ricostruzione dei fatti, riportando diverse acquisizioni istruttorie - essenzialmente stralci di dialoghi intercettati tra gli imputati - effettivamente trascurate in sentenza, ma nessuna dal significato inequivoco, con particolare riferimento al necessario sinallagma tra atto istituzionale antidoveroso e remunerazione. Sintomatiche, in questo senso, si rivelano le difficolta' nell'individuazione di quest'ultima, con l'abbandono dell'ipotesi formulata con l'imputazione - quella, cioe', per cui (OMISSIS) fosse una sorta di socio di fatto di (OMISSIS) e, indebitamente favorendo quest'ultimo rispetto ai suoi concorrenti, abbia locupletato egli stesso - e l'indicazione di alcune utilita' estemporanee e di dubbia consistenza economica, come la frequenza, a spese di (OMISSIS), di un corso di formazione di pochi giorni o l'episodica utilizzazione gratuita di veicoli aziendali di costui. Non e' possibile, dunque, rinvenire nella sentenza impugnata, per questa parte, un travisamento del dato probatorio, per omissione o per fraintendimento, soltanto in presenza del quale sarebbe possibile in questa sede censurare la valutazione operatane dai giudici di merito. Ai fini della configurabilita' di tale vizio, infatti, e' necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformita' tra il senso intrinseco dell'elemento di prova e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato dimostrativo di tale elemento (tra molte, Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, Grancini, Rv. 272406; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017, Colomberotto, Rv. 271702). Si puo' parlare di "travisamento", cioe', solo se e quando l'errore o la pretermissione accertati siano idonei a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per l'essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758), gravando sul ricorrente l'onere di indicare le ragioni per cui l'atto trascurato o mal valutato inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilita' all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085). 1.2. Neppure puo' essere ammesso il secondo motivo di ricorso, in questo caso perche' aspecifico. Effettivamente, la motivazione con la quale la Corte d'appello ha riconosciuto all'imputato l'attenuante di cui all'articolo 323-bis c.p., per l'induzione indebita di cui al capo 2) si presenta piuttosto laconica. Il ricorso, tuttavia, si limita ad evidenziare tale aspetto, senza pero' rassegnare specifici elementi di confutazione e limitandosi ad evocare un vago dato di contesto (il "continuo sfruttamento", ossia, delle proprie funzioni da parte dell'imputato). In realta', in relazione allo specifico delitto in questione, dalla sentenza non si rileva che abbia trovato conferma l'ipotesi per cui - come invece si legge nel capo d'imputazione - l'importo della sanzione amministrativa "abbonata" al (OMISSIS) (o a chi per lui) sarebbe stato di 12.000 Euro; si legge, piuttosto, che l'utilita' promessa - e non versata - da quest'ultimo al (OMISSIS) sarebbe consistita in "un buono" di entita', pero', rimasta indeterminata. Ne consegue che la decisione della Corte d'appello sul punto non puo' reputarsi manifestamente illogica, percio' superando indenne il sindacato di legittimita'. 2. Non e' ammissibile neppure il ricorso dell'imputato (OMISSIS). 2.1. Il primo motivo, con cui si contesta la configurabilita' del delitto di accesso abusivo a sistemi informatici, e' manifestamente destituito di fondamento giuridico. Al contrario di quanto sostiene la difesa ricorrente, infatti, l'accesso alle banche dati del Pubblico Registro Automobilistico e della Motorizzazione civile non e' libero, ovvero permesso a chiunque e senza la necessita' di credenziali. Quanto alla prima, infatti, la L. n. 187 del 1990, articolo 7, comma 3, stabilisce che l'accesso sia gratuito soltanto per gli organi costituzionali, giurisdizionali, di polizia e militari, per le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, per le agenzie fiscali e, limitatamente alle informazioni necessarie per il servizio svolto, per i concessionari del servizio nazionale della riscossione. Per altre categorie professionali esercenti attivita' di pubblico servizio e per i privati, l'accesso non soltanto e' permesso solo dietro corrispettivo, ma sono previste varie limitazioni e, comunque, deve pur sempre avvenire attraverso l'Automobile Club d'Italia (A.C.I.), che disciplina l'erogazione del servizio attraverso appositi regolamenti, anche mediante specifiche convenzioni con enti rappresentativi di tali categorie professionali abilitate all'accesso, previo rilascio di specifiche credenziali. Il Decreto Ministeriale 2 ottobre 1992, n. 514, adottato dal Ministro delle finanze di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, in attuazione dell'appena menzionato articolo 7, comma 3, per stabilire le modalita' e le procedure di funzionamento degli uffici del P.R.A. e la fornitura dei dati dei veicoli iscritti, all'articolo 1, comma 4, ha previsto, infatti, che "l'accesso agli archivi elettronici centrali e provinciali per le attivita' di aggiornamento dei dati, per le certificazioni e per le consultazioni, e' consentito esclusivamente al personale munito di apposito codice di identificazione personale", ribadendo ulteriormente la differenza di disciplina tra gli organi costituzionali, giurisdizionali, di polizia e militari, da un lato, e altri soggetti pubblici e privati, dall'altro (articolo 22, commi 2 e 3). Analoghe restrizioni sono previste per l'accesso alla banca dati della Direzione generale della motorizzazione civile dal relativo Regolamento, emanato con Decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1994, n. 634, che lo consente gratuitamente, e comunque limitatamente alle necessita' dei rispettivi compiti istituzionali, soltanto agli organi costituzionali e giurisdizionali nonche' alle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, mentre, per altri soggetti, pubblici e privati, esso e' permesso solo per concessione del direttore generale della M.C.T.C., rilasciata previa valutazione dei motivi d'interesse pubblico sottesi alla richiesta e disciplinata mediante apposita convenzione (vds., in particolare, articoli 1, 2, 3 e 8). 2.2. Il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta il giudizio di colpevolezza per l'induzione indebita di cui al capo 2) dell'imputazione, e' anch'esso inammissibile. La' dove adduce la causa amicale della richiesta avanzata al (OMISSIS), come pure il diverso significato e la differente direzione dell'esclamazione "questo il favore lo caga... lo sai come funziona, no-", esso si limita a proporre un'interpretazione alternativa di dati probatori ed a chiedere, dunque, alla Corte di cassazione una rivalutazione del significato dei medesimi, che pero' non le e' consentita. In ogni caso, si tratta di allegazioni manifestamente infondate, gia' in fatto. La causa amicale della richiesta, infatti, risulta frontalmente smentita dalle conversazioni successivamente intercettate tra il ricorrente e sua sorella, dipendente del (OMISSIS), e dettagliatamente riportate in sentenza, dalle quali si evince nitidamente, piuttosto, che il primo pretendeva del danaro, ma sulle quali il ricorso sorvola completamente. Mentre l'assunto per cui le eventuali conseguenze negative derivanti dal corretto esercizio dei doveri d'ufficio da parte del (OMISSIS) non si sarebbero riverberate sul (OMISSIS), destinatario dell'indebita richiesta, e' anch'esso logicamente smentito dal contegno di quest'ultimo, che non soltanto era pur sempre l'intestatario formale del mezzo, ma soprattutto immediatamente si e' detto pronto a "staccare un buono", cosi' mostrando un diretto interesse alla risoluzione della vicenda. Peraltro, nessun fondamento giuridico ha l'affermazione della necessaria identita' tra il soggetto destinatario della richiesta induttiva e quello nella cui sfera giuridica si produrrebbero le conseguenze negative prospettate in via alternativa dall'agente pubblico. Come per tutti i reati a cooperazione necessaria della vittima, infatti, e comunque per quelli in cui il volere del soggetto passivo sia condizionato dalla prevaricazione dell'agente, e' sufficiente che la prospettazione di situazioni dannose abbia efficacia limitante della liberta' di autodeterminazione di colui al quale venga formulata, ben potendo cio' verificarsi anche qualora le ipotizzate evenienze pregiudizievoli riguardino direttamente soggetti distinti ma ai quali egli sia legato da un interesse solidaristico di qualsivoglia natura (familiare, sentimentale, professionale, economico od altro). 2.3. Egualmente inammissibile, infine, e' il terzo motivo del ricorso del (OMISSIS), relativo al giudizio di responsabilita' per la corruzione in concorso con i fratelli (OMISSIS) (capo 3). Anche per questa parte, infatti, l'impugnazione si risolve nella rilettura e la reinterpretazione delle risultanze istruttorie, peraltro non sorrette da dati probatori precisi, di segno diverso e, in ipotesi, trascurati dai giudici di merito. Tali censure, pertanto, si sottraggono al sindacato della Corte di legittimita', rimanendo soltanto necessario evidenziare, in questa sede, l'irrilevanza del profilo riguardante la regolarita' o meno degli automezzi in uso alla ditta dei (OMISSIS), dal momento che si tratta di corruzione per l'esercizio della funzione e non per atti contrari ai doveri d'ufficio. 3. E' inammissibile anche l'impugnazione dell'imputato (OMISSIS). 3.1. Sulla natura libera o meno dell'accesso alle banche dati di P.R.A. e M.C.T.C., valga quanto detto trattando del precedente ricorso (§ 2.1.). V'e' solo da aggiungere che l'allegazione difensiva della ragione esclusivamente istituzionale delle relative interrogazioni da parte di (OMISSIS) (curiosamente non dedotta neppure dallo stesso) e' manifestamente priva di fondamento probatorio. Infatti, soprattutto dalla sentenza di primo grado (pagg. 8-18), richiamata da quella d'appello quanto alla ricostruzione dei fatti, emerge nitidamente come quegli vi abbia provveduto non per scopi inerenti allo svolgimento delle sue funzioni d'ufficio, bensi' soltanto su sollecitazione del (OMISSIS) e per fare un favore a questi, cercando di evidenziare infrazioni a carico dei suoi concorrenti commerciali. Talche' non e' discutibile la natura abusiva di quegli accessi informatici. 3.2. Il secondo motivo - con cui (OMISSIS) contesta l'affermazione di colpevolezza per gli abusi d'ufficio consistiti negli indebiti annullamenti di accertamenti di infrazioni al codice della strada (capi 5 e 6) - e' aspecifico, nella parte in cui egli si limita ad addurre di non essere stato il soggetto ingiustamente avvantaggiato sotto il profilo patrimoniale. Ai fini della sussistenza del reato, infatti, rileva anche il vantaggio mediato, che nello specifico, stando a quanto emerge dalla sentenza, non e' possibile ragionevolmente escludere, considerando gli stretti legami tra l'imputato ed i soggetti "contravvenzionati" (figlia, fratello, madre di un dipendente). Ma la doglianza e' comunque manifestamente infondata in diritto, poiche' il dato essenziale, ai fini della sussistenza del reato, e' che l'agente pubblico abbia procurato un indebito vantaggio patrimoniale ad un terzo, poco importa se su sollecitazione di un soggetto diverso dal beneficiario e che abbia svolto il ruolo di istigatore o determinatore. Francamente incomprensibile, poi, oltre che vaga, e' la doglianza in tema di preavviso di accertamento, natura di atto di cortesia ed ipotetica mancanza di violazione di legge: la quale, invece, e' indiscutibilmente ravvisabile, poiche' consistente nel mancato svolgimento - anche in questo caso compiti istituzionali conseguenti all'accertamento dell'infrazione, (Ndr: testo originale non comprensibile). 3.3. Il terzo motivo, infine, in tema di misura della pena, non e' consentito, chiedendosi con esso alla Corte di cassazione, anche in questo caso, una valutazione di puro merito. E' sufficiente ribadire, allora, il consolidato principio per cui la determinazione della pena rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, che ben puo' assolvere il proprio dovere di motivazione sul punto con espressioni del tipo "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (tra le tantissime: Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Rv. 276288; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Rv. 259142). Nello specifico, invece, la pena-base irrogata, pari a nove mesi di reclusione, risulta addirittura inferiore al minimo edittale, gia' all'epoca dei fatti - gennaio 2015 - elevato ad un anno dalla L. n. 190 del 2012. 4. L'inammissibilita' dei rispettivi ricorsi comporta obbligatoriamente - ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. - la condanna di (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi una loro assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilita' (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta inconsistenza degli argomenti addotti, va fissata in tremila Euro per ognuno di loro. 5. Merita di essere accolto, invece, il ricorso proposto dall'imputato (OMISSIS). 5.1. L'argomentazione sulla base della quale la Corte d'appello ne deduce il coinvolgimento nel reato - ovvero quello per cui nessun altro avrebbe potuto fornire a (OMISSIS) i numeri di targa dei veicoli delle ditte concorrenti, da comunicare poi a (OMISSIS) - si rivela priva di adeguato sostegno logico. Discutibile, anzitutto, e' il motivo su cui essa poggia, e cioe' che (OMISSIS) fosse l'unico interessato a sbarazzarsi dei concorrenti: anche (OMISSIS), invero, in quanto suo subappaltatore, poteva ritenersi portatore del medesimo interesse, dato che l'eventuale contrazione degli affari dell'altro si sarebbe verosimilmente riversata anche sui suoi. Cosi' come e' ragionevole ipotizzare, sul piano logico, che anche (OMISSIS), operando da tempo in quel settore commerciale ed in quell'ambito territoriale, potesse essere personalmente a conoscenza delle targhe da lui comunicate a (OMISSIS), senza la necessita', dunque, che gliele riferisse (OMISSIS). Infine, sussiste il denunciato travisamento della documentazione attestante la richiesta d'informazioni avanzata da quest'ultimo, attraverso un'agenzia autorizzata, prim'ancora che (OMISSIS), al medesimo fine, si rivolgesse a (OMISSIS). Leggendo quei documenti - allegati in copia dal ricorrente al proprio atto d'impugnazione - si rileva agevolmente come i giudici d'appello abbiano errato nell'individuare la data di quella richiesta, confondendola con quella dell'attestazione di avvenuta presentazione della medesima, successivamente rilasciata dall'agenzia a richiesta della difesa. 5.2. Su tutti questi profili, dunque, s'imporrebbe un supplemento di motivazione da parte della Corte d'appello. Tuttavia, il rinvio del processo a quest'ultima e' inutile, poiche', nelle more, il reato ascritto al ricorrente si e' estinto per prescrizione. In proposito deve ribadirsi che, salvi i casi d'inammissibilita' del ricorso, l'estinzione del reato per prescrizione, pur se non dedotta con i motivi di ricorso o - se maturata successivamente - in sede di conclusioni, e' rilevabile d'ufficio dalla Corte di cassazione, al pari di ogni altra ragione di proscioglimento immediato di cui all'articolo 129 c.p.p., comma 1, qualora sopravvenga al provvedimento impugnato, in quanto non implica la necessita' di accertamenti in fatto o di valutazioni di merito, incompatibili con i limiti del giudizio di legittimita' (Sez. U, n. 8413 del 20/12/2007, Cassa, Rv. 238467; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, Decreto Legge n., Rv. 217266). Inoltre, la presenza di tale causa di estinzione del reato fa si' che, nel giudizio di cassazione, non siano rilevabili eventuali nullita' di ordine generale ne' vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275). Considerando, dunque, che la prescrizione e' un istituto di diritto sostanziale (Corte Cost., sentenza n. 393 del 23 novembre 2006) e che, pertanto, deve aversi riguardo alla relativa disciplina in vigore al momento del fatto, va rilevato che, in relazione alla misura della pena edittale, pari nel massimo a cinque anni di reclusione, il termine di prescrizione e' di sei anni, prorogato, per effetto di successive interruzioni, a sette anni e sei mesi, a decorrere dalla data di commissione del reato: ovvero dal 21 novembre 2014. A tale termine debbono aggiungersi i periodi durante i quali il relativo decorso e' rimasto sospeso, che - secondo quanto si evince dal fascicolo allegato dal giudice a quo - consistono in cinque giorni ex articolo 159 c.p., comma 1, n. 3), (dal 4 al 9 dic. 2019), ed in 64 giorni, dal 9 marzo all'11 maggio 2020, a norma del Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, commi 2 e 4 conv. dalla L. n. 27 del 2020, in conseguenza dell'emergenza pandemica (Corte Cost., sentenza n. 140 del 25 maggio 2021), poiche', in tale periodo, pendevano i termini per il deposito della motivazione del Tribunale e per l'appello (vds. Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Rv. 280432). Da tanto consegue che il termine e' spirato il 28 luglio 2022. Nei confronti del (OMISSIS), pertanto, la sentenza impugnata dev'essere annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), perche' il reato di cui al capo 1) e' estinto per intervenuta prescrizione. Dichiara inammissibile il ricorso del P.G.. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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