Sentenze recenti autovelox

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 98 del 2023, proposto da So. Sc. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ne. Ba. e Cl. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Provincia di Pisa, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. An. An. e Si. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Ma. in Roma, piazza (...); nei confronti En. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. Ca., Ar. Po., Ma. Oc. e Fa. Fr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ar. Po. in Roma, viale (...); per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Prima n. 01374/2022, resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Pisa e della En. s.r.l.; Viste le memorie delle pari; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 marzo 2023 il Cons. Annamaria Fasano e, uditi per le parti, gli avvocati Ba., Ba. e Ma., in delega dell'avvocato Sa. e dell'avvocato Po.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1.Con determina a contrarre n. 1224 del 15 ottobre 2020, la Provincia di Pisa - Istituzione dei Comuni per il governo dell'area vasta Scuole, Strade e Sistemi di trasporto, Territorio e Ambiente Gestione associata di servizi e assistenza ai Comuni indiceva una procedura aperta telematica, ai sensi dell'art. 60 del d.lgs. n. 50 del 2016, finalizzata all'affidamento per tre anni (con facoltà di rinnovo di ulteriori tre anni) del'Servizio di noleggio di n. 6 autovelox di tipo fisso con ripresa fotografica digitale, comprensivo del servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria e assistenza tecnica e lavori necessari ad installazione delle apparecchiature' da posizionarsi nel tratto della S.G.C. FI-PI-LI di competenza della Provincia di Pisa. Il 6 novembre 2020 veniva pubblicato il bando di gara, con scadenza per la presentazione delle offerte il 2 dicembre 2020. Il disciplinare di gara prevedeva l'affidamento con procedura aperta e applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità prezzo, ai sensi degli artt. 60 e 95 comma 2 del d.lgs. n. 50 del 2016, partendo da una base d'asta di euro 370.000.00, IVA esclusa per il triennio. Pubblicato il bando di gara, presentavano domanda di partecipazione la En. s.r.l. e la So. Sc. s.r.l.. Espletate la procedura di gara e le relative valutazioni da parte della Commissione esaminatrice come da rispettivi verbali, nella seduta di gara del giorno 10.3.2021, considerato l'esito positivo della verifica dell'anomalia dell'offerta della società En. s.r.l., con determinazione del 22.4.2021 n. 543, la Provincia di Pisa procedeva ad aggiudicare, ai sensi dell'art. 32, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016, alla En. s.r.l. il servizio. Ai sensi dell'art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50/2016, l'efficacia dell'aggiudicazione rimaneva sospesa fino alla verifica, in senso positivo, dei requisiti generali di cui all'art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 e ss.mm.ii., dei requisiti di capacità economica e finanziaria e di capacità tecnica e professionale, di cui all'art. 83, comma 1, del medesimo Decreto Legislativo, previsti dal paragrafo 6.1 e 6.2 del Disciplinare di Gara, dichiarati in sede di gara dall'impresa. Considerato l'esito positivo delle verifiche dei requisiti dichiarati da En. s.r.l., con determinazione n. 706 del 2021, la Provincia di Pisa dichiarava, ai sensi dell'art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii., l'efficacia dell'aggiudicazione del servizio in oggetto ad En. s.r.l. 2. La So. Sc. s.r.l. proponeva ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, integrato da motivi aggiunti, impugnando l'esito della gara e denunciando che il dispositivo offerto dall'aggiudicataria non era conforme alle caratteristiche di omologazione in modalità automatica richieste dai documenti di gara, potendo essere montato esclusivamente su palo (come prescritto dal manuale d'uso) e non all'interno di box a margine della carreggiata, come, invece, richiesto dal Capitolato speciale. 3. Il Tribunale amministrativo regionale, con sentenza n. 1374 del 2022, respingeva il ricorso considerando la censura infondata. In particolare, il Collegio di prima istanza riteneva che la possibilità di installare il misuratore su palo nella offerta della società En. s.r.l. era stata prospettata come soluzione migliorativa e non rappresentava una variante rispetto alle disposizioni inderogabili del capitolato. Nel caso di specie, il Collegio, nello stabilire i criteri per la valutazione delle offerte, aveva ammesso la formulazione di 'opzioni migliorative del servizio e delle caratteristiche tecnichè, inoltre, la installazione su palo, anziché in box ancorati al suolo, non incideva sulle prestazioni del misuratore. Anzi, dalla verificazione disposta nel corso del giudizio, emergeva che tale soluzione consentiva agli autovelox di espletare una delle funzioni espressamente richieste dal bando che gli strumenti ancorati a terra non potevano svolgere, vale a dire la lettura di più targhe di autoveicoli che transitavano in parallelo. Il T.A.R. respingeva anche la seconda censura, con la quale la ricorrente aveva denunciato che l'aggiudicataria non aveva dato dimostrazione dei requisiti esperienziali previsti dal bando, in particolare con riferimento allo svolgimento di servizi comprensivi di manutenzione ed assistenza tecnica. Ciò in quanto, nel corso dell'istruttoria procedimentale, la Stazione appaltante aveva interpellato in via officiosa gli enti pubblici preso i quali En. s.r.l. aveva dichiarato di avere svolto i propri precedenti servizi, appurando che gli stessi erano comprensivi anche dei servizi complementari di assistenza e manutenzione. Inoltre, il Collegio di prime cure rigettava anche le critiche con cui si lamentava la mancata motivazione da parte della Commissione dei punteggi attribuiti sulla scorta dei criteri dalla stessa prestabiliti. In ragione del rigetto del ricorso principale e di quello per motivi aggiunti, il T.A.R. dichiarava improcedibile il ricorso incidentale proposto da En. s.r.l. con cui si erano censurati tutti gli atti della gara indetta dalla Provincia di Pisa limitatamente alla parte in cui il Segretario Generale, approvando i verbali della gara per l'affidamento del servizio, aveva incluso nella graduatoria conclusiva della selezione anche la So. Sc. s.r.l., dovendo la stessa essere esclusa dalla procedura, in quanto non aveva provato di possedere i requisiti tecnici e professionali richiesti dal Disciplinare di gara, e avendo indicato nella propria offerta un sistema di rilevamento della velocità che non era conforme alle specifiche tecniche stabilite dal Capitolato speciale d'appalto. 4. Con atto di appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, la So. Sc. s.r.l. (in seguito anche solo So.) ha appellato la suddetta pronuncia, chiedendone l'integrale riforma, e denunciando: "1. Carenza assoluta di giurisdizione. Eccesso di potere giudiziario per sconfinamento nella sfera riservata alla amministrazione; 2. Violazione e falsa applicazione dell'art. 111 Cost. Eccesso di potere giudiziario per assenza, insufficienza o comunque incongruenza della motivazione. Violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c.. Omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia. 3. Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del Capitolato Speciale d'Appalto. Violazione e falsa applicazione degli artt. 59, comma 3, lett. a) e 83, comma 8, del d.lgs. 50/2016. Violazione e falsa applicazione degli artt. 45, comma 6, del Codice della strada e degli artt. 192 e 345 del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495. Violazione dell'art. 80, comma 5, lett. f-bis del d.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per violazione dei principi di trasparenza e parità di trattamento. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di adeguata motivazione; 4. Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del Disciplinare di gara. Ulteriore violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del Capitolato Speciale d'Appalto. Ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 59, comma 3, lett. a), e 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016. Violazione e falsa applicazione degli artt. 45, comma 6, del Codice della strada e degli artt. 192 e 345 del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495. Violazione dei principi di trasparenza e parità di trattamento. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione; 5. Erroneità della sentenza per ulteriore violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del Capitolato Speciale d'Appalto. Ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 59, comma 3, lett. a) e 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016. Violazione e falsa applicazione degli artt. 45, comma 6, del Codice della strada e degli artt. 192 e 345 del d.P.R. 16 dicembre 1992 n. 405. Violazione dei principi di trasparenza e parità di trattamento. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione; 6. Erroneità della sentenza per ulteriore violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del Disciplinare di Gara. Violazione e falsa applicazione dell'art. 83 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione dei principi in tema di trasparenza e parità di trattamento. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione; 7. Erroneità della sentenza per ulteriore violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del Disciplinare di Gara. Violazione e falsa applicazione dell'art. 83 d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione dei principi di trasparenza e parità di trattamento. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione". 5. La società En. s.r.l. (in seguito anche solo En.) si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto dell'appello e proponendo, ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi di ricorso incidentale e i motivi aggiunti al ricorso incidentale non esaminati dal giudice di prima istanza. 6. La Provincia di Pisa si è costituita in resistenza, concludendo per il rigetto del gravame. 7. Le parti con successive memorie hanno ribadito le proprie difese. 8. All'udienza del 30 marzo 2023, la causa è stata assunta in decisione. DIRITTO 9. Con il primo motivo, l'appellante denuncia carenza assoluta di giurisdizione, affermando che l'Autorità giudiziaria non può sostituirsi all'Amministrazione, esprimendo giudizi di valore sulle scelte compiute e sovrapponendo la propria volontà a quella contenuta nelle decisioni sottoposte a verifica giurisdizionale, determinandosi, in tal modo, uno sconfinamento nella sfera riservata. Nel caso di specie, secondo la società, l'affermazione sostenuta dal T.A.R. in ordine al fatto che il posizionamento dello strumento su palo sia migliore di quello in box implica un giudizio di valore che esula dalle prerogative del giudice amministrativo, il quale, al contrario, è chiamato a pronunciarsi, non sul merito della scelta concreta compiuta dall'Amministrazione, ma sulla rispondenza di quanto offerto in gara rispetto a quello che era stato richiesto dalla Stazione appaltante nel bando e nel capitolato speciale. L'art. 2, lett. e) del CSA prescriveva tra le caratteristiche essenziali dei rilevatori da offrire in gara che gli stessi 'dovranno essere installati all'interno di box a margine della carreggiata', mentre lo strumento scelto dalla Provincia non poteva essere collocato in box a bordo strada. 10. Con il secondo mezzo, si denuncia omessa pronuncia con riferimento alle deduzioni difensive illustrate nel ricorso introduttivo relative alla prescrizione del bando con riferimento alla collocazione in box del misuratore di velocità, e con riferimento al fatto che lo strumento offerto da En. era autorizzato per la sola collocazione su palo. Secondo l'esponente, nel caso di specie, la collocazione su palo avrebbe potuto costituire una miglioria solo laddove lo strumento fosse stato legittimamente utilizzabile anche in box, circostanza decisamente esclusa dal manuale di installazione. Il T.A.R. non si sarebbe pronunciato neppure sulla censura contenuta nella prima parte del primo motivo aggiunto, laddove si contestava la violazione dell'art. 80, comma 5, lett. f-bis del Codice degli appalti, tenuto conto che nell'allegato 2 all'offerta tecnica presentata da En., la controinteressata aveva dichiarato che 'nel rispetto delle prescrizioni del capitolato, i sistemi verranno forniti installati all'interno di box a margine della carreggiata', pur sapendo che il proprio apparecchio non aveva l'autorizzazione ministeriale per l'installazione in box. 11. Con il terzo mezzo, la ricorrente riferisce che nell'allegato 2 all'offerta tecnica presentata da En., la società aveva dichiarato che 'nel rispetto delle prescrizioni del capitolato, i sistemi verranno forniti installati all'interno di box a margine della carreggiata. Ciononostante, poiché la scrivente ritiene dal punto di vista dell'immunità agli atti vandalici sia più consona una installazione dei sensori su palo, come proposta migliorativa, in qualunque momento successivo all'attivazione la Provincia di Pisa intendesse optare per questa ulteriore modalità di collocazione, senza alcun potere aggiuntivo si provvederà all'installazione di un palo accanto all'armadio su cui collocare ad un'altezza di circa 5 metri o superiore i sensori e i sistemi di ripresa'. Secondo l'appellante, la controinteressata era perfettamente consapevole che l'unica tipologia di installazione ammessa dal CSA era quella all'interno di box a margine della carreggiata, come prescritto all'art. 2, lett. e) del CSA, e non quella su palo, pertanto la En. avrebbe dovuto essere esclusa anche per violazione dell'art. 80, comma 5, lett. f-bis) del Codice degli appalti. 12. Con la quarta censura, la società So. Sc. s.r.l. ha denunciato che mancherebbe la prova che l'apparecchio offerto dalla società controinteressata sia dotato della approvazione ministeriale, prevista dagli artt. 45, comma 6, e 142, comma 6, del Codice della strada e dagli artt. 192 e 345 del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, e specifica secondo le modalità di installazione e utilizzo previste nel Capitolato speciale d'appalto. L'appellante riferisce che la Determina n. 706 del 26 magio 2021, con la quale è stata disposta l'integrazione dell'efficacia dell'aggiudicazione, sarebbe completamente priva di motivazione riguardo alle verifiche effettuate per la presunta comprova dei requisiti di partecipazione e dell'assenza di cause di esclusione. Se la Stazione appaltante avesse verificato con attenzione, avrebbe accertato che il dispositivo offerto dalla controinteressata 'En. EV. MV. 16.' non corrisponderebbe ai requisiti tecnici richiesti all'art. 2 del Capitolato Speciale d'appalto. Secondo l'esponente il manuale d'uso del predetto dispositivo, al paragrafo 3.2.1, descrive quale modalità di installazione per il rilevamento in modalità automatica solo quella 'su palo posto a bordo carreggiata sulla quale sono montati sia il radar UMRR-OA Type 30 che il sistema o i sistemi di ripresa' e non all'interno di box a bordo strada. Il CSA, invece, all'art. 2 'Caratteristiche delle Apparecchiature' stabilisce che i rilevatori di infrazioni oggetto di fornitura 'dovranno essere installati all'interno di box a margine della carreggiata, ancorati stabilmente al suolo nel rispetto della normativa vigente', pertanto il dispositivo offerto dalla controinteressata non sarebbe conforme alle caratteristiche di omologazione in modalità automatica richieste dai documenti di gara, dovendo essere montato esclusivamente su palo e non potendo essere installato 'all'interno di box a margine della carreggiata', come espressamente richiesto dal CSA. A tale riguardo, nulla preciserebbe la sentenza impugnata, con la conseguenza che deve essere confermato il vizio di motivazione dedotto con il secondo motivo. 13. Con la quinta doglianza, si ribadisce che il prodotto offerto da En. non sarebbe conforme ai requisiti richiesti, potendo essere montato solo su palo come prescritto dal manuale d'uso costituente parte integrante dell'autorizzazione ministeriale, in violazione a quanto previsto dall'art. 2, lett. e) del CSA. Ciò premesso, l'appellante contesta quanto sostenuto nella sentenza impugnata, atteso che quanto offerto da En. non potrebbe neppure essere qualificato come offerta migliorativa, ma si tratterebbe di un prodotto diverso rispetto a quello messo a gara. Secondo l'appellante, nessun rilievo potrebbe assumere la circostanza che la controparte abbia cercato di camuffare la mancanza del prodotto offerto dei requisiti richiesti dal CSA attraverso la disponibilità a installare sensori su palo 'in qualunque momento successivo all'attivazione', ciò in quanto l'installazione su palo non poteva essere considerata una miglioria dell'offerta, ma l'unica modalità di installazione possibile per il prodotto offerto dalla controinteressata. La collocazione su palo avrebbe potuto essere considerata una miglioria solo laddove non fosse stata espressamente richiesta nel CSA l'installazione in box. L'esponente contesta che la Stazione appaltante avrebbe illegittimamente consentito la partecipazione ad un operatore che ha offerto un prodotto diverso da quello messo a gara e, una volta svolto la selezione, ha accettato l'installazione per apparecchiature diverse da quelle oggetto della procedura di gara. 14. Con il sesto mezzo, l'appellante contesta la decisione del giudice di prima istanza con riferimento al secondo motivo di ricorso introduttivo, con cui era stato evidenziato che l'aggiudicataria non aveva dato dimostrazione del possesso dei requisiti esperenziali previsti dal bando con riferimento allo svolgimento di servizi comprensivi di manutenzione ed assistenza tecnica, ma, a tale riguardo, la decisione del giudice di prima istanza non convincerebbe. Secondo il Disciplinare erano da considerarsi servizi analogha precedenti contratti inerenti l'attività di noleggio, installazione, manutenzione e assistenza tecnica. La controinteressata si limitava a trasmettere con propria nota del 14 aprile 2021, prot. 14335, copia di due lettere di due soggetti privati, ma nessuno dei servizi dichiarati nel DGUE prevedeva la fornitura della manutenzione e dell'assistenza tecnica richieste espressamente dagli atti di gara per poter qualificare i servizi precedentemente prestati come analogha . L'appellante deduce che nessun contratto veniva allegato dalla controinteressata, nonostante la copia conforme del contratto d'appalto fosse richiesta quale prova necessaria del possesso del requisito dichiarato, con la conseguenza che era priva dell'ulteriore requisito di capacità tecnica richiesto dal Disciplinare. Sulla base della documentazione acquisita, secondo l'esponente, l'unico servizio analogo posseduto da En. sarebbe quello prestato per il Comune di (omissis), mentre il Disciplinare ne richiedeva almeno due, sicchè la controinteressata meritava di essere esclusa. 15. Con il settimo mezzo, si denuncia che, con il terzo motivo di ricorso, integrato con il secondo motivo aggiunto, la ricorrente aveva censurato l'illegittima aggiudicazione della gara alla controinteressata, avendo la Commissione attribuito all'offerta tecnica di controparte un punteggio illogico e irrazionale, rilevando che i verbali della Commissione nn. 1, 2, 3, e 4 erano completamente privi di motivazione, mancando anche le valutazioni specifiche dei singoli commissari sulle ragioni che avevano portato all'attribuzione dei punteggi e non riscontrando alcuna motivazione sull'attribuzione dei singoli punteggi stessi, nonostante la genericità dei criteri di valutazione indicati nel Disciplinare. La sentenza sarebbe errata in quanto i verbali nn. 1, 2 (anche nella sua versione integrale, doc. 64 di controparte), 3 e 4 sarebbero totalmente privi di motivazione e non vi sarebbero elementi per verificare l'iter logico seguito dai commissari nelle rispettive valutazioni. Secondo l'appellante, il verbale n. 3 evidenzierebbe la totale carenza di istruttoria e di motivazione, considerato che i 70 punti dell'offerta tecnica vengono attribuiti ai concorrenti senza alcuna motivazione, con il mero richiamo a valutazioni numeriche dei commissari, nonostante il Disciplinare di gara prevedesse solo 4 macrocriteri, e si disponesse espressamente, quanto al criterio n. 4, che 'Si applica quindi un coefficiente al punteggio massimo previsto per le opzioni migliorative nel loro complesso, variabili da zero e uno, da parte di ciascun commissario di gara, adeguatamente motivato per arrivare alla media dei coefficienti variabili tra zero a uno, attribuiti discrezionalmente da parte dei singoli commissari e successiva trasformazione di detta media in coefficienti definitivi'. Considerato il peso attribuito all'offerta tecnica e l'indicazione di soli 4 macrocriteri, era onere dei Commissari esaminare con attenzione le due offerte e motivare puntualmente in modo da consentire di comprendere l'iter logico seguito nella valutazione. 16. En. s.r.l. si è costituita in resistenza, riproponendo i motivi di ricorso incidentale e i motivi aggiunti non esaminati nel giudizio di primo grado. La società appellata ha chiesto l'annullamento in parte qua, in via incidentale, di tutti gli atti con cui la Stazione appaltante ha ammesso alla gara o, comunque, non ha disposto l'esclusione della società So. Sc. s.r.l. dalla procedura competitiva, non avendo provato di possedere i requisiti tecnici e professionali richiesti dal Disciplinare, ed avendo indicato un sistema di rilevamento della velocità non conforme alle specifiche tecniche stabilite dal Capitolato speciale d'appalto. Secondo la ricorrente incidentale, la società So. Sc. s.r.l., inoltre, avrebbe dovuto essere esclusa dall'appalto per quanto dalla stessa sostenuto in merito alla asserita sostenibilità dell'offerta economica con preciso riguardo ai costi di manodopera. Contesta, inoltre, che la presenza di strati di policarbonato davanti ai sensori che emettono e ricevono i raggi laser proposti dalla società appellante non ha garantito tecnicamente il corretto rilevamento della velocità dei veicoli. Quanto ai motivi aggiunti al ricorso incidentale, En. denuncia che il dispositivo Au. 10. Pr., indicato da So. Scientifica al punto 3 dell'offerta tecnica, non coinciderebbe con il dispositivo prodotto, né vi sarebbe la prova del possesso della omologazione ministeriale. In sostanza, la Stazione appaltante avrebbe valutato in sede tecnica un sistema di rilevamento della velocità diverso da quello offerto dalla ricorrente principale e in nessun modo riconducibile a quello approvato dal decreto MIT dell'agosto 2014. La ricorrente incidentale lamenta, inoltre, che con riferimento al criterio di valutazione n. 3, la Stazione appaltante avrebbe dovuto prendere atto dell'assenza della specificazione del numero e delle tipologie di interrogazioni statistiche consentite dalla strumentazione offerta da So. Sc. s.r.l. assegnando zero punti. Invece, il Seggio di gara avrebbe chiesto l'integrazione del contenuto dell'offerta, violando il chiaro dettato letterale della lex specialis sul punto e il generale divieto di modificazione postuma dell'offerta. 17. Le critiche prospettate dall'appellante con il secondo, terzo, quarto e quinto mezzo, pur essendo sviluppate sotto diversi profili, attengono alla medesima questione, ossia che il prodotto offerto, e poi installato a seguito della sottoscrizione del contratto dalla società aggiudicataria, sarebbe difforme da quello richiesto in sede di gara e sul quale si è sviluppata la selezione pubblica. La società aggiudicataria avrebbe formulato una offerta tecnica differente dalle indicazioni fornite dalla lex specialis, proponendo un'apparecchiatura da installarsi su palo, pur non essendo consentito dagli atti di gara. Ne consegue che le predette censure vanno esaminate congiuntamente, dopo lo scrutinio del primo motivo, in quanto inerenti a profili connessi. 18. Il primo mezzo è infondato. La decisione impugnata ha correttamente individuato le ragioni di doglianza, motivando dettagliatamente in ordine ai relativi profili denunciati, senza che l'esercizio di tale potere sia stato espresso dal giudice di prima istanza in violazione della propria funzione giurisdizionale, in relazione alla 'causa petendi', ossia all'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, riguardante la denunciata illegittima aggiudicazione di una procedura di gara. La pronuncia, pertanto, non è viziata da eccesso di potere giurisdizionale, non eccedendo i limiti del riscontro di legittimità dei provvedimenti impugnati, o addirittura sconfinando nella sfera del merito riservato alla P.A. 18.1. Passando all'esame del secondo, terzo, quarto e quinto mezzo, va preliminarmente precisato il contenuto della lex specialis. Per quanto di interesse, l'art. 3 del Disciplinare di gara ha previsto tra i requisiti di capacità tecnica e professionale: a) 'Esecuzione negli ultimi tre anni dei seguenti servizi analoghi. Il concorrente deve aver eseguito nell'ultimo triennio: 1) due servizi analoghi al presente (contratti di noleggio che prevedano almeno 3 apparecchiature per la rilevazione di infrazioni stradali, comprensivi della installazione, manutenzione e dell'assistenza tecnica), per singolo contratto'; b) 'omologazione da parte del competente Ministero delle apparecchiature fornite a noleggio. La comprova del requisito è fornita mediante copia del provvedimento di omologazione'...'il mancato possesso dei prescritti requisiti di partecipazione non è sanabile mediante soccorso istruttorio e determina l'esclusione dalla procedura di garà . Con riferimento alle caratteristiche delle apparecchiature, il Capitolato Speciale d'appalto ha stabilito che i rilevatori di infrazioni: 'b) dovranno risultare omologati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per il funzionamento in modalità automatica (senza la presenza di agenti di polizia stradale contestuale alla commissione dell'infrazione, nel rispetto della normativa vigente in materia)...; e) dovranno essere installati all'interno di box a margine della carreggiata ancorati stabilmente al suolo nel rispetto della normativa vigente ...". Ciò premesso, va subito chiarito che, come correttamente precisato dal T.A.R., la possibilità di installare il misuratore su palo è stata prospettata da En. come soluzione migliorativa. Infatti, nella documentazione di gara, En. s.r.l. afferma, diversamente da quanto sostenuto dall'appellante, che l'apparecchiatura En. EV. MD. 16. sarà installata all'interno di box metallici ancorati a terra, proponendo, quale opzione, la possibilità di montare, in una fase successiva alla definizione della gara nonché all'occorrenza e su decisione della stazione appaltante, le apparecchiature su palo senza alcun costo aggiuntivo per l'ente. Quanto alle contestazioni sulle caratteristiche tecniche del dispositivo En. EV. MV. 16. e sulla non conformità alle caratteristiche di omologazione in modalità automatica richieste dai documenti di gara, si precisa quanto segue. Il Manuale d'uso del dispositivo al documento n. 30 precisa che "...3.2.1 Installazione per rilevamento in modalità automatica. Tipicamente l'installazione avviene su un palo posto a bordo carreggiata sulla quale sono montati sia il radar UM. Ty. 30 che il sistema o i sistemi di ripresa. L'apparato di elaborazione solitamente prende posto in un piccolo armadio alla base del palo dove è reperibile l'alimentazione elettrica e una eventuale connessione dati (...)2.2.4 Geometrie di installazione - Il sistema di ripresa Vi. En. è progettato in modo tale da adattarsi a ogni esigenza installativa (palo laterale, palo a sbraccio, portale, cavalcavia, ecc....) e per operare correttamente sia se il sistema En. EV. MV. 16. è utilizzato per la rilevazione dei passaggi con il rosso che per il rilevamento della velocità (...) Per installazioni di misura di velocità in modalità bordo strada questo apparato di ripresa può essere montato in alto nel rispetto delle stesse geometrie appena descritte oppure in basso (con altezza compresa fra 1 e 2 metri) accanto ai sensori per la misura della velocità .....E' possibile utilizzare il sensore anche dal basso.." Dalla piana lettura del predetto Manuale emerge che l'installazione su palo è una delle modalità di installazione dell'autovelox, ma non è l'unica possibile, atteso che il dispositivo può essere installato anche a margine della carreggiata, essendo possibile l'installazione 'a bordo stradà utilizzando il'sensore anche dal bassò . Ne consegue che il dispositivo offerto da En. s.r.l. ha rispettato le caratteristiche richieste dal Capitolato speciale di appalto, consentendo alla Stazione appaltante un plurimo utilizzo. Infatti, la Stazione appaltante ha stipulato il contratto con l'aggiudicataria prevendo che il dispositivo sia installato su palo e non all'interno di box a margine della carreggiata, atteso che tale modalità di installazione avrebbe consentito un uso più adeguato della strumentazione. Tale circostanza è stata evidenziata, anche, in sede di verificazione, posto che si è accertato, come viene puntualizzato nella sentenza impugnata, che "l'installazione su palo anziché in box ancorati al suolo non incide sulle prestazioni del misuratore". Le caratteristiche migliorative dell'offerta è stata prospettata dal verificatore, così come precisa il Collegio di prima istanza, essendo "emerso che tale soluzione consente agli autovelox di espletare una delle funzioni espressamente richiesta dal bando che gli strumenti ancorati a terra non potrebbero svolgere, vale a dire la lettura di più targhe di autoveicoli che transitino in parallelo'. Il T.A.R. ha adeguatamente motivato in ordine alle censure prospettate dalla ricorrente con riferimento a tale specifico aspetto, evidenziando non solo che il dispositivo offerto da En. s.r.l. ha rispettato le caratteristiche richieste dal Capitolato Speciale d'appalto, ma anche che ha rappresentato una miglioria, sicchè nessun vizio di omessa pronuncia può essere ravvisato. Ciò in quanto, le argomentazioni illustrate nella motivazione della sentenza impugnata, per quanto sintetiche, hanno assorbito implicitamente le diffuse critiche dell'appellante, sostanzialmente tutte concentrate ad evidenziare che il dispositivo offerto dall'aggiudicataria non era conforme alle caratteristiche di omologazione in modalità automatica richieste dai documenti di gara. Invero, la possibilità di installazione su palo è stata intesa, correttamente, come una miglioria dalla Commissione giudicatrice, in linea con principi espressi dalla giurisprudenza, secondo cui: "in termini generali e per diffuso intendimento (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 1 febbraio 2022, n. 696) - nell'assenza di specifiche prescrizioni e/o di variante progettuale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 269) - la distinzione tra queste ultime (ammesse solo se autorizzate, quanto non addirittura imposte, dalla lex specialis di gara: cfr. art. 95, comma 14, in relazione all'art. 94, comma 1 lett.a) D.Lgs. n. 50/2016) e le semplici 'soluzioni tecniche migliorativè fonda sul rilievo che solo le migliorie possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo per contro preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali che sono rigidamente stabilite dalla stazione appaltante" (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 ottobre 2019 n. 6793 e id., sez. V, 20 luglio 2021, n. 5447). La possibilità di installare il dispositivo autovelox su palo ha rappresentato senz'altro una miglioria e non certo una variante, non essendo stata modificata la finalità della strumentazione, né le caratteristiche progettuali stabilite dalla lex specialis. Nel caso di specie, il disciplinare di gara, nello stabilire i criteri per la valutazione delle offerte, ammetteva la formulazione di 'opzioni migliorative del servizio e delle caratteristiche tecniche'. Quanto alle contestazioni espresse dall'appellante sulla natura di miglioria del dispositivo offerto da En. s.r.l., va rammentato che 'nell'attività di valutazione e qualificazione delle proposte progettuali, ai fini della loro riconduzione nell'ambito delle varianti o delle semplici migliorie, vi è un ampio margine di discrezionalità tecnica della Commissione giudicatrice, con conseguente insindacabilità nel merito delle valutazioni e dei punteggi attribuiti, ove non infirmate da macroscopici errori o travisamenti di fatto, da illogicità di inquadramento o qualificazione o da irragionevolezza manifesta"(Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2019, n. 2873 e id. 1 febbraio 2022, n. 696 cit.). La Stazione appaltante, infatti, in sede esecutiva, ha riconosciuto che l'installazione su palo avrebbe consentito agli autovelox di espletare meglio le funzioni espressamente richieste dal bando come miglioria, tanto che con il contratto n. 1026 del 16.6.2021 tra la Provincia di Pisa ed En. s.r.l. è stato stabilito che "il servizio comprenderà anche la fornitura delle migliorie previste in gara di installazione di telecamere e sensori su palò . 18.2. Da rilievi espressi, si desume l'insussistenza di una causa di esclusione di En. s.r.l. per dichiarazioni non veritiere ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. f- bis del d.lgs. n. 50 del 2016, tenuto conto che il dispositivo autovelox proposto poteva essere, alternativamente, installato a bordo strada, oppure su palo, atteso che, come risulta dal Manuale d'uso, "il sistema di ripresa è progettato in modo tale da adattarsi a ogni esigenza installativa". 18.3. L'appellante sostiene che il decreto ministeriale n. 183 del 1.06.2020 depositato da En. s.r.l. non è l'autorizzazione ministeriale richiesta dalla legge di gara. La critica non è fondata. L'obiezione è stata contestata dalla società appellata, la quale ha chiarito che con il decreto n. 183/2020 del 1.6.2020 si è provveduto all'approvazione del dispositivo 'En. EV. MV. 16.' ad una versione con nuova telecamera mod. AX. P1. in sostituzione della versione mod. AX. P1. uscita di produzione. Il Decreto n. 183 del 2020 ha tenuto conto delle previsioni tecnico funzionali riconducibili ai Decreti n. 1550 del 17.3.2021 e n. 4020 del 21.6.2017, che sono stati richiamati in motivazione. Con il provvedimento, pertanto, si è provveduto ad approvare la versione aggiornata del dispositivo dotato di una nuova telecamera, che ovviamente fa parte del dispositivo stesso, perché la precedente era uscita di produzione. In definitiva, le emergenze processuali inducono a ritenere che, diversamente da quanto opinato dalla società appellante, l'apparecchiatura En. EV. MD. 16. offerta da En. s.r.l. è conforme alle prescrizioni indicate dall'art. 2, lett. e) del CSA, tenuto conto che, come risulta dal Disciplinare di gara, con riferimento ai criteri di valutazione dell'offerta tecnica è consentito offrire agli operatori economici "Eventuali opzioni migliorative del servizio e delle caratteristiche tecniche". 18.4. Vanno respinte anche le doglianze prospettate con il sesto motivo riferite alla omessa dimostrazione da parte dell'aggiudicataria dei requisiti esperenziali previsti dal bando, con particolare riferimento allo svolgimento di servizi comprensivi di manutenzione ed assistenza tecnica. Il giudice di prima istanza ha respinto la censura atteso che la Stazione appaltante, nel corso dell'istruttoria procedimentale, aveva interpellato in via officiosa gli enti pubblici presso i quali En. ha dichiarato di aver svolto i propri precedenti servizi, appurando che gli stessi erano comprensivi anche dei servizi complementari di assistenza e manutenzione. L'assunto non risulta essere stato specificamente contestato dalla società appellante. Le censure illustrate anche in appello, invece, hanno riguardato soprattutto la qualificazione di servizi analogha che l'aggiudicataria avrebbe svolto negli ultimi tre anni. Il Collegio rileva che la documentazione esibita comprova il possesso del requisito di capacità tecnica di cui al punto 3 lett. a) del Disciplinare di gara, avendo En. svolto due servizi analogha di noleggio di apparecchiature per le rilevazioni di infrazioni stradali, comprensivi della installazione, manutenzione e dell'assistenza tecnica, quale l'appalto per due anni, dal 2019 al 2021, presso il Comune di (omissis) e il contratto con il Comune di (omissis) dal 2019 al 2022. Nè può essere condivisa la tesi sostenuta dalla società appellante, secondo cui il servizio prestato da En. a favore del Comune di (omissis) non può essere considerato un servizio analogo . Secondo l'indirizzo consolidato della giurisprudenza amministrativa, per servizi analogha non si intende servizi identica, essendo necessario ricercare elementi di similitudine tra i servizi presi in considerazione, che possono scaturire solo dal confronto tra le prestazioni oggetto dell'appalto da affidare e le prestazioni oggetto dei servizi indicati dai concorrenti (Cons. Stato, sez. IV, 11 maggio 2020, n. 2953). Tale interpretazione contempera l'esigenza di selezionare un imprenditore qualificato con il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche, sicchè, al fine di verificare la sussistenza del requisito di capacità tecnico-professionale, la verifica delle attività pregresse va fatta in concreto tenendo conto del contenuto intrinseco delle prestazioni nonché della tipologia e dell'entità delle attività eventualmente coincidenti (Cons. Stato, sez. V, 6 aprile 2017, n. 1608; id. 28 luglio 2015, n. 3717). Nella specie, il Disciplinare di gara fa riferimento alle 'apparecchiature per la rilevazione di infrazioni stradali', e quindi non esclusivamente ad apparecchiature per la rilevazione di infrazioni stradali di superamento del limite di velocità, sicchè i servizi prestati da En. a favore del Comune di (omissis) possono essere ritenuti servizi analogha, pur riguardando rilevatori ottici di infrazioni semaforiche. Ciò in quanto, come si è detto, i concetti di servizio analogo e di fornitura analoga vanno intesi non come identità, ma come mera similitudine tra le prestazioni richieste, tenendo conto che l'interesse pubblico sottostante non è certamente la creazione di una riserva a favore degli imprenditori già presenti sul mercato ma, al contrario, l'apertura del mercato attraverso l'ammissione alle gare di tutti i concorrenti tra i quali si possa raggiungere un giudizio complessivo di fattibilità . 18.5. Va respinto anche il settimo motivo di appello, con il quale si è denunciato l'illegittimità dell'attribuzione del punteggio da parte della Commissione giudicatrice, lamentando altresì che il giudice di prima istanza nulla avrebbe dedotto riguardo alle contestazioni espresse in primo grado con riferimento alla valutazione del terzo criterio, posto che i verbali nn. 1 e 2, 3 e 4 sarebbero privi di motivazione e non vi sarebbero neppure elementi per verificare l'iter logico seguito dai commissari nelle valutazioni. Va premesso che il Disciplinare di gara prevedeva l'aggiudicazione secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, e l'attribuzione di 70 punti per l'offerta tecnica e di 30 punti per l'offerta economica per un totale di 100 punti. In particolare, per i criteri n. 1 e n. 3 era prevista l'attribuzione dei punteggi secondo i rispettivi coefficienti da applicare al punteggio massimo stabilito tramite l'uso di specifiche formule matematiche, per il criterio n. 2 era stabilito "... Per l'elemento di valutazione qualitativi n. 2 verrà attribuito il punteggio assoluto sulla base della presenza o assenza della caratteristica richiesta". Per il criterio n. 4 era consentita la valutazione discrezionale delle eventuali opzioni migliorative del servizio e delle caratteristiche tecniche, con l'attribuzione di un coefficiente di valutazione di valore compreso tra 0,00 e 1,00, come indicato in tabella. Dalla piana lettura delle disposizioni si evince che i criteri di valutazione dell'offerta tecnica hanno un contenuto specifico, tanto che per l'attribuzione del punteggio basta una risposta affermativa o negativa o un dato numerico. Ne consegue che, stante la chiarezza dei criteri di valutazione, non vi era necessità di alcuna ulteriore motivazione da parte della Commissione giudicatrice, oltre al fatto che va condivisa la conclusione rassegnata dal Collegio di prima istanza, secondo cui: "la residua censura sul difetto di motivazione relativo al quarto criterio di valutazione (di indubbia natura discrezionale), afferente la valutazione delle migliorie proposte, non è da sola sufficiente a reggere il motivo sotto il profilo dell'interesse, atteso che la forbice fra il punteggio assegnato alla offerta tecnica delle due società è talmente ampio che anche a voler ipotizzare il conseguimento da parte del Soldi del punteggio massimo per le migliorie proposte e il conseguimento da parte di En. di un punteggio pari a 0 il risultato sarebbe il seguente: offerta tecnica So. punti 48, offerta tecnica En. punti 65. Il gap sarebbe pari a 17 punti che farebbero comunque la differenza considerando che il vantaggio di So. nella parte economica dell'offerta è pari 2 punti (arrotondati per eccesso)". L'attribuzione del punteggio per il criterio di valutazione dell'offerta tecnica n. 1 e n. 3 è stato effettuata sulla base di una mera formula matematica, pertanto la Commissione si è limitata a dare applicazione al costante indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale l'idoneità del voto numerico a rappresentare in modo adeguato l'iter logico seguito dalla Commissione nella sua espressione è direttamente proporzionale al grado di specificazione dei criteri allo stesso sottesi. La Sezione, condividendo l'orientamento di questo Consiglio, ritiene che il punteggio numerico, assegnato ai singoli elementi di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, è idoneo ad integrare una motivazione sufficiente, purchè siano prefissati con chiarezza i criteri di valutazione (Cons. Stato n. 279 del 2022). Tanto più è dettagliata l'articolazione dei criteri e sub-criteri di valutazione, tanto più risulta esaustiva l'espressione del punteggio in forma numerica (Cons. Stato, sez. V, 20 settembre 2016, n. 3911). Con riferimento al criterio di valutazione n. 2, riferito al possesso del requisito richiesto, entrambe le società hanno riportato il medesimo punteggio, trattandosi di una valutazione oggettiva: presenza o meno del requisito 'Apparecchiature autovelox che utilizzino strumentazioni con flash a raggi infrarossi'. Mentre con riferimento al criterio di valutazione dell'offerta tecnica n. 4, la Commissione, nell'ambito della propria discrezionalità tecnica, ha applicato correttamente il disciplinare di gara, avendo attribuito un coefficiente numerico alla quantificazione stabilita dalla lex specialis, esprimendo un giudizio complessivo sulle eventuali opzioni migliorative del servizio e sulle caratteristiche tecniche proposte dagli offerenti. Va rammentato che la giurisprudenza amministrativa ha, in più occasioni, chiarito che nell'ambito di una procedura ad evidenza pubblica la valutazione delle offerte tecniche, come anche delle ragioni che giustificano una soluzione migliorativa, costituisce espressione di un'ampia discrezionalità tecnica della stazione appaltante con conseguente insindacabilità nel merito delle valutazioni e dei punteggi attribuiti dalla commissione, laddove le stesse non siano inficiate da macroscopici errori di fatto, da illogicità o da irragionevolezza manifesta (Cons. Stato, n. 4754 del 2021; Cons. Stato n. 3908 del 2029; Cons. Stato, n. 48 del 2022). Vizi nella specie non ravvisabili. 19. In definitiva, l'appello va respinto ed ogni altra censura deve ritenersi assorbita, tenuto conto che le doglianze prospettate con ricorso incidentale e i motivi aggiunti introdotti dalla società appellata anche nel presente grado di giudizio, stante il rigetto dell'appello, vanno dichiarati inammissibili per difetto di interesse. 20. Le spese di lite del grado seguono il criterio della soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la parte soccombente alla rifusione delle spese di lite del grado che liquida in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00) a favore delle parti costituite, oltre accessori di legge se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati: Diego Sabatino - Presidente Giovanni Grasso - Consigliere Alberto Urso - Consigliere Giuseppina Luciana Barreca - Consigliere Annamaria Fasano - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 7601 del 2020, proposto da Provincia della Spezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Lu. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ro. Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 263 del 2020, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Viste le memorie delle parti; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2023 il Cons. Elena Quadri; Viste le conclusioni delle parti come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Il comune di (omissis) ha impugnato l'ordinanza del Dirigente del Settore Tecnico della provincia della Spezia n. 89 del 6 giugno 2019, avente ad oggetto la revisione dei limiti di velocità da 50 Km/h a 70 Km/h salvo in caso di gelo, pioggia e condizioni di scarsa visibilità, in un solo senso di marcia di una tratta della S.P. 566 della Val di Vara, strada provinciale extraurbana secondaria ricompresa nel territorio del comune di (omissis) ma non interessante il centro abitato, e precisamente nel senso di marcia verso (omissis) fra la progressiva km (omissis) e quella (omissis). Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, dopo aver riconosciuto la legittimazione all'impugnazione del comune di (omissis), ha accolto il ricorso con sentenza n. 263 del 2020, appellata dalla provincia della Spezia per i seguenti motivi di diritto: I) error in iudicando; violazione dell'art. 142 C.d.S.; difetto di legittimazione all'impugnazione da parte del comune di (omissis); II) violazione dell'art. 142, comma 1, C.d.S.; error in procedendo et in iudicando; III) altre violazioni dell'art. 142, comma 1, C.d.S.; errores in iudicando. Si è costituito per resistere al gravame il comune di (omissis). Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni. All'udienza pubblica del 18 maggio 2023 l'appello è stato trattenuto in decisione. DIRITTO Giunge in decisione l'appello proposto dalla provincia della Spezia per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 263 del 2020 che ha accolto il ricorso del comune di (omissis) per l'annullamento dell'ordinanza del Dirigente del Settore Tecnico della provincia della Spezia n. 89 del 6 giugno 2019, avente ad oggetto "revisione dei limiti di velocità nella tratta extraurbana della S.P. 566 della Val di Vara". In particolare, l'ordinanza aveva ad oggetto la revisione del limite di velocità da 50 Km/h a 70 Km/h in un solo senso di marcia di una tratta della S.P. 566 della Val di Vara, strada provinciale extraurbana secondaria ricompresa nel territorio del comune di (omissis) ma non interessante l'abitato di (omissis). La sentenza appellata, dopo aver riconosciuto la legittimazione all'impugnazione del comune di (omissis), ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento impugnato: - per difetto di istruttoria, per il mancato interpello della Prefettura, che aveva dato parere favorevole al posizionamento dell'autovelox; - per contraddittorietà delle ragioni richiamate dall'istruttoria comunale; - per carenza di motivazione e di istruttoria sulle criticità che avrebbero suggerito il mantenimento del limite dei 50 km/h. Con il primo motivo di gravame la provincia della Spezia ha dedotto l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto in capo al Comune la legittimazione all'impugnazione, asserendo che l'amministrazione comunale in relazione al tratto viario di specie non avrebbe alcuna potestà di regolazione, non essendo né proprietaria della strada né destinataria degli effetti del provvedimento impugnato in primo grado. In proposito, la sentenza gravata ha, invece, affermato che "nessun dubbio può sussistere sulla legittimazione attiva del comune ad impugnare l'ordinanza in questione posto che la strada oggetto di contenzioso attraversa l'ambito comunale e la disciplina della circolazione è affidata quindi anche agli agenti della polizia locale. Inoltre, il Ministero dei Trasporti, con parere n. 243/2015, ha precisato che i vigili, la polizia ed i carabinieri esercitano gli stessi poteri e prerogative sulle strade". Per il Comune appellato, gli organi di polizia municipale, nell'ambito del territorio comunale, sono abilitati a compiere legittimamente la loro attività di accertamento istituzionale nell'ambito dell'espletamento dei servizi di polizia stradale, senza che rilevi la circostanza relativa alla tipologia della strada che attraversa il Comune. L'unico limite che incontra la polizia municipale sarebbe quello territoriale rappresentato dal confine geografico comunale; per il resto, la stessa potrebbe intervenire, (anche con il posizionamento di un autovelox) su ogni tipo di strada che attraversa il Comune, quindi anche su una strada statale, regionale o provinciale (escluse le tratte autostradali). La stessa amministrazione provinciale avrebbe confermato l'attribuzione di tale potere di gestione e di controllo in capo al Comune, considerato che a luglio del 2018 - ossia l'anno prima dell'adozione dell'ordinanza impugnata in primo grado - aveva rilasciato parere favorevole al Comune per l'installazione di un autovelox sulla tratta in questione. Senza considerare che l'interesse all'impugnativa si radicherebbe in capo al Comune in quanto Ente istituzionalmente deputato a provvedere alle necessità dei propri cittadini garantendo, per quanto di propria competenza (come in questo caso) la sicurezza della circolazione carrabile e pedonale di un tratto di strada di primario collegamento del centro abitato di (omissis). Con il secondo motivo di appello la Provincia di La Spezia ha dedotto l'erroneità della sentenza poiché avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilità del ricorso per la insindacabilità nel merito della scelta assunta dall'amministrazione provinciale nell'esercizio del suo ampio potere discrezionale. Per il Comune appellato, l'amministrazione appellante, sebbene goda di amplissima discrezionalità, non potrebbe, comunque, assumere decisioni che siano manifestatamente irragionevoli, contraddittorie ed illogiche. Con il terzo motivo di gravame la Provincia ha dedotto l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha accolto tutti i vizi dedotti in primo grado dal Comune appellato. Innanzitutto, la Provincia asserisce l'erroneità dell'intero impianto della sentenza, atteso che la stessa richiamerebbe l'applicazione di una norma errata rispetto alla tipologia di strada interessata, per la quale il limite di velocità massimo non sarebbe 70 km/h, bensì 90; la sentenza sarebbe erronea anche in relazione al riscontrato difetto di istruttoria. L'appello è fondato per il primo motivo di gravame. Ed invero, l'art. 142, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, così recita: "1. Ai fini della sicurezza della circolazione e della tutela della vita umana la velocità massima non può superare i 130 km/h per le autostrade, i 110 km/h per le strade extraurbane principali, i 90 km/h per le strade extraurbane secondarie e per le strade extraurbane locali, ed i 50 km/h per le strade nei centri abitati, con la possibilità di elevare tale limite fino ad un massimo di 70 km/h per le strade urbane le cui caratteristiche costruttive e funzionali lo consentano, previa installazione degli appositi segnali.... 2. Entro i limiti massimi suddetti, gli enti proprietari della strada possono fissare, provvedendo anche alla relativa segnalazione, limiti di velocità minimi e limiti di velocità massimi, diversi da quelli fissati al comma 1, in determinate strade e tratti di strada quando l'applicazione al caso concreto dei criteri indicati nel comma 1 renda opportuna la determinazione di limiti diversi, seguendo le direttive che saranno impartite dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Gli enti proprietari della strada hanno l'obbligo di adeguare tempestivamente i limiti di velocità al venir meno delle cause che hanno indotto a disporre limiti particolari. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può modificare i provvedimenti presi dagli enti proprietari della strada, quando siano contrari alle proprie direttive e comunque contrastanti con i criteri di cui al comma 1. Lo stesso Ministro può anche disporre l'imposizione di limiti, ove non vi abbia provveduto l'ente proprietario; in caso di mancato adempimento, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può procedere direttamente alla esecuzione delle opere necessarie, con diritto di rivalsa nei confronti dell'ente proprietario". Ai sensi della norma succitata, quindi, la potestà regolatoria in ambito stradale è attribuita al solo ente proprietario della strada. Nel caso di specie, trattandosi di tratto di strada provinciale extraurbana secondaria ricompresa nel territorio del comune di (omissis) ma non interessante il centro abitato, la potestà di regolazione è di certo attribuita alla sola Provincia. Più specificamente, l'art. 142 del Codice della strada fissa il limite massimo di 90 km/h per circolare sulle strade extraurbane secondarie, attribuendo all'ente proprietario della strada, dunque alla Provincia, in caso di specifiche e speciali esigenze di circolazione, il potere di stabilire limiti massimi inferiori per singole tratte. La disposizione normativa succitata attribuisce, inoltre, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il potere di controllo e anche sostitutivo di quello attributo all'ente proprietario per rilevanti esigenze di circolazione. Ne consegue che il Comune nel cui territorio è posta la tratta di viabilità extraurbana non possiede alcuna potestà di regolazione della stessa. Inoltre, il provvedimento mediante il quale l'ente proprietario della strada fissa il limite massimo di velocità dei veicoli sulle tratte in questione ha come destinatari esclusivamente i conducenti dei veicoli che circolano sulle stesse, imponendo loro l'obbligo di osservanza del limite fissato. Ne consegue che il Comune nell'ambito del quale è localizzato il tratto di strada non possiede alcuna legittimazione ad impugnare il provvedimento succitato, atteso che non è titolare di alcun potere di regolazione del tratto di viabilità, né è destinatario degli effetti dell'atto. Né, ai fini dell'attribuzione della suddetta legittimazione all'impugnazione, può rilevare la competenza della polizia municipale all'accertamento dell'eventuale violazione dei limiti di velocità, anche, eventualmente, mediante l'apposizione di apparecchi di rilevamento della velocità, competenza del tutto estranea e diversa rispetto al potere di regolazione dei limiti di velocità poiché concernente le attività di accertamento svolte nell'ambito dell'espletamento dei servizi di polizia stradale. Nel caso di specie, invece, si discute della legittimazione al sindacato sulla scelta che il Codice della strada imputa direttamente e solo all'ente proprietario della strada, e, cioè, alla provincia della Spezia. Inoltre, per un consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, nell'ambito del limite massimo normativamente fissato - nella specie per le strade extraurbane 90 km/h - l'ente proprietario dispone di una amplissima discrezionalità di modulazione di limiti inferiori e diversi, sulla base di valutazioni di merito insindacabili in sede di legittimità . Ne consegue che, quale ente titolare della potestà di regolazione sulla strada, la Provincia è anche il soggetto a cui è imputabile la responsabilità della regolazione stessa. Alla luce delle suesposte considerazioni, assorbendosi ogni ulteriore censura, l'appello va accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado va dichiarato inammissibile. Sussistono, tuttavia, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado. Spese del doppio grado compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati: Diego Sabatino - Presidente Valerio Perotti - Consigliere Stefano Fantini - Consigliere Alberto Urso - Consigliere Elena Quadri - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FERRANTI Donatella - Presidente Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere Dott. BELLINI Ugo - Consigliere Dott. BRUNO Mariarosar - rel. Consigliere Dott. RICCI Anna Luisa Ange - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 01/02/2022 della CORTE APPELLO di TORINO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa BRUNO MARIAROSARIA. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Torino ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Asti a carico di (OMISSIS) per il reato di guida in stato di ebbrezza, con l'aggravante dell'orario notturno (articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera B) e comma 2-sexies). L'imputato e' stato condannato alla pena di mesi tre di arresto ed Euro 2000,00 di ammenda; e' stata altresi' disposta la sospensione della patente di guida per la durata di anni uno. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo del difensore, articolando i seguenti motivi di ricorso. 1) Violazione dell'articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera b), articolo 379 c.p.p., comma 8, articolo 192 e 533 c.p.p. e articolo 27 Cost.. Nei motivi di appello si era dedotta l'inaffidabilita' dell'apparecchiatura utilizzata per il test alcolemico e la mancata corretta esecuzione degli accertamenti, atteso che gli agenti operanti non avevano chiesto all'imputato quale fosse stato l'orario dell'ultima ingestione di alcol e se avesse fumato prima di sottoporsi al test. Gli operanti, inoltre, non avevano rilevato la temperatura atmosferica ed il tasso di umidita' presente nell'aria prima dell'esecuzione dell'accertamento e non avevano seguito alcun corso specifico inerente al corretto utilizzo dell'apparecchiatura. In ordine ai profili riguardanti il corretto funzionamento dell'apparecchiatura per la somministrazione del test alcolemico, la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 38618/19 ha avuto modo di precisare come costituisca onere della pubblica accusa fornire la prova del regolare funzionamento dell'etilometro. In dibattimento, attraverso l'escussione del teste qualificato (OMISSIS), si e' accertato che l'apparecchio era stato revisionato in data 13/9/2017. Nulla e' stato tuttavia accertato in ordine alla sua omologazione. Nella giurisprudenza di legittimita' si sono profilati due orientamenti contrapposti in ordine alla spettanza dell'onere di dimostrare il corretto funzionamento dell'apparecchiatura impiegata per l'effettuazione dell'alcoltest. Tale stato di cose giustificherebbe la rimessione della questione controversa innanzi alle Sezioni Unite. Ad ogni modo l'orientamento espresso nella pronuncia sopra citata sarebbe maggiormente conforme ai principi costituzionali. 2) mancata applicazione dell'articolo 131-bis c.p.. Le argomentazioni a sostegno del rigetto della richiesta di applicazione della causa di non punibilita' non sarebbero condivisibili. Il grado del tasso alcolemico e' dato non sufficiente ad escludere l'applicazione dell'istituto per particolare tenuita' del fatto. Il comportamento oppositivo tenuto dall'imputato nell'occasione dell'episodio contestatogli e' del tutto irrilevante: tale comportamento e' dipeso dal contegno tenuto dagli agenti operanti che non hanno consentito al ricorrente di telefonare al proprio difensore, come confermato dal teste (OMISSIS). L'unico precedente annoverato dal ricorrente, diversamente da quanto sostenuto in motivazione, non e' idoneo a configurare il requisito dell'abitualita'. 3) Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. 4) Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I motivi di ricorso risultano manifestamente infondati, pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. La motivazione offerta dalla Corte territoriale, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, non risulta meritevole di essere censurata. La sentenza, invero, offre adeguata risposta a tutte le deduzioni difensive e risulta immune dai vizi prospettati dal ricorrente. Quanto alla doglianza di cui al primo motivo, numerose, recenti pronunce di questa Corte in tema di guida in stato di ebbrezza, hanno ribadito come sia onere della difesa dimostrare l'inefficienza o il malfunzionamento dell'apparecchiatura (Sez. 4, n. 46841 del 17/12/2021, Patrono, Rv. 282659 01: "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilita' di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura - con la conseguenza che e' onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualita' dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro"; Sez. 4, n. 7285 del 9.12.2020, Demma Pietro Giuseppe, Rv. 280937: "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza, con la conseguenza che e' onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento dimostrando la sussistenza di vizi o error: di strumentazione o di metodo nell'esecuzione dell'aspirazione ovvero vizi correlati all'omologazione dell'apparecchio, non essendo sufficiente la mera allegazione della difettosita' dell'apparecchio"; Sez.4, n. 11679 del 15.12.2020, Ibnezzayer, Rv. 280958: "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilita' di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura - con la conseguenza che e' onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualita' dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro"; Sez. 4; n. 33978 del 17/03/2021, Garbin, Rv. 281828: "In tema di guida in stato d; ebbrezza, l'onere a carico del pubblico ministero di fornire la prova dell'omologazione dell'etilometro e della sua sottoposizione alle verifiche periodiche previste dalla legge e' configurabile nel solo caso in cui l'imputato abbia assolto all'onere di allegazione avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell'apparecchio, e che non puo' risolversi nella richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all'omologazione e alle revisioni, non avendo tali dati di per se' rilievo probatorio ai fini dell'accertamento dello stato di ebbrezza"). Nel caso in esame non vi e' stato alcun messaggio di errore nello scontrino rilasciato dall'apparecchio, regolarmente revisionato, e non e' stata fornito alcun concreto elemento atto a dimostrare il cattivo funzionamento dell'apparecchiatura. Alla luce dei precedenti richiamati puo' ritenersi consolidato l'orientamento interpretativo della Corte di legittimita' in base al quale la contestazione in ordine al cattivo o difettoso funzionamento dell'etilometro deve essere accompagnata dalla dimostrazione da parte della difesa di vizi o errori della strumentazione impiegata. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 113 del 29 aprile 2015, che ha dichiarato la parziale illegittimita' del Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 45, comma 6, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocita' (c.d. autovelox) fossero sottoposte a verifiche periodiche di funzionalita' e di taratura, e dell'ordinanza della Sez. 6 civile, n. 1921 del 24/01/2019, Rv. 652384, che ha esteso all'etilometro il medesimo principio (sostenendo che, in tema di violazione al codice della strada, il verbale dell'accertamento effettuato mediante etilometro deve contenere, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata, l'attestazione della verifica che l'apparecchiatura sia stata preventivamente sottoposta alla prescritta ed aggiornata omologazione ed alla indispensabile corretta calibratura, gravando tale onere, nel giudizio di opposizione, sulla P.A.), si sono registrate talune pronunce di questa Corte in contrasto con il tradizionale orientamento. Si tratta tuttavia di pronunce isolate, ampiamente superate dall'indirizzo sopra richiamato di segno contrario, di talche' non si individuano ragioni per investire le Sezioni Unite. I Giudici di appello hanno anche evidenziato come la difesa abbia omesso di sollevare una specifica eccezione relativa alla omologazione ed ai controlli periodici della strumentazione adoperata per la verifica effettuata sulla persona del ricorrente, avendo richiesto l'espletamento di una perizia volta ad accertare l'inaffidabilita' della metodologia prevista nel nostro ordinamento per verificare lo stato di ebbrezza mediante la strumentazione dell'alcoltest. cio' sulla base di alcuni estratti di articoli scientifici di studiosi americani che dubitano della validita' di tale procedura. Quanto alla possibilita' che gli operanti non abbiano seguito una corretta procedura nell'espletamento della prova, i rilievi difensivi si appalesano del tutto generici. La difesa prospetta che l'accertamento puo' essere falsato dal fatto che il ricorrente abbia assunto sostanze alcoliche 15-20 minuti prima della prova o che abbia fumato nell'imminenza dell'accertamento senza tuttavia documentare che tali circostanze si siano realmente verificate. Allo stesso modo, pur avendo illustrato nel ricorso che talune condizioni metereologiche influiscono sulla funzionalita' dell'apparecchio, non ha in alcun modo documentato che nella specie tali condizioni ricorressero. Si tratta, dunque, di argomentazioni tendenti a proporre un'alternativa ricostruzione della vicenda. La validita' del risultato dell'alcoltest e la sintomatologia apprezzata dal personale di polizia, compatibile con la condizione di ebbrezza, sono state validamente poste a fondamento del decisum. Le considerazioni svolte sui punto dalla difesa hanno carattere ipotetico e congetturale. 2. Per quanto concerne l'omessa applicazione dell'articolo 131-bis c.p., si ritiene che le argomentazioni poste a fondamento del decisum siano immuni da censure. E' noto il principio in base al quale "La causa di non punibilita' della particolare tenuita' del fatto di cui all'articolo 131-bis c.p., in quanto configurabile - in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma - ad ogni fattispecie criminosa, e' configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile, con il giudizio di particolare tenuita', la presenza di soglie di punibilita' all'interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati, anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi e' una fattispecie che integra un illecito amministrativo" (cosi', in motivazione, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj). La Corte di appello ha reso una motivazione congrua in ordine al mancato riconoscimento dell'istituto, valutando il grado di ebbrezza, prossimo al limite massimo della soglia contestata ed il comportamento oppositivo serbato dal ricorrente al momento dell'accertamento. Trattasi di elementi correttamente valutati ai fini del diniego del beneficio, in quanto indicativi di una maggiore gravita' dell'illecito. La valutazione espressa, attinente a merito, sfugge allo scrutinio di legittimita', non essendo manifestamente arbitraria o illogica. La difesa contrappone argomentazioni fondate su dati meramente fattuali, come tali insuscettibili d'essere valutati nel giudizio di legittimita' (cosi' in relazione al comportamento serbato dal ricorrente all'atto del controllo). Quanto al precedente specifico annoverato, e' pur vero che la presenza di un unico precedente specifico non consente di r tenere l'abitualita' del reato. Tuttavia, la Corte territoriale da' atto nel provvedimento oggi impugnato di avere valutato il fatto in se', ed in particolare l'elevato tasso alcolemico riscontrato nell'ambito della soglia contestata ed il negativo comportamento serbato dal ricorrente all'atto del controllo. La sentenza, dunque, si colloca nell'alveo del dictum delle Sezioni Unite sopra richiamata, secondo cui il giudizio sulla tenuita' richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarita' della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'articolo 133 c.p., comma 1, delle modalita' della condotta. 3. In relazione all'omessa applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena ed alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la Corte di merito ha valorizzato il recente precedente specifico annoverato dall'imputato, sottolineando che (OMISSIS) ha commesso il fatto per cui si procede appena un anno dopo la pronuncia di estinzione, ex articolo 189 C.d.S., comma 9-bis, di altro identico reato. Ha in tal modo espresso una prognosi negativa in ordine alla futura astensione dalla commissione di reati. Non e' erroneo il ricorso ad una motivazione unica per esplicitare le ragioni del mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena e delle circostanze attenuanti generiche. Per costante orientamento di questa Corte, "le ragioni del diniego dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato de casellario giudiziale possono ritenersi implicite nella motivazione con cui giudice neghi le circostanze attenuanti generiche richiamando i profili di pericolosita' del comportamento dell'imputato, dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione dei predetti benefici dalla valutazione degli elementi indicati dall'articolo 133 c.p." (ex multis, Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Abbate, Rv. 280244 - 05). Sempre ai fini del diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena non rileva che la precedente contravvenzione al codice della strada sia stata dichiarata estinta (in argomento si veda Sez. 4, n. 41291 del 11/09/2019, Pagani, Rv. 277355: "Ai fini del giudizio circa la concedibilita' o meno della sospensione condizionale della pena, la presenza di precedenti condanne per reati poi estinti ai sensi dell'articolo 460 c.p.p., comma 5, puo' legittimamente essere valutata dal giudice come elemento ostativo alla presunzione che il colpevole si asterra', per il futuro, dal commettere ulteriori reati"). In ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la Corte di merito ha posto in evidenza le modalita' del fatto e l'esistenza del precedente specifico annoverato dal ricorrente. Trattasi di motivazione rispondente ai principi stabiliti in questa sede (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 - 02: "Al fine di ritenere o escludere e circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente"). 4. Consegue alla declaratoria d'inammissibilita' del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche', a norma dell'articolo 616 c.p.p., al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende; non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilita' (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSI E. - Presidente Dott. MESSINI D'AGOSTINI Piero - Consigliere Dott. AIELLI Lucia - Consigliere Dott. PERROTTI Massim - Consigliere Dott. LEOPIZZI A - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 22/02/2022 della CORTE ASSISE APPELLO di ROMA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALESSANDRO LEOPIZZI; sentite le richieste del PG Dr. BALDI FULVIO, che ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili; udito l'avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che si e' riportato ai motivi di ricorso; udito l'avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che si e' riportato ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento; udito l'avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che si e' riportato ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento; udito l'avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che si e' riportato ai motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di assise di appello di Roma, con sentenza del 22 febbraio 2022, depositata l'11 marzo 2022, in parziale riforma della sentenza pronunciata il 4 dicembre 2020 dalla Corte di assise di Roma, nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in relazione ai reati di cui agli articoli 81-110-112630 e 81-110-582-583 c.p. (tutti) e 81-628 c.p. (il solo (OMISSIS)), ha riqualificato ai sensi degli articoli 110 e 605 c.p. il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione in concorso inizialmente contestato e ritenuto in primo grado, e - ritenuta la continuazione tra tutti i reati, concesse le attenuanti generiche prevalenti e l'attenuante della provocazione, esclusa per (OMISSIS) e (OMISSIS) l'ipotesi di cui all'articolo 116 c.p. - ha condannato (OMISSIS) alla pena di cinque anni di reclusione ed (OMISSIS) e (OMISSIS) a quella di tre anni e dieci mesi ciascuno, confermando nel resto la decisione impugnata. La vicenda oggetto del procedimento, secondo l'ipotesi accusatoria, prende le mosse dalla truffaldina attivita' di (OMISSIS), sedicente avvocato, che si proponeva falsamente in giro come persona in grado di agevolare la definizione di pratiche amministrative. (OMISSIS) e (OMISSIS), impossibilitati ad ottenere i documenti per vie legali, chiesero pertanto la collaborazione di (OMISSIS) per il rilascio di una patente di guida ciascuno, versandogli, a titolo di acconto, 600 Euro il primo e 4.500 Euro il secondo. Poco prima delle ore 18:00 del (OMISSIS), accortosi, infine, di essere stato raggirato, nel momento in cui gli fu consegnata una patente di guida palesemente contraffatta, (OMISSIS) percosse e minaccio' (OMISSIS), costringendolo a sedersi sui sedili posteriori della vettura con cui questi si era presentato all'appuntamento e si mise egli stesso alla guida del mezzo, dopo avergli sottratto portafoglio e cellulare. (OMISSIS) mise anche (OMISSIS), incontrato per caso per le vie del paese, a conoscenza della truffa ed entrambi minacciarono e colpirono ripetutamente (OMISSIS). (OMISSIS) poi si allontano', mentre (OMISSIS), ancora alla guida, contatto' telefonicamente diverse persone, tra cui (OMISSIS), a cui chiese aiuto per mettere paura a (OMISSIS). (OMISSIS), raggiunto nei pressi della sua abitazione, sali' dunque anch'egli in auto, munito di un martello e di un falcetto, e colpi' agli arti (OMISSIS) con il martello. L'auto con i tre a bordo fece una lunga sosta presso una zona boscosa, dove intervennero altri soggetti incappucciati, malmenando ancora (OMISSIS) e minacciandolo di amputargli un arto e di strozzarlo. Intorno alle 20:30, (OMISSIS) e (OMISSIS) si fermarono presso l'abitazione di (OMISSIS) e (OMISSIS) fu costretto ad entrare da solo nell'appartamento, dove fu colpito ancora dal padrone di casa. Ridisceso in auto, (OMISSIS) fu condotto da (OMISSIS) e (OMISSIS) in Piazza delle mimose, dove i tre, a cui si unirono altri soggetti non identificati, sostarono per circa due ore (sempre connotate dal prosieguo di botte e minacce, anche con una scacciacani). Poi, (OMISSIS) se ne ando' e (OMISSIS) condusse (OMISSIS) presso la propria abitazione, dove lo trattenne fino alle 6:00 del mattino seguente, quando gli fu consentito di allontanarsi dietro la promessa del pagamento di Euro 20.000. La Corte di assise di appello ha ritenuto non provata quest'ultima promessa di denaro e ha quindi ricondotto la contestata privazione della liberta' personale alla fattispecie incriminatrice prevista dall'articolo 605 c.p.. 2. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo dei propri difensori, formulando due motivi di ricorso. 2.1. Con il primo, articolato motivo, si lamenta l'erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla ritenuta sussistenza dei reati di sequestro di persona e di rapina, e la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione, in relazione ai criteri di valutazione della prova ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., comma 1, ed alla valutazione di irrilevanza delle doglianze sollevate con l'atto di appello, nonche' l'omessa motivazione in merito alla richiesta di confronto tra l'imputato e l'odierno ricorrente. Portata decisiva, nell'ambito della piattaforma probatoria, avrebbero ricoperto le dichiarazioni della persona offesa, (OMISSIS), la cui narrazione e' stata ritenuta attendibile dai giudici di merito, nonostante dalla stessa emergessero importanti lacune logiche e contraddizioni con altre risultanze processuali. La Corte di assise di appello, senza soffermarsi sugli articolati motivi di gravame sul punto, ha ritenuto, in primo luogo, che il corredo probatorio raccolto confermasse la verosimiglianza e la veridicita' di quanto esposto dalla suddetta persona offesa (incurante dei plurimi mendaci affiorati durante la sua deposizione, tali da menomarne la credibilita' soggettiva). Del pari, la motivazione di secondo grado risulterebbe carente anche nello scrutinio dell'attendibilita' oggettiva del racconto, viceversa non conciliabile con altri elementi indiziari emersi nel corso del dibattimento (in particolare, i tabulati telefonici confermerebbero che (OMISSIS) non avrebbe mai perso la disponibilita' del proprio cellulare; la cartella clinica non avrebbe traccia delle percosse asseritamente inflittegli sulle gambe con un grosso martello; il presunto orario in cui sarebbe stata riacquistata la liberta' personale, intorno alle sei del mattino, confliggerebbe logicamente con l'orario molto successivo di ingresso al (OMISSIS), peraltro assai piu' lontano di altri ospedali; il ritrovamento dell'autovettura di (OMISSIS) nei pressi dell'abitazione di (OMISSIS), ben cinque giorni dopo i fatti, darebbe adito a perplessita'). Inoltre, sarebbe stata completamente trascurata la prova d'alibi offerta dai testi a discarico (OMISSIS) e Gieras (che hanno riferito in merito alla partecipazione di (OMISSIS) a una festa tra le 20:00 e le 23:00 del giorno dei fatti, senza che la Corte prendesse minimamente in considerazione il contenuto di queste deposizioni e persino negando che il compendio istruttorio offrisse alcun utile spunto al riguardo). Analogamente, difetterebbe una adeguata motivazione anche in relazione alla richiesta di confronto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), invocata dalla difesa in ragione delle significative divergenze emerse tra le rispettive versioni dei fatti. In estrema sintesi, la ricostruzione del fatto operata dai giudici di secondo grado risulterebbe intrinsecamente incoerente e comunque connotata da un alto coefficiente di opinabilita', derivando da un'indebita selezione delle censure difensive. 2.2. Con il secondo motivo, si censura l'inosservanza di norme processuali, in relazione al divieto di reformatio in peius sancito dall'articolo 597 c.p.p., comma 3, e l'omessa motivazione in merito alla diversa riduzione operata per effetto delle gia' riconosciute circostanze attenuanti generiche in misura inferiore a un terzo. La Corte territoriale, infatti, ha riqualificato il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione in quello di sequestro ai sensi dell'articolo 605 c.p., mantenendo il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti di cui all'articolo 62 c.p., n. 2 e articolo 62-bis c.p., ma - contrariamente a quanto fatto in primo grado hanno operato una diminuzione in misura inferiore ad un terzo, in questo modo indicando in maniera deteriore un elemento concorrente al calcolo complessivo, senza peraltro una specifica motivazione sul punto. 3. Ricorre per cassazione altresi' il difensore di (OMISSIS), articolando due motivi. 3.1. Con il primo motivo (rubricato come "motivo unico"), si duole della violazione della legge penale, in riferimento agli articoli 110 e 605 c.p., e della contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. Ferma restando la sussistenza delle lesioni, ammesse da (OMISSIS) in aula, apparirebbe criticabile, secondo il ricorrente, la valutazione dei giudici di merito in tema di concorso nel sequestro, laddove, essendo (OMISSIS) sempre presente, gli altri due imputati sarebbero fisicamente collocabili sulla scena del delitto solo per un limitatissimo arco temporale. La Corte di assise di appello sarebbe pervenuta a questa conclusione sulla scorta di un'analisi solo parziale del materiale probatorio, trascurando elementi a discarico non irrilevanti (quali, nello specifico, la presenza di un autovelox all'ingresso di (OMISSIS) la sera dei fatti; l'assenza di pregressi rapporti di conoscenza tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e la totale estraneita' del primo rispetto alla richiesta di riottenere la patente di guida di (OMISSIS) e in genere la mancanza di motivi di rancore o di vendetta; la mancata presenza di (OMISSIS) allorquando (OMISSIS) viene fatto salire in auto; la mancanza di elementi tali da rendere consapevole (OMISSIS) - che, come richiestogli, aveva con se' un falcetto e un martello per intimorire (OMISSIS) - che era in atto un sequestro di persona, dal momento che la persona offesa a bordo del veicolo non era ferita, ne' legata; la mancata conferma da parte di (OMISSIS) della presenza di (OMISSIS) al momento del suo ingresso, dopo qualche peregrinazione per il paese, in casa di (OMISSIS) - fatto viceversa affermato in motivazione come vero e fondante la responsabilita' concorsuale nel sequestro; la mancanza di costrizione fisica o psicologica di (OMISSIS) nel periodo - protrattosi per circa due ore - in cui si trova, insieme agli odierni imputati, in (OMISSIS), dove e' stato libero di andarsi a sciacquare a una fontanella e gli sono stati offerti cibi e bevande; la liberta' ugualmente goduta da (OMISSIS) presso l'abitazione di (OMISSIS); l'accertata presenza di (OMISSIS) in casa propria a partire dalle 22:30; l'impossibilita' di effettivo apporto causale in relazione a un sequestro protrattosi per diciassette ore da parte di (OMISSIS), presente ai fatti per circa due ore e quaranta minuti al piu', al solo fine di mettere paura e malmenare la persona offesa; la totale assenza di elementi a carico di (OMISSIS) negli esiti delle intercettazioni telefoniche, sia pure protrattesi per tre mesi). Risulterebbe dunque non corretta l'esclusione da parte della Corte territoriale del concorso anomalo originariamente ritenuto in primo grado, quale adeguata individuazione del concreto coefficiente di imputazione soggettiva dell'evento. Conforterebbero questa ipotesi l'assoluta mancanza di volonta' del fatto diverso o piu' grave, la negligenza o l'inosservanza di regole di prudenza e la prevedibilita' ed evitabilita' dell'evento (laddove pure non si acceda alla tesi della eccezionalita' della non preventivabile reazione di (OMISSIS)). 3.2. Con il secondo motivo, la difesa deduce la mancanza di motivazione in riferimento all'aumento di pena per la continuazione. La Corte di assise di appello dedica infatti poche righe alla dosimetria della pena in conseguenza della derubricazione del sequestro e, laddove riconosce la sussistenza del medesimo disegno criminoso per gli effetti di cui all'articolo 81 c.p., comma 2, si limita a indicare il mero computo aritmetico, senza accennare alle ragioni per le quali e' stato ritenuto congruo un aumento di dieci mesi. 4. Ricorre per cassazione, per il tramite del difensore, anche (OMISSIS), che deduce quattro motivi. 4.1. Con il primo motivo, si lamenta l'omissione ovvero comunque la manifesta contraddittorieta' della motivazione, laddove si afferma che la versione di (OMISSIS) non e' contestata da (OMISSIS) (e da (OMISSIS)), quando invece l'atto di appello espressamente aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto attendibile e credibile la persona offesa. A fronte di questa radicale diversita' di lettura dei motivi di gravame, non potrebbe che reputarsi integrata un'omessa valutazione di allegazioni difensive, in astratto idonee a minare la fiducia accordata al racconto del testimone chiave (con particolare riguardo a quel che concerne la sua permanenza nell'abitazione di (OMISSIS), in cui sono indicati come presenti soggetti non riconducibili ai possibili occupanti, mentre al contrario sfugge al ricordo qualsiasi particolare dell'immobile, a dimostrazione, secondo la difesa, che la circostanza sarebbe inventata di sana pianta dalla persona offesa, al fine di coinvolgere nel processo un proprio creditore, cosi' tacitato indirettamente nelle sue pretese di restituzione del prestito). 4.2 Con il secondo motivo, si eccepisce la violazione di norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale e in particolare degli articoli 192 e 511 c.p.p.. Le dichiarazioni della persona offesa, infatti, soprattutto quando quest'ultima ha un proprio tangibile interesse alla definizione del procedimento, dovrebbero essere valutate non solo sotto il profilo della loro attendibilita' intrinseca (a nulla rilevando la mancata costituzione di parte civile), ma anche confrontandole con l'intera piattaforma probatoria. La Corte di assise di appello non avrebbe valutato la personalita' di (OMISSIS) ("un truffatore professionale, che non si (e') fatto scrupoli di approfittare di una persona con problemi di obesita' che le impedivano di ottenere la patente, per assicurarle con l'imbroglio l'ottenimento del permesso di guidare", secondo modalita' fraudolente ripetute per decine di volte). I giudici di secondo grado, con argomenti stereotipati, eluderebbero la circostanza, ventilata dal difensore di (OMISSIS), che le pendenze debitorie tra i due costituissero un idoneo motivo per muovere contro il ricorrente accuse calunniose. In ogni caso, l'attendibilita' del testimone sarebbe minata dal contrasto tra il contenuto della sua deposizione e le dichiarazioni rese durante la fase delle indagini (restando in ogni caso la querela inidonea a fornire specifici elementi di convincimento). 4.3 Con il terzo motivo, la difesa deduce violazione della legge penale in relazione agli articoli 110 e 605 c.p., sul presupposto che difetterebbero elementi tali da giustificare, quantomeno soggettivamente, la partecipazione di (OMISSIS), a titolo di concorso, al delitto di sequestro. Per quanto riguarda il dolo di legge in capo al concorrente, non e' sufficiente la consapevolezza della esecuzione di un reato permanente, anche in presenza di un potenziale rapporto di causalita' materiale con condotta atipica, ma occorre avere riguardo alla direzione e al contenuto della volonta' dell'agente principale. Nel caso di specie, (OMISSIS) si sarebbe mosso nell'esclusivo intento di punire (OMISSIS) per il torto subito, senza alcuna intenzione di contribuire alla privazione della sua liberta' (come puo' evincersi dalla mancanza di contatti con i presunti rapitori, l'indifferenza con cui (OMISSIS) lascia che (OMISSIS) si allontani dalla sua abitazione, senza consegnarlo a (OMISSIS) e (OMISSIS)). In definitiva, se pure il ricorrente si fosse rappresentato la privazione della liberta' della persona offesa, il suo comportamento non sarebbe comunque stato sorretto dalla volonta' di contribuirvi con il proprio operato. 4.4. Con il quarto motivo, si lamenta l'erronea applicazione dell'articolo 110 c.p. in relazione al delitto di lesioni, in difetto di alcun effettivo contributo causale da parte del ricorrente, non fisicamente presente al momento del pestaggio, ne' altrimenti implicatovi, neppure quale mero concorrente morale. Al piu', accettando come vera, in denegata ipotesi, la circostanza che (OMISSIS) all'interno della propria abitazione avrebbe colpito (OMISSIS), provocandogli il sanguinamento del naso, e' solo di questa azione lesiva che il ricorrente potrebbe essere chiamato a rispondere e non della frattura delle costole, come specificata in imputazione, causata da condotte del tutto autonome e poste in essere altrove da terzi soggetti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Tutti i tre ricorsi sono inammissibili, perche' proposti con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti. 2. Possono essere esaminate congiuntamente, pur senza sacrificio di un esame specifico delle peculiarita' di ciascuna, le doglianze relative a lacune motivazionali ed erronea applicazione delle norme sulla valutazione delle prove avanzate dai tre ricorrenti (in particolare, da (OMISSIS) con il primo motivo di ricorso, da (OMISSIS) con il primo e il secondo motivo, da (OMISSIS) con il primo motivo). Tutte le suddette censure - non senza evocare in larga misura doglianze in fatto non proponibili in questa sede, riproducendo analoghe questioni gia' devolute in appello e ivi puntualmente esaminate e disattese - sono in sostanza connotate dalla richiesta di un nuovo apprezzamento del materiale probatorio, suggerendo alternative ricostruzioni della vicenda, senza confrontarsi con il congruo e tutt'altro che illogico apparato argomentativo offerto dalla Corte di assise di appello (nonche', salvo per quanto attiene alla qualificazione in iure del sequestro, dal giudice di primo grado, trattandosi di una cosiddetta "doppia conforme" di condanna). Si chiede, in buona sostanza, di sovrapporre la valutazione della Corte di legittimita' a quella dei Giudici di merito, cio' che e' impossibile, poiche' esula dai poteri della Suprema Corte ogni possibilita' di "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074. Piu' di recente, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747, ha precisato che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' - intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante -, su aspetti essenziali a imporre diversa conclusione del processo, cosicche' sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento). Molte delle doglianze, in particolare, si sono addensate sulle dichiarazioni di (OMISSIS) di cui si contesta con forza la attendibilita'. E' opportuno osservare immediatamente, in proposito, come l'attendibilita' della persona offesa sia questione di fatto, non censurabile in sede di legittimita', salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sull'id quod plerumque accidit, e insuscettibili di verifica empirica, o anche a una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilita' (Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575). 2.1. La Corte di assise di appello ha rigettato i motivi di gravame proposti da (OMISSIS) dopo una attenta disamina degli stessi. Per quel che riguarda la narrazione offerta da (OMISSIS), i giudici di secondo grado richiamano innanzitutto, condividendole, le approfondite riflessioni gia' spese sul punto nella decisione della Corte di assise (pp. 35-43) e oppongono alle ipotetiche contraddizioni evidenziate dall'appellante alcune circostanze emerse in maniera inequivoca dall'istruttoria dibattimentale, tali da inficiare alla radice le osservazioni di segno contrario della difesa: la posizione in cui e' stata rinvenuta la vettura di (OMISSIS), incompatibile con una sua possibilita' di autonomo movimento; le ammissioni di natura confessoria fatte da (OMISSIS) durante comunicazioni intercettate dagli inquirenti (individuazione del bosco quale luogo in cui poter agire; racconto di sottrazione di documenti dopo avere rotto il vetro dell'altrui vettura); conversazioni telefoniche, parimenti oggetto di captazione, di (OMISSIS), che racconta di essere stato sequestrato, restando segregato una notte intera in un'abitazione, di essere stato derubato del cellulare e dell'auto, di essere stato malmenato sino ad avere le costole fratturate; la perfetta descrizione dei luoghi effettuata in aula dalla medesima persona offesa, in particolare per quanto attiene l'abitazione di (OMISSIS); alcune ammissioni, quantomeno in merito alle sole lesioni, date dagli altri coimputati. A fronte di questo lineare chiarimento - che si salda con quanto esposto nella sentenza di primo grado (dove si accenna anche alla rilevanza dell'esame della madre di (OMISSIS), di quanto rinvenuto nella sua autovettura o sequestrato a casa di (OMISSIS), negli spostamenti e nelle comunicazioni registrati dai tabulati telefonici, nella mancanza di astio e ostilita' manifesta ben percepita nell'oralita' del dibattimento) - non assume rilievo decisivo l'omesso esame di un motivo di appello da parte del giudice dell'impugnazione. Non sussiste, infatti, secondo costante giurisprudenza, un vizio di motivazione rilevante a norma dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), qualora, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente assorbito e disatteso dalle spiegazioni svolte nella motivazione in quanto incompatibile con la struttura e con l'impianto della stessa, nonche' con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, Cammi, Rv. 277593; Sez. 5, n. 24437 del 17/01/2019, Armeli, Rv. 276511; Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227, secondo cui l'emersione di una criticita' su una delle molteplici valutazioni contenute nella sentenza impugnata, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non puo' comportare l'annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all'esito di una verifica sulla completezza e sulla globalita' del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l'impianto della decisione). In particolare, e' opportuno osservare come, nonostante le doglianze della difesa, non sempre manchi una risposta ai motivi di gravame, ma questa e' talora fornita in maniera sintetica, come quando si esclude la fondatezza dell'alibi che tentano di fornire i testi (OMISSIS) e Gieras (p. 29). Costoro, evidentemente ritenuti non credibili sul punto o quantomeno sugli orari riferiti da entrambi i giudici di merito, non offrono in primo luogo una vera e propria prova d'alibi, dal momento che - pure ammessa, in ipotesi e per mera comodita' di ragionamento, una presenza di qualche minuto o per un tempo piu' consistente di (OMISSIS) alla festa di compleanno - la circostanza non sarebbe comunque in grado di disarticolare la solida ricostruzione operata all'esito dell'istruttoria dibattimentale; peraltro, a che perdura la privazione della liberta', mantenuta dal continuo susseguirsi di una pletora di concorrenti, alcuni dei quali neppure compiutamente identificati, dolersi della mancata considerazione riservata all'ipotetico ed eventuale allontanamento temporaneo di (OMISSIS) da parte dei giudici di appello, senza specifici chiarimenti ulteriori connota di insuperabile aspecificita' il motivo di ricorso. Non sussiste poi uno specifico obbligo motivazionale relativamente a(mancato accoglimento della richiesta di confronto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), a fortiori come rinnovazione dell'istruttoria in appello, dal momento che questo mezzo di prova non costituisce adempimento di cui sia imposta obbligatoriamente l'effettuazione; a fronte di contrastanti versioni fornite dai dichiaranti, spetta infatti al giudice apprezzare, secondo il proprio libero convincimento, il grado di attendibilita' dell'una piuttosto che dell'altra dichiarazione (Sez. 6, n. 37691 del 16/09/2022, B., Rv. 283935-02). 2.2. Per quanto riguarda il primo motivo del ricorso presentato da (OMISSIS), in merito alla asser(ta mancanza di attendibilita' e di credibilita' della persona offesa e alla mancata motivazione su un punto lamentato dalla difesa, oltre che in genere alla natura fattuale delle doglianze, si rimanda a quanto sopra esposto in merito alle analoghe doglianze contenute nel ricorso di (OMISSIS). E' opportuno precisare ulteriormente soltanto come la sentenza di secondo grado non fraintenda affatto il contenuto dello specifico gravame difensivo inerente la mancata contestazione da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) della versione di (OMISSIS), ma semplicemente lo contestualizzi in relazione alle specifiche circostanze poste in evidenza dall'imputato. La posizione di (OMISSIS) in relazione al delitto di sequestro, ad ogni buon conto, e' stata oggetto di attenta disamina, nell'ambito della quale sono state messe a confronto le varie risultanze probatorie (sempre muovendo dalla complessiva solidita' della versione fornita dalla persona offesa). Segnatamente, quale implicita risposta ai motivi di gravame, e' stato sottolineato come, pur se il primo incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in auto con (OMISSIS) potrebbe essere stato fortuito (anche se, in quel frangente, egli si accorse comunque che quest'ultimo e' costretto contro la sua volonta' all'interno dell'abitacolo), la acc(arata presenza in casa di (OMISSIS) della persona offesa e' un fatto voluto e accettato dal ricorrente, che lo trattiene per un tempo significativo contro la sua volonta' (e lo picchia brutalmente), consapevole che "la vittima e' scortata dagli imputati, o quantomeno dall' (OMISSIS)". La sentenza di primo grado offre ulteriori e definitivi contributi esplicativi sul fatto che (OMISSIS), sottoposto alla sorveglianza speciale, non poteva rendersi protagonista di condotte delittuose sulla pubblica via, sui fotogrammi che inquadrano la vettura con a bordo (OMISSIS) e (OMISSIS) a breve distanza dall'abitazione di (OMISSIS), in orario compatibile con le dichiarazioni della persona offesa. 2.3. Per quanto riguarda il secondo motivo del ricorso presentato da (OMISSIS), sempre in merito alla valutazione dell'apporto probatorio offerto della persona offesa, si rimanda ancora a quanto gia' detto in via generale (in particolare in merito alla impermeabilita' delle valutazioni dei giudici di merito sul punto in questa sede di legittimita'). Gli asseriti pregressi rapporti di credito-debito non sono stati ritenuti sussistenti e comunque rilevanti, ma, in ogni caso, il carattere calunnioso delle propalazioni accusatorie e' escluso dal complessivo esame del dichiarante; nell'ambito di questo esame, la mancata costituzione di parte civile, quale indice di disinteresse rispetto agli esiti processuali, viene citato soltanto come mero elemento di contorno, laddove per i giudici di merito e' la presenza, gia' sottolineata, di molteplici riscontri oggettivi a conferire al testimone attendibilita' e credibilita' oggettiva e soggettiva. Valore fondamentale - e pressoche' esclusivo - e' stato dato in primo e secondo grado alla prova testimoniale formatasi in giudizio con la deposizione della persona offesa nel contraddittorio delle parti, restando ininfluente ai fini del decidere la denuncia-querela da lui presentata (a cui fa solo un cenno la sentenza di primo grado). 2.4. Il primo motivo di gravame dedotto da (OMISSIS) presenta molteplici tratti comuni a quelli presenti nei ricorsi dei due coimputati, in particolare in merito alla mancata considerazione in cui sarebbero stati tenuti dalla Corte di assise di appello alcuni elementi istruttori e allegazioni difensive pro reo. Si rimanda pertanto, anche in questo caso, a quanto sopra esposto in tema di impossibile rivalutazione del materiale probatorio in questa sede, in presenza di una motivazione adeguata. In particolare, la sentenza di secondo grado valorizza, inserendole nel piu' ampio contesto istruttorio, alcune determinanti ammissioni dell'imputato (che conferma di essere stato chiamato "per mettere paura" al gia' terrorizzato (OMISSIS), di essersi portato all'uopo un falcetto e un martello ostentandoli alla vittima, di avere malmenato quest'ultima, di essere rimasto per quasi tre ore insieme a (OMISSIS), insultato, minacciato, percosso e soprattutto impossibilitato ad allontanarsi dai suoi guardiani se non per pochi passi). A fronte di cio', e' congruamente illustrata in motivazione la ricostruzione dei fatti, per quanto riguarda la condotta posta in essere da (OMISSIS) e la consapevolezza in capo a quest'ultimo che (OMISSIS) era stato privato della liberta' personale per un periodo piu' che significativo. 3. Anche i motivi di ricorso inerenti l'erronea valutazione della responsabilita' a titolo concorsuale (nella specie, il terzo e il quarto motivo del ricorso (OMISSIS) e alcune specifiche censure sviluppate nel primo motivo di (OMISSIS)) sono caratterizzati da non corretti presupposti giuridici comuni, che ne consigliano una disamina omogenea. In tema di concorso di persone, il contributo rilevante ai sensi dell'articolo 110 c.p., in caso di azione collettiva, deve essere espressivo di condivisione dell'evento - anche in forma solo verbale ovvero accompagnata da manifestazioni esteriori diverse dalla condotta tipica - e idoneo a semplificare o agevolare l'ideazione o l'esecuzione dell'azione, anche se solo nei confronti di una parte consistente di compartecipi (Sez. 1, n. 6237 del 15/09/2021, dep. 2022, Dell'Aquila, Rv. 282620). Appare indubitabile la rilevanza causale - ai sensi sia dell'articolo 605, sia degli articoli 582 e 583 c.p. - vuoi delle condotte direttamente rilevanti per la tipicita' del fatto di reato, vuoi dei comportamenti meramente rafforzativi o agevolatori delle stesse, anche solo in ragione della fisica presenza in appoggio all'azione di (OMISSIS), pressoche' sempre presente. 3.1. La difesa di (OMISSIS), relativamente al delitto di sequestro, dubita della corretta applicazione della disciplina del concorso di persone, quantomeno per carenza dell'elemento soggettivo. Anche in questo caso, i giudici di appello hanno offerto una motivazione adeguata, tutt'altro che contraddittoria o manifestamente illogica, laddove premesso che, immediatamente dopo l'iniziale diverbio con (OMISSIS) che lo costringe a salire in auto, inizia lo stato di privazione della liberta' personale, penalmente rilevante, di (OMISSIS) - rilevano come (OMISSIS) sia stato informato dallo stesso (OMISSIS), alla guida della vettura di (OMISSIS), obbligato sui sedili posteriori, della falsita' dei documenti richiesti previo versamento di un congruo anticipo; la consapevolezza di essere stato truffato spinse pertanto (OMISSIS) a colpire violentemente (OMISSIS) in una prima occasione quando era ancora accovacciato nell'auto. Se, per questo primo contatto, i giudici di appello concedono il beneficio del dubbio sulla coscienza di (OMISSIS) della restrizione della liberta' in danno di (OMISSIS), quando, diverse ore dopo, la medesima persona offesa, ininterrottamente da allora nelle mani di (OMISSIS) e dei suoi complici, e' condotto con la forza presso l'abitazione del ricorrente, deve darsi per certa la sua consapevolezza che (OMISSIS) si trovasse ancora e da lungo tempo in stato di sequestro. Il doppio intervento di (OMISSIS), per la strada e in casa, costituisce un suo indubbio e consapevole contributo causale alla perpetrazione del delitto, a prescindere dal movente che puo' averlo spinto. 3.2. La motivazione della sentenza impugnata delinea chiaramente i motivi fondanti la valutazione di responsabilita' di (OMISSIS) in relazione al delitto di lesioni aggravate continuate in concorso; e' opportuno precisare che l'aggravante dell'uso di strumenti atti a offendere contestata solo ad (OMISSIS) e (OMISSIS). In primo luogo, la motivazione descrive nel dettaglio le lesioni inferte personalmente da (OMISSIS) a (OMISSIS) all'interno della propria abitazione, ma aveva puntualizzato precedentemente come "stante la concatenazione degli eventi, da cui non si puo' prescindere, e' necessaria la trattazione unitaria dell'intera azione delittuosa, da intendersi quale intreccio di piu' condotte, facenti capo a piu' soggetti, che dovranno si' valutarsi isolatamente ma sempre quali parti integranti di un medesimo disegno criminoso, rappresentato e voluto, con intensita' differenti, da tutti i correi". Come accennato, la sentenza ritiene, su solide basi, acclarata la consapevolezza in capo ad (OMISSIS), che (OMISSIS) fosse sequestrato da (OMISSIS) e dagli altri complici e che in tale veste fosse sottoposto a violenze fisiche. Nel ricorso, foss'anche a livello ipotetico, si ammette peraltro che " (OMISSIS) percuote da solo (OMISSIS) e con l'uso delle mani lo fa sanguinare in volto ma non vi e' alcun concorso nella frattura delle costole". La concessione dell'imputato all'ipotesi accusatoria non tiene pero' in adeguata considerazione la natura non episodica del pestaggio, al contrario parte di un'aggressione fisica posta in essere - talvolta simultaneamente e talaltra alternativamente - da piu' persone (gli odierni imputati, altri soggetti giudicati separatamente ed altri ancora non identificati), in un arco di tempo pari quasi a un'intera giornata. Nota in proposito la sentenza di secondo grado, dopo avere rilevato come "parte integrante dell'azione complessiva e' la condotta di lesioni, posta in essere a piu' riprese e confermata da tutti gli imputati": "infondata, a tal proposito, l'eccezione sollevata dalla difesa (OMISSIS) e relativa all'impossibilita' di ricondurre le lesioni riscontrate alla sua azione, in quanto l'offesa in danno di (OMISSIS), in base a quanto ricostruito, ha invero raggiunto il suo culmine in termini di violenza proprio nell'appartamento dell' (OMISSIS), poiche' questo ha dato avvio all'aggressione fisica nel momento in cui la vittima era ancora sulla soglia della porta di ingresso e le ha cagionato diverse ferite, provocandole anche perdite di sangue". La conclusione dei giudici di merito e' coerente con il consolidato orientamento di legittimita', a mente del quale l'aggressione fisica collettiva, caratterizzata dalla reciproca consapevolezza della convergente, ancorche' non simultanea, condotta dei correi, comporta che ciascuno di essi risponde del complesso delle lesioni riportate dalla vittima e, dunque, anche di quelle non causate in via diretta dall'azione materialmente posta in essere dal singolo (Sez. 5, n. 35274 del 14/07/2022, Taietti, Rv. 283648; cfr. anche Sez. 2, n. 51174 del 01/10/2019, Luca', Rv. 278012, secondo cui, dovendosi valorizzare la struttura unitaria del reato concorsuale, allorche' si realizza la combinazione di diverse volonta' finalizzate alla produzione dello stesso evento, ciascun compartecipe e' chiamato a rispondere sia degli atti compiuti personalmente, sia di quelli compiuti dai correi nei limiti della concordata impresa criminosa per cui, quando l'attivita' del compartecipe si sia estrinsecata e inserita con efficienza causale nel determinismo produttivo dell'evento, fondendosi indissolubilmente con quella degli altri, l'evento verificatosi e' da considerare come l'effetto dell'azione combinata di tutti i concorrenti, anche di quelli che non hanno posto in essere l'azione tipica del reato). 3.3. Per quanto attiene alle doglianze sul punto avanzate dal difensore di (OMISSIS), limitatamente al solo delitto di sequestro, possono ulteriormente evidenziarsi i passaggi motivazionali della sentenza impugnata che condivisibilmente affermano che, pur se inizialmente chiamato da (OMISSIS) solo per terrorizzare (OMISSIS), l'imputato prese subito contezza della restrizione in atto della liberta' della persona offesa e non esito' a infondere prima sicurezza ad (OMISSIS) e terrore a (OMISSIS), entrando anch'egli nell'abitacolo della vettura con vistose armi improprie, prestandosi poi a malmenare con brutalita' il sequestrato, e trattenendosi in seguito, dopo questo chiarissimo biglietto da visita, per diverse ore in (OMISSIS) in compagnia di (OMISSIS), (OMISSIS) e degli altri co'rrei intervenuti sul posto, pur avendo la costante possibilita' di allontanarsi dopo avere compiuto il pestaggio per cui era stato chiamato. E' appena il caso di notare - seguendo le argomentazioni sul punto della sentenza impugnata - come una presenza prolungata, con partecipazione attiva alle intimidazioni che impediscono alla persona offesa anche solo di pensare di darsi alla fuga senza piu' gravi conseguenze, costituisca un rilevante e consapevole contributo causale alla commissione del delitto in questione e non un'evoluzione, prevedibile ma non voluta, dell'iniziale aggressione fisica. La responsabilita' del compartecipe per concorso anomalo postula che il fatto piu' grave rispetto a quello concordato sia materialmente commesso da un altro concorrente. Nel caso di specie, in cui il sequestro era gia' in essere, e in maniera facilmente percepibile per il ricorrente, al momento del suo primo contatto con (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) ha previsto e accettato (non gia' i'l solo rischio, ma esattamente) la commissione del delitto in fase di esecuzione, a titolo di dolo diretto e non eventuale. Risulta dunque corretta anche la riqualificazione della fattispecie concorsuale ai sensi dell'articolo 110 c.p. piuttosto che del successivo articolo 116. 4. Il ricorrente (OMISSIS) si duole che - a fronte di una diminuzione per le due attenuanti ai sensi dell'articolo 62 c.p., n. 2, e articolo 62-bis c.p., riconosciute prevalenti, operata dal primo Giudice (pena base per il piu' grave reato di sequestro di persona a scopo di estorsione: venticinque anni di reclusione; diminuita a sedici anni per le circostanze attenuanti generiche; ulteriormente diminuita a dodici anni per la provocazione) - il computo operato in secondo grado, all'esito della riqualificazione del reato (pena base per il piu' grave reato di sequestro di persona: cinque anni di reclusione; diminuita a quattro anni per le circostanze attenuanti generiche; ulteriormente diminuita a tre anni per la provocazione), sarebbe stato illegittimamente deteriore per l'imputato, non essendo mantenuta la medesima percentuale di un terzo della pena da ridurre. Si lamenta pertanto violazione dell'articolo 597 c.p.p., comma 3, nonche' l'omessa motivazione sul punto. Il motivo e' manifestamente infondato. E' infatti pacifico che, nel giudizio di appello senza impugnazione del Pubblico ministero, il divieto di "irrogare una pena piu' grave per specie o quantita'" non riguarda soltanto l'esito finale del meccanismo normativo di quantificazione, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione, di modo che occorre procedere ad un raffronto tra tutte le diverse componenti sanzionatorie. Al contrario di quanto suggerito implicitamente nel motivo di ricorso, pero', la preclusione per il giudice di appello a non rivedere in termini peggiorativi il trattamento sanzionatorio non riguarda il rapporto proporzionale con la pena base (purche' si rispetti il limite di legge; non oltre un terzo, nel caso di specie), ma l'entita' concreta di ciascun aumento o diminuzione determinato per ciascun singolo segmento che incide sulla dosimetria della pena. In presenza di una riconsiderazione complessivamente (assai) favorevole del trattamento sanzionatorio in ogni sua singola componente, non si riscontra alcuna violazione del divieto di reformatio in peius. In ipotesi di riqualificazione del fatto in un'altra meno grave fattispecie, il giudice di secondo grado non sarebbe comunque tenuto ad individuare neppure una pena base di misura inferiore a quella del primo giudice, purche' venga irrogata in concreto una sanzione finale non superiore a quella inflitta in precedenza (Sez. 5, n. 15130 del 03/03/2020, Diop, Rv. 279086-02, secondo cui non integra una violazione del divieto di trattamento deteriore, la riqualificazione del fatto accompagnata dall'applicazione delle circostanze attenuanti generiche in misura inferiore a quanto statuito in primo grado, fermo restando l'obbligo di irrogare in concreto una sanzione finale non superiore a quella in precedenza inflitta). 5. Il ricorrente (OMISSIS) censura l'omessa motivazione in relazione ai dieci mesi di reclusione computati a titolo di aumento, ai sensi dell'articolo 81 c.p., comma 2, per il delitto di lesioni aggravate. Non e' in dubbio l'obbligo per il giudice di argomentare, quanto alle modalita' di determinazione della pena complessiva, anche in merito all'aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269, che sottolinea come il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena sia correlato all'entita' degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall'articolo 81 c.p. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene; cfr. anche Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, Spampinato, Rv. 284005, secondo cui il giudice di merito, nel calcolare l'incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non e' tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entita', essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall'articolo 132 c.p.). Nondimeno un simile percorso motivazionale non puo' affatto dirsi mancante nella decisione impugnata. Anche tenendo conto della pena edittale prevista dall'articolo 583 c.p., comma 1, (da tre a sette anni di reclusione), l'aumento apportato per la continuazione risulta in primo luogo sostanzialmente contenuto e comunque non particolarmente rilevante, con quanto ne consegue in termini di adeguata ampiezza della giustificazione in parte motiva. Soprattutto, la sentenza della Corte di assise di appello da' preliminarmente conto "della sussistenza del vincolo della continuazione tra i reati, vista l'eterogeneita', delle violazioni, la contiguita' spazio-temporale e le modalita' delle singole condotte, (nonche') in una prospettiva di proporzionalita' del trattamento sanzionatorio, delle aggravanti contestate e delle attenuanti riconosciute in primo grado" (p. 43), oltre a descrivere in un passaggio precedente la brutalita' del pestaggio prolungato, richiamando i certificati medici che dissipano ogni dubbio sulla violenza delle aggressioni, la deposizione dell'operante che attesta la presenza di traumi inferti a colpi di martello, la ripetuta perdita di sangue in conseguenza dei colpi (p. 32). In conclusione, l'illustrazione offerta dalla Corte di merito quanto al calcolo dell'aumento, calata nel caso concreto, appare assolutamente congrua e funzionale ad esplicitare il rispetto del rapporto di proporzione tra le sanzioni irrogate per i vari illeciti accertati, anche con riferimento ai limiti previsti dalla legge al fine di evitare un surrettizio cumulo materiale di pene. 6. Tutti e tre i ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili. In considerazione di tale declaratoria, ciascun ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., deve essere condannato al pagamento delle spese processuali, nonche', di una somma in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, da liquidarsi - valutati i profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilita' emergenti dal ricorso (Corte Cost., sent. 13 giugno 2000, n. 186) - nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Vallo della Lucania, Sezione Civile, in persona della dott.ssa Elvira Bellantoni e in funzione di giudice monocratico, dà lettura alla pubblica udienza del 27.4.2023 della seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n.805 del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell'anno 2016, avente ad oggetto: Appello al giudice di pace, vertente TRA (...) (C.F. (...) ) elettivamente domiciliata in Agropoli via (...), presso il suo studio dell'Avv. Gi.Gu. dal quale è rappresentata e difesa giusta procura in atti; APPELLANTE E COMUNE DI AGROPOLI con Sede Legale in Agropoli (SA), alla Piazza (...), in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. Gi.La., presso il cui studio elettivamente domiciliato in Vallo della Lucania alla Via (...); APPELLATO FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato il 9.5.2016, ritualmente notificato, (...) proponeva appello avverso la sentenza n. 861/2015, con cui il Giudice di Pace di Agropoli rigettava l'opposizione da lei promossa avverso i seguenti verbali di accertamento: 1) n. (...) del 8.9.2014 notificato in data 23.11.2014; 2) n.(...) del 9.10.2014 e notificato il 15.12.2014; 3) n. (...) del 10.9.2014 e notificato il 25.11.2014; 4) n. (...) del 15.9.2014 e notificato il 25.11.2014, tutti elevati dal Comando di Polizia Municipale del Comune di Agropoli. In primo grado la signora (...) deduceva l'illegittimità dell'accertamento per i seguenti motivi: 1) irregolarità del contratto stipulato con la ditta appaltatrice dell'apparecchio, nel quale era previsto un canone variabile ed inversamente proporzionale all'effettivo pagamento delle multe elevate; 2) assenza di taratura dell'apparecchio; 3) mancato corretto funzionamento dell'apparecchio; 4) assenza di idonea segnaletica al fine di consentire la corretta visibilità dell'apparecchio, in ottemperanza all'art. 4, co. I, L. n. 168 del 2002; 5) difetto di motivazione in ordine alle ragioni che avevano reso impossibile la contestazione immediata dell'illecito, in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 201 C.d.S. Parte opposta rimaneva contumace, nonostante la regolare notificazione del ricorso. Il giudizio si concludeva con sentenza n. 861/2015 con la quale il Giudice di Pace di Agropoli rigettava integralmente l'opposizione. Avverso suddetto provvedimento (...) proponeva appello per i seguenti motivi: 1) difetto di prova in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dell'illecito contestato, stante la contumacia del Comune di Agropoli; 2) omessa pronuncia del giudice di prime cure circa l'illegittimità dell'attività di accertamento compiuta grazie alla strumentazione elettronica noleggiata dall'Ente presso privati con la previsione di un canone variabile e 3) mancanza di visibilità dell'apparecchio, del rispetto delle prescrizione dettate dall'autorizzazione provinciale e della taratura periodica. Il Comune di Agropoli si costituiva in giudizio e concludeva per il rigetto della domanda con vittoria di spese. Il Tribunale fissava per la discussione orale della causa l'udienza del 27/4/2023. La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che "nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, grava sull'amministrazione opponente l'onere di provare gli elementi costitutivi dell'illecito, ma la sua inerzia processuale non determina l'automatico accertamento dell'infondatezza della trasgressione, in quanto il giudice, chiamato alla ricostruzione dell'intero rapporto sanzionatorio e non soltanto alla valutazione di legittimità del provvedimento irrogativo della sanzione, può sopperirvi sia valutando i documenti già acquisiti sia disponendo d'ufficio, ai sensi dell'art. 23, sesto comma, della L. 24 novembre 1981, n. 689, "ratione temporis" applicabile, i mezzi di prova ritenuti necessari" (cfr. Cass. civ. n.n. 4898/2015 e 24691/2018). Ne consegue che la contumacia in primo grado del Comune di Agropoli, contrariamente a quanto assunto dalla difesa dell'appellante, non poteva condurre all'automatico accoglimento della domanda e che occorre indagare se il giudice ha correttamente operato nel valutare gli elementi probatori acquisiti. L'appellante lamentava, innanzitutto, la mancata pronuncia del giudice in ordine alla violazione dell'art. 61 della L. n. 120 del 29 luglio 2010 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), secondo cui: "Agli enti locali è consentita l'attività di accertamento strumentale delle violazioni al D.Lgs. n. 285 del 1992 soltanto mediante strumenti di loro proprietà o da essi acquisiti con contratto di locazione finanziaria o di noleggio a canone fisso da utilizzare ai fini dell'accertamento delle violazioni" ed evidenziava che il Comune di Agropoli, in dispregio del suddetto assunto normativo, aveva provveduto all'accertamento strumentale delle violazioni al D.Lgs. n. 285 del 1992 con l'ausilio di apparecchiature elettroniche noleggiate previo riconoscimento di un canone variabile ed inversamente proporzionale all'effettivo pagamento delle multe elevate. Aggiungeva che l'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), con il Provv. n. 12 del 4354 prot. n. (...) del 5.10.2015aveva ritenuto illegittima la procedura di affidamento adottata dal Comune di Agropoli. Coglie nel segno la difesa dell'appellante quando lamenta la nullità sul punto della sentenza per assoluta insufficienza e/o inesistenza di motivazione. La motivazione è meramente apparente quando contiene un rinvio agli atti del giudizio senza riproduzione delle parti idonee a giustificare la valutazione espressa e la sentenza è nulla - sotto il profilo sia formale che sostanziale - per mancanza del requisito di cui all'art. 132, comma 1, n. 4), c.p.c., quando la motivazione consista nel dichiarare sufficienti tanto i motivi esposti nell'atto che ha veicolato la domanda accolta, quanto non meglio individuati documenti ed atti ad essa allegati senza riprodurne le parti idonee a giustificare la valutazione espressa, né indicare la ragione giuridica o fattuale che, come emergente dall'oggetto del rinvio, il giudice abbia ritenuto di condividere ( cfr. ex multis Cass. civ. nn. 27112/2018, 7402/2017, 14762/2019). La parziale nullità della sentenza impugnata non comporta la regressione del giudizio: il vizio di nullità della sentenza di primo grado per mancanza di motivazione non rientra fra quelli, tassativamente indicati, che ai sensi dell'art. 354 cod. proc. civ., comportano la rimessione della causa al primo giudice, cosicchè il giudice del gravame, ove lo ritenga sussistente, deve porvi rimedio pronunciando nel merito della domanda, senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione, che è privo di rilevanza costituzionale( cfr. Cass. civ. n. 13733/2014). Ciò posto, la doglianza appare infondata. La circostanza che l'Anac abbia contestato per la violazione delle regole sulla concorrenza, le modalità di affidamento del servizio non può riverberare alcuna conseguenza sulla legittimità degli accertamenti effettuati e parte appellante non provvedeva neanche al deposito del contratto del cui contenuto si discute. Quanto agli ulteriori motivi di appello giova ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che "nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa, il verbale di accertamento dell'infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante né ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche" ( cfr. Cass. civ. n. 23800/2014 e Cass. civ. n. 29850/2021). Il contenuto del verbale è contestabile, tanto ove ne sia dedotta l'alterazione, pur involontaria o dovuta a cause accidentali, quanto nel caso in cui si lamentino errori od omissioni di natura percettiva da parte del medesimo pubblico ufficiale, con la proposizione, nel giudizio di opposizione, della querela di falso. Tanto premesso, corretta appare la decisione assunta dal primo giudice sulla base del valore probatorio privilegiato proprio del verbale di accertamento impugnato col quale gli agenti intervenuti rilevavano la violazione del limite di velocità, la corretta installazione dell'apparecchio e il funzionamento dello stesso. La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato con argomentazioni pienamente condivisibili che in tema di sanzioni amministrative conseguenti alla violazione dei limiti di velocità previsti dall'art. 142 del codice della strada, il legislatore non ha previsto alcuna decadenza dell'omologazione rilasciata per l'apparecchiatura di controllo automatico in dotazione alle Forze di polizia (cosiddetto "autovelox"), sicché, nel giudizio di opposizione la P.A. non ha alcun onere probatorio relativo alla perdurante funzionalità della menzionata apparecchiatura ( cfr. ex multis Cass. civ. n. 21267/2014), che l'efficacia probatoria dello strumento rivelatore del superamento di tali limiti ("autovelox"), che sia omologato e sottoposto a verifiche periodiche, opera fino a quando sia accertato, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall'opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo elettronico e che, peraltro, in presenza del certificato di taratura rilasciato da soggetto abilitato, non è consentito al giudice di merito sindacare le modalità con le quali tale taratura è stata effettuata ( cfr. Cass. civ. n. 18354/2018). Il verbale non ha fede privilegiata unicamente quanto all'esistenza dell'autorizzazione dell'Ente proprietario della strada. Osserva il Tribunale che "gli organi di polizia municipale, nel territorio di competenza, sono abilitati a compiere legittimamente la loro attività di accertamento istituzionale nell'ambito dell'espletamento dei servizi di polizia stradale, senza che abbia rilievo la circostanza relativa alla tipologia della strada che attraversa lo stesso, e quindi ben possono effettuare accertamenti e contestazioni di violazioni di norme del codice della strada anche quando il tracciato su cui si verifica l'infrazione sia una strada statale al di fuori del centro abitato" (cfr. Cass. civ. n. 19755/2011). Le spese seguiranno la soccombenza e saranno liquidate come da dispositivo, con distrazione al procuratore dichiaratosi antistatario. Parte appellante è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall'art. 1 comma 17 della L. n. 228 del 24 dicembre 2012, e destinato a trovare applicazione ai procedimenti introdotti in data successiva al 28 dicembre 2012, secondo cui quando l'impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, è dovuto un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. P.Q.M. Il Tribunale di Vallo della Lucania, Sezione Civile, in persona del Presidente dott.ssa Elvira Bellantoni, definitivamente pronunciando in ordine alla domanda proposta con atto del 9.5.2016 da (...) nei confronti di Comune di Agropoli, ogni avversa istanza, deduzione ed eccezione reietta, così provvede: 1)rigetta l'appello e per l'effetto conferma la sentenza n.861/2015 del giudice di pace di Agropoli; 2) condanna (...) Comune di Agropoli alla rifusione delle spese processuali in favore dell'appellante, che si liquidano in complessivi Euro 600,00, oltre rimborso forfetario, IVA e quanto altro dovuto per legge, con attribuzione al procuratore dichiaratosi antistatario; 3) dichiara che ricorrono i presupposti per l'applicazione dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002. Così deciso in Vallo Della Lucania il 27 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere Dott. CENCI Daniele - Consigliere Dott. D'ANDREA Alessandro - Consigliere Dott. PAVICH Giuseppe - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 12/04/2022 della CORTE APPELLO di ANCONA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PAVICH GIUSEPPE; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa ODELLO LUCIA, che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' del ricorso. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. (OMISSIS), per il tramite del suo difensore di fiducia, ricorre avverso la sentenza con la quale, in data 12 aprile 2022, la Corte d'appello di Ancona ha confermato la condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Macerata per il reato p. e p. dall'articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera B, commi 2-bis e 2-sexies (guida in stato d'ebbrezza aggravata dall'aver provocato un incidente e dall'orario notturno), contestato come commesso il (OMISSIS). Due i motivi di doglianza. 1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di norme processuali perche', sebbene fossero emersi in sede istruttoria elementi in base ai quali risultava che l'avviso della facolta' di farsi assistere da un difensore di fiducia fosse stato dato dagli agenti operanti tra la prima e la seconda prova effettuata a mezzo alcoltest, la Corte di merito ha invece ritenuto attendibile quanto riferito dagli agenti accertatori sentiti in qualita' di testimoni, i quali hanno sostenuto che l'avviso fosse stato dato in via preliminare, spiegando la loro asserzione - fra l'altro - con il convincimento che derivava loro dal fatto che si trattava di una prassi costantemente seguita, fatto certamente inidoneo sul piano probatorio e peraltro contraddetto dalle imprecisioni narrative di uno dei due testi operanti; per converso la Corte di merito non ha ritenuto attendibili le dichiarazioni della teste (OMISSIS), madre dell'imputato e presente in loco al momento dell'accertamento, che ha riferito che l'avviso fu dato solo all'esito della prima prova: dichiarazioni peraltro riscontrate dalla C.N.R. secondo cui il (OMISSIS) era stato informato della facolta' di farsi assistere da un difensore di fiducia durante le due prove con l'alcoltest. Ne deriva che l'avviso deve ritenersi dato in un momento successivo all'accertamento, con conseguente nullita' del risultato di quest'ultimo, come stabilito dalle Sezioni Unite della Corte. 1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato raggiungimento della prova circa il buon funzionamento dell'alcoltest, prova che incombeva all'accusa fornire (come stabilito dalla sentenza n. 113/2015 della Corte Costituzionale in materia di autovelox e come ribadito dalla successiva giurisprudenza di legittimita' in materia di etilometro) e che nella specie non e' stata fornita, non essendovi i necessari elementi nel verbale di accertamento e non essendo state rese dichiarazioni utili dai testi operanti. 2. Il primo motivo di ricorso e' infondato. Il motivo in esame risulta invero proposto per violazione di legge processuale, ma in realta' esso aggredisce il percorso argomentativo della sentenza impugnata, laddove la prova che l'avviso di cui all'articolo 114 disp. att. c.p.p. era stato dato al (OMISSIS) prima di procedere alla misurazione, sebbene contestata dal ricorrente, era stata comunque fornita dai due operanti nelle loro dichiarazioni testimoniali; ed e' noto che, secondo l'ormai pacifico indirizzo adottato dalla giurisprudenza di legittimita', in tema di guida in stato di ebbrezza, la prova dell'avvenuto adempimento dell'obbligo di dare avviso alla persona sottoposta ad esame alcolimetrico della facolta' di farsi assistere da difensore di fiducia, ove non risultante dal verbale, puo' essere data mediante la deposizione dell'agente operante, spettando al giudice valutare, fornendone rigorosa motivazione, la precisione e completezza della testimonianza, le ragioni della mancata verbalizzazione dell'avviso e la tempestivita' dell'avvertimento (Sez. 4, Sentenza n. 35844 del 18/06/2021, Tommasini, Rv. 281976; Sez. 4, Sentenza n. 18349 del 29/04/2021, Piva, Rv. 281169). In proposito, dunque, non puo' parlarsi di violazione di legge processuale (come ha fatto il ricorrente), mentre doveva piu' specificamente formare oggetto di censure, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la motivazione resa dalla Corte di merito: motivazione che la Corte di merito ha comunque fornito in termini non manifestamente illogici o contraddittori, esaminando i contenuti delle dichiarazioni dei due testi operanti, nonche' enunciando le ragioni per le quali essi sono stati ritenuti attendibili e quelle in base alle quali si e' ritenuta non altrettanto attendibile la deposizione della teste (OMISSIS). 3. Il secondo motivo e' a sua volta infondato: l'orientamento piu' recente e ormai prevalente della giurisprudenza di legittimita', che recupera quello adottato in epoca piu' risalente, e' nel senso di ritenere che l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilita' di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura - con la conseguenza che e' onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualita' dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro (vds. Sez. 4, Sentenza n. 11679 del 15/12/2020 - dep. 2021, Ibnezzayer, Rv. 280958; Sez. 4, Sentenza n. 7285 del 09/12/2020 - dep. 202, Demma, Rv. 280937; Sez. 4, Sentenza n. 28887 del 11/06/2019, Cardinali, Rv. 276570). Ma anche in altro e diverso orientamento (Sez. 4, 12 dicembre 2019, Santini), pur riaffermandosi che l'onere della prova del buon funzionamento dell'apparecchio incombe sull'accusa, tale onere e' stato tuttavia subordinato all'assolvimento, da parte della difesa, di un onere di allegazione, costituito dalla contestazione del buon funzionamento; nella sentenza di che trattasi, si e' fra l'altro cercato di approfondire quanto effettivamente affermato dalla sentenza C. Cost. n. 113/2015 (con riferimento all'autovelox) e si e' chiarito che la Corte Costituzionale, in detta pronunzia, ha unicamente considerato distonico rispetto al principio di ragionevolezza non gia' il criterio dell'inversione dell'onus probandi, ma il principio dell'affidamento del cittadino nel regolare funzionamento degli strumenti di controllo: infatti, contrariamente a quanto stabilito dall'articolo 379 reg. C.d.S., per l'autovelox l'articolo 142 C.d.S. non prevede la sottoposizione a verifiche periodiche di funzionalita' e di taratura. 4. Poiche', pero', il reato risulta accertato il 13 marzo 2017 e il ricorso, sebbene infondato, non puo' tuttavia dirsi inammissibile, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perche' il reato e' estinto per prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche' il reato e' estinto per prescrizione. Sentenza a motivazione semplificata.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FERRANTI Donatella - Presidente Dott. BELLINI Ugo - Consigliere Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere Dott. BRUNO Mariarosari - rel. Consigliere Dott. RICCI Anna Luisa Angel - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 20/09/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa BRUNO MARIAROSARIA. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 20/9/2021, la Corte di appello di Napoli, nel confermare la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di S.M. Capua Vetere a carico di (OMISSIS) per il reato di cui all'articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera b) e comma 2-sexies, ha rideterminato la pena inflitta all'imputato in quella di mesi due di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda, sostituita con il lavoro di pubblica utilita'. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, articolando i seguenti motivi di ricorso. 1) Omessa ovvero apparente motivazione. La disomogeneita' e la peculiarita' dei risultati di prova dell'alcoltest, riconosciuti dagli stessi giudici di merito, avrebbero dovuto indurre ad un diverso esito del giudizio. Vertendosi in una vicenda in cui la prova e' fondata sull'analisi degli accertamenti di tipo tecnico, la difesa aveva richiamato l'attenzione del decidente sulle gravi discrasie ricavabili dalle due misurazioni (1,56 g/l al primo accertamento delle ore 2,34 e 1,72 al secondo accertamento delle ore 2,46). La critica non era limitata solo a questo profilo, ma era supportata dalla documentazione scientifica prodotta e dai risultati delle analisi a cui l'imputato si era sottoposto a brevissima distanza dal fatto, che avevano dato esito negativo. L'irragionevolezza delle argomentazioni addotte in primo grado dal Tribunale per addivenire alla pronuncia di condanna erano evidenti. Il Tribunale, pur avendo condiviso le argomentazioni difensive circa l'errore materiale compiuto dagli agenti accertatori, consistito nell'aver proceduto al secondo controllo in un tempo inferiore ad almeno 20 minuti e, pur avendo preso atto della incongruenza del risultato dell'alcoltest, affermando che l'accertamento tecnico palesava "ragionevoli dubbi", ha poi ritenuto la penale responsabilita' dell'imputato, basando il suo convincimento sugli esiti dell'alcoltest, sebbene questi fossero inattendibili. Ha inoltre preso atto dell'esito negativo degli esami effettuati dall'imputato a distanza di poche ore dal fatto e dell'assenza di qualsivoglia sintomo o comportamento rivelatore di uno stato di ubriachezza. La Corte di merito nella prima parte della motivazione elude completamente le censure difensive incentrate su tali aspetti, ignorando il rilievo sull'inattendibilita' dell'etilometro utilizzato e limitandosi a ribadire il fatto che il tasso alcolemico fosse risultato superiore alla soglia di 0,8 g/l in entrambi le misurazioni. Il motivo di appello, lungi dal criticare sic et simpliciter la generica inaffidabilita' dell'etilometro impiegato dagli agenti, aveva sottolineato come tale come tale affermazione provenisse dallo stesso Tribunale e, pertanto, aveva focalizzato la propria doglianza sull'illogicita' e contraddittorieta' del percorso motivazionale seguito dal primo giudice. 2) Omessa applicazione della causa di non punibilita' ex articolo 131 c.p.. Plurime pronunce della Corte di cassazione hanno riconosciuto la possibilita' che sia applicata la speciale causa di non punibilita' anche in sede di legittimita' nonostante l'assenza di una specifica deduzione nei precedenti gradi di merito ove le condizioni previste dalla norma siano rilevabili senza necessita' di ulteriori accertamenti. Alla stregua della ricostruzione fattuale operata dai giudici del gravame, l'imputato e' stato sottoposto a controllo da una pattuglia di polizia che stava effettuando un normale servizio ispettivo in prossimita' del luogo in cui e' stato fermato il ricorrente. Come detto nel motivo che precede, il tasso alcolemico rilevato dalla strumentazione, con le modalita' operative impiegate, era tale da dover essere ancorato al di sotto del limite di 1,5 g/l e gli operanti non rilevavano comportamenti o sintomi rivelatori di uno stato di alterazione, eccezion fatta per il generico riferimento all'alito vinoso. Infine, come riconosciuto dalla pronuncia di appello, la Corte ribadiva come l'imputato fosse soggetto totalmente incensurato. Tali elementi descrittivi inducono a ritenere che la condotta fosse connotata da un esiguo disvalore. 3) Erronea applicazione dell'articolo 442 c.p.p., comma 2; illogicita' della motivazione in ordine alla concreta determinazione della pena finale. La sentenza impugnata mostra il fianco ad una ulteriore censura in tema di concreta determinazione della pena finale. La Corte di merito, infatti, dopo aver riconosciuto gli errori in cui era incorso il Tribunale, sia con riguardo all'erroneo aumento della pena detentiva in seguito all'applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 186 C.d.S., comma 2-sexies (il cui riconoscimento implica l'aumento della sola pena pecuniaria), sia in ordine alla mancata applicazione del disposto di cui all'articolo 442 c.p.p., comma 2, (che prevede, nell'ipotesi di celebrazione del rito abbreviato avente ad oggetto un reato contravvenzionale, di operare la riduzione della meta' della pena concretamente irrogata), riconosciute le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata aggravante, ha individuato la pena base in mesi 4 di arresto ed Euro 3.000,00 di ammenda, ridotti per il rito a mesi 2 di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda. Tuttavia il giudice di prime cure aveva individuato la pena base in mesi 4 di arresto ed Euro 2000,00 di ammenda. Tale circostanza rivelerebbe l'indebito aumento della pena base dell'ammenda, elevata da Euro 2.000,00 ad Euro 3.000,00. 3. Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso; la difesa ha depositato memoria difensiva nella quale, replicando alle conclusioni del Procuratore e richiamando i motivi di ricorso, ha insistito nel richiedere il loro accoglimento. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' fondato limitatamente alla determinazione della pena, su cui questa Corte puo' intervenire direttamente, non essendo necessari ulteriori accertamenti (articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l)). 2. Quanto al primo motivo di ricorso si osserva quanto segue. La motivazione offerta dalla Corte territoriale, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, non risulta meritevole di essere censurata. La sentenza, invero, offre adeguata risposta a tutte le deduzioni difensive e risulta immune dai vizi logici prospettati dal ricorrente. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di guida in stato di ebbrezza, e' valida la rilevazione del tasso alcolemico effettuata mediante l'alcoltest anche nel caso in cui la prima prova spirometrica abbia dato un risultato inferiore alla seconda, dovendosi escludere che la curva di assorbimento dell'alcol nell'organismo abbia uno sviluppo decrescente (cosi' Sez. 4, n. 20545 del 19/02/2016, Rv. 266842, dove in motivazione si precisa che la percentuale di alcol nell'organismo, nel tempo successivo all'assunzione, varia, secondo una curva di assorbimento, che non ha affatto sviluppo decrescente). Infatti, si e' piu' volte affermato come le tempistiche di assorbimento e di smaltimento delle sostanze alcoliche ingerite non costituiscano dati determinabili in astratto e validi per la generalita' dei casi, ma, posto un andamento generale basato sulla "curva di Widmark" - secondo cui la concentrazione di alcol, in andamento crescente tra i 20 ed i 60 minuti dall'assunzione, assume un andamento decrescente dopo aver raggiunto il picco massimo di assorbimento in detto intervallo di tempo - variano da soggetto a soggetto, dipendendo da numerosi fattori che sfuggono alla possibilita' di astratta previsione (cfr. le motivazioni delle seguenti decisioni, non massimate: Sez. 4, n. 3862 del 10/11/2017, dep. 2018, Cavallini; Sez. 4, n. 45211 del 13/09/2018, Tomadini; Sez. 4, n. 38382 del 21/05/2019; Sez. 4, n. 39725 del 06/06/2019). Quindi, il fatto che le due prove abbiano avuto l'andamento rilevato non rappresenta un'anomalia sintomatica del malfunzionamento del test. La Corte ha poi correttamente evidenziato che il personale di polizia, all'atto del controllo, avvertiva l'alito vinoso del ricorrente. Il fatto che il Tribunale abbia ritenuto di applicare una riduzione dell'8% rispetto al valore risultante dalla misurazione dell'alcoltest non significa che abbia dubitato del corretto funzionamento dell'apparecchiatura; ne' la difesa adduce concreti elementi dai quali possa desumersi tale circostanza. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato in plurime pronunce che solo la dicitura dell'errore nello scontrino della rilevazione e' indicativa del funzionamento difettoso. In proposito, si veda la recente sentenza di questa sezione (Sez. 4, n. 6636 del 19/01/2017 Rv. 269061) in cui si e' affermato che e' configurabile il reato di guida in stato di ebbrezza anche quando lo scontrino dell'alcoltest, oltre a riportare l'indicazione del tasso alcolemico in misura superiore alle previste soglie di punibilita', contenga la dicitura "volume insufficiente", qualora l'apparecchio non segnali espressamente l'avvenuto errore (In motivazione, la Corte ha precisato che tale principio e' evincibile dall'esame della disciplina relativa al funzionamento degli strumenti di misura della concentrazione di alcool nel sangue, inserita nell'allegato al Decreto Ministeriale 22 maggio 1990, n. 196, laddove e' precisato che, qualora l'apparato non dia un inequivocabile messaggio di errore, la misurazione deve ritenersi correttamente effettuata, anche nell'ipotesi in cui compaia un "messaggio di servizio" teso ad evidenziare che l'espirazione e' stata effettuata con ridotto volume di aria). Nel caso in esame non vi e' stato alcun messaggio di errore e non e' stata fornita alcuna allegazione del cattivo funzionamento dell'apparecchiatura, a fronte del significativo elemento notato dai verbalizzanti riguardante l'alito vinoso. Si aggiunge, per completezza argomentativa, che, secondo orientamento consolidato di questa Corte, in tema di contestazioni aventi ad oggetto il regolare funzionamento dell'etilometro, allorquando (âEuroËœalcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento (Sez. 4, n. 28887 del 11/06/2019, Rv. 276570 - 01). Si e' in proposito affermato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 379, commi 6, 7 e 8, si limita ad indicare le verifiche alle quali gli etilometri devono essere sottoposti per poter essere omologati ed adoperati, ma non prevede nessun divieto la cui violazione determini espressamente l'inutilizzabilita' delle prove acquisite (Sez. 4, n. 17463 del 24/03/2011, Rv. 250324-01). In tempi piu' recenti, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 113 del 29 aprile 2015, che ha dichiarato la parziale illegittimita' del Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 45, comma 6, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocita' (c.d. autovelox) fossero sottoposte a verifiche periodiche di funzionalita' e di taratura, e dell'ordinanza della Sesta Sezione civile di questa Corte, n. 1921 del 24/01/2019, Rv. 652384, che ha esteso all'etilometro il medesimo principio (sostenendo che, in tema di violazione al codice della strada, il verbale dell'accertamento effettuato mediante etilometro deve contenere, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata, l'attestazione della verifica che l'apparecchiatura sia stata preventivamente sottoposta alla prescritta ed aggiornata omologazione ed alla indispensabile corretta calibratura, gravando tale onere, nel giudizio di opposizione, sulla P.A.), si e' registrato un superamento del tradizionale orientamento (cfr. Sez. 4, n. 38618 del 06/06/2019, Rv. 277189 - 01, cosi' massimata: "In tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l'alcoltest risulti positivo costituisce onere del pubblico ministero fornire la prova del regolare funzionamento dell'etilometro, della sua omologazione e della sua sottoposizione a revisione"). Tuttavia, come ancora piu' di recente si e' rilevato, occorre coordinare l'onere probatorio con quello di allegazione (si veda in motivazione Sez. 4 n. 3201 del 12/12/2019 ud. - dep. 27/01/2020, Rv. 278032 - 01). Tale coordinamento comporta che, sebbene sia posta a carico del P.M. la dimostrazione degli elementi costitutivi dell'illecito contestato, sull'imputato grava necessariamente un onere di allegazione ai fini della contestazione della sussistenza di tali fatti costitutivi (cfr. Sez. 4 n. 26314/20 del 15/9/2020 n. m.; piu' di recente si veda Sez. 4, n. 46841 del 17/12/2021, Rv. 282659 - 01 cosi' massimata: "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilita' di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura - con la conseguenza che e' onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualita' dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro). Quanto al tempo trascorso tra le due misurazione, e' d'uopo rilevare come la giurisprudenza di questa Core abbia precisato che l'intervallo di cinque minuti tra le due rilevazioni, come previsto dall'articolo 379 reg. C.d.S., deve essere interpretato come intervallo minimo volto a monitorare la curva alcolemica (Sez. 4, n. 24386 del 27/04/2018, Valinotto, Rv. 273729), avente lo scopo di evitare misurazioni troppo ravvicinate. 3. In ordine all'applicazione dell'istituto di cui all'articolo 131-bis c.p., e' d'uopo rilevare come la richiesta non sia stata avanzata nei gradi di merito. L'orientamento consolidatosi in materia prevede il riconoscimento anche in sede di legittimita' purche' la richiesta sia stata dedotta in appello (Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020, Rv. 280118 - 02: "La causa di esclusione della punibilita' per particolare tenuita' del fatto, prevista dall'articolo 131-bis c.p., puo' essere ritenuta nel giudizio di legittimita', senza rinvio del processo alla sede di merito, quando risulti dedotta nei motivi di appello e sempre che i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali"; Sez. 5, Sentenza n. 57491 del 23/11/2017, Rv. 271877 - 01: "La causa di esclusione della punibilita' per la particolare tenuita' del fatto, ex articolo 131-bis c.p., non puo' essere dedotta per la prima volta in cassazione, se tale disposizione era gia' in vigore alla data della deliberazione della sentenza di appello, ostandovi la previsione di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 3"; Sez. 3, Sentenza n. 23174 del 21/03/2018, Rv. 272789 - 01 "La causa di esclusione della punibilita' per la particolare tenuita' del fatto, ex articolo 131-bis c.p., non puo' essere dedotta per la prima volta in cassazione, se tale disposizione era gia' in vigore alla data della deliberazione della sentenza di appello, ostandovi la previsione di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 3"; Sez. 2, n. 21465 del 20/03/2019, Rv. 275782 - 01: "La causa di esclusione della punibilita' per la particolare tenuita' del fatto ex articolo 131-bis c.p. non puo' essere dedotta per la prima volta in cassazione, se tale disposizione era gia' in vigore alla data della deliberazione della sentenza di appello, ostandovi la previsione di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 3"; Sez. 5, n. 4835 del 27/10/2021, dep. il 10/02/2022, Rv. 282773 - 01: "In tema di esclusione della punibilita' per la particolare tenuita' del fatto, la questione dell'applicabilita' dell'articolo 131-bis c.p. non puo' essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 3, se il predetto articolo era gia' in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, ne' sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilita'"). 4. E', invece, fondato il motivo di ricorso che attiene al trattamento sanzionatorio. La Corte di appello ha concesso le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, determinando la pena base in mesi 4 di arresto ed Euro 3000 di ammenda (il primo giudice aveva stabilito la pena base in mesi 4 di arresto ed Euro 2000 di ammenda). In tal caso, come lamentato dalla difesa, i giudici hanno operato una reformatio in peius (cfr. Sez. 2, n. 41933 del 03/04/2017, Rv. 271182 - 01: "Nel giudizio di appello, il divieto di "reformatio in peius" della sentenza impugnata dal solo imputato non riguarda unicamente l'entita' complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione, per cui il giudice di appello, anche quando determina un trattamento sanzionatorio piu' favorevole per effetto dell'estensione del giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche anche alla recidiva, non puo' comunque fissare la pena base in misura superiore rispetto a quella determinata in primo grado"). In ragione di quanto precede occorre rideterminare la pena base in mesi 4 di arresto ed Euro 2000 di ammenda e procedere alla riduzione di detta pena della meta', ai sensi dell'articolo 442 c.p.p., comma 2. La pena risultante dalla riduzione, pari a mesi 2 di arresto ed Euro 1000 di ammenda, deve essere convertita in lavoro di pubblica utilita' per la durata di mesi due e giorni quattro. 5. Decidendo sul ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminato in mesi due di arresto ed Euro mille di ammenda, pena convertita in mesi due e giorni quattro di lavoro di pubblica utilita', in base alle modalita' di esecuzione indicate dal giudice di primo grado. Ogni altro motivo deve essere rigettato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminando la pena in mesi due di arresto e mille Euro di ammenda; conseguentemente ridetermina la durata complessiva del lavoro di pubblica utilita', nelle modalita' di esecuzione indicate dal giudice di primo grado, in mesi due e giorni quattro. Rigetta il ricorso nel resto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RICCIARELLI Massimo - Presidente Dott. VILLONI Orlando - Consigliere Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere Dott. ROSATI Martino - rel. Consigliere Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Torino; e dagli imputati: - (OMISSIS), nato a (OMISSIS); - (OMISSIS), nato a (OMISSIS); - (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 27/01/2022 della Corte di appello di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere ROSATI Martino; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale LORI Perla, che ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata in accoglimento del ricorso del Procuratore generale distrettuale ed il rigetto dei ricorsi degli imputati; uditi i difensori degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), ed avv. (OMISSIS), che hanno concluso per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi e per l'inammissibilita' o il rigetto di quello del Procuratore generale distrettuale. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati ritenuti colpevoli del delitto di cui all'articolo 615-ter c.p., comma 2, n. 1), cosi' riqualificati i fatti di cui al capo 1) dell'imputazione, originariamente rubricati come corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio. Per (OMISSIS), inoltre, e' stata confermata la condanna per il delitto di induzione indebita ex articolo 319-quater c.p., nei confronti di tale (OMISSIS) (capo 2 dell'imputazione), tuttavia con il riconoscimento dell'attenuante della particolare tenuita', ai sensi dell'articolo 323-bis c.p.. Egli, ancora, e' stato giudicato colpevole del delitto di corruzione per l'esercizio della funzione (articolo 318, c.p.), per i fatti contestatigli al capo 3) dell'imputazione, originariamente rubricati come corruzione c.d. "propria", ex articolo 319, c.p., e riqualificati dal giudice di primo grado come abuso d'ufficio (articolo 323, c.p.). Per (OMISSIS), infine, e' stata confermata la condanna per due reati di abuso d'ufficio (capi 5 e 6, dell'imputazione), quale privato beneficiario della condotta illegittima del pubblico ufficiale, per aver sollecitato ed ottenuto l'annullamento, in due diverse occasioni, da parte di agenti della polizia municipale del Comune di Galliate (separatamente giudicati), dei preavvisi di accertamento di infrazioni al codice della strada commesse da suoi parenti. La Corte d'appello ha escluso la corruzione, sulla base, in sintesi, dei seguenti argomenti: a) l'imputazione non specifica quale sarebbe stata l'utilita' promessa o data dal (OMISSIS) a (OMISSIS); b) stando a tale contestazione, comunque la violazione dei doveri d'ufficio da parte di quest'ultimo sarebbe stata funzionale ad un vantaggio per se' e non per il privato ipotetico corruttore; c) non risulta dimostrata una societa' di fatto tra costoro, ne' che i trasporti certamente effettuati dal (OMISSIS) per (OMISSIS) siano stati retribuiti; d) i controlli effettuati dal (OMISSIS) ai veicoli delle ditte concorrenti erano legittimi, mancando percio' l'atto contrario ai doveri d'ufficio; inoltre, essendosi trattato di due soli episodi in sei mesi, deve escludersi la messa in atto di un'attivita' discriminatoria ai danni di tali imprese. Quei giudici hanno ritenuto sussistente, invece, l'accesso abusivo ai sistemi informatici, rilevando che le banche dati del P.R.A. e della Motorizzazione civile non sono pubbliche e ad accesso libero, nonche' sostenendo - quanto alle posizioni dei diversi imputati - che i numeri di targa dei veicoli da controllare, materialmente comunicati al (OMISSIS) da (OMISSIS), non potessero essere stati segnalati a quest'ultimo che dal (OMISSIS), effettivo interessato ai rapporti concorrenziali sottostanti. 1.2. Quanto all'induzione indebita di cui al capo 2), essa si sarebbe consumata con la telefonata mediante la quale (OMISSIS), subito dopo aver fermato un autocarro ed aver rilevato gravi infrazioni, tuttavia decidendo di non elevare le relative contestazioni, aveva informato di tanto il (OMISSIS), titolare della ditta cui era intestato il veicolo, rappresentandogli il favore riconosciutogli ("questo il favore lo caga... lo sai come funziona, no-"), ottenendo da questi la promessa di una remunerazione ("stacco un buono, stacco un buono") e presentandosi piu' volte nei giorni seguenti presso la sede della ditta per esigerla, sebbene senza riuscirvi. 1.3. Il capo 3) dell'imputazione riguarda i comportamenti che (OMISSIS) ha tenuto in favore dei fratelli 5Salerno, facoltosi imprenditori della zona, avvisandoli della presenza di autovelox e di posti di blocco e cosi' permettendo agli automezzi della loro ditta di eluderli. Il Tribunale di Novara, in primo grado, ha escluso la corruzione "propria", contestata dall'accusa, ritenendo indimostrato il sinallagma corruttivo, e cioe' che le utilita' corrisposte al (OMISSIS), consistite in cene ed altre regalie (tra cui una prova in circuito di un'auto da corsa), rappresentassero il corrispettivo degli specifici atti contrari ai doveri d'ufficio da lui compiuti; e, per l'effetto, ha riqualificato tali condotte come abuso d'ufficio. La Corte d'appello, dal suo canto, fermi restando i fatti, ha ravvisato in essi il delitto di corruzione per l'esercizio della funzione, argomentando che i 5Salerno, i cui veicoli percorrevano abitualmente il tratto stradale su cui operava (OMISSIS), avevano interesse a precostituirsi un atteggiamento di favore degli operatori di polizia stradale, che avrebbe certamente agevolato lo svolgimento della loro attivita' d'impresa. Inoltre - hanno osservato qui giudici - le regalie elargite al pubblico ufficiale sono state di valore significativo, ben superiore a quello dei donativi d'uso consentiti dalla legge, ne' risulta dimostrata l'addotta causale amicale. 2. Avverso tale decisione ricorre il Procuratore generale territoriale, sulla base di due motivi. 2.1. Con il primo, lamenta la manifesta illogicita' della motivazione in relazione ai fatti di cui al capo 1) dell'imputazione, nella parte in cui e' stata esclusa la contestata corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio. Osserva, in proposito, richiamando specificamente gli elementi di prova utili (costituiti essenzialmente da dialoghi intercettati tra gli imputati), che: a) l'accesso abusivo alle banche dati rappresentava soltanto uno dei servizi elargiti dal (OMISSIS) ai due imprenditori, all'interno di una piu' ampia attivita' di consulenza svolta in loro favore; b) tale sua condotta ha effettivamente raggiunto lo scopo di danneggiare le imprese concorrenti, perche', proprio a seguito di uno dei controlli indicati nel capo d'imputazione, la ditta che l'ha subito s'e' vista risolvere l'appalto per l'attivita' di trasporto dei farmaci; c) il perseguimento di un vantaggio proprio costituisce la comune ragione dei patti corruttivi e, comunque, (OMISSIS) ha ottenuto specifiche utilita' economiche dal (OMISSIS), ovvero lo svolgimento retribuito di trasporti per conto di questi, la partecipazione ad un corso di formazione a spese del medesimo, l'utilizzo gratuito di mezzi della ditta dello stesso per lo svolgimento di attivita' in proprio; d) (OMISSIS), come dimostrano anche le ulteriori vicende oggetto di giudizio, sistematicamente strumentalizzava la sua qualita' istituzionale per trarne benefici economici. 2.2. Il secondo motivo di censura consiste nella violazione di legge in relazione al riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 323-bis c.p., per l'induzione indebita di cui al capo 2) dell'imputazione. La ragione giustificativa addotta dai giudici d'appello ("data la modestia dell'episodio... valutato nella sua globalita'") e' apodittica, poiche' non sorretta dall'indicazione di circostanze specifiche, a fronte del sistematico sfruttamento delle proprie funzioni posto in essere dall'imputato. 3. Ricorre per cassazione, attraverso il proprio difensore, anche l'imputato (OMISSIS), deducendo violazioni di legge e vizi di motivazione in relazione all'affermazione di colpevolezza per tutti i reati addebitatigli. 3.1. Dell'accesso abusivo ai sistemi informatici (capo 1 dell'imputazione), egli contesta la configurabilita', sostenendo che le banche dati da lui consultate sono liberamente accessibili al pubblico e l'ingresso mediante password e' funzionale non alla selezione degli aventi titolo ma soltanto al pagamento dei relativi diritti. 3.2. Non sussisterebbe neppure l'induzione indebita rubricata sub 2), perche': l'attento esame della conversazione da lui intrattenuta con (OMISSIS) esclude qualsiasi sua pressione verso quest'ultimo; essi erano legati da frequentazione di lunga data; il veicolo fermato non apparteneva piu' a (OMISSIS), egli lo sapeva e, dunque, non aveva alcun interesse a fare pressioni su costui, sul quale l'eventuale sanzione non avrebbe avuto alcun effetto; con l'esclamazione "questo il favore lo caga", esso ricorrente non intendeva riferirsi a (OMISSIS) bensi' all'autista del mezzo, peraltro solo come modo colorito per augurargli qualche disavventura. In diritto, inoltre, il ricorrente osserva come elemento essenziale dell'induzione indebita sia l'identita', in questo caso mancante, tra il destinatario dell'indebita richiesta del pubblico ufficiale e colui sul quale ricadrebbero gli effetti negativi della condotta dello stesso, qualora la sua richiesta non fosse assentita. 3.3. Erronea sarebbe, infine, anche l'affermazione di responsabilita' per la corruzione ex articolo 318 c.p., a vantaggio dei fratelli (OMISSIS). A questi, infatti, lo legava una risalente amicizia, estesa anche alle rispettive famiglie; il pagamento da parte dei (OMISSIS) delle cene comuni era circostanza ovvia, considerando l'enorme differenza di disponibilita' economiche rispetto a lui; l'assunto per cui l'evento presso il circuito automobilistico avesse avuto un costo significativo non e' dimostrato e, inoltre, lo stesso non era stato organizzato specificamente per esso ricorrente, ma aveva rappresentato un'occasione di ritrovo tra diversi amici; non e' stato dimostrato, infine, in cosa si sarebbe manifestato il presunto asservimento, ne', peraltro, i (OMISSIS) ne avevano la necessita', non essendo stato accertato che i loro veicoli viaggiassero in modo irregolare. 3.4. La difesa del (OMISSIS) ha altresi' depositato memoria scritta, con la quale chiede che sia dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore generale distrettuale. 3.4.1. Relativamente ai fatti di cui al capo 1), deduce l'inammissibilita' di tale impugnazione, perche' tesa ad una rivalutazione di merito, peraltro attraverso una disamina decontestualizzata di parte delle conversazioni intercettate. Contesta, comunque, la configurabilita' dell'ipotizzata corruzione "propria", in quanto: a) i controlli effettuati dal (OMISSIS) nei confronti dei veicoli delle ditte concorrenti dei suoi coimputati sono stati semplicemente occasionali, come hanno confermato anche i suoi colleghi di pattuglia; b) al pari delle interrogazioni delle banche dati, essi non costituivano atti contrari ai doveri d'ufficio, bensi' rappresentavano espressione della sua legittima attivita' istituzionale di controllo della regolarita' dei veicoli circolanti; c) (OMISSIS) si e' limitato ad una "falsa connivenza" (testuale) verso (OMISSIS), manifestandosi in realta' riottoso ad effettuare i controlli da quest'ultimo richiestigli; d) e' stato (OMISSIS), piuttosto, a millantare con (OMISSIS) la possibilita' di avvalersi dei favori di costui; e) verso (OMISSIS), invece, (OMISSIS) si e' limitato ad un'attivita' di mera consulenza in materia di circolazione dei veicoli da trasporto, a titolo gratuito e di pura cortesia; e) equivoca, infine, e' l'imputazione con riferimento al vantaggio che il ricorrente avrebbe ritratto, che comunque e' inesistente, avendo egli agito esclusivamente per ragioni di amicizia con (OMISSIS). 3.4.2. In punto di riconoscimento dell'attenuante dell'articolo 323-bis c.p., il ricorso del Procuratore generale e' inammissibile per genericita' e manifesta infondatezza del motivo. Non sussiste, infatti, il lamentato difetto di motivazione e, comunque, l'impugnazione non indica le ragioni che dovrebbero giustificare l'esclusione di tale attenuante; la quale, invece, trova il suo fondamento nella modestia della sanzione risparmiata al (OMISSIS), nell'indeterminatezza della presunta controprestazione da questi promessa ("stacco un buono"), nell'assenza di qualsiasi interesse del (OMISSIS) a pretendere qualcosa dal (OMISSIS), a cui, infatti, nulla e' stato successivamente chiesto. 4. Il ricorso di (OMISSIS) consta di tre motivi. 4.1. Con il primo si prospettano violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'accesso abusivo a sistemi informatici. Anch'egli evidenzia il carattere aperto delle banche dati del P.R.A. e della Motorizzazione civile, altresi' rilevando che non v'e' prova che (OMISSIS) ne abbia consultate altre e diverse da quelle e che, comunque, in tal caso, il fatto sarebbe diverso da quello contestato; deduce, inoltre, come l'accesso di costui a quei dati non sia avvenuto per ragioni diverse da quelle specificamente inerenti al suo ruolo istituzionale, per le quali, dunque, cio' gli era consentito; e rappresenta, infine, com'egli fosse ben consapevole di poter liberamente accedere a quelle banche dati, ma di aver chiesto semplicemente una cortesia al proprio amico poliziotto, poiche' viveva in quel momento una delicatissima situazione familiare, avendo perso da poco la propria giovane moglie. 4.2. Con il secondo motivo denuncia il vizio logico della motivazione con riferimento al giudizio di colpevolezza per gli abusi d'ufficio di cui ai capi 5) e 6), facendo rilevare come egli non fosse ne' il trasgressore, ne' il soggetto che avrebbe tratto un qualsiasi beneficio dall'annullamento della sanzione amministrativa. Relativamente, in particolare, al capo 6), mancherebbe altresi' la necessaria violazione di legge, poiche' il preavviso di accertamento e' atto di pura cortesia, e pertanto - parrebbe di capire - non sarebbe stato annullato alcun atto autoritativo dell'amministrazione. 4.3. L'ultima doglianza attiene alle determinazioni in punto di pena, sostenendosi che la Corte non avrebbe spiegato le ragioni per cui si e' discostata dal minimo edittale e quelle sulla base delle quali ha determinato gli aumenti per continuazione. I motivi indicati in sentenza, infatti, non sarebbero concludenti, perche' il disvalore della condotta e' elemento comune ed indefettibile di tutti i reati dei pubblici amministratori e la ritenuta intensita' del dolo non e' in alcun modo motivata. 5. Anche (OMISSIS) affida al proprio difensore l'impugnazione della sentenza della Corte d'appello, sulla base di un unico motivo: l'illogicita' dell'affermazione per cui soltanto egli, quale concessionario dell'attivita' di trasporto dei farmaci e, percio', diretto interessato ad ostacolare le aziende concorrenti, avrebbe potuto segnalare a (OMISSIS) i numeri di targa dei veicoli delle stesse, da far poi controllare a (OMISSIS). Tale assunto - sostiene il ricorrente - non soltanto e' apodittico, ma altresi' e' fondato su premesse errate, in quanto il soggetto effettivamente interessato era, piuttosto, (OMISSIS), che da (OMISSIS) aveva ottenuto in subappalto l'attivita' di trasporto proprio in quello specifico settore e che, di conseguenza, poteva essere il soggetto concretamente danneggiato dall'attivita' dei concorrenti. Peraltro, (OMISSIS) operava da tempo in quell'ambito e, quindi, con ogni verosimiglianza, ben conosceva le targhe dei veicoli utilizzati dalle altre aziende, senza alcuna necessita', percio', che gliele indicasse (OMISSIS); e, comunque, quand'anche fosse stato quest'ultimo a comunicargliele, nulla autorizzerebbe a ritenere che l'abbia fatto per lo scopo illegale ipotizzato in sentenza. Ma, soprattutto, l'affermazione della Corte d'appello sarebbe smentita da una prova documentale, che attesterebbe come (OMISSIS), prim'ancora che (OMISSIS) chiedesse a (OMISSIS) di effettuare quelle verifiche, si fosse gia' rivolto all'agenzia di pratiche automobilistiche di cui abitualmente si serviva, per ottenere le stesse informazioni. Tanto si evincerebbe, infatti, dalla stampa delle relative interrogazioni, che recano la data del 18 novembre 2014 (gli accessi del (OMISSIS), invece, sono del 20 e 21 successivi) e che i giudici del gravame hanno travisato, avendo preso in considerazione la diversa e successiva data (novembre 2015) in cui i titolari dell'agenzia - su richiesta della difesa, ad indagini in corso - hanno comunicato per iscritto di aver effettuato le anzidette visure: non e' logico ipotizzare, infatti, come invece si afferma in sentenza, che, per evadere una richiesta cosi' semplice, un operatore professionale potesse aver impiegato un anno. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso del Procuratore generale presso la Corte d'appello di Torino non puo' essere ammesso. 1.1. Quanto al primo motivo, attraverso di esso si propone una differente ricostruzione dei fatti, riportando diverse acquisizioni istruttorie - essenzialmente stralci di dialoghi intercettati tra gli imputati - effettivamente trascurate in sentenza, ma nessuna dal significato inequivoco, con particolare riferimento al necessario sinallagma tra atto istituzionale antidoveroso e remunerazione. Sintomatiche, in questo senso, si rivelano le difficolta' nell'individuazione di quest'ultima, con l'abbandono dell'ipotesi formulata con l'imputazione - quella, cioe', per cui (OMISSIS) fosse una sorta di socio di fatto di (OMISSIS) e, indebitamente favorendo quest'ultimo rispetto ai suoi concorrenti, abbia locupletato egli stesso - e l'indicazione di alcune utilita' estemporanee e di dubbia consistenza economica, come la frequenza, a spese di (OMISSIS), di un corso di formazione di pochi giorni o l'episodica utilizzazione gratuita di veicoli aziendali di costui. Non e' possibile, dunque, rinvenire nella sentenza impugnata, per questa parte, un travisamento del dato probatorio, per omissione o per fraintendimento, soltanto in presenza del quale sarebbe possibile in questa sede censurare la valutazione operatane dai giudici di merito. Ai fini della configurabilita' di tale vizio, infatti, e' necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformita' tra il senso intrinseco dell'elemento di prova e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato dimostrativo di tale elemento (tra molte, Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, Grancini, Rv. 272406; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017, Colomberotto, Rv. 271702). Si puo' parlare di "travisamento", cioe', solo se e quando l'errore o la pretermissione accertati siano idonei a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per l'essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758), gravando sul ricorrente l'onere di indicare le ragioni per cui l'atto trascurato o mal valutato inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilita' all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085). 1.2. Neppure puo' essere ammesso il secondo motivo di ricorso, in questo caso perche' aspecifico. Effettivamente, la motivazione con la quale la Corte d'appello ha riconosciuto all'imputato l'attenuante di cui all'articolo 323-bis c.p., per l'induzione indebita di cui al capo 2) si presenta piuttosto laconica. Il ricorso, tuttavia, si limita ad evidenziare tale aspetto, senza pero' rassegnare specifici elementi di confutazione e limitandosi ad evocare un vago dato di contesto (il "continuo sfruttamento", ossia, delle proprie funzioni da parte dell'imputato). In realta', in relazione allo specifico delitto in questione, dalla sentenza non si rileva che abbia trovato conferma l'ipotesi per cui - come invece si legge nel capo d'imputazione - l'importo della sanzione amministrativa "abbonata" al (OMISSIS) (o a chi per lui) sarebbe stato di 12.000 Euro; si legge, piuttosto, che l'utilita' promessa - e non versata - da quest'ultimo al (OMISSIS) sarebbe consistita in "un buono" di entita', pero', rimasta indeterminata. Ne consegue che la decisione della Corte d'appello sul punto non puo' reputarsi manifestamente illogica, percio' superando indenne il sindacato di legittimita'. 2. Non e' ammissibile neppure il ricorso dell'imputato (OMISSIS). 2.1. Il primo motivo, con cui si contesta la configurabilita' del delitto di accesso abusivo a sistemi informatici, e' manifestamente destituito di fondamento giuridico. Al contrario di quanto sostiene la difesa ricorrente, infatti, l'accesso alle banche dati del Pubblico Registro Automobilistico e della Motorizzazione civile non e' libero, ovvero permesso a chiunque e senza la necessita' di credenziali. Quanto alla prima, infatti, la L. n. 187 del 1990, articolo 7, comma 3, stabilisce che l'accesso sia gratuito soltanto per gli organi costituzionali, giurisdizionali, di polizia e militari, per le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, per le agenzie fiscali e, limitatamente alle informazioni necessarie per il servizio svolto, per i concessionari del servizio nazionale della riscossione. Per altre categorie professionali esercenti attivita' di pubblico servizio e per i privati, l'accesso non soltanto e' permesso solo dietro corrispettivo, ma sono previste varie limitazioni e, comunque, deve pur sempre avvenire attraverso l'Automobile Club d'Italia (A.C.I.), che disciplina l'erogazione del servizio attraverso appositi regolamenti, anche mediante specifiche convenzioni con enti rappresentativi di tali categorie professionali abilitate all'accesso, previo rilascio di specifiche credenziali. Il Decreto Ministeriale 2 ottobre 1992, n. 514, adottato dal Ministro delle finanze di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, in attuazione dell'appena menzionato articolo 7, comma 3, per stabilire le modalita' e le procedure di funzionamento degli uffici del P.R.A. e la fornitura dei dati dei veicoli iscritti, all'articolo 1, comma 4, ha previsto, infatti, che "l'accesso agli archivi elettronici centrali e provinciali per le attivita' di aggiornamento dei dati, per le certificazioni e per le consultazioni, e' consentito esclusivamente al personale munito di apposito codice di identificazione personale", ribadendo ulteriormente la differenza di disciplina tra gli organi costituzionali, giurisdizionali, di polizia e militari, da un lato, e altri soggetti pubblici e privati, dall'altro (articolo 22, commi 2 e 3). Analoghe restrizioni sono previste per l'accesso alla banca dati della Direzione generale della motorizzazione civile dal relativo Regolamento, emanato con Decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1994, n. 634, che lo consente gratuitamente, e comunque limitatamente alle necessita' dei rispettivi compiti istituzionali, soltanto agli organi costituzionali e giurisdizionali nonche' alle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, mentre, per altri soggetti, pubblici e privati, esso e' permesso solo per concessione del direttore generale della M.C.T.C., rilasciata previa valutazione dei motivi d'interesse pubblico sottesi alla richiesta e disciplinata mediante apposita convenzione (vds., in particolare, articoli 1, 2, 3 e 8). 2.2. Il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta il giudizio di colpevolezza per l'induzione indebita di cui al capo 2) dell'imputazione, e' anch'esso inammissibile. La' dove adduce la causa amicale della richiesta avanzata al (OMISSIS), come pure il diverso significato e la differente direzione dell'esclamazione "questo il favore lo caga... lo sai come funziona, no-", esso si limita a proporre un'interpretazione alternativa di dati probatori ed a chiedere, dunque, alla Corte di cassazione una rivalutazione del significato dei medesimi, che pero' non le e' consentita. In ogni caso, si tratta di allegazioni manifestamente infondate, gia' in fatto. La causa amicale della richiesta, infatti, risulta frontalmente smentita dalle conversazioni successivamente intercettate tra il ricorrente e sua sorella, dipendente del (OMISSIS), e dettagliatamente riportate in sentenza, dalle quali si evince nitidamente, piuttosto, che il primo pretendeva del danaro, ma sulle quali il ricorso sorvola completamente. Mentre l'assunto per cui le eventuali conseguenze negative derivanti dal corretto esercizio dei doveri d'ufficio da parte del (OMISSIS) non si sarebbero riverberate sul (OMISSIS), destinatario dell'indebita richiesta, e' anch'esso logicamente smentito dal contegno di quest'ultimo, che non soltanto era pur sempre l'intestatario formale del mezzo, ma soprattutto immediatamente si e' detto pronto a "staccare un buono", cosi' mostrando un diretto interesse alla risoluzione della vicenda. Peraltro, nessun fondamento giuridico ha l'affermazione della necessaria identita' tra il soggetto destinatario della richiesta induttiva e quello nella cui sfera giuridica si produrrebbero le conseguenze negative prospettate in via alternativa dall'agente pubblico. Come per tutti i reati a cooperazione necessaria della vittima, infatti, e comunque per quelli in cui il volere del soggetto passivo sia condizionato dalla prevaricazione dell'agente, e' sufficiente che la prospettazione di situazioni dannose abbia efficacia limitante della liberta' di autodeterminazione di colui al quale venga formulata, ben potendo cio' verificarsi anche qualora le ipotizzate evenienze pregiudizievoli riguardino direttamente soggetti distinti ma ai quali egli sia legato da un interesse solidaristico di qualsivoglia natura (familiare, sentimentale, professionale, economico od altro). 2.3. Egualmente inammissibile, infine, e' il terzo motivo del ricorso del (OMISSIS), relativo al giudizio di responsabilita' per la corruzione in concorso con i fratelli (OMISSIS) (capo 3). Anche per questa parte, infatti, l'impugnazione si risolve nella rilettura e la reinterpretazione delle risultanze istruttorie, peraltro non sorrette da dati probatori precisi, di segno diverso e, in ipotesi, trascurati dai giudici di merito. Tali censure, pertanto, si sottraggono al sindacato della Corte di legittimita', rimanendo soltanto necessario evidenziare, in questa sede, l'irrilevanza del profilo riguardante la regolarita' o meno degli automezzi in uso alla ditta dei (OMISSIS), dal momento che si tratta di corruzione per l'esercizio della funzione e non per atti contrari ai doveri d'ufficio. 3. E' inammissibile anche l'impugnazione dell'imputato (OMISSIS). 3.1. Sulla natura libera o meno dell'accesso alle banche dati di P.R.A. e M.C.T.C., valga quanto detto trattando del precedente ricorso (§ 2.1.). V'e' solo da aggiungere che l'allegazione difensiva della ragione esclusivamente istituzionale delle relative interrogazioni da parte di (OMISSIS) (curiosamente non dedotta neppure dallo stesso) e' manifestamente priva di fondamento probatorio. Infatti, soprattutto dalla sentenza di primo grado (pagg. 8-18), richiamata da quella d'appello quanto alla ricostruzione dei fatti, emerge nitidamente come quegli vi abbia provveduto non per scopi inerenti allo svolgimento delle sue funzioni d'ufficio, bensi' soltanto su sollecitazione del (OMISSIS) e per fare un favore a questi, cercando di evidenziare infrazioni a carico dei suoi concorrenti commerciali. Talche' non e' discutibile la natura abusiva di quegli accessi informatici. 3.2. Il secondo motivo - con cui (OMISSIS) contesta l'affermazione di colpevolezza per gli abusi d'ufficio consistiti negli indebiti annullamenti di accertamenti di infrazioni al codice della strada (capi 5 e 6) - e' aspecifico, nella parte in cui egli si limita ad addurre di non essere stato il soggetto ingiustamente avvantaggiato sotto il profilo patrimoniale. Ai fini della sussistenza del reato, infatti, rileva anche il vantaggio mediato, che nello specifico, stando a quanto emerge dalla sentenza, non e' possibile ragionevolmente escludere, considerando gli stretti legami tra l'imputato ed i soggetti "contravvenzionati" (figlia, fratello, madre di un dipendente). Ma la doglianza e' comunque manifestamente infondata in diritto, poiche' il dato essenziale, ai fini della sussistenza del reato, e' che l'agente pubblico abbia procurato un indebito vantaggio patrimoniale ad un terzo, poco importa se su sollecitazione di un soggetto diverso dal beneficiario e che abbia svolto il ruolo di istigatore o determinatore. Francamente incomprensibile, poi, oltre che vaga, e' la doglianza in tema di preavviso di accertamento, natura di atto di cortesia ed ipotetica mancanza di violazione di legge: la quale, invece, e' indiscutibilmente ravvisabile, poiche' consistente nel mancato svolgimento - anche in questo caso compiti istituzionali conseguenti all'accertamento dell'infrazione, (Ndr: testo originale non comprensibile). 3.3. Il terzo motivo, infine, in tema di misura della pena, non e' consentito, chiedendosi con esso alla Corte di cassazione, anche in questo caso, una valutazione di puro merito. E' sufficiente ribadire, allora, il consolidato principio per cui la determinazione della pena rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, che ben puo' assolvere il proprio dovere di motivazione sul punto con espressioni del tipo "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (tra le tantissime: Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Rv. 276288; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Rv. 259142). Nello specifico, invece, la pena-base irrogata, pari a nove mesi di reclusione, risulta addirittura inferiore al minimo edittale, gia' all'epoca dei fatti - gennaio 2015 - elevato ad un anno dalla L. n. 190 del 2012. 4. L'inammissibilita' dei rispettivi ricorsi comporta obbligatoriamente - ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. - la condanna di (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi una loro assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilita' (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta inconsistenza degli argomenti addotti, va fissata in tremila Euro per ognuno di loro. 5. Merita di essere accolto, invece, il ricorso proposto dall'imputato (OMISSIS). 5.1. L'argomentazione sulla base della quale la Corte d'appello ne deduce il coinvolgimento nel reato - ovvero quello per cui nessun altro avrebbe potuto fornire a (OMISSIS) i numeri di targa dei veicoli delle ditte concorrenti, da comunicare poi a (OMISSIS) - si rivela priva di adeguato sostegno logico. Discutibile, anzitutto, e' il motivo su cui essa poggia, e cioe' che (OMISSIS) fosse l'unico interessato a sbarazzarsi dei concorrenti: anche (OMISSIS), invero, in quanto suo subappaltatore, poteva ritenersi portatore del medesimo interesse, dato che l'eventuale contrazione degli affari dell'altro si sarebbe verosimilmente riversata anche sui suoi. Cosi' come e' ragionevole ipotizzare, sul piano logico, che anche (OMISSIS), operando da tempo in quel settore commerciale ed in quell'ambito territoriale, potesse essere personalmente a conoscenza delle targhe da lui comunicate a (OMISSIS), senza la necessita', dunque, che gliele riferisse (OMISSIS). Infine, sussiste il denunciato travisamento della documentazione attestante la richiesta d'informazioni avanzata da quest'ultimo, attraverso un'agenzia autorizzata, prim'ancora che (OMISSIS), al medesimo fine, si rivolgesse a (OMISSIS). Leggendo quei documenti - allegati in copia dal ricorrente al proprio atto d'impugnazione - si rileva agevolmente come i giudici d'appello abbiano errato nell'individuare la data di quella richiesta, confondendola con quella dell'attestazione di avvenuta presentazione della medesima, successivamente rilasciata dall'agenzia a richiesta della difesa. 5.2. Su tutti questi profili, dunque, s'imporrebbe un supplemento di motivazione da parte della Corte d'appello. Tuttavia, il rinvio del processo a quest'ultima e' inutile, poiche', nelle more, il reato ascritto al ricorrente si e' estinto per prescrizione. In proposito deve ribadirsi che, salvi i casi d'inammissibilita' del ricorso, l'estinzione del reato per prescrizione, pur se non dedotta con i motivi di ricorso o - se maturata successivamente - in sede di conclusioni, e' rilevabile d'ufficio dalla Corte di cassazione, al pari di ogni altra ragione di proscioglimento immediato di cui all'articolo 129 c.p.p., comma 1, qualora sopravvenga al provvedimento impugnato, in quanto non implica la necessita' di accertamenti in fatto o di valutazioni di merito, incompatibili con i limiti del giudizio di legittimita' (Sez. U, n. 8413 del 20/12/2007, Cassa, Rv. 238467; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, Decreto Legge n., Rv. 217266). Inoltre, la presenza di tale causa di estinzione del reato fa si' che, nel giudizio di cassazione, non siano rilevabili eventuali nullita' di ordine generale ne' vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275). Considerando, dunque, che la prescrizione e' un istituto di diritto sostanziale (Corte Cost., sentenza n. 393 del 23 novembre 2006) e che, pertanto, deve aversi riguardo alla relativa disciplina in vigore al momento del fatto, va rilevato che, in relazione alla misura della pena edittale, pari nel massimo a cinque anni di reclusione, il termine di prescrizione e' di sei anni, prorogato, per effetto di successive interruzioni, a sette anni e sei mesi, a decorrere dalla data di commissione del reato: ovvero dal 21 novembre 2014. A tale termine debbono aggiungersi i periodi durante i quali il relativo decorso e' rimasto sospeso, che - secondo quanto si evince dal fascicolo allegato dal giudice a quo - consistono in cinque giorni ex articolo 159 c.p., comma 1, n. 3), (dal 4 al 9 dic. 2019), ed in 64 giorni, dal 9 marzo all'11 maggio 2020, a norma del Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, commi 2 e 4 conv. dalla L. n. 27 del 2020, in conseguenza dell'emergenza pandemica (Corte Cost., sentenza n. 140 del 25 maggio 2021), poiche', in tale periodo, pendevano i termini per il deposito della motivazione del Tribunale e per l'appello (vds. Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Rv. 280432). Da tanto consegue che il termine e' spirato il 28 luglio 2022. Nei confronti del (OMISSIS), pertanto, la sentenza impugnata dev'essere annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), perche' il reato di cui al capo 1) e' estinto per intervenuta prescrizione. Dichiara inammissibile il ricorso del P.G.. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. - Presidente Dott. MARULLI Marco - Consigliere Dott. CAIAZZO Rosario - rel. Consigliere Dott. CASADONTE Annamaria - Consigliere Dott. CAPRIOLI Maura - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 4259/2019 proposto da: (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappres. p.t. (OMISSIS), elett.te domic. in (OMISSIS), presso l'avv. (OMISSIS), che la rappres. e difende, con procure speciali in atti; - Ricorrente - contro COMUNE DI MESSINA, in persona del sindaco p.t., elett.te domic. presso l'avv. Arturo Merlo dal quale e' rappres. e difeso, con procura speciale in atti; - Controricorrente - Avverso la sentenza n. 658/2018 della CORTE DI APPELLO di MESSINA, depositata il 2 luglio 2018; udita la relazione della causa svolta nella udienza pubblica dell'11/11/2022 dal Cons. rel., Dott. CAIAZZO ROSARIO. lette le conclusioni del PG. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con citazione del 17.12.11, la (OMISSIS) s.r.l. convenne innanzi al Tribunale di Messina il Comune di Messina, esponendo che l'ente convenuto, con nota del 30.3.10, aveva risolto il contratto d'appalto stipulato con l'attrice in data 13.9.05, avente ad oggetto il noleggio e l'installazione di sistemi e strumenti di rilevazione d'infrazione al C.d.S.. Al riguardo, la (OMISSIS) s.r.l. chiedeva, ai sensi dell'articolo 1671 c.c., il pagamento in suo favore della somma di Euro 4.662.131,33 oltre al rimborso elle spese sostenute e dei lavori eseguiti, pari a Euro 409.041,80, nonche' il risarcimento dei danni per la perdita di chance. Si costitui' il Comune resistendo alla domanda ed eccependo la nullita' del contratto, spiegando altresi' domanda riconvenzionale diretta al relativo accertamento. Il Tribunale rigetto' la domanda, osservando che: l'aggiudicazione definitiva della gara era intervenuta il 16.12.04, dalla quale era decorso il termine quinquennale per la durata contrattuale, in conformita' dell'articolo 1 del Capitolato speciale d'appalto e del Regio Decreto n. 2240 del 2023, articolo 16, comma 4; pertanto, la risoluzione del Comune aveva riguardato un contratto gia' scaduto, con la conseguenza che l'attrice non avrebbe potuto vantare diritto risarcitorio o indennitario; non ricorreva nessuna nullita' contrattuale. Avverso tale sentenza propose appello la (OMISSIS) s.r.l. Con sentenza emessa il 2.7.18, la Corte territoriale accolse in parte l'appello principale, e l'incidentale e per l'effetto dichiaro' la nullita' della sentenza impugnata, la nullita' del contratto stipulato tra le parti il 13.9.15 e rigetto' la domanda dell'attrice, con condanna di quest'ultima alla restituzione della somma di Euro 157.847,10. Il giudice di secondo grado rilevo' che: la sentenza del Tribunale era nulla per violazione dell'articolo 101 c.p.c. in quanto la questione della scadenza contrattuale implicava questioni di fatto connesse non dedotte in primo grado (relative alla eventuale volonta' della PA di integrare o modificare il contratto, sicche' il giudice avrebbe dovuto esplicitare meglio tale questione rilevata d'ufficio e non limitarsi a chiedere chiarimenti al riguardo; il termine quinquennale dell'efficacia contrattuale decorreva dalla data del collaudo e non da quella del'aggiudicazione, come ritenuto dal Tribunale; il motivo d'appello concernente il calcolo dei costi del servizio era fondato, in quanto il costo del noleggio delle apparecchiature era indipendente dalle infrazioni rilevate, e il costo dell'appalto era sganciato dal costo del servizio in violazione dell'articolo 201 C.d.S., comma 4, per cui il fatto che la percentuale dell'importo spettante alla societa' fosse stata stabilita in misura fissa non mutava i termini della questione, mentre la percentuale dell'importo incassato dal Comune, quale corrispettivo del servizio, costituiva criterio non strettamente pertinente al costo del servizio; il contratto era dunque nullo per impossibilita' giuridica e per violazione di norme imperative (articoli 201 e 208 C.d.S.) in quanto esso contemplava quale corrispettivo del servizio un bene della vita (cioe' una quota delle somme incamerate dal comune a seguito della rilevazione delle infrazioni) al quale viene percio' impressa una destinazione non consentita; la domanda d'ingiustificato arricchimento proposta nell'atto d'appello non era stata formulata nella prospettiva della declaratoria di nullita' contrattuale ed avrebbe potuto e dovuto essere proposta fin dalla costituzione in primo grado. La (OMISSIS) s.r.l. ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza, con unico motivo, illustrato con memoria. Il Comune di Messina resiste con controricorso. Il PG ha depositato requisitoria, chiedendo l'accoglimento del ricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE L'unico motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell'articolo 11 preleggi, articoli 1418 e 1346 c.c., in relazione alla dedotta nullita' del contratto d'appalto per contrarieta' agli articoli 201 e 208 C.d.S. Invero, la ricorrente lamenta che erroneamente la Corte d'appello aveva dichiarato la nullita' del contratto in quanto: il corrispettivo spettante all'appaltatrice era stabilito in misura fissa per ciascuna infrazione stradale incassata dal Comune; le infrazioni rilevate dalle apparecchiature potevano essere ritenute valide ad esclusivo giudizio del p.u.: le rilevazioni fotografiche non potevano essere soggette a parametri di calcolo variabili, ne' in percentuale, ne' proporzionalmente in quanto l'unico dato raccolto dalle apparecchiature era il passaggio col rosso; la Corte territoriale aveva posto a sostegno della pronuncia una sentenza penale non pertinente al caso concreto e all'articolo 208 C.d.S., comma 4 (sulla destinazione di una determinata quota degli introiti da infrazioni stradali alle attivita' pubblicistiche indicate), che peraltro rappresenta una norma derogatoria rispetto al principio dell'unita' di bilancio, entrata in vigore dopo la stipula del contratto in questione. Ora, la Corte d'appello ha affermato che la nullita' era da ravvisare nella violazione di norma imperativa (articolo 208 c.d.a.) e nell'impossibilita' giuridica dell'oggetto negoziale, da considerare di fatto aleatorio nella parte in cui esso, sebbene prevedesse la percentuale dell'importo spettante alla (OMISSIS) s.r.l. in misura fissa, svincolava il costo dell'appalto dai costi del servizio di noleggio e di manutenzione che, a norma dell'articolo 201 C.d.S., comma 4, avrebbero dovuto rientrare tra i costi d'accertamento da porre a carico del trasgressore. Il motivo e' fondato. Anzitutto, va osservato che non e' configurabile nella fattispecie l'impossibilita' giuridica cui fa riferimento la Corte territoriale, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte e delle teorie dottrinali in materia. Invero, l'impossibilita'' dell'oggetto del contratto, che e' prevista dagli articoli 1316 e 1418 c.c., come causa di nullita' del negozio, non puo' farsi discendere da una semplice difficolta' della prestazione, ma deriva solo dalla sua impossibilita' materiale e giuridica, di carattere obiettivo e non meramente soggettivo (Cass., n. 369/71; n. 6362/87). La nullita' del contratto o della singola clausola contrattuale, per l'impossibilita' della cosa o del comportamento che ne forma oggetto, richiede che tale impossibilita', oltre che oggettiva e presente fin dal momento della stipulazione, sia anche assoluta e definitiva, rimanendo ininfluenti a tal fine le difficolta', piu' o meno gravi, di carattere materiale o giuridico, che ostacolino in maniera non irrimediabile il risultato a cui la prestazione e' diretta (Cass., n. 18002/11). Premesso l'inquadramento teorico della fattispecie astratta, nel caso concreto, l'impossibilita' non puo' derivare dall'asserita violazione dell'articolo 208 C.d.S., anzitutto perche' essa non potrebbe integrare l'assoluta impossibilita' materiale e giuridica dell'oggetto contrattuale; ne' puo' argomentarsi che le modalita' di calcolo del corrispettivo del servizio siano in contrasto con le norme dettate dal predetto articolo 208. Invero, il fatto che i costi del noleggio delle attrezzature siano indipendenti dal numero delle infrazioni e siano considerate spese d'accertamento non integra una causa d'impossibilita' giuridica o materiale del contratto, afferendo alla convenienza od opportunita' del contenuto negoziale, salvi i poteri autoritativi eventualmente applicabili (per esempio, la revoca dell'aggiudicazione dell'appalto per sopravvenuti motivi di opportunita' rientra nell'ambito del generale potere contrattuale di recesso previsto, per i contratti di appalto di opere pubbliche, dall'articolo 345 all. F della L. n. 2248 del 1865). Invero, come anche rilevato dal PG, non si ravvisa alcuna norma che obblighi la PA ad ancorare il corrispettivo dell'appalto pubblico al costo gravante sull'appaltatore per fornire il bene o il servizio richiestogli; i costi che le imprese partecipanti alla gara sostengono restano nell'ambito dell'economia interna di ogni singola impresa. Al riguardo, va altresi' osservato che la possibilita' di collegare il corrispettivo del noleggio delle attrezzature per le rilevazione delle infrazioni stradali alle violazioni effettivamente accertate e' venuta meno con la L. n. 120 del 2010, articolo 61, ma trattasi di norma ratione temporis non applicabile alla fattispecie; la norma contiene dunque un riferimento ad un canone predeterminato ed indipendente dall'ammontare delle violazioni accertate. Ma e' proprio il sopravvenire di un limite legislativo alla determinazione dell'oggetto contrattuale che consente di inferire che, in precedenza, tale limite non era vigente. Inoltre, come rilevato dal PG, non e' ravvisabile alcun danno patrimoniale per l'ente pubblico appaltante, atteso che la subordinazione del corrispettivo, non solo all'accertamento della violazione, ma anche all'effettiva riscossione della sanzione pecuniaria, impedisce alla PA di sostenere oneri imprevisti all'atto dell'aggiudicazione della gara; tale corrispettivo dell'appalto pubblico, proprio perche' limitato ad un'aliquota dell'effettivo incasso, non potrebbe dunque mai essere fonte di spese o oneri eccessivi o imprevedibili per l'appaltante. Ne' e' corretto ritenere che l'impossibilita' contrattuale scaturisca dal fatto che la remunerazione dell'appalto avvenga attraverso quote che, invece, sarebbero destinate, a norma della versione previgente dell'articolo 208 C.d.S., comma 4, applicabile ratione temporis, alla fornitura di mezzi tecnici necessari per i servizi di polizia stradale (al riguardo, la Corte territoriale ha fatto un erroneo riferimento alla versione della suddetta norma, entrata in vigore, con la l. n. 120/10, dopo la stipula contrattuale). Infatti, che il contratto in questione indicasse un parametro per la determinazione del corrispettivo (una somma fissa per ogni violazione accertata) non significa che le entrate fossero in concreto decurtate di tale corrispettivo, venendo in rilievo solo una modalita' contabile di accertamento del corrispettivo. Inoltre, non giova al Comune di Messina il richiamo della Corte d'appello alla sentenza penale della Corte di cassazione, n. 10620/10, che ha ritenuto integrato il delitto d'abuso di ufficio con "la condotta degli organi comunali che predispongono una gara d'appalto per il noleggio di strumenti per la rilevazione della velocita' dei veicoli (cosiddetto "autovelox"), determinandone il valore con riferimento ad una percentuale degli incassi previsti per le future infrazioni piuttosto che al costo, agevolmente individuabile, per l'installazione, la manutenzione e ogni altro servizio accessorio relativo all'utilizzo delle suddette apparecchiature". Invero, tale sentenza penale non e' pertinente alla fattispecie in esame in quanto l'imputazione riguardava il caso di un appalto in cui era stato delegato ai privati l'accertamento delle infrazioni, a differenza della vicenda in esame. Per quanto esposto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d'appello, anche in ordine alle spese del grado di legittimita'. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Messina, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del grado di legittimita'.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SARNO Giulio - Presidente Dott. GENTILI Andrea - Consigliere Dott. SOCCI Angelo Matteo - Consigliere Dott. REYNAUD Gianni F - rel. Consigliere Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma nel procedimento a carico di: 1) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 2) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 3) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 4) (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 01/12/2021 della Corte di appello di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Gianni Filippo Reynaud; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa DE MASELLIS Mariella, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata; udito per la parte civile l'avv. (OMISSIS), il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso, con liquidazione delle spese sostenute nel grado; uditi i difensori degli imputati, avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) per (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), i quali hanno concordemente richiesto il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 1 dicembre 2021, la Corte di appello di Roma, in totale riforma della sentenza di primo grado, appellata dai quattro imputati, ha assolto (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con la formula perche' il fatto non sussiste, dai residui reati di cui agli Decreto Legislativo n. 74 del 10 marzo 2000, articoli 8 e 2 loro rispettivamente ascritti, e per i quali gli stessi avevano in primo grado riportato condanna alle pene di legge (gia' la sentenza di primo grado aveva dichiarato l'intervenuta prescrizione del reato di finanziamento illecito ai partiti contestato al capo A, con statuizione divenuta definitiva). La Corte d'appello ha altresi' revocato le sanzioni penali accessorie, le confische del profitto disposte e le statuizioni che la sentenza di primo grado aveva disposto in favore della parte civile costituita (OMISSIS) Spa. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma, deducendo con unico, articolato, motivo il vizio di motivazione per omessa considerazione di alcune prove testimoniali e documentali che, laddove esaminate, disarticolerebbero la logicita' della motivazione della sentenza impugnata. Si lamenta, in particolare, che la Corte territoriale aveva illogicamente escluso che si riferissero a prestazioni inesistenti sia le fatture di consulenza emesse da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) Srl (d'ora in avanti, (OMISSIS)) oggetto della contestazione del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 8 effettuata al capo C - nonche' del connesso reato di cui all'articolo 2 Decreto Legislativo n. 74 del 2000 relativo all'utilizzo di gran parte delle stesse nella dichiarazione fiscale presentata da quest'ultima rubricato sub D - sia le fatture emesse dalla menzionata societa' a (OMISSIS) Spa (d'ora in avanti, (OMISSIS)), oggetto dell'analoga contestazione di cui Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 8 fatta al capo B. Secondo l'impianto accusatorio, in parte avallato dalla pronuncia di condanna di primo grado dei managers di (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) e di quelli (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS), tali fatture per prestazioni inesistenti sarebbero state destinate, ed avrebbero in parte consentito, oltre che di evadere il Fisco, di creare, con fondi di (OMISSIS), la provvista per poter consentire a (OMISSIS) - che per i reati a lui contestati ha definito il procedimento con applicazione della pena - di rientrare di dazioni illecite gia' effettuate a (OMISSIS), collaboratore dell'allora sindaco di (OMISSIS) (OMISSIS), e di futuri esborsi parimenti illeciti per far ottenere ad (OMISSIS) l'aggiudicazione di un contratto ad evidenza pubblica con il Comune di (OMISSIS) ed a (OMISSIS) la conseguente fornitura di servizi nei confronti della multinazionale, i cui vertici avrebbero ignorato sia il descritto accordo illecito, sia la natura fittizia delle prestazione ad essa fatturate. Il procedimento - si rileva era nato a seguito di denuncia sporta di (OMISSIS), poi costituitasi parte civile, all'esito di un'indagine interna che in prima battuta aveva riguardato l'eccessivita' di rimborsi spese richiesti da (OMISSIS), senior executive della societa', e che, nel corso dell'indagine interna a suo carico, aveva indotto costui a riferire i fatti concernenti le false fatturazioni poi oggetto della denuncia che aveva condotto all'avvio del presente procedimento. 3. Il pubblico ministero ricorrente lamenta che, aderendo alle tesi difensive degli imputati appellanti, la sentenza aveva ritenuto come le fatture potessero corrispondere ad operazioni reali, trascurando che le affermazioni di (OMISSIS) circa l'inesistenza delle prestazioni erano state confortate dalle deposizioni testimoniali del magg. della Guardia di Finanza (OMISSIS), che aveva condotto le indagini, del legale rappresentante di (OMISSIS), Dott. (OMISSIS), e dell'avv. (OMISSIS), il quale per conto di tale societa' aveva svolto l'indagine interna, nonche' dal responsabile tecnico di (OMISSIS), Dott. (OMISSIS), oltre che dalla corrispondenza e-mail estratta dai computers degli ex managers di (OMISSIS) e dalla stessa documentazione versata in atti dalla difesa dell'imputato (OMISSIS). Si rileva, inoltre, che la stessa (OMISSIS) non aveva chiesto il saldo della fattura n. 29/2012, il cui pagamento era stato bloccato da (OMISSIS) all'esito di quanto emerso dall'indagine interna. In particolare - omettendo il confronto con la motivazione della decisione di primo grado - la sentenza impugnata aveva operato un revisionismo dei fatti storici emersi nel giudizio, per un verso attribuendo alle prove un significato diverso da quello reale, per altro verso non valutando alcune prove decisive. L'errore aveva in primo luogo riguardato le dichiarazioni rese dal teste (OMISSIS), non essendo vero che egli non avesse effettuato verifiche autonome limitandosi a recepire quanto riferito dal (OMISSIS), avendo invece accertato che negli archivi di (OMISSIS) non vi era alcun documento che potesse dimostrare l'esistenza delle prestazioni indicate nelle fatture. In secondo luogo, si erano travisate le decisive dichiarazioni rese dal magg. (OMISSIS), il quale, diversamente da quanto indicato in sentenza, aveva effettuato autonome indagini (con perquisizioni, sequestri, analisi di documenti informatici e delle prove raccolte da (OMISSIS) nell'indagine interna), confermando di non aver rinvenuto alcun documento che comprovasse lo svolgimento di quelle prestazioni ed in particolare i documenti di assessment, non prodotti neppure nella citata documentazione della difesa (OMISSIS), che avrebbero invece costituito oggetto dell'incarico affidato a (OMISSIS) secondo le proposte di collaborazione. Anche le dichiarazioni del teste (OMISSIS) erano state travisate, sia nella parte in cui si era illogicamente sostenuto che il teste aveva fornito evidenza dell'esistenza delle prestazioni, sia nella parte in cui si era affermato che egli non ricordava in relazione a quali fatture non pagate da (OMISSIS) (OMISSIS) avesse proposto azione giudiziale. 3.1. Manifestamente illogiche, poi, erano le affermazioni circa il fatto che l'esistenza delle prestazioni potesse essere dimostrata dalla compatibilita' tra ordini e le fatture mentre era frutto di ulteriore travisamento probatorio l'affermazione secondo cui le fatture oggetto di contestazione si innesterebbero nel c.d. "Progetto Tutor". Al riguardo si rileva che, diversamente da quanto riferito in sentenza, i testimoni (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano escluso che tale progetto abbia richiesto una consulenza da parte di (OMISSIS), mentre la corrispondenza scambiata tra gli imputati dimostrava come i flussi di denaro oggetto delle fatturazioni fossero connessi non gia' a quel progetto, bensi' ad una gara bandita dal comune di (OMISSIS). 3.2. Il ricorrente lamenta, inoltre, che illogicamente era stata affermata la carenza investigativa sulle fatture emesse da (OMISSIS) contestate al capo C, essendo cio' comunque avvenuto per le sette fatture successiva alle quattro che l'emittente aveva riferito a servizi in precedenza resi. Del pari illogicamente si era ritenuta la genericita' della ricostruzione investigativa dei flussi finanziari (peraltro avvenuti per contanti) e criticata l'omessa implementazione della documentazione fornita agli inquirenti dalla parte civile. 3.3. Si censura, ancora, il travisamento delle dichiarazioni rese dal testimone assistito (OMISSIS), il quale, diversamente da quanto ritenuto, aveva con certezza affermato come nessuna delle prestazioni fatturate ad (OMISSIS) fosse stata svolta e come eventuale documentazione fosse stata soltanto fatta a posteriori. Diversamente da quanto illogicamente ritenuto, (OMISSIS) non aveva ottenuto alcun beneficio dalla decisione di riferire delle false fatturazioni, essendo l'unico ad aver pagato sul piano penale (definendo il processo a suo carico con patteggiamento) e avendo riferito fatti che (OMISSIS) non avrebbe mai scoperto se egli avesse sul punto mantenuto il silenzio. 3.4. Da ultimo, il pubblico ministero ricorrente lamenta l'illogica affermazione circa la "dubbia utilizzabilita'" delle acquisizioni informatiche effettuate dalla parte civile, essendo il procedimento avvenuto nel rispetto delle migliori pratiche scientifiche, senza che potesse dubitarsi - come e' invece illogicamente avvenuto - della correttezza della parte civile, posto che sarebbe semmai stato interesse della stessa dimostrare l'esistenza delle prestazioni fatturate, piuttosto che il contrario, avendo cio' comportato la sottoposizione ad indagine della societa' per illecito amministrativo dipendente da reato e la sopportazione di oneri per definire con ravvedimento operoso il conseguente illecito tributario emerso in relazione all'IVA. 4. Con requisitoria scritta depositata, il Procuratore generale presso questa Corte ha sostenuto la fondatezza del ricorso, chiedendone l'accoglimento anche sotto il profilo della violazione dell'obbligo di rendere motivazione rafforzata rispetto a quella della sentenza di condanna di primo grado. Con memorie difensive, anche articolate, le difese degli imputati hanno chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso e/o il rigetto del medesimo, evidenziando la logicita' del percorso motivazionale seguito dalla sentenza impugnata e l'inammissibile contestazione della ricostruzione del fatto e della valutazione delle prove operata, peraltro soltanto in modo parziale, dal pubblico ministero ricorrente. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Giova premettere i principi di diritto che vengono in rilievo ai fini della presente decisione. 1.1. Va innanzitutto considerato che il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado, pur non avendo l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive - questione che in questa sede nessuna delle parti ha sollevato - deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430). La maggioritaria giurisprudenza di legittimita' evoca spesso, al proposito, il concetto di "motivazione rafforzata" - richiamato anche nella requisitoria del Procuratore generale - affermando che la riforma in senso assolutorio della sentenza di condanna di primo grado, sulla base di una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio, impone al giudice di appello di dare puntuale ragione delle difformi conclusioni assunte (Sez. 4, n. 24439 del 16/06/2021, Frigerio, Rv. 281404; Sez. 3, n. 29253 del 05/05/2017, C., Rv. 270149; Sez. 4, n. 4222 del 20/12/2016, dep. 2017, Mangano e aa., Rv. 268948). Pur trattandosi di paradigma non sempre condiviso quando si tratti di revirement in melius (v. ad es., Sez. 5, n. 29261 del 24/02/2017, S., Rv. 270868; Sez. 3, n. 46455 del 17/02/2017, Rv. 271110), cio' che si vuol significare - e che il Collegio intende ribadire - e' che la sentenza di secondo grado deve in tal caso contenere uno sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno del "decisum" impugnato per metterne in luce le carenze o le aporie che ne giustificano l'integrale riforma (Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, Fu e aa., Rv. 261327). In particolare, il giudice di appello non puo' in tal caso limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa della decisione impugnata, genericamente richiamata, delle notazioni critiche di dissenso, essendo, invece, necessario che egli riesamini, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal primo giudice, considerando quello eventualmente sfuggito alla sua valutazione e quello ulteriormente acquisito per dare, riguardo alle parti della prima sentenza non condivise, una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni (Sez. 6, n. 1253 del 28/11/2013, dep. 2014, Ricotta, Rv. 258005; Sez. 6, n. 46742 del 08/10/2013, Hamdi Ridha, Rv. 257332). Fermo restando che la contraddittorieta' o l'insufficienza probatoria dovra' risolversi in senso assolutorio in omaggio alla regola per cui non puo' affermarsi la penale responsabilita' se questa non sia dimostrata al di la' di ogni ragionevole dubbio, anche a fronte della contraddittorieta' del quadro probatorio, il giudice di appello che per tale ragione riformi integralmente la sentenza di condanna di primo grado, assolvendo l'imputato, ha l'obbligo di offrire un autonomo ragionamento che non si limiti ad una valutazione soltanto numerica degli elementi di prova contrapposti, ma consideri anche il peso, inteso come capacita' dimostrativa, degli stessi (Sez. 3, n. 6880 del 26/10/2016, dep. 2017, Decreto Legge n., Rv. 269523). 1.2. Quando, poi, si tratti di compendio probatorio indiziario, il giudice di merito non puo' limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi, ne' procedere ad una mera sommatoria di questi ultimi, ma deve, preliminarmente, valutare i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l'intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica), e, successivamente, procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguita' di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all'imputato al di la' di ogni ragionevole dubbio e, cioe', con un alto grado di credibilita' razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana (Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605; Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, Graziadei, Rv. 266941; Sez. 2, n. 42482 del 19/09/2013, Kuzmanovic, Rv. 256967). 1.3. Deve considerarsi, in ogni caso, che il controllo in sede di legittimita' sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volonta' del legislatore, a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilita' di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali e senza che sia possibile dedurre nel giudizio di legittimita' il travisamento del fatto (Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217). Non sono deducibili, in particolare, censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicche' sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747). Ed invero, alla Corte di cassazione sono precluse la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita' esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507), cosi' come non e' sindacabile in sede di legittimita', salvo il controllo sulla congruita' e logicita' della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilita' delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D'Ippedico e a., Rv. 271623; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362). 1.4. Quanto al vizio di travisamento della prova, va ricordato che esso non ricorre quando il giudice valuti il contenuto della prova (dichiarativa o documentale) in modo ritenuto non corretto dall'impugnante, ma quando nella motivazione si fa uso di un'informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva (Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, Borriello, Rv. 276567; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499). Il vizio, peraltro, deve risultare dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, ed e' ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato, ferma l'intangibilita' della valutazione nel merito del risultato probatorio (Sez. 5, del 02/07/2019, S., Rv. 277758; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio e a., Rv. 258774). Quanto al primo dei cennati profili, il relativo apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere coerente e logica rispetto agli elementi di prova in essa rappresentati ed alla conseguente valutazione effettuata dal giudice di merito, che si presta a censura soltanto se, appunto, manifestamente contrastante e incompatibile con i principi della logica. Sotto il secondo profilo, la motivazione non deve risultare incompatibile con altri atti del processo indicati in modo specifico ed esaustivo dal ricorrente nei motivi del suo ricorso (c.d. autosufficienza), in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (cfr. Sez. 2, n. 38800 del 01/10/2008, Gagliardo e a., Rv. 241449). Ne deriva che il ricorso per cassazione con cui si lamenta la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione per l'omessa valutazione di circostanze acquisite agli atti non puo' limitarsi, pena l'inammissibilita', ad addurre l'esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, ma deve, invece, a) identificare l'atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verita' dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato nonche' della effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l'atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale "incompatibilita'" all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018, dep. 2019, Papini, Rv. 274816; Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, Damiano, Rv. 249035). 2. In applicazione degli esposti principi, reputa il Collegio che le censure contenute in ricorso siano in parte inammissibili ed in parte infondate, poiche' la motivazione della sentenza impugnata, che opera una ricostruzione del fatto ed una valutazione delle prove difformi dalla sentenza di condanna di primo grado, confrontandosi con quest'ultima e superandola adeguatamente in termini di persuasivita', non puo' dirsi manifestamente illogica e, pertanto, non e' altrimenti scrutinabile in questa sede. 2.1. In particolare, la sentenza monocratica di primo grado, dopo aver analiticamente riassunto il contenuto delle prove, soprattutto dichiarative, acquisite in giudizio (pagg. 5-52) ed aver esaminato il reato di finanziamento illecito ai partiti contestato al capo A dichiarandolo prescritto (pagg. 64), giunge in poco piu' di tre pagine (65-68) a concludere per l'insussistenza delle prestazioni oggetto delle fatture contestate ai capi B), C), D), adducendo poi ulteriori argomentazioni (pagg. 68-81) per sostenere che, sebbene le dichiarazioni auto ed etero-accusatorie rese dall'imputato di reato connesso (OMISSIS) (escusso in giudizio come testimone assistito dopo aver patteggiato la pena per i reati al medesimo ascritti) non siano di per se' idonee a sostenere l'assunto accusatorio anche perche' non sempre precise e spesso sollecitate nel ricordo da contestazioni; - le stesse, "nella loro sostanza", avevano trovato riscontro in diverse altre risultanze istruttorie. Pur escludendo che potesse dirsi provato che il drenaggio di risorse di (OMISSIS) descritto da (OMISSIS) fosse destinato - come da questi dichiarato - a costituire un fondo da cui attingere per corrompere pubblici ufficiali del comune di (OMISSIS) al fine di ottenere l'aggiudicazione di gare in favore di quella societa', si e' ritenuto che tutti gli imputati avessero consapevolmente concorso a realizzare, ai danni di (OMISSIS), costituita parte civile, un "flusso finanziario illecito" mediante le contestate false fatturazioni, sorretto dal dolo specifico di evasione, non incompatibile col profitto personale degli agenti. 2.2. La sentenza qui impugnata, per contro, ha ritenuto sussistenti ragionevoli profili di dubbio che impedivano di poter affermare, con la necessaria certezza processuale, che il sistema di false fatturazioni ipotizzato dall'accusa si fosse effettivamente concretizzato e, eventualmente, in quali precisi termini. Essa ha dettagliatamente messo in luce (pagg. 16-31) che: il primo giudice aveva ricostruito i fatti esprimendosi in piu' occasioni in termini dubitativi e, a volte, del tutto ipotetici, a partire dal contenuto delle dichiarazioni del teste assistito (OMISSIS); queste ultime presentavano plurimi, e assai rilevanti, profili di inattendibilita' ed imprecisione ed erano state comunque recepite acriticamente e valutate sempre e soltanto in chiave accusatoria, anche dalla polizia giudiziaria che aveva condotto le indagini, tanto che lo stesso testimone assistito aveva riferito come le prime tre fatture oggetto di contestazione di al capo C da lui emesse a (OMISSIS), e parte della quarta fattura, si riferivano a prestazioni certamente rese; i testimoni (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano per lo piu' riferito, de relato, quanto appreso dal (OMISSIS) nel corso dell'indagine interna svolta da (OMISSIS) sull'infedele condotta tenuta dal dipendente e non potevano dunque fungere da riscontro alle stesse; i documenti rinvenuti (in particolare, talune mail reciprocamente inviate tra gli imputati, valorizzate dal primo giudice in chiave accusatoria) non avevano contenuto inequivocabile, prestandosi a differenti interpretazioni; l'attivita' d'indagine svolta dalla Guardia di Finanza e ricostruita nella deposizione del magg. (OMISSIS) aveva sostanzialmente recepito la documentazione allegata all'esposto di (OMISSIS) e i "verbali riassuntivi di interviste" redatti nell'inchiesta societaria interna, senza apportare elementi a carico aggiuntivi; anzi, l'interpretazione di taluni dei documenti acquisiti presso le due societa' coinvolte data dal teste (OMISSIS) per ritenere che gli stessi non confortassero l'esistenza delle prestazioni indicate dalle fatture non era condivisibile, essendo gli stessi invece compatibili con il c.d. Progetto Tutor, richiamato come oggetto nelle fatture e relativo all'introduzione e gestione di un sistema informatizzato di autovelox da proporre agli enti locali; alcuni testimoni avevano infatti confermato che (OMISSIS) aveva effettivamente svolto attivita' di consulenza sul punto per (OMISSIS) e che quest'ultima aveva in animo di sviluppare quel progetto per offrirlo ad enti territoriali; tutte le fatture erano state regolarmente pagate (salvo l'ultima emessa da (OMISSIS) ad (OMISSIS), da quest'ultima non saldata a seguito degli esiti dell'indagine interna di cui si e' detto); mancava la prova della retrocessione (tra le societa' e/o gli imputati) degli importi oggetto delle asserite fatture per prestazioni inesistenti; gli esiti delle intercettazioni telefoniche effettuate non avevano fornito alcun elemento a sostegno dell'ipotesi accusatoria. 3. Il confronto tra due motivazioni, reputa il Collegio, consente di affermare che, a fronte di una decisione di primo grado obiettivamente debole - anche per le perplessita' emergenti dalla stessa motivazione e rilevate dal giudice d'appello la Corte territoriale, conformandosi ai principi di diritto esposti supra, sub §. 1.1., abbia effettuato una compiuta analisi del materiale probatorio vagliato dal primo giudice, mettendo in luce le carenze e le aporie che giustificavano l'integrale riforma della pronuncia di condanna e delineando una nuova e compiuta struttura motivazionale che fornisce razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche in omaggio alla regola per cui non puo' affermarsi la penale responsabilita' se questa non sia dimostrata al di la' di ogni ragionevole dubbio. Nello stesso ricorso, a pag. 4, testualmente si afferma: "ad una lettura decontestualizzata...la Sentenza di riforma non e' assolutamente priva di un apparente costrutto logico, risultando ben argomentata nei suoi passaggi". L'impugnante, del resto, non richiama specificamente la decisione di primo grado nei suoi passaggi argomentativi, ne' tenta di dimostrare che quest'ultima sia maggiormente persuasiva rispetto a quella impugnata, ma mira a scardinare l'apparente logicita' di quest'ultima senza tuttavia riuscire nell'intento. 4. Ed invero, le critiche mosse in ricorso per molti versi si risolvono in inammissibili censure attinenti alla ricostruzione del fatto ed alla valutazione delle prove, in asseriti e non adeguatamente dimostrati travisamenti della prova ed in doglianze che, comunque, non evidenziano manifeste illogicita'. 4.1. Muovendo, per evidenti ragioni di carattere logico che impongono di seguire l'iter motivazionale su cui si fonda la sentenza impugnata, dalle doglianze del ricorso riassunte supra, sub §. 3.3., osserva il Collegio: la trascrizione (pagg. 23-24 del ricorso) delle dichiarazioni, obiettivamente imprecise e contraddittorie e tutt'altro che "inequivoche" come il ricorrente invece sostiene, rese dal testimone assistito (OMISSIS) sulle prestazioni fatturate da (OMISSIS) ad (OMISSIS), non rende l'evidenza del lamentato travisamento probatorio, ma, anzi, conferma la logicita' del giudizio di scarsa attendibilita' del dichiarante; il ricorrente non contesta specificamente la ricostruzione contenuta in sentenza, giusta la quale "il (OMISSIS), nel corso delle indagini interne attivate da (OMISSIS) s.p.a., ha offerto versioni sempre diverse per giustificare gli addebiti mossi a suo carico in azienda...fino all'asserito sistema di false fatturazioni nel quale, poi, coinvolgeva gli attuali appellanti, ipotizzato soltanto in seconda battuta", sicche', anche a fronte della in alcun modo provata finalita' corruttiva da lui dichiarata (cio' che, come detto, e' stato riconosciuto gia' dal giudice di primo grado), la spiegazione dell'interesse del dichiarante a coinvolgere altri soggetti per attenuare la propria responsabilita' nei confronti dell'azienda, peraltro data in termini possibilistici (a pag. 17 della sentenza si reputa "non del tutto peregrina" la relativa tesi difensiva avanzata dagli appellanti), non e' certo manifestamente illogica, neppure alla luce delle dichiarazioni riportate in ricorso (pagg. 25-26); del pari non lo e', e, comunque, la doglianza sul punto e' assolutamente generica, l'ulteriore rilievo giusta il quale, ad avviso della Corte territoriale, (OMISSIS) avrebbe ottenuto "un trattamento processuale vantaggioso", cio' che evidentemente si riferisce ai termini dell'accordo sulla pena da lui raggiunto, non avendo il ricorrente nulla specificato al proposito; neppure puo' dirsi con certezza fondata, stante l'indagine interna in corso e le modalita', descritte anche in ricorso, con cui (OMISSIS) fu "messo alle strette", l'alternativa ipotesi ricostruttiva avanzata dal ricorrente giusta la quale, in mancanza delle dichiarazioni ammissive del dipendente. (OMISSIS) non avrebbe scoperto le infedelta' (ulteriori rispetto a quelle gia' emerse) del medesimo; quanto al rilievo penale delle stesse, del resto, ben lo si sarebbe potuto affermare anche se i pagamenti delle fatture ricevute da (OMISSIS) e da questa in buona fede saldate fossero da riferirsi non gia' a prestazioni inesistenti integranti i reati fiscali ascritti, ma, come la stessa sentenza di primo grado piu' volte genericamente afferma, a "flussi finanziari illeciti", andati a beneficio sicuramente di (OMISSIS) (e, in ipotesi, di suoi eventuali complici), per prestazioni mal eseguite e comunque inutili per il soggetto beneficiario finale (l'odierna parte civile) fraudolentemente indotto a sostenerne l'esborso. In questo senso va inteso - reputa il Collegio - il riferimento della sentenza impugnata (pag. 15) a quell'irrisolta situazione di dubbio sulla fondatezza dell'ipotesi di accusa siccome formulata. Ne' la sentenza puo' essere censurata per non aver approfondito la questione - anche sul piano dell'accertamento del dolo specifico di evasione, rispetto al quale gli appellanti avevano posto specifiche censure - poiche', al di la' delle doverose conseguenze processuali connesse al riconoscimento della diversita' dell'addebito in corso di dibattimento, il diverso reato di truffa in alternativa ipotizzabile sarebbe stato gia' irrimediabilmente prescritto alla data di pronuncia della sentenza impugnata. 4.2. I rilievi da ultimo svolti mostrano come non siano in alcun modo decisive le doglianze fondate sull'acquiescenza di (OMISSIS) rispetto all'omesso pagamento dell'ultima fattura emessa ad (OMISSIS), potendo la stessa avere una ben diversa spiegazione rispetto a quella dell'inesistenza di prestazioni dolosamente fatturate per consentire l'evasione fiscale (ipotesi peraltro gia' in se' discutibile, non essendo mai stato posto in dubbio da alcuno che i soggetti apicali, quelli onerati di presentare le dichiarazioni fiscali, fossero di cio' ignari). Quanto alle altre doglianze del ricorso riportate supra, sub §§. 3 e 3.1., quelle riferite alle dichiarazioni rese dai testimoni citati che, secondo il ricorrente, attesterebbero l'inesistenza delle prestazioni e, comunque, non consentirebbero di sostenere che le stesse si svolsero nell'ambito del c.d. "Progetto Tutor", sono inammissibili e generiche censure di fatto concernenti la valutazione della prova e le stesse dichiarazioni riportate non inficiano la logicita' della conclusione raggiunta dalla sentenza impugnata. Valga, per tutte, lo stralcio della deposizione del teste (OMISSIS), legale rappresentante di (OMISSIS), riportato a pag. 5: con riguardo alla prestazione svolta da (OMISSIS) il teste parla di "una attivita' un po' fantomatica di business development, poco qualificata" mai concretizzatasi "in un progetto chiaro". Ci si limita qui a ribadire che, come gia' osservato piu' sopra, per l'integrazione dei reati fiscali sub iudice si richiede l'inesistenza di una prestazione fatturata al fine di consentire a terzi - e, quanto a questi, di realizzare - una evasione fiscale, non essendo invece sufficiente (come nella sostanza sembra invece aver ritenuto il primo giudice: cfr., ad es., le osservazioni fatte alla fine di pag. 67 e all'inizio di pag. 68), una prestazione mal resa, rivelatasi inutile e tuttavia dal cliente pagata, anche con esborsi importanti, sull'erroneo convincimento - magari fraudolentemente indotto - dell'esatto adempimento. Le doglianze riferite all'interpretazione delle mail scambiate tra gli imputati sono del pari inidonee a dimostrare un travisamento probatorio che incrina la tenuta logica della decisione impugnata. Come affermato in sentenza, si tratta di documenti che si prestano a plurime interpretazioni che nemmeno la sentenza di condanna di primo grado e' stata in grado di decifrare in modo da poterne univocamente ricostruirne una precisa finalita', avendo per contro escluso che potesse dirsi provata quella corruttiva allegata da (OMISSIS). 4.3. Quanto alle censure di cui si e' dato conto supra, sub §. 3.2., riferite al giudizio della sentenza impugnata - ad avviso del ricorrente errato - sulle carenze investigative, si tratta di doglianza del tutto generica: il punto non e' se le indagini potessero essere meglio condotte, ma se gli elementi di prova acquisiti e versati in dibattimento supportino, o meno, l'affermazione di penale responsabilita'. Per analoghe ragioni sono generiche le doglianze riepilogate supra, sub §. 3.4., non avendo il ricorrente allegato quali, ulteriori, elementi di prova acquisiti nell'indagine interna effettuata da (OMISSIS) e tali da scardinare la logicita' della decisione non sarebbero stati valutati, non potendo trarsi elementi di giudizio dalle opzioni pre-processuali liberamente adottate dalla societa' multinazionale per definire celermente, anche con il Fisco, gli aspetti ritenuti problematici delle vicende riferite da (OMISSIS). 5. Il ricorso, complessivamente infondato, va pertanto rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. BERTUZZI Mario - Consigliere Dott. FALASCHI Milena - rel. Consigliere Dott. SCARPA Antonio - Consigliere Dott. FORTUNATO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 10706/2018 proposto da: (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS) del foro di Oristano ed elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS); - ricorrente - contro COMUNE DI (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), del foro di Oristano ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS); - controricorrente - avverso la sentenza del Tribunale di Oristano n. 74, depositata il 1 febbraio 2018; udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 17 febbraio 2022 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi; il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. PEPE Alessandro, visto il Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato in data 6 ottobre 2008, dinanzi al Giudice di pace di Terralba, (OMISSIS) proponeva opposizione avverso il verbale di accertamento emesso dal servizio di Polizia municipale del Comune di (OMISSIS) n. (OMISSIS) del 30.06.2008, con il quale le veniva contestato, in qualita' di obbligata in solido, la violazione dell'articolo 142 C.d.S., comma 8, effettuato l'accertamento tramite apparecchio rilevatore Traffiphot IIISR-PhotR&V, omologato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 24.12.2004, deducendo la mancata contestazione immediata, la non coincidenza fra colui che aveva accertato l'infrazione (addetto della ditta proprietaria dell'apparecchio) e chi aveva redatto il verbale, la rilevazione era stata effettuata con lesione del diritto all'informazione articolo 142 C.d.S., ex comma 6 bis. Instaurato in contraddittorio, nella resistenza del Comune di (OMISSIS), il giudice adito accoglieva l'opposizione con sentenza n. 61 del 15.02/19.11.2013 e per l'effetto annullava il verbale. In virtu' di appello interposto dal Comune di (OMISSIS), costituita l'appellata che insisteva per la conferma della decisione del giudice di prime cure, il Tribunale di Oristano accoglieva il gravame e per l'effetto confermava la contestazione de qua. A fondamento della decisione il giudice del gravame rilevava - per quanto qui ancora di interesse - che risultava regolarmente effettuato l'accertamento della violazione ai sensi dell'articolo 201, comma 1 bis, lettera f), con apparecchiatura per rilevamento automatico della velocita' senza la presenza degli agenti accertatori sul luogo, ragione per la quale era legittima la contestazione differita della violazione e non occorreva la segnalazione delle apparecchiature, per cui nessuna violazione del "diritto all'informazione del privato" ex articolo 142 C.d.S., comma 6 bis, doveva ritenersi avvenuta. Peraltro l'opponente non aveva in alcun modo specificato in che modo si sarebbe verificata la lamentata violazione della normativa in materia, ne' era stata allegata alcuna caratteristica dei cartelli che avrebbe inciso sulla visibilita' degli stessi, con la conseguenza che illegittimamente il primo giudice aveva ampliato il thema decidendum ponendo a fondamento della decisione questioni estranee alla materia del contendere. Del pari era errato il criterio applicato dal giudice di primo grado sulla ripartizione dell'onere della prova, posto a carico dell'Amministrazione, quanto all'adeguatezza dei segnali di preavviso dell'esistenza dell'autovelox. Quanto poi alla lamentela della originaria ricorrente che le apparecchiature de quibus non sarebbero state gestite dalla Polizia Stradale ma da una societa' privata, l'articolo 345 del Regolamento di attuazione del C.d.S. (Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992) nel prevedere che le apparecchiature di cui al comma 1 devono essere gestite dagli organi di polizia stradale e l'articolo 385 dello stesso d.p.s. nella specificare che nelle ipotesi di cui all'articolo 384 ove l'ente accertatore non abbia potuto far luogo all'atto dell'accertamento della violazione, compila il verbale con gli elementi di tempo, di luogo e di fatto che "ha potuto acquisire specificando i motivi per i quali non e' stato possibile procedere alla contestazione immediata, e lo trasmette al comando o ufficio da cui dipende", che provvede alla notifica a norma dell'articolo 386. Dal combinato disposto con il Decreto Legge n. 121 del 2002, articolo 4, comma 3, ratione temporis applicabile al caso di specie, il Tribunale riteneva effettuata dalla normativa una chiara distinzione fra l'attivita' di documentazione della violazione e quella, che poteva conseguire anche in tempi successivi, di accertamento della violazione, purche' utilizzate apparecchiature approvate od omologate come per legge. Nella specie si trattava di rilevamento effettuato con apparecchiature denominata Traffipot IIISR - Pfoto R&V, regolarmente omologata dal Ministero delle infrastutture e dei trasporti e sottoposta a verifica e taratura in data 03.06.2008. Inoltre dalla convenzione stipulata dal Comune con la societa' (OMISSIS) s.p.a. risultava che non erano state affidate alla medesima operazioni sostanzialmente concorrenti alla formazione dell'accertamento delle infrazioni, avvenendo il rilevamento della velocita' sostanzialmente in modo automatico dai dispositivi elettronici. Il Comune di (OMISSIS), infatti, aveva delegato alla societa' la gestione dell'impianto, con il compito di provvedere al controllo ed alla verifica periodica del funzionamento delle apparecchiature ed alla loro manutenzione. Precisava, inoltre, che tutte le attrezzature erano gestite e rimanevano nella disponibilita' dell'organo di polizia stradale, conformemente a quanto previsto dall'articolo 345 reg. esec. C.d.S.. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la (OMISSIS) sulla base di tre motivi, cui ha resistito con controricorso il Comune di (OMISSIS). All'esito dell'adunanza camerale, nell'ambito della quale le parti avevano curato anche il deposito di memorie illustrative, il Collegio, con ordinanza interlocutoria n. 17982 depositata in data 23.6.2021, ha disposto la trattazione della causa in pubblica udienza, attesa la rilevanza nomofilattica della questione relativa alla legittimita' dell'accertamento nell'ipotesi in cui la gestione delle apparecchiature sia affidata ad una societa' esterna che riceva una percentuale sui proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie. Il ricorso e' stato posto nuovamente in discussione per la decisione allo stato degli atti all'udienza pubblica del 17 febbraio 2022, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, conv. in L. n. 176 del 2020. In prossimita' della udienza e' stata depositata dal sostituto procuratore generale, Dott. Alessandro Pepe, memoria con la quale ha rassegnato le conclusioni nel senso del rigetto del ricorso. Entrambe le parti, ricorrente e controricorrente, hanno curato il depositato anche di memoria ex articolo 378 c.p.c.. CONSIDERATO IN DIRITTO Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 112 e 320 c.p.c., nonche' della L. n. 689 del 1981, articolo 22, oltre a difetto di motivazione in ordine alla omessa applicazione del principio di ripartizione dell'onere della prova in materia di opposizione alle sanzioni amministrative di cui all'articolo 2697 c.c., per non avere il giudice del gravame tenuto conto che la (OMISSIS) con il ricorso del giudizio introduttivo in primo grado aveva specificamente eccepito l'illegittimita' dei verbali impugnati per la mancata segnalazione delle postazioni di controllo della velocita', di qui la denunciata lesivita' del "diritto all'informazione" prevedendo l'articolo 142 C.d.S., comma 6 bis, e la L. n. 168 del 2002, articolo 4, di conversione del Decreto Legge n. 121 del 2002, che le postazioni di controllo debbano essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all'impiego di cartelli o di dispositivi per la mancata segnalazione. Aggiunge la ricorrente che - come rilevato dal Giudice di pace - spettava all'Amministrazione valutare il rispetto dei parametri legali prestabiliti al riguardo anche con specifico riferimento a quello della "velocita' locale predominante" rilevata sul tratto di strada interessato. La censura e' inammissibile. Il Tribunale dopo avere rilevato che "l'opponente si era limitata a censurare genericamente l'adeguatezza della segnaletica, senza neppure allegare (...) per quali specifiche ragioni i segnali di preavviso dell'esistenza dell'autovelox (...) non fossero concretamente visibili" (cfr pag. 11, nella parte relativa alla confutazione del secondo motivo di appello), ha chiarito che dalla documentazione fotografica allegata agli atti e dal verbale impugnato risultava che la postazione di controllo era stata presegnalata con appositi cartelli, come previsto dall'articolo 142 C.d.S., comma 6 bis, e dal decreto ministeriale 15 agosto 2007. La decisione precisa, altresi', che le foto nel riprodurre la segnaletica di presegnalazione dell'autovelox, rappresentano trattarsi di cartelli rettangolari ben visibili, ubicati sia all'altezza del km 8+800 e del km 9+0,50, nella direzione di marcia (OMISSIS), sia all'altezza del km (OMISSIS) e del km (OMISSIS), nella direzione di marcia (OMISSIS), ovverosia, rispettivamente a 400 e 150 metri dallo strumento di rilevamento, recanti la dicitura "Polizia locale di (OMISSIS). ATTENZIONE Rilevamento elettronico della velocita' (articolo 142 C.d.S.)" relativamente ai cartelli posizionati in direzione di marcia (OMISSIS), nonche' "Comune di (OMISSIS). CONTROLLO ELETTRONICO DELLA VELOCITA' senza obbligo di contestazione immediata. Art. 142 C.d.S.", quanto ai cartelli posizionati in direzione di marcia (OMISSIS). Ne consegue che era specifico onere della ricorrente contestare tale accertamento. Al contrario, la (OMISSIS) non ha curato di offrire il benche' minimo elemento idoneo a suffragare la censura in concreto proposta, che dunque non supera il livello della semplice congettura. Inoltre, occorre precisare, che nel caso specifico, la (OMISSIS) non contesta l'esistenza della segnaletica di preavviso della postazione di rilevamento della velocita' a distanza, bensi' la sua idoneita', in concreto. In proposito, merita di essere ribadito il principio secondo cui qualora l'opponente deduca l'inesistenza della segnaletica, la prova contraria spetta all'Amministrazione, posto che l'esistenza del segnale di preavviso o di divieto e' elemento costitutivo della fattispecie sanzionata; mentre quando l'opponente deduca soltanto la non adeguatezza o non idoneita' della segnaletica stessa, la relativa prova e' posta a suo carico (Cass. n. 6242 del 1999; Cass. n. 9033 del 2016 e Cass. n. 23566 del 2017). Per siffatte ragioni non puo' trovare applicazione nella specie la giurisprudenza invocata dalla medesima ricorrente, in particolare Cass. n. 28276 del 2021, riguardante analoga fattispecie, giacche' nel caso in esame e' ampiamente argomentato l'accertamento del giudice sull'attivita' espletata dalla polizia municipale. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la illegittimita' della sentenza impugnata ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3, per la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 345 reg. esec. C.d.s., in relazione alla L. n. 168 del 2002, nonche' ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5, per difetto di motivazione in ordine alla omessa pronuncia su eccezione di nullita' rilevabile di ufficio. Nel dettaglio, la ricorrente evidenzia che seppure la L. n. 168 del 2002, consenta il c.d. rilevamento da remoto delle violazioni dei limiti di velocita', tuttavia cio' e' ammissibile purche' i dispositivi vengano gestiti sotto il diretto controllo dell'organo di polizia stradale. Di converso nella specie le violazioni non erano state accertate dagli agenti della Polizia Municipale, ma da addetti di societa' privata, cointeressata ai proventi delle sanzioni per essere retribuita con un corrispettivo variabile del 29,10% collegato. In altri termini, ritiene la ricorrente che la societa' privata si sarebbe occupata di effettuare le riprese attraverso il dispositivo di rilevamento della velocita', di raccogliere i dati provenienti dall'apparato autovelox e di trasmetterli alla Polizia Municipale per la loro validazione, la verificazione dell'illecito, dunque, non sarebbe avvenuto sotto il controllo dell'autorita' di Polizia, titolare della pretesa punitiva. Inoltre, la corresponsione di una percentuale degli introiti da parte della societa' privata avrebbe trasformato il contratto di appalto in un contratto aleatorio in quanto il corrispettivo sarebbe stato condizionato da un "evento", l'accertamento della sanzione, e non da un servizio effettivamente svolto, con conseguente illiceita' della causa ed indeterminatezza dell'oggetto. La circostanza che la ditta fornitrice provvedesse anche alla taratura degli apparecchi avrebbe determinato un grave conflitto di interessi in quanto la societa' privata sarebbe stata interessata ad attestare il regolare funzionamento degli autovelox. Ne discenderebbe l'ulteriore profilo di nullita' del contratto connesso alla violazione dell'articolo 208 C.d.S., che stabilisce un vincolo di destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 11 e 12 C.d.S., e dell'articolo 345 del Regolamento di esecuzione, della L. n. 168 del 2002, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e l'omesso esame di un documento decisivo per il giudizio insistendo nella circostanza che il Comune avrebbe demandato gli accertamenti relativi alla societa' privata, residuando a suo carico la "validazione" degli accertamenti, come si evincerebbe dall'articolo 6 del contratto, con conseguente delega alla societa' allo svolgimento di tutte le fasi del procedimento amministrativo di accertamento delle violazioni al Codice della Strada. I motivi, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, sono privi di pregio. Le censure relative alla nullita' del contratto, nella parte in cui prevede un corrispettivo pari ad una percentuale dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie, non meritano accoglimento in quanto non incidenti sulla legittimita' del verbale opposto. Come correttamente osservato dal Tribunale, detta questione concerne la validita' della costituzione del rapporto contrattuale tra l'ente locale ed il privato ma non ha incidenza sull'accertamento dei presupposti di fatto dell'accertamento eseguito per il tramite delle apparecchiature messe a disposizione, da cui dipende la questione relativa all'esistenza dell'obbligazione di pagamento delle somme richieste a titolo di sanzione. La remunerativita' del servizio in relazione ai proventi delle sanzioni amministrative non e' rilevante dal momento che le violazioni devono essere accertate dalla Polizia Municipale, ne' sussiste alcun profilo di invalidita' del verbale connesso al vincolo di destinazione dei proventi, per almeno la meta', a particolari finalita' pubbliche, di cui all'articolo 208 C.d.S.. L'articolo 208 C.d.S., prevedendo che una quota di proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal presente codice sono devoluti agli enti pubblici, anche territoriali, quando le violazioni sono accertati dal personale in forza presso detti enti, non collide con il noleggio delle apparecchiature di rilevamento della velocita' a soggetti privati. Come affermato da questa Corte (Cass. n. 22715 del 2016 e Cass. n. 38276 del 2021), con principio al quale il collegio intende dare continuita', nel caso di rilevamento di velocita' di veicoli a mezzo apparecchiature noleggiate, il contratto intercorso tra il Comune e la societa' di noleggio non si inserisce nella sequenza procedimentale che sfocia nella rilevazione dell'infrazione rilevata e contestata all'utente della strada e non condiziona la sussistenza della violazione accertata tramite tali apparecchi di rilevazione. Quanto poi alla denuncia di delega delle funzioni di accertamento dell'infrazione, la sentenza del Tribunale di Oristano precisa che il contratto di installazione delle apparecchiature prevedeva che i dati raccolti da dette apparecchiature confluissero in un server al fine di essere validati dal personale della polizia locale, che poteva quindi accedere a detti dati, "nella diretta e piena disponibilita' degli organi accertatori", cui era demandato l'esame, la verifica e la elaborazione dei dati immessi nel database ai fini della contestazione delle sanzioni amministrative (cfr pag. 15 della decisione impugnata). Il giudice del gravame sul punto fa riferimento all'articolo 4 del contratto, per poi richiamare anche i successivi articoli 5 e 6 del contratto, anche essi chiari nel ricondurre esclusivamente al Comune la piena disponibilita', la diretta gestione e vigilanza dei dispositivi e delle relative apparecchiature a norma delle vigenti disposizioni di legge e delle circolari ministeriali e prefettizie in materia, con conseguente esclusivita' della Polizia Locale stessa ad effettuare le procedure di validazione e di verbalizzazione degli accertamenti (v. pag. 16 della decisione). Dunque si tratta di una valutazione di merito compiuta dal giudice di appello quanto all'attivita' di accertamento compiuta dalla polizia locale, valutazione che ove adeguatamente motivata, come nella specie, non appare sindacabile in sede di legittimita'. Del resto sarebbe illegittima la sola totale delega delle funzioni di accertamento delle infrazioni a societa' privata, che nella specie il giudice del merito ha verificato essere stato effettuato dai pubblici ufficiali, come loro riservato dall'articolo 345 reg. esec. C.d.S., comma 4, e dagli articoli 11 e 12 C.d.S.. E proprio in ragione di siffatto specifico accertamento non puo' trovare applicazione nella specie la decisione di cui a Cass. n. 38276/2021 cit. In conclusione il ricorso va rigettato. Ne consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal controricorrente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. Poiche' il ricorso e' stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e' stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione integralmente rigettata, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese di legittimita' che liquida in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misure del 15% e agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DOVERE Salvatore - Presidente Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere Dott. BRUNO Mariarosari - rel. Consigliere Dott. DAWAN Daniela - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 25/09/2020 della CORTE APPELLO di BRESCIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MARIAROSARIA BRUNO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso chiedendo; Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilita' del ricorso; Nessun difensore e' presente. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Brescia del 25/9/2020 con cui, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena, e' stato ammesso al lavoro di pubblica utilita' per la durata di mesi 2 e giorni 27. L'imputato era ritenuto responsabile del reato di cui all'articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera b). L'esponente, a mezzo del difensore, articola i seguenti motivi di doglianza. I) Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita' ed inutilizzabilita'. La difesa lamenta che non e' stato depositato il verbale contenente i risultati dell'alcoltest, in spregio a quanto previsto dall'articolo 366 c.p.p.. Cio' comporterebbe l'inutilizzabilita' dell'atto, ove tempestivamente eccepita, ricorrendo un'ipotesi di nullita' relativa, come riconosciuto in diverse pronunce dalla Suprema Corte. Ne consegue che l'imputato avrebbe dovuto essere mandato assolto dall'accusa, non risultando alcuna prova che egli si trovasse in stato di ebbrezza al momento del controllo. II) Mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione; inosservanza ed erronea applicazione della legge penale; inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita', inutilizzabilita', inammissibilita' e decadenza. La Corte d'appello di Brescia ha ritenuto provato che l'etilometro fosse stato omologato e sottoposto alle prescritte revisioni periodiche. Cio' risulterebbe da un non meglio precisato "verbale di accertamento", assimilato dalla Corte ad un "atto irripetibile" e, per questo, acquisito in assenza di contraddittorio, nonche' dall'annotazione di servizio datata 18/2/17. Il Giudice di secondo grado avrebbe adottato una motivazione illogica e sarebbe incorso nella erronea applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 379, commi 5, 6, 7 e 8; Decreto Ministeriale n. 196 del 1990, articoli 3 e 4. Il verbale di accertamento acquisito non ha natura di atto irripetibile. Il documento a cui si riferisce la Corte territoriale e', in realta', un verbale di identificazione e di elezione di domicilio dell'imputato, il quale non contiene alcun accertamento e non possiede natura di atto irripetibile. Peraltro, poiche' la difesa dell'imputato non aveva prestato il consenso alla sua acquisizione esso non puo' essere utilizzato. In ogni caso la mera dicitura "omologato fino a maggio 2017" risulta del tutto ininfluente ai fini della verifica della regolarita' dell'etilometro in quanto il Pubblico Ministero ha l'onere di provare se e quando l'etilometro sia stato omologato e sottoposto alle prescritte verifiche annuali. La mancanza di una prova certa in ordine a tali circostanze imporrebbe di escludere la dimostrazione dello stato di ebbrezza. Nemmeno puo' ritenersi rilevante l'annotazione di servizio datata 18/2/17 poiche' in essa si sostiene semplicemente che l'etilometro sarebbe stato "revisionato sino al mese di maggio 2017". Ai fini della dimostrazione della perfetta funzionalita' dell'etilometro, e' necessario provare anche la continuita', la regolarita' e la tempestivita' delle suddette verifiche. Invero, nel caso in cui l'etilometro non venga tempestivamente sottoposto alle prescritte verifiche periodiche, l'apparecchiatura deve essere nuovamente sottoposta a verifica primitiva, con controlli piu' accurati rispetto a quella annuale. Di conseguenza l'accertamento effettuato mediante etilometro nel caso in esame deve essere dichiarato non valido ed inutilizzabile. Deve rammentarsi come, ai sensi della circolare ministeriale n. 87/91 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, le visite periodiche degli etilometri devono essere effettuate annualmente ed i medesimi etilometri non possono essere utilizzati se non sono in regola con i prescritti controlli. La mancanza di un corretto adempimento delle verifiche annuali deve indurre a ritenere non formata in modo idoneo, oltre ogni ragionevole dubbio, la prova che l'imputato fosse alla guida dell'autovettura in condizioni di ebbrezza e che avesse superato la soglia di punibilita' ai fini dell'applicazione della sanzione penale. I rilievi esposti risultano recepiti nelle pronunce delle Sezioni civili della Suprema Corte (sent. n. 1921/19). Recentemente anche le Sezioni penali hanno richiamato l'attenzione sulla ineludibilita' della prova da parte dell'Accusa che le apparecchiature utilizzate per l'alcoltest siano state sottoposte alle revisioni previste. Avendo l'imputato sempre contestato l'attendibilita' delle prove effettuate con l'apparecchio utilizzato, ha adempiuto al proprio onere di allegazione. III) Mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. Secondo la Corte territoriale, il tempo trascorso tra la guida e la prima prova con l'etilometro (pari a 34 minuti) confermerebbe che il tasso alcolemico durante la guida fosse superiore al limite di rilevanza penale. Tale convincimento sarebbe avvalorato dalla deposizione del teste (OMISSIS), che non consentirebbe di escludere che l'imputato avesse assunto alcolici. Risulta evidente come il giudice di secondo grado abbia adottato sul punto una motivazione contraddittoria e manifestamente illogica. Ed invero, l'imputato e' stato fermato dai Carabinieri alle ore 4.40 ed e' stato sottoposto all'alcoltest alle ore 5.14. Di conseguenza, tenuto conto che la curva alcolimetrica tende a salire con il passare del tempo, appare del tutto verosimile che il presunto stato di ebbrezza sia stato inferiore al dato registrato, con conseguente insussistenza del fatto. Per di piu', sarebbe desumibile dalle risultanze in atti la totale mancanza di una sintomatologia ricollegabile allo stato di ebbrezza. IV) Mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione con riferimento all'invocata applicazione dell'articolo 131 bis c.p.. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso deve essere rigettato, essendo i motivi proposti in parte infondati, in parte inammissibili. 2. In ordine al primo motivo di doglianza si osserva quanto segue. Secondo consolidato orientamento, in tema di guida in stato di ebbrezza, l'omesso deposito del verbale contenente gli esiti del cosiddetto alcoltest non integra alcuna nullita', costituendo una mera irregolarita' che non incide sulla validita' o utilizzabilita' dell'atto, rilevando solo ai fini della decorrenza del termine entro il quale e' consentito l'esercizio delle attivita' difensive (cosi' Sez. 4, n. 11666 del 02/12/2020, Rv. 280957; conformi: n. 26738 del 2006 Rv. 234512; n. 49407 del 2013, Rv. 257885; n. 39057 del 2004, Rv. 229965; N. 4159 del 2010, Rv. 246418; n. 18610 del 2004, Rv. 228339; n. 24876 del 2008 Rv. 240296; n. 21738 del 2004, Rv. 229114; n. 43376 del 2003, Rv. 226033; n. 12025 del 2011, Rv. 249941). Tale condivisibile orientamento trova fondamento nella considerazione che si tratta di un atto di polizia giudiziaria, urgente e indifferibile, al quale il difensore, ai sensi dell'articolo 356 c.p.p., puo' assistere senza che abbia diritto ad un preventivo avviso. Restano piuttosto isolati e non piu' attuali i precedenti di segno contrario richiamati nel ricorso. 3. Quanto al secondo motivo di doglianza, secondo tradizionale orientamento di questa Corte, in tema di contestazioni aventi ad oggetto il regolare funzionamento dell'etilometro, allorquando l'alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa fornire la prova contraria a detto accertamento (Sez. 4, n. 28887 del 11/06/2019, Rv. 276570). Si e' in proposito rilevato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 379, commi 6, 7 e 8, si limita ad indicare le verifiche alle quali gli etilometri devono essere sottoposti per poter essere omologati ed adoperati, ma non prevede nessun divieto la cui violazione determini espressamente l'inutilizzabilita' delle prove acquisite (Sez. 4, n. 17463 del 24/03/2011, Rv. 250324). In tempi piu' recenti, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 113 del 29 aprile 2015, che ha dichiarato la parziale illegittimita' del Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 45, comma 6, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocita' (c.d. autovelox) fossero sottoposte a verifiche periodiche di funzionalita' e di taratura, e dell'ordinanza della Sesta Sezione civile di questa Corte, n. 1921 del 24/01/2019, Rv. 652384, che ha esteso all'etilometro il medesimo principio, si e' assistito ad un superamento del tradizionale orientamento (cfr. Sez. 4, n. 38618 del 06/06/2019, Rv. 277189, cosi' massimata: "In tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l'alcoltest risulti positivo costituisce onere del pubblico ministero fornire la prova del regolare funzionamento dell'etilometro, della sua omologazione e della sua sottoposizione a revisione"). Tuttavia, come ancora piu' di recente si e' rilevato, occorre coordinare l'onere probatorio spettante al P.M. con quello di allegazione da parte dell'imputato (Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, Rv. 281828:"In tema di guida in stato di ebbrezza, l'onere a carico del pubblico ministero di fornire la prova dell'omologazione dell'etilometro e della sua sottoposizione alle verifiche periodiche previste dalla legge e' configurabile nel solo caso in cui l'imputato abbia assolto all'onere di allegazione avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell'apparecchio, e che non puo' risolversi nella richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all'omologazione e alle revisioni, non avendo tali dati di per se' rilievo probatorio ai fini dell'accertamento dello stato di ebbrezza"; si veda ancora in motivazione Sez. 4 n. 3201 del 12/12/2019, dep. 27/01/2020, Rv. 278032 - 01). Tale coordinamento comporta che, sebbene sia posta a carico del P.M. la dimostrazione degli elementi costitutivi dell'illecito contestato, sull'imputato grava necessariamente un onere di allegazione ai fini della contestazione della sussistenza di tali fatti costitutivi (cfr. Sez. 4 n. 26314/20 del 15/9/2020 n. m.), onere che non puo' considerarsi assolto attraverso la generica enunciazione del mancato regolare funzionamento dell'etilometro. Cio' premesso, la Corte ha argomentato in modo soddisfacente sul punto, cosi' rilevando: "Quanto alla idoneita' tecnica dell'etilometro, il primo giudice ha gia' rilevato che i verbalizzanti hanno dato atto che era stato utilizzato apparecchio omologato e sottoposto alle prescritte revisioni periodiche, con validita' sino al maggio 2017, data successiva all'accertamento de quo. Il dato risulta dal verbale di accertamento ritualmente acquisito, trattandosi di atto irripetibile. In particolare, dal cosi' detto scontrino dell'alcoltest risulta individuato l'apparecchio utilizzato (modello 7110 mklll n. arwb - 0041) e nella annotazione di servizio, attestante le attivita' compiute dalla polizia giudiziaria all'atto dell'accertamento - atto acquisito all'udienza 9.9.2019 su richiesta della difesa si da' atto che si tratta di apparecchio omologato ("... omologazione n. 00308BET ") e "revisionato sino al mese di maggio dell'anno 2017"". Da tali emergenze la Corte di merito ha logicamente desunto che l'apparecchio fosse stato regolarmente revisionato fino al maggio 2017. La possibilita' che le revisioni non siano state regolarmente eseguite alle cadenze previste e' argomentazione ipotetica che contrasta con le risultanze rappresentate dai giudici in sentenza, fondate sul richiamo puntuale alle emergenze processuali. Il riferimento contenuto in motivazione alla natura irripetibile del verbale di accertamento, su cui si appuntano le critiche difensive, non ha rilievo nell'economia della decisione: l'omologazione e la regolare revisione sono state desunte dall'annotazione di servizio del 18/2/2017, acquisita all'udienza 9/9/2019 su richiesta della difesa, circostanza non contestata nel ricorso. 4. La difesa osserva che la curva alcolemica tende a salire con il trascorrere del tempo, pertanto, sostiene, e' verosimile ritenere che, allorquando il ricorrente si pose alla guida del veicolo, il tasso alcolemico fosse inferiore a 0,8 O. Sollecitata la Corte di merito ad esprimersi sul punto, lamenta il ricorrente, la motivazione offerta in risposta sarebbe illogica e contraddittoria: "Il tempo trascorso tra la guida e la prima prova (34 minuti), valutato unitamente al dato relativo alla curva alcolemica - in ascesa nella prima ora dall'assunzione di alcolici - conferma che durante la guida il tasso alcolemico non poteva essere inferiore al limite di rilevanza penale". Ebbene, in ordine al tema richiamato dal ricorrente, questa Corte ha avuto modo di affermare, in diverse pronunce, che le tempistiche di assorbimento e di smaltimento delle sostanze alcoliche ingerite non costituiscono dati determinabili in astratto e validi per la generalita' dei casi, ma variano da soggetto a soggetto, dipendendo da numerosi fattori che sfuggono alla possibilita' di astratta previsione (Sez. 4, n. 45211 del 13/09/2018, Tomadini, n. m.; Sez. 4, n. 3862 del 10/11/2017, dep. 2018, n. nn.). La risposta fornita dai giudici di merito nel passaggio motivazionale richiamato non introduce elementi distonici nel ragionamento seguito in sentenza. La Corte di merito ha osservato che la rilevazione del tasso alcolemico - che ha comunque registrato due valori corrispondenti alla previsione di cui all'articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera b), - e' avvenuta a breve distanza di tempo dalla condotta di guida del veicolo (circa trenta minuti). Lo scarto temporale non particolarmente significativo, unitamente alla considerazione di tutte le altre circostanze rappresentate in motivazione (valutazione delle dichiarazioni del teste (OMISSIS) e sintomatologia osservata dai verbalizzanti) hanno indotto i giudici di merito a ritenere che, durante la guida del veicolo, non fossero intervenute apprezzabili modificazioni rispetto alle risultanze dall'esito della prova. E' d'uopo coniugare il passaggio motivazionale segnalato nel ricorso con la descrizione del fatto che ha preceduto il controllo di polizia. La Corte di merito descrive la vicenda nel suo sviluppo a pag. 6 della motivazione, evidenziando che il teste (OMISSIS) ha riferito di avere incontrato il (OMISSIS) in un bar e di essere andato via dopo pochi minuti, in compagnia dell'imputato, che aveva acconsentito a dargli un passaggio. All'atto del controllo, sulla base di quanto riferito dal teste qualificato (OMISSIS), il ricorrente presentava "alito vinoso ed occhi un po' lucidi". Il discorso giustificativo e' quindi idoneo a sostenere il convincimento dei giudici, offrendo congrua risposta al rilievo difensivo. Le ulteriori doglianze riguardanti l'interpretazione delle prove testimoniali acquisite in dibattimento (deposizione del verbalizzante e del teste (OMISSIS)) non possono trovare ingresso in questa sede: l'apprezzamento del contenuto delle prove testimoniali spetta esclusivamente al giudice di merito al fine della formazione del suo libero convincimento e, salvo il controllo sulla congruita' e logicita' della motivazione, non e' sindacabile in questa sede (cfr. ex multis Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, Rv. 271623 - 01). 5. Manifestamente infondato e' il motivo di ricorso riguardante la mancata applicazione dell'istituto di cui all'articolo 131 bis c.p.. La Corte di merito ha escluso il requisito della speciale tenuita' del fatto, ponendo in rilievo la misura del tasso alcolemico, il tempo di notte e la circostanza del trasporto di un passeggero a bordo del veicolo. Parte ricorrente ha censurato il merito della decisione assunta, senza formulare una effettiva critica delle ragioni di essa, ancorata ad argomentazioni logiche e non contraddittorie, proponendo valutazioni alternative, inammissibili in questa sede. Gli elementi valorizzati dal giudice d'appello, infatti, sono del tutto pertinenti rispetto ai presupposti applicativi dell'istituto in questione (modalita' della condotta ed entita' del danno o del pericolo), oltre che coerenti con le risultanze in fatto esposte in sentenza. 6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente Dott. CRISCUOLO Anna - rel. Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere Dott. ROSATI Martino - Consigliere Dott. DI GERONIMO Paolo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 28/05/2021 della Corte di appello di Palermo; letti gli atti, il ricorso e l'ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere Anna Criscuolo; lette le richieste del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SENATORE Vincenzo, che ha concluso per l'annullamento con rinvio limitatamente all'omessa motivazione sulla causa di non punibilita' di cui all'articolo 131 bis c.p.; letta la memoria dell'avv. (OMISSIS), che ribadisce i motivi e ne chiede l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Il difensore di (OMISSIS) propone ricorso avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di appello di Palermo ha confermato quella emessa il 20 aprile 2018 dal locale Tribunale, che, all'esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato l'imputato colpevole del reato di resistenza a pubblico ufficiale e, riconosciute le attenuanti generiche e con la riduzione per il rito, lo aveva condannato alla pena di due mesi e venti giorni di reclusione, concessi i doppi benefici. Ne chiede l'annullamento per due motivi. Con il primo motivo deduce l'erronea applicazione dell'articolo 337 c.p., in relazione all'articolo 200 C.d.S., nonche' vizi della motivazione e travisamento della prova per omissione e invenzione. La Corte di appello ha apoditticamente affermato, travisando i dati probatori, che l'atto di ufficio non era completato, in quanto non erano stati ancora estratti gli scontrini dall'apparecchio rilevatore della velocita', mentre il verbale di contestazione stava per essere consegnato per la firma, in contrasto sia sul piano logico che sul piano oggettivo con le risultanze degli atti, risultando dall'annotazione di p.g. che la compilazione del verbale era finita. Evidenzia, inoltre, che dalla comunicazione della notizia di reato risulta che il verbale era stato consegnato per la notifica e tale adempimento ai sensi dell'articolo 200 C.d.S., segna il momento conclusivo della procedura: ne deriva che la condotta fu posta in essere dopo il compimento dell'atto con conseguente insussistenza del reato. Sostiene che la condotta non poteva integrare la violenza o la minaccia richiesta dalla norma, per essersi il ricorrente limitato a fuggire a piedi senza mettere in pericolo gli operanti, essendo pacifico che le lesioni subite da un operante furono conseguenza di una caduta accidentale, sicche' il riferimento alle condizioni di traffico e alla messa in pericolo degli operanti non trova riscontro in atti. Con il secondo motivo denuncia l'omessa motivazione sulla richiesta formulata nei motivi aggiunti e ribadita nelle conclusioni scritte, con la quale si chiedeva l'assoluzione per particolare tenuita' del fatto in base alle modalita' della condotta, all'estemporaneita' dell'azione e all'incensuratezza dell'imputato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso non e' inammissibile, ma il reato, commesso il 26 marzo 2014, e' estinto per prescrizione, essendo decorso il termine massimo di prescrizione di sette anni e sei mesi dalla data di commissione del reato: prescrizione maturata, anche tenendo conto dei sette giorni di sospensione in primo grado per legittimo impedimento dell'imputato, dopo la sentenza di appello. 2. Pur risultando oggettiva l'omessa motivazione sulla causa di non punibilita' ex articolo 131 bis c.p., e' consolidato l'orientamento di questa Corte secondo il quale la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sulla esclusione della punibilita' per particolare tenuita' del fatto di cui all'articolo 131 bis c.p., in quanto essa, estinguendo il reato, rappresenta un esito piu' favorevole per l'imputato, mentre la seconda lascia inalterato l'illecito penale nella sua materialita' storica e giuridica; sono inoltre, diverse le conseguenze scaturenti dalle due pronunce di proscioglimento (Sez. 1, n. 43700 del 28/09/2021, Glorioso, Rv. 282214; Sez. 6, n. 11040 del 27/01/2016, Calabrese, Rv. 266505). Ne discende l'obbligo di immediata declaratoria di estinzione del reato ex articolo 129 c.p.p., comma 1, non emergendo dagli atti in termini di "evidenza", secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. Un. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275) elementi per pervenire ad una pronuncia assolutoria ai sensi dell'articolo 129 c.p.p., comma 2. E' principio consolidato che la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilita' per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attivita' ricognitiva, l'assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell'imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorieta' o insufficienza della prova, che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (Sez. 4, n. 23680 del 7/5/2013, Rizzo ed altro, Rv. 256202; conf. Sez. 6, n. 10284 del 22/1/2014, Culicchia, Rv.259445), il che nella fattispecie non e', alla luce del compendio probatorio acquisito, basato, prima di tutto, sulle stesse dichiarazioni dell'imputato, riportate nella sentenza di primo grado e conformi alla ricostruzione del fatto contenuta nella sentenza impugnata. L'ammissione dell'imputato di essere andato in escandescenza nel momento in cui gli agenti gli esibivano gli scontrini relativi all'esito dell'autovelox, temendo la revoca della patente, sicche' aveva afferrato tra le mani l'apparecchio autovelox e aveva iniziato a correre, inseguito dagli agenti (p. 3 sentenza di primo grado), e' in linea con le risultanze dell'annotazione di servizio circa il mancato completamento dell'atto d'ufficio, in quanto il verbale di contestazione per superamento dei limiti di velocita' gli stava per essere consegnato con conseguente valenza oppositiva dell'azione consistita nell'impossessamento dell'apparecchio e nella fuga: elementi questi, che pacificamente escludono la sussistenza di cause di proscioglimento. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perche' il reato e' estinto per prescrizione.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FERRANTI Donatella - Presidente Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere Dott. NARDIN Maura - rel. Consigliere Dott. BELLINI Ugo - Consigliere Dott. PICARDI Francesca - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 30/09/2020 della CORTE APPELLO di BRESCIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NARDIN MAURA; lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del Sostituto Procuratore TAMPIERI LUCA. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 30 settembre 2020 la Corte d'Appello di Brescia confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo con cui (OMISSIS) e' stato assolto, ai sensi dell'articolo 131 bis c.p., dal reato di cui all'articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c) e comma 2 bis, per essersi posto alla guida di un'autovettura in stato di ebbrezza alcolica, con tasso alcolemico, riscontrato a mezzo di alcoltest, pari a gr/l 1,54 alla prima prova e gr/l 1,58 alla seconda prova, con l'aggravante di avere provocato un sinistro stradale. 2. Avverso la sentenza propone ricorso l'imputato a mezzo del suo difensore, formulando cinque motivi di impugnazione. 3. Con il primo si duole della violazione della legge penale e vizio di motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto di non poter sostituire la pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilita', a cio' ostando l'aggravante di cui all'articolo 186 C.d.S., comma 2 bis, nonostante dalla sentenza di primo grado, non impugnata dal pubblico ministero, emerga che la medesima e' stata esclusa. Osserva che l'ammissione ai lavori di pubblica utilita' conduce alla pronuncia di non doversi procedere per estinzione del reato, con riduzione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida alla meta' e con la revoca della confisca del veicolo sequestrato, mentre la sentenza di assoluzione ex articolo 131 bis c.p., comporta l'iscrizione della medesima nel casellario giudiziario ed ha efficacia extrapenale nei giudici civili ed amministrativi, con conseguente applicazione in sede amministrativa della sospensione della patente di guida e confisca del veicolo, senza i benefici previsti dall'articolo 186 C.d.S., comma 9. Sicche' sussiste l'interesse all'applicazione di siffatta ultima disposizione, in quanto causa estintiva del reato con effetti piu' favorevoli rispetto a quelli derivanti dall'applicazione dell'articolo 131 bis c.p.. 4. Con il secondo motivo fa valere il vizio di motivazione per non avere la Corte territoriale, senza motivare in alcun modo, rinnovato, come richiesto, l'istruttoria dibattimentale, al fine di escutere la teste (OMISSIS) sull'assunzione da parte dell'imputato di un farmaco antidolorifico influenzante il risultato dell'alcoltest. Rileva che dalla testimonianza dell'agente accertatore (OMISSIS) e' emersa l'assenza di sintomi esteriori di alterazione, essendo l'imputato stato descritto come non ubriaco, ma collaborativo ed educato, mentre nessuna valida spiegazione e' stata fornita sulla non consecutorieta' degli scontrini attestanti le prove, rispettivamente n. 1941 e 1943. La mancanza dello scontrino n. 1942, non conservato e non prodotto in giudizio inficia l'attendibilita' delle prove alcolimetriche svolte, ben potendo recare un risultato del tutto diverso da quello precedente e da quello successivo. 5. Con il terzo motivo fa valere la violazione degli articoli 62 e 63 c.p.p. ed il vizio di motivazione. Ricorda che con l'atto di appello l'imputato aveva dedotto l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese dall'interessato ai Carabinieri nell'immediatezza del fatto, riferite in dibattimento dal teste (OMISSIS), da cui e' stato desunto che il medesimo si trovava alla guida dell'autoveicolo, mentre anche (OMISSIS), che accompagnava (OMISSIS), avrebbe potuto condurre il mezzo. 6. Con il quarto motivo lamenta la falsa applicazione dell'articolo 366 c.p.p. ed il vizio di motivazione. Assume che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, il mancato deposito dei risultati della prova alcolimetrica entro i tre giorni successivi al compimento della stessa integra, secondo la Suprema Corte, un'ipotesi di nullita' relativa con conseguente inutilizzabilita' dell'accertamento. 7. Con il quinto motivo censura la decisione impugnata rilevando la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 379 e del Decreto Ministeriale n. 196 del 1990, articolo 4 e la conseguente nullita' dell'accertamento etilometrico, per difetto della prova dell'effettuazione delle revisioni periodiche annuali, da ritenersi incombente sul pubblico ministero, secondo la giurisprudenza di legittimita'. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata. 8. Con requisitoria scritta ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I motivi debbono essere trattati nel loro ordine logico. 2. Il quarto motivo e' manifestamente infondato. Questa Corte con orientamento sostanzialmente uniforme, recentemente ribadito, ha ritenuto che: "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'omesso deposito del verbale contenente gli esiti del cosiddetto alcoltest non integra alcuna nullita', costituendo una mera irregolarita' che non incide sulla validita' o sull'utilizzabilita' dell'atto, rilevando solo ai fini della decorrenza del termine entro il quale e' consentito l'esercizio delle attivita' difensive" (Sez. 4, Sentenza n. 11666 del 02/12/2020, dep. 29/03/2021, Gennaro, Rv. 280957; Sez. 4, n. 49407 del 21/11/2013, Grossi, Rv. 257885; Sez. 4, n. 49407 del 21/11/2013, cit.; Sez. 4, n. 4159 del 15/10/2009, dep.2010, Tamburini, Rv. 246418; Sez. 4, n. 24876 del 08/04/2008, Castelli, Rv. 240296; Sez. 4, n. 27736 del 08/05/2007, Nania, Rv. 236933; Sez. 4, n. 26738 del 07/02/2006, Belogi, Rv. 234512). 3. Il terzo motivo e' manifestamente infondato. Le Sezioni unite, con pronuncia risalente, ma mai superata hanno chiarito che "In tema di prova dichiarativa, allorche' venga in rilievo la veste che puo' assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e quindi al di la' del riscontro di indici formali, come l'eventuale gia' intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l'attribuibilita' allo stesso della qualita' di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimita'" (Sez. U, Sentenza n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584). Questa stessa Sezione, ribadendo il principio, ha precisato che "la sanzione di inutilizzabilita' erga omnes postula che, a carico dell'interessato, siano gia' stati acquisiti, prima dell'escussione, indizi non equivoci di reita', come tali conosciuti dall'autorita' procedente, non rilevando, a tale proposito, eventuali sospetti od intuizioni personali dell'interrogante (Sez. U., n. 23868 del 23/4/2009, Fruci, Rv. 243416). L'inutilizzabilita' assoluta, ai sensi dell'articolo 63 c.p.p., comma 2, richiede quindi l'originaria esistenza, a carico dell'escusso, di precisi, anche se non gravi, indizi di reita', che non possono automaticamente inferirsi dal solo fatto che il dichiarante risulti essere stato, in qualche modo, coinvolto in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti di carattere penale a suo carico. Occorre invece che le predette vicende, cosi' come percepite dall'autorita' inquirente, presentino connotazioni tali da indurre a ravvisare concretamente la sussistenza di elementi di spessore indiziante sufficiente ad attribuire al soggetto la qualita' di indagato (Cass., Sez. 3, n. 21747 del 26/4/2005, Rv. 231995; Sez. 6, n. 28110 del 16/4/2010, Rv. 247773; Sez. 6, n. 4422/05 del 7/10/2004, Rv. 231446). Solo in tal caso il soggetto puo' ritenersi irritualmente sentito come persona informata sui fatti, giacche' avrebbe dovuto essere interrogato ab origine in qualita' di imputato o di indagato, e dunque le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate ne' contra se ne' contra alios. Se invece gli elementi di reita' emergono soltanto nel corso dell'audizione o addirittura nelle ulteriori fasi dell'iter giudiziale, le dichiarazioni rese dal soggetto escusso, a norma dell'articolo 63 c.p.p., comma 1, non sono utilizzabili contro quest'ultimo ma lo sono appieno nei confronti dei terzi" (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 40786 del 18/07/2018, dep. 13/09/2018, D, Rv. 273926, in motivazione; successivamente anche Sez. 4, Sentenza n. 48778 del 19/11/2019, Scaglione, Rv. 277401). Nel caso di specie, la Corte da' atto che, immediatamente dopo l'incidente, (OMISSIS), dichiarava ai carabinieri di essere conducente dell'autovettura coinvolta nel sinistro, fornendo le proprie generalita', sottoscrivendo il verbale, prima dell'accertamento alcolimetrico, circostanza confermata, nell'occasione anche dall'altro conducente al momento di rassegnare i proprii dati a fini assicurativi. Cio', secondo il giudice di seconda cura e' sufficiente per affermare che allorquando l'interessato affermo' di essere alla guida del veicolo non vi fossero ancora indizi di reita'. Si tratta di una motivazione che soddisfa l'onere motivazionale imposto, nel senso precisato dalla giurisprudenza richiamata, ed e' pertanto incensurabile in questa sede. 4. Il quinto motivo e' manifestamente infondato. 4.1 Giova rammentare che la prova etilometrica a mezzo di alcoltest e' dotata di validita' scientifica fondata sulla metabolizzazione dell'etanolo e sulla sua reperibilita' nell'aria alveolare, misurabile attraverso il prodotto dell'espirazione. L'esito della verifica, dunque, laddove l'apparecchiatura utilizzata sia omologata e cioe' abbia le caratteristiche previste dal Decreto Ministeriale 22 maggio 1990, n. 196 e non presenti difetti di funzionamento, ha valore di evidenza del tasso alcolemico. La misurazione, che deve essere ripetuta due volte ai sensi dell'articolo 379 del Reg. esc. C.d.S., determina, infatti, un dato di natura tecnica il cui significato scientifico viene meno solo qualora lo strumento o la modalita' utilizzata per il suo uso siano difettosi od erronei. 4.2 Ora, questa Sezione (Sez. 4, Sentenza n. 11679 del 15/12/2020, dep. 29/03/2021, Ibnezzayer, Rv. 28095), prendendo atto del contrasto insorto sull'onere probatorio circa il funzionamento dell'apparecchiatura e l'assolvimento degli obblighi di revisione previste dal Regolamento di attuazione del codice della strada (Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992), dato atto che, da ultimo, alcune decisioni (Sez. 4, n. 38618 del 06/06/2019 - dep. 19/09/2019, Bertossi, Rv. 27718901; Sez. 4, n. 3201 del 12/12/2019 - dep. 27/01/2020, Santini, Rv. 27803201) si sono consapevolmente discostate dal risalente e consolidato orientamento secondo il quale, in tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza, ed e' onere dell'imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell'esecuzione dell'aspirazione, non essendo sufficiente la mera allegazione della sussistenza di difetti o della mancata omologazione dell'apparecchio (Sez. 4, n. 17463 del 24/03/2011 - dep. 05/05/2011, Neri, Rv. 25032401; ma cosi' anche Sez. 4, n. 12265 del 09/01/2015, Travagli, non massimata; Sez. 4, n. 42084 del 04/10/2011, Salamone, Rv. 251117; Sez. 4, n. 8591 del 16/01/2008, Letteriello, non massimata; Sez. 4, n. 45070 del 30/03/2004, Gervasoni, Rv. 230489), ha esaminato le ragioni sottese al nuovo indirizzo, secondo cui la prova incomberebbe all'accusa, la quale dovrebbe ogni volta dimostrare la positiva esecuzione di quelle verifiche. 4.3 Nell'affrontare il contrasto, si e' osservato che la piu' recente impostazione "e' stata argomentata a partire dalla considerazione data alla sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 29 aprile 2015, che, in sede di giudizio di legittimita' costituzionale incidentale ha dichiarato la parziale illegittimita' del Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 45, cc. 6, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocita' (c. d. autovelox) siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalita' e di taratura, cosi' esonerando, secondo l'interpretazione datane dal diritto vivente, gli utilizzatori dall'obbligo di verifica periodica di funzionamento e taratura delle apparecchiature. Viene rammentato che secondo il Giudice delle leggi, la disposizione censurata, cosi' come risultante dall'interpretazione del "diritto vivente" sviluppatosi in merito (nel senso, cioe', di esonerare i soggetti utilizzatori dall'obbligo di verifiche periodiche di funzionamento e di taratura delle apparecchiature impiegate nella rilevazione della velocita'), deve ritenersi contraria al principio di ragionevolezza e al principio logico di non contraddizione. In particolare, il richiamo della Corte costituzionale al canone di "razionalita' pratica" appare finalizzato ad affermare che "qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, e' soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a modifiche dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi 2 quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, mutamenti della tensione di alimentazione", eventualita' queste che rendono intrinsecamente irragionevole l'esonero delle apparecchiature da verifiche periodiche. La Consulta nell'occasione ha ribadito la legittimita' dell'utilizzo di tali apparecchiature, siccome ragionevole nell'ottica del bilanciamento tra la tutela della sicurezza stradale e quella delle situazioni soggettive dei sottoposti alle verifiche, in qualche modo compressa, quest'ultima, per effetto della parziale inversione dell'onere della prova (dal momento che sara' il ricorrente contro l'applicazione della sanzione a dover eventualmente dimostrare il cattivo funzionamento dell'apparecchiatura); ha evidenziato, di contro, che una tale limitazione trova spiegazione proprio nel ragionevole affidamento derivante dalla custodia e dalla permanenza della funzionalita' delle apparecchiature, garantita quest'ultima da verifiche periodiche conformi alle relative specifiche tecniche, affidamento che degrada in assoluta incertezza se queste ultime non vengono effettuate. La pronuncia che ha ispirato l'orientamento in esame ha anche rilevato che il principio affermato dalla Corte costituzionale in tema di autovelox era stato applicato al caso dell'etilometro dalla Cassazione civile, secondo cui, in tema di violazione al codice della strada, il verbale dell'accertamento effettuato mediante etilometro deve contenere, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata, l'attestazione della verifica che l'apparecchio da adoperare per l'esecuzione del cd. "alcooltest" e' stato preventivamente sottoposto alla prescritta ed aggiornata omologazione ed alla indispensabile corretta calibratura; l'onere della prova del completo espletamento di tali attivita' strumentali grava, nel giudizio di opposizione, sulla P.A. poiche' concerne il fatto costitutivo della pretesa sanzionatoria (Sez. 6 civ., Ord. n. 1921 del 24/01/2019, Rv. 652384; a superamento del contrario indirizzo espresso da Sez. 6 civ., n. 4255 del 23/10/2014, dep. 2015). Nell'occasione la Cassazione civile aveva ripercorso il quadro normativo sulle caratteristiche rigorosamente previste per l'etilometro in funzione della configurazione della piena attendibilita' della correlata attivita' di accertamento (Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 379, commi 5, 6, 7 e 8 e il disciplinare tecnico richiamato dal citato comma 5, precedentemente approvato con decreto del Ministero dei Trasporti n. 196 del 22 maggio 1990) ed era pervenuta alla conclusione che l'effettiva legittimita' dell'esecuzione dell'accertamento mediante etilometro non puo' prescindere dall'osservanza di appositi obblighi formali, dalla cui violazione puo' discendere l'invalidita' dell'accertamento stesso, tra i quali, in particolare, l'attestazione - al momento del controllo - dell'avvenuta preventiva sottoposizione dell'apparecchio alla prescritta ed aggiornata omologazione oltre che alla 3 indispensabile corretta calibratura (da riportare sul libretto di accompagnamento), tali da garantire l'effettivo "buon funzionamento" dell'apparecchio e, quindi, la piena attendibilita' del risultato conseguito attraverso la sua regolare utilizzazione; il verbale di accertamento deve contenere - anche per garantire l'effettivita' della trasparenza dell'attivita' compiuta dai pubblici ufficiali - l'attestazione dei dati relativi allo svolgimento dei suddetti adempimenti, in modo tale da garantire la controllabilita' della legittimita' della complessiva operazione di accertamento. In tale quadro la Cassazione civile attribuiva l'onere della prova circa il completo assolvimento dell'espletamento dell'evidenziata attivita' preventiva strumentale ai fini della legittimita' - e della piena attendibilita' - dell'accertamento alla Pubblica Amministrazione, siccome attinente al fatto costitutivo della pretesa sanzionatoria costituente oggetto del giudizio di opposizione instaurato o ai sensi dell'articolo 6 o ai sensi dell'articolo 7 del Decreto Legislativo n. 150 del 2011. Sulla scorta di simili premesse si e' ritenuto di dover affermare che nel giudizio penale grava sull'accusa l'onere di dimostrare l'avvenuta esecuzione della taratura e l'avvenuta omologazione dell'apparecchiatura utilizzata per l'accertamento del tasso alcolemico. La sentenza Bertossi ha rilevato che la questione dell'onere della prova della regolarita' dell'etilometro era gia' venuta all'attenzione della Quarta Sezione di questa Corte penale, consapevole dell'esigenza di affrontare il problema della coerenza della soluzione fino ad allora prescelta coi principi espressi dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza civile (Sez. 4, n. 17494 del 29/03/2019, Scalera, non massimata; Sez. 4, n. 25132 del 21/02/2019, Picardi, non massimata). Ha ritenuto che in concreto, tuttavia, tale tematica non fosse stata affrontata, perche' nelle fattispecie esaminate risultava dimostrata l'effettuazione dell'omologazione e della revisione dell'apparecchio, con conseguente declaratoria di inammissibilita' del relativo motivo di ricorso. Tracciate simili premesse, la Corte ha ritenuto che l'insegnamento della Corte costituzionale, e la posizione assunta dalla giurisprudenza civile, dovesse indurre a modificare il tradizionale orientamento che, a suo dire, aveva privilegiato le esigenze di tutela della sicurezza stradale, a fronte dell'interesse dell'imputato ad ottenere tutela in presenza di accertamenti automatici effettuati da apparecchi quali gli autovelox o gli etilometri, dei quali spesso le amministrazioni non sono in grado di dimostrare l'aggiornata taratura della funzionalita'. L'orientamento tradizionale, per il quale e' sufficiente l'omologazione dell'apparecchio, ha comportato il gravoso onere per il privato, sia in sede civile sia penale, di dimostrare la sussistenza, nel caso concreto, di un difetto di funzionamento. La prova del malfunzionamento dell'etilometro appare tanto piu' difficoltosa in considerazione della disponibilita' dell'apparecchio in capo alla pubblica amministrazione. I principi affermati dalla citata giurisprudenza costituzionale in tema di autovelox erano stati estesi dalla giurisprudenza civile in relazione all'etilometro, per cui non v'e' ragione di non riconoscerli anche in sede penale. In caso contrario, si creerebbe un'evidente ed irragionevole distonia - e in particolare tra i settori civile, amministrativo e penale nella parte in cui l'onere della prova del funzionamento dell'etilometro spetterebbe alla pubblica amministrazione in sede civile e all'imputato in sede penale. Addirittura, ne deriverebbe la conseguenza irrazionale - incidente anche sul profilo sostanziale secondo cui una medesima fattispecie potrebbe costituire solo illecito penale e non illecito amministrativo, in totale contrasto col principio di sussidiarieta' del diritto penale e, cioe', dell'utilizzazione dello strumento penale solo quale extrema ratio, in caso di insufficienza degli strumenti sanzionatori previsti dagli altri rami dell'ordinamento. Sotto il profilo processuale, il principio qui sopra affermato e' conforme a quello di carattere generale secondo cui l'accusa deve provare i fatti costitutivi del fatto reato, mentre spetta all'imputato dimostrare quelli estintivi o modificativi di una determinata situazione, rilevanti per il diritto. La parte che allega un fatto (nella specie: superamento del tasso alcolemico), affermandolo come storicamente avvenuto, deve introdurre nel processo elementi di prova idonei a dimostrarne la veridicita'. L'onere della prova dell'imputato di dimostrare il contrario puo' sorgere solo in conseguenza del reale ed effettivo accertamento da parte del pubblico ministero del regolare funzionamento e dell'espletamento delle dovute verifiche dell'etilometro. Alla luce di tali considerazioni, pertanto, in tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l'alcoltest risulti positivo, costituisce onere della pubblica accusa fornire la prova del regolare funzionamento dell'etilometro, della sua omologazione e della sua sottoposizione a revisione. 3.2. In realta', gia' con la sentenza Sez. IV. n. 27489 del 12.1.2017, Gueli, n. m. era stata presa in considerazione la pronuncia del Giudice delle leggi osservando che nell'occasione il tema era stato quella della legittimita' costituzionale di una disciplina che non prevedeva, secondo il consolidato orientamento delle sezioni civili della Corte di cassazione, la sottoposizione degli strumenti di misurazione della velocita' alla procedura di verifica periodica prevista dalla L. n. 273 del 1991 istitutiva del sistema nazionale relativo alla verifica della taratura. Per contro, per l'apparecchiatura con la quale si effettua l'alcoltest sono previsti controlli periodici successivi all'omologazione e alla taratura, funzionali a verificare il perdurante regolare funzionamento. Il Regolamento esecutivo del 5 codice della strada (Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992), all'articolo 379, rimanda a disposizioni ministeriali per la disciplina di tali controlli. Ne consegue in primo luogo la coerenza della disciplina ai principi posti dalla Corte costituzionale; in secondo luogo, risulta confermata la validita' dell'interpretazione data dalla giurisprudenza di legittimita', la quale ponendo a carico dell'imputato di dare dimostrazione dell'irregolare funzionamento dello strumento, poggia su una ragionevole presunzione di affidabilita' del medesimo perche' concretamente utilizzato in una cornice, normativa che ne prevede il controllo periodico. Ragionevole presunzione che permette all'accusa di adempiere al proprio onere probatorio; e al tempo stesso consente all'imputato di dare in modo agevole ad esempio attraverso la richiesta di escussione del dirigente del reparto dal quale dipendono gli operatori o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro (acquisibile mediante una semplice istanza trasmessa al C.S.R.P.A.D. di Roma: (OMISSIS); lo stesso Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha pubblicato sul proprio sito istituzionale tutte le informazioni necessarie per l'accesso agli atti di cui alla L. n. 241 del 1990 e dal detto sito e' possibile scaricare il "modello richiesta accesso a documenti amministrativi") - di dare dimostrazione dell'assenza o della inattualita' delle verifiche. Non v'e' dubbio, peraltro, che l'intera tematica nulla ha a che vedere con le categorie processuali della nullita' degli atti e della inutilizzabilita' della prova, vertendosi piuttosto nell'ambito della rispondenza della motivazione al modello legale, quale definito dalla giurisprudenza di questa Corte. L'incidere della tematica sulla ripartizione degli oneri probatori - causa di una non inusuale discordanza tra processo penale e processo civile - esclude anche che possa prefigurarsi con qualche fondamento quella contraddittoria concomitanza di sussistenza dell'illecito penale ed insussistenza dell'illecito amministrativo evocata dalla sentenza Bertossi." (Sez. 4, Sentenza n. 11679 del 15/12/2020, Ibnezzayer, in motivazione). 4.4 Deve, dunque, concludersi, in conformita' con la decisione appena riportata, il cui tracciato interpretativo e' condiviso da questo Collegio, che "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilita' di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura - con la conseguenza che e' onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualita' dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro". 5. Il secondo motivo e' inammissibile. 5.1 Da un lato, infatti, il ricorrente che ripropone il motivo sull'influenza dell'assunzione di farmaci sul controllo alcolimetrico, non si pone a confronto con la decisione impugnata, che ha ritenuto l'allegazione sfornita di un principio di prova, ne' ha tecnicamente chiarito in quale modo il principio attivo del farmaco avrebbe condizionato l'esito della prova. Dall'altro, non tiene in considerazione che ricade fra gli obblighi del conducente quello di mettersi alla guida in efficienza psico-fisica, tenendo in considerazione anche gli effetti dei farmaci utilizzati per la cura di patologie croniche o transitorie, nonche' il loro riverberarsi su condizioni temporanee determinate dall'assunzione di sostanze, che possono condizionare la sicurezza della circolazione. 5.2 Sotto l'ulteriore profilo, invece, riguardante la discontinuita' degli scontrini attestanti il risultato del test, va rilevato che la Corte territoriale ha dato spiegazione delle ragioni del salto di numero, precisando che l'operante escusso l'ha giustificato con la necessita' del cambio del rotolo di carta. Trattandosi di un vaglio sul fatto e sulle prove, la logicita' e congruita' della motivazione esimono questo giudice da ulteriori valutazioni, non rientranti nel sindacato di legittimita'. 6. Il primo motivo e' manifestamente infondato. 7. Invero, ancorche' debba prendersi atto del fatto che il primo giudice ha ritenuto di escludere l'aggravante di cui all'articolo 186 C.d.S., comma 2 bis ed ancorche' debba ritenersi che il beneficio di cui all'articolo 186 C.d.S., comma 9 bis, possa essere concesso, con la sentenza di secondo grado, all'imputato che ne faccia richiesta, vi e' che la sua applicazione implica la condanna, cioe' l'accertamento del disvalore penale del fatto, mentre l'applicazione dell'articolo 131 bis c.p., che pure contiene l'accertamento del fatto in se', implica l'insussistenza dell'interesse dello Stato alla punizione per la sua particolare tenuita'. Si tratta di un giudizio che non e' nella disponibilita' dell'imputato, il quale, pertanto, non puo' dolersene in relazione alle conseguenze che ritiene piu' favorevoli, non essendo siffatta valutazione rimessa alla sua convenienza. 8. All'inammissibilita' del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro tremila alla Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila alla Cassa delle Ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere Dott. BRUNO Paolo Antonio - Consigliere Dott. PAVICH Giuseppe - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 04/03/2021 della CORTE APPELLO di ANCONA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere PAVICH GIUSEPPE; lette le conclusioni del PG. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), per il tramite del suo difensore di fiducia, ricorre avverso la sentenza con la quale la Corte d'appello di Ancona, in data 4 marzo 2021, ha confermato la condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Macerata, all'esito di giudizio abbreviato, in relazione al reato p. e p. dall'articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera b) e comma 2-sexies (guida in stato d'ebbrezza, aggravata dall'orario notturno), contestato come commesso in (OMISSIS). Il ricorrente articola tre motivi di lagnanza. 1.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione all'assunto, sostenuto dalla Corte di merito, in base al quale, con la scelta del rito abbreviato, l'imputato avrebbe rinunciato definitivamente a contestare il buon funzionamento dell'etilometro, pur essendo onere dell'accusa comprovarlo. Peraltro, gia' in primo grado il deducente aveva formulato l'eccezione di inutilizzabilita' degli esiti dell'alcoltest, come si ricava dallo stesso testo della sentenza del Tribunale, che affermava "la manifesta infondatezza della censura". Di seguito il deducente ripercorre i fondamenti della propria contestazione, basata sul mutamento di giurisprudenza della Cassazione a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 113/2015 e dell'ordinanza della Sesta Sezione civile n. 1921 del 24 gennaio 2019; ed evidenzia come nel caso di specie si versi in un'ipotesi di "inutilizzabilita' patologica" dei risultati dell'accertamento etilometrico, non sanabile pertanto con la richiesta di rito abbreviato. 1.2. Con il secondo motivo il deducente lamenta violazione di legge con riguardo all'onere della prova circa il funzionamento o il malfunzionamento dell'apparecchio per la misurazione del tasso alcolemico: nella specie, come evidenziato con l'atto d'appello e con le successive memorie, mancava l'indicazione dell'avvenuta verifica periodica del funzionamento dell'apparecchio. Indi, richiamato il mutamento giurisprudenziale segnalato con il primo motivo di ricorso, il ricorrente censura il percorso argomentativo della Corte dorica, secondo la quale, fermo restando l'onere della prova in capo all'accusa, tuttavia la difesa avrebbe avuto un onere di allegazione circa il funzionamento dell'etilometro, che nella specie non avrebbe assolto: l'esponente critica tale assunto, osservando che tra gli oneri dell'accusa - riferita all'avere l'imputato guidato in stato d'ebbrezza - vi era certamente quello di dimostrare che la misurazione dell'ebbrezza era avvenuta in termini scientificamente attendibili. 1.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, sotto il duplice profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, la mancata concessione della sospensione condizionale, basata su una valutazione che, oltre a non fornire risposta alle lagnanze rassegnate al riguardo con l'atto d'appello, si rivela preconcetta nel ravvisare la sussistenza di un pericolo di condotte recidivanti; inoltre, nel negare il beneficio, si fa richiamo ai precedenti specifici del (OMISSIS), argomento gia' utilizzato per negare le attenuanti generiche: quanto precede a fronte del fatto che il ricorrente non aveva mai, in precedenza, fruito della sospensione condizionale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato. 2. I primi due motivi possono essere congiuntamente trattati, essendo riferiti ad aspetti in parte contigui e comunque tra loro interconnessi, e vanno entrambi congiuntamente disattesi. 2.1. Si premette che l'ormai prevalente indirizzo di questa Corte in ordine all'onere della prova circa il funzionamento dell'etilometro e' di segno completamente diverso rispetto a quello propugnato dal ricorrente: in base a tale indirizzo si e' affermato che, in tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilita' di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura - con la conseguenza che e' onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualita' dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro (Sez. 4, Sentenza n. 11679 del 15/12/2020, dep. 2021, Ibnezzayer, Rv. 280958; Sez. 4, Sentenza n. 7285 del 09/12/2020, dep. 2021, Demma, Rv. 280937; Sez. 4, Sentenza n. 28887 del 11/06/2019, Cardinali, Rv. 276570). 2.2. Ma, anche in un orientamento - apparentemente e comunque solo parzialmente - diverso, espresso in altre sentenze, si e' chiarito che l'onere a carico del pubblico ministero di fornire la prova dell'omologazione dell'etilometro e della sua sottoposizione alle verifiche periodiche previste dalla legge e' configurabile nel solo caso in cui l'imputato abbia assolto all'onere di allegazione avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell'apparecchio, e che non puo' risolversi nella richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all'omologazione e alle revisioni, non avendo tali dati di per se' rilievo probatorio ai fini dell'accertamento dello stato di ebbrezza (Sez. 4, Sentenza n. 33978 del 17/03/2021, Garbin, Rv. 281828). In linea con questo stesso indirizzo, altra sentenza della stessa Corte regolatrice (Sez. 4, Sentenza n. 3201 del 12/12/2019, dep. 2020, Santini, Rv. 278032) ha affermato analogo principio in un caso di ammissione al rito abbreviato non condizionato, riguardo al quale la Corte ha ritenuto l'implicita accettazione dell'imputato all'utilizzazione degli scontrini dell'alcooltest, non avendo costui eccepito nulla in proposito e non avendo sollecitato l'assunzione di una prova contraria. Nella sentenza Santini si e' osservato, fra l'altro, che il riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 113/2015 non e' calzante, in quanto tale sentenza si riferiva all'articolo 45 C.d.S., comma 6, relativo agli autovelox, per i quali - a differenza di quanto stabilito per l'etilometro dall'articolo 379, Reg. esec. C.d.S. - non era prevista alcuna disciplina in tema di verifiche periodiche di funzionalita' e di taratura; del pari non e' calzante il riferimento all'ordinanza della 6" Sezione civile di questa Corte n. 1921/2019, che riguardava un giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, nell'ambito del quale, "sebbene sia posto a carico dell'amministrazione l'onere di provare i fatti costitutivi dell'effetto giuridico del provvedimento sanzionatorio, nondimeno sull'opponente grava necessariamente un (prioritario) onere di allegazione volto a contestare la sussistenza di tali fatti costitutivi". Nel caso allora in esame, la richiesta di abbreviato non condizionato, senza che l'interessato formulasse alcuna eccezione (in una materia, tra l'altro, in cui - alla luce anche delle gia' svolte considerazioni - non vi e' spazio per ravvisare inutilizzabilita' patologiche o nullita' assolute, diversamente da quanto asserito dal ricorrente), aveva implicato ex se l'accettazione della piena utilizzabilita' probatoria degli scontrini. 2.3. Nel caso odierno, parimenti, la richiesta di rito abbreviato ha privato di rilievo la questione, comportando l'assenza di vizi nel fondamento probatorio della decisione basata sugli scontrini dell'alcoltest: appare evidente, del resto, che il cenno del Tribunale nella sentenza di primo grado alla "manifesta infondatezza della censura" proposta al riguardo dall'odierno ricorrente si riferisce a materia di discussione nell'ambito del rito abbreviato gia' ammesso, e non a eccezione prodromica al mutamento del rito. 3. Quanto invece al terzo motivo, avente ad oggetto il diniego della sospensione condizionale della pena, esso e' manifestamente infondato: la Corte dorica ha, infatti, correttamente argomentato la decisione sul punto, basandola sui precedenti penali risultanti dal certificato del casellario giudiziale del (OMISSIS) e sul suo pregresso comportamento, si' da indurre a formulare una prognosi di recidivanza. A nulla rilevano le generiche asserzioni circa la personalita' dell'imputato, rinvenibili nello stralcio dell'atto d'appello inserito nell'esposizione del motivo di ricorso in esame, atteso che la Corte di merito ha fatto buon governo dell'indirizzo pacifico indicato dalla giurisprudenza di legittimita', in base al quale, in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la concedibilita' del beneficio, non ha l'obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell'articolo 133 c.p., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti in senso ostativo alla sospensione, ivi compresi i precedenti giudiziari (Sez. 5, Sentenza n. 17953 del 07/02/2020, Filipache, Rv. 279206; Sez. 3, Sentenza n. 35852 del 11/05/2016, Camisotti, Rv. 267639; Sez. 2, Sentenza n. 37670 del 18/06/2015, Cortopassi, Rv. 264802, e numerose altre). E', infine, appena il caso di osservare che, pacificamente, la decisione di accoglimento o di rigetto delle istanze di concessione del beneficio della sospensione condizionale della esecuzione della pena e delle circostanze attenuanti generiche puo' essere fondata sull'apprezzamento di un identico elemento (giurisprudenza costante: per tutte vds. Sez. 4, Sentenza n. 27107 del 15/09/2020, Tedesco, Rv. 280047; Sez. 4, Sentenza n. 39475 del 16/02/2016, Tagli, Rv. 267773; Sez. 1, Sentenza n. 6603 del 24/01/2008, Stumpo, Rv. 239131). 4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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